martedì 24 settembre 2013

Crescita via Ltro


Non si impara mai niente. Si è condannati a ripetere gli stessi errori. Negli Usa la Fed è appena entrata in un periodo di contraddizioni paranoiche, in quanto non sa come e quando interrompere, anzi solo smorzare i Quantitative easing mensili di 85 miliardi. E Draghi cosa pensa di fare per trovare una ripresa che ora appare "acerba" (leggasi immagnaria...)? Ripetere il Quantitative easing all'europea, cioè il Ltro (Long Term Refinancing Operation) già messo in opera in due fasi tra febbraio e aprile 2012.
Quindi il prossimo sarebbe un Ltro n. 3.

"La Bce è «pronta ad agire» con un orientamento a lungo espansivo, e anche ad aiutare gli istituti finanziari con un nuovo maxi-prestito, se sarà necessario, per fronteggiare eventuali difficoltà nella ripresa o nel processo di costituzione dell'Unione bancaria."
(www.corriere.it)

"Manca più di un anno alla fine del programma europeo di aiuti alle banche e gli istituti di credito del Vecchio Continente hanno già iniziato a bussare alle porte della Bce per ottenere un nuovo round di finanziamenti. Segno inequivocabile – scrive in un articolo il Wall Street Journal – che la crisi del sistema finanziario è tutt’altro che risolta.
Da fine 2011, la Banca centrale europea ha iniettato nel sistema bancario europeo circa mille miliardi di euro, nell’ambito del programma di prestiti alle banche europee al tasso agevolato del 1%.
Le prime scadenze di questi prestiti sono previste nei primi mesi del 2015 e un crescente numero di banchieri, investitori e alcuni responsabili politici già mostrano nervosismo.
Per alcune banche, soprattutto nei paesi finanziariamente traballanti come Spagna e Italia, vi sono forti difficoltà in vista della della restituzione dei prestiti."


Ci sono alcune problematiche che si tenta di risolvere dietro la proposta di un nuovo Ltro. Si tenta innanzi tutto di introdurre liquidità nel sistema economico, attraverso cui raggiungere la tanto sperata ripresa. Si tratta di un metodo che probabilmente non funzionerà del tutto, visto che il corrispettivo Quantitative easing statunitense non ha dato risultai eccelsi. Inoltre queste immissioni di liquidità agiscono per buona parta dalla parte dell'offerta e poco dalla parte della domanda. Le aziende, come dimostra la situazione francese, non cercano nuovi prestiti in una situazione di domanda stagnante, anche potendo ottenere prestiti a basso costo.

Un'altro motivo meno nobile per l'emissione di un Ltro3, potrebbe essere ricercato nelle difficoltà delle banche del sud Europa che non riescono a restituire nemmeno i primi due finanziamenti Ltro. Le banche italiane devono restituire circa 200 miliardi di euro, e li hanno utilizzati in massima parte per acquistare titoli di Stato italiani. 
Si tratterebbe perciò di un prestito Ltro3 in perfetto stile di questi ultimi tempi: mi ricorda la situazione per esempio della Parmalat di Tanzi costretta a fare prestiti e derivati per pagare vecchi prestiti inestinguibili, fino a quando non riuscì più a restituirli e dovette in pratica inventarsi truffaldini conti bancari nei paradisi fiscali. Per gli Stati nazionali non è necessario ricorrere a delle truffe: è sufficiente attivare le rotative della Zecca, e magari ristampare le vecchie lire...

Un ulteriore motivo invece di non indifferente importanza nello scacchiere finanziario mondiale è la risposta dell'Europa alla situazione kafkiana in cui è precipitata la Fed. Le mancate decisioni, anzi le indecisioni americane stanno provocando un crollo del valore del dollaro e di conseguenza una rivalutazione dell'euro.

"In questi giorni, il presidente della Federal Reserve, Bernanke, ha colto tutti di sorpresa annunciando che il Quantitative Easing, (l’iniezione di 85 miliardi di dollari al mese di liquidità) non solo non è stato ridotto seriamente, ma continuerà in egual misura. Le borse hanno colto inizialmente questa decisione con euforia, ma già dopo due giorni hanno iniziato a virare in negativo.

Quindi qual è il nocciolo della questione? Che se la costante iniezione di liquidità decisa in questi anni dalla FED non sta provocando gli effetti desiderati (cioè una robusta ripresa economica) ed inoltre si è diventatidipendenti da essa perché in caso di rallentamento della stessa si rischierebbe un ribasso di Wall Street e un brusco rialzo dei tassi di interesse che non può essere sostenuto dal gigantesco debito pubblico americano, lo stesso sistema finanziario che finora ha beneficiato in enorme misura di questa iniziativa, potrebbe iniziare a perdere fiducia nella FED e di conseguenza perdere fiducia negli Stati Uniti, in Wall Street e nel debito statunitense.

Quindi ipotizziamo che con il rinvio del tapering (cioè il rallentamento degli stimoli monetari sopra descritti) inizi il rialzo dell’Euro come sta succedendo in queste ore, se inizierà a perdere Wall Street e se inizieranno a sorgere problemi con il tetto del debito USA, il rialzo potrebbe puntare in breve tempo anche a 1,5 (magari nel frattempo frenato temporaneamente da un esito negativo delle elezioni tedesche) e se nel 2014 magari con la nomina di una colomba favorevole al QE venisse ancora rinviato il tapering, il dollaro potrebbe scivolare ulteriormente e se, magari a causa di tagli per frenare il debito pubblico, gli States entrano in una leggera recessione, si avrebbe il pieno fallimento della politica monetaria statunitense e quindi potrebbe innescarsi una colossale fuga, da parte anche delle potenze straniere e degli investitori, dal debito USA, dalla sua borsa e dal dollaro.

Se invece iniziasse in ritardo il tapering, magari a inizio o a metà 2014, potrebbe esserci comunque una sorpresa, perché anche se in teoria un rallentamento degli stimoli monetari dovrebbe far riprendere quota al dollaro, se le condizioni dell’economia reale americana saranno deludenti ci potrebbe essere la combinazione di alti tassi di interesse sul debito e di moneta che si svaluta lo stesso, un po’ come è successo all’India nelle settimane scorse
...
Quindi non è fantasia pensare ad un Eur/Usd verso 1,8-2 perché ci sono le condizioni per innescare e potenziare un serie di problematiche già presenti e troppo spesso rinviate. Ricordiamo che la potenza del dollaro e degli Stati Uniti esiste grazie alla fiducia che il mondo e il mercato ripone in essi. Se il mercato comprenderà il clamoroso fallimento della politica monetaria della FED, perderà totalmente la fiducia nella sua valuta fino ad ora considerata la valuta principale del nostro pianeta."

(www.comedonchisciotte.org)

Il Quantitative easing statunitense è un gran pasticcio: dopo un'immissione così massiccia di denaro stampato dal nulla, il rischio di svalutazione è sempre alle porte. Se si stampa la moneta si svaluta, se non si stampa l'economia entra in crisi e la moneta si svaluta ugualmente...

Quindi M. Draghi ha di fronte a se la prossima guerra valutaria tra Europa e Usa. Se in America le autorità finanziarie perderanno il controllo sul dollaro, l'euro si rivaluterà a tal punto che si metteranno in crisi le esportazioni anche della Germania. Quindi in questo caso sarà la stessa prima economia europea a chiedere una politica espansiva, che ha sempre aborrito per paura dell'inflazione.

Per ottenere tutto questo Draghi intende servirsi dell'Unione Bancaria, l'accordo europeo che consente alla Bce di controllare le maggiori banche europee. Il piano consiste in poche parole di rimettere in sesto queste banche molto spesso cariche di sofferenze, e poi di servirsene come braccio armato per erogare la giusta quantità di liquidità nell'economia europea. Un modo anche di superare i difetti dell'area valutaria non omogenea in cui agisce l'euro. Le banche così standardizzate in tutta Europa dovrebbero garantire uguali condizioni a tutte le imprese e famiglie del continente.

"Quali sono le prossime mosse nell'Unione bancaria?
«La vera sfida arriverà quando eseguiremo la asset quality review , che dovrà essere condotta in modo molto oggettivo, omogeneo, credibile e solido, con un approccio europeo. E nel frattempo stiamo lavorando all'armonizzazione, per essere sicuri di avere le stesse regole per tutte le banche. Per garantire, quando la Bce inizierà (a sorvegliare le banche), che la sua credibilità non sia danneggiata in alcun modo».

Tuttavia l'analisi dei bilanci è molto temuta, anche per le incognite sui crediti incagliati.
«Io avrei più timore se non facessimo l'analisi della qualità dei bilanci. Perché avere le medesime regole, trasparenza e chiarezza, è il modo migliore per ottenere credibilità e fiducia. Le ricerche effettuate ci dicono che soltanto le banche ben capitalizzate e con una leva non troppo elevata hanno una buona redditività nell'economia e prestano a imprese e famiglie».

Ma come passare a un sistema con banche sane?
«Con la asset quality review (i cui parametri sono attesi in ottobre, ndr ) e quando la procedura sarà conclusa in modo corretto, sarà definita l'eventuale necessità di ricapitalizzazioni. E spero che questo avverrà attraverso il settore privato. Altrimenti, i governi dovranno intervenire».

E il finanziamento di emergenza (backstop) di cui si parla interverrà all'inizio dell'analisi dei bilanci o alla fine?
«Alla fine del processo».
...
Ma i problemi ora provengono dai crediti.
«Ora abbiamo un flusso debole di crediti, anche per via della caduta della domanda. Ma quando le banche saranno ben capitalizzate, saranno più forti e più in grado di servire bene l'economia. Ecco perché è così importante la asset quality review con la ricapitalizzazione degli istituti»."

(www.corriere.it)

Insomma, visto che non esiste nei fatti un ente politico-economico esecutivo europeo, la Bce tenta di svolgere le mansioni di un vero ministero delle finanze. Tenta quindi di incentivare quella ripresa europea che i governi nazionali non potranno mai raggiungere con le politiche di austerità. In pratica, con buona pace dei liberisti convinti, la Bce tenta di attuare attraverso le banche di cui prenderà il controllo, una politica pseudo keynesiana. Anche se come ho sostenuto più volte i quantitative easing non sono vere politiche keynesiane (vedi "Confusione keynesiana", "Nella ripresa europea vince Keynes vs austerity", "... And the winner is ... Keynes"). E questa è anche la riprova che la ripresa "acerba" descritta da Draghi, in realtà è inesistente, altrimenti non si inventerebbero sistemi per agevolarla.

Nella situazione attuale così difficile, anche un tale esperimento è il benvenuto. Ma a questo punto non sarebbe meglio andare verso un governo con relativi ministeri europei organizzato come in tutti gli Stati del mondo, invece delle caricaturali commissioni europee senza poteri effettivi?

lunedì 23 settembre 2013

Riflessioni sulle elezioni tedesche


Alla fine i sondaggi riportati dallo Spigel (vedi "L'euro distrugge anche il bipolarismo" ) si sono dimostrati errati. Qui bisognerebbe riprendere le considerazioni che valgono anche per l'elettorato italiano (vedi "Sondaggi inutili") circa la propensione a rispondere o dire la verità ai sondaggisti degli elettori di sinistra e conservatori. I secondi appaiono meno propensi a dichiarare il loro voto, in quanto in certi ambienti culturali se ne vergognano.

Quindi il pareggio ventilato dai sondaggisti tedeschi (anche loro sbagliano!?) non c'è stato, ma l'analisi riportata dal quotidiano Spiegel resta valida. Angela Merkel ha vinto, ma non abbastanza, ed inoltre si è in parte inghiottita gli alleati liberali, cacciandoli sotto la soglia del 5%. Un'altra parte degli elettori della liberale Fdp, é finita in Alternativa per la Germania. Che a sua volta non entra in Parlamento, ma è giunta molto vicina alla soglia di sbarramento.

La Prima riflessione politica che va fatta è che malgrado la grande vittoria dei cristiano democratici della Merkel questi saranno obbligati a costituire una grande coalizione. La Germania ha già vissuto questa esperienza, ma temo che questa volta le cose saranno meno facili. Il potenziale alleato socialdemocratico Spd non è così entusiasta. I verdi potrebbero risolvere il problema della maggioranza, ma sono un alleato innaturale.

Del resto la precedente grande coalizione non ha portato frutti all'Spd ma solo ai cristiano democratici. E' evidente che se le politiche delle riforme (tanto sbandierate in Italia anche da Letta) hanno fatto bene alla Germania, i minijob e via discorrendo non hanno di sicuro premiato la sinistra al governo.

Quindi la nuova grande coalizione potrebbe essere più all'italiana che alla tedesca. Inoltre, per assurdo, ma forse nemmeno molto, si potrebbe formare una maggioranza rosso-rosso-verde (socialdemocratici, sinistra, verdi) con la Merkel all'opposizione.
Difficilmente i politici tedeschi tradiranno in questo modo la volontà popolare, ma la cosa è tecnicamente possibile, se non fosse che come in Italia, si odiano di più i partiti di sinistra che socialdemocratici e democristiani tedeschi.

Per completare questa riflessione sulla grande coalizione forzosa, non si può non constatare che l'euro crea instabilità politica nella stessa Germania. Afd ha in pratica ridimensionato gli alleati naturali della Merkel rovinando il suo trionfo.
Tutto questo avviene perché in una parte della popolazione si riconosce il mal funzionamento di questa moneta nuova ed artificiosa, o addirittura dopo dieci anni non è ancora stata ben accettata.

La seconda riflessione politica di queste elezioni riguarda Alternativa per la Germania, i così detti euro scettici. Non sono entrati in Parlamento per un soffio, ma stanno riaprendo il dibattito in Europa sul tema moneta unica.

Mi è capitato di sentire su Rainew un dibattito con M. Salvini (Lega Nord) che commentando le elezioni tedesche ha parlato a ruota libera sui problemi dell'euro, sui vantaggi acquisiti dalla Germania, e addirittura su doppio euro a due velocità e uscita dall'euro. E Senza essere interrotto da qualche piddino eurofanatico. Anzi Salvini era supportato da un professore di cui non ricordo il nome, il quale dimostrava almeno un'apertura intellettuale verso le tesi dei tedeschi Afd.

E' proprio vero che l'italiano è di indole provinciale. Con i Bagnai, i Borghi, i Savona ecc. che abbiamo in patria, dobbiamo aspettare i professori di Afd per aprire un dibattito sull'euro. Come al solito quello che dicono i nostri intellettuali senza tessera di partiti è tutta "merda", salvo poi trovare altri all'estero che dicono le stesse cose, ma quando fa più comodo alle potenze straniere. Ci manca come al solito una tempistica patriottica.

domenica 22 settembre 2013

Saccomanni non è Monti (2)


"Per Saccomanni, il tecnico di riferimento per la Bce (come lo era Monti del resto), è tutto più difficile. E' stretto fra le esigenze pre elettorali di due partiti molto grandi, a cui delle esigenze di Saccomanni portatore delle istanze europee non importa nulla. Ancora una volta è evidente il cortocircuito fra Europa, Pd e Pdl (vedi "Tasse: cortocircuito fra Europa, Pd e Pdl") con al centro il ministro delle Finanze a fare da punching ball.

Saccomanni non potrà far altro che controllare i due avversari politici sul ring, evitando di ricevere qualche cazzotto vagante. E i conti pubblici e privati continueranno a peggiorare qualsiasi cosa si farà: che si mantengano Iva e Imu come vorrebbe l'Europa, e che si faccia il contrario

Del resto va anche riconosciuto che il protagonismo di Monti non è servito, e quindi l'attuale ministro delle Finanze fa bene a non ricalcarne le orme, lasciando il palcoscenico ai politici come Letta e Berlusconi."

(Saccommanni non è Monti)

Ma comunque l’attuale ministro delle Finanze non pare avere mire di carriera politica. L’unico suo obiettivo, per quanto mi pare di vedere, era fare il cane da guardia per conto della Bce e di Bruxelles. Obiettivo che però gli sta sfuggendo di mano.

“Sono ore drammatiche per il governo Letta. L'amara e onesta constatazione di aver infranto, seppur di poco, il limite del 3 per cento nel deficit 2013, a pochi mesi dall'uscita dalla procedura europea, e con l'incubo di ritornarci subito, ha creato nell'esecutivo un'atmosfera nella quale la delusione si mischia all'impotenza. L'aumento dell'Iva dal 21 al 22 per cento dal primo ottobre non appare più evitabile, e nemmeno rinviabile. Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni lo ha detto con chiarezza sia al premier Letta, sia al presidente della Repubblica. Non accetterà altri compromessi. Ed è pronto a dimettersi.

Quello che amareggia di più il titolare dell'Economia,poco avvezzo alle liturgie della politica, è il sentirsi dire in privato una cosa, specialmente dall'esponente pdl, e ascoltare poche ore dopo in pubblico l'esatto contrario.

«Ho una credibilità da difendere e non ho alcuna mira politica». Il pensiero di Saccomanni è così riassumibile. Dobbiamo trovare subito 1,6 miliardi per rientrare di corsa nei limiti del 3 per cento. Poi si dovrà concordare una tregua su Iva e Imu, rinviando la questione al 2014 con la legge di Stabilità che va presentata entro il 15 ottobre.

Anche l'ipotesi di differire l'aumento dell'Iva a fine anno è poco praticabile. Nemmeno se aumentassimo la benzina di 15 centesimi - è l'esempio che propone il ministro - riusciremmo a incassare l'equivalente. Ma, si obietta, dopotutto si tratta di un miliardo

D'accordo, la colpa dello sforamento del limite del 3 per cento sarà tutta dell'instabilità politica, come ripete Letta un giorno sì e l'altro pure, ma se guardiamo bene a quello che è accaduto da maggio in poi ci accorgiamo che la cinghia non l'abbiamo proprio tirata del tutto. Anzi. Saccomanni ricorda che negli ultimi mesi sono stati reperiti già ben 12 miliardi per far fronte alle varie misure.

Ma con il conto dei vari incentivi, del rifinanziamento della cassa integrazione, per non parlare dello sblocco dei pagamenti arretrati della pubblica amministrazione che affluiscono alle imprese - finalmente in questi giorni, con effetti positivi sulla congiuntura - si sono esauriti i margini.

Saccomanni è sconcertato dal dilagante populismo antieuropeo. La retorica dei sacrifici chiesti dall'Europa senza mai dire che il rispetto degli impegni è scritto in leggi e decreti votati dal Parlamento e il pareggio di bilancio è addirittura una norma costituzionale. Avanti così e ci siederemo al tavolo a Bruxelles con poche possibilità di strappare condizioni più favorevoli”

(www.corriere.it)

La realtà è proprio questa. Al di la della bravura e del carisma maggiore di Monti o Saccomanni, il fatto che preoccupa ed infuria l’attuale ministro, è che ogni dodici mesi l’Europa e la Bce perdono di fatto il controllo sulla politica italiana.

Lo persero con Monti, che vide il Pdl sfilarsi dalla maggioranza offrendo null’altro che un appoggio esterno. Lo sta perdendo ora da entrambi i due maggiori partiti, uno ritornato all’antico nome Forza Italia, quindi pronto ad andare a elezioni, e l’altro impegnato in una fase congressuale con scontri interni, ma che si sta riposizionando anch'esso per le elezioni.

Non è difficile capire i motivi della disaffezione della politica per i temi economici dell’Europa. Il motivo principale è che questa politica economica non funziona, e sta dissanguando elettoralmente i partiti medesimi. E’ difficile sostenere per tanto tempo delle tesi assurde (pareggio di bilancio in concomitanza di pesante crisi, cioè intervento economico prociclico) e non vedere mai risultati positivi, dover rimandare la ripresa di anno in anno. Non ho tenuto il conto, ma da qualche parte ho letto che è dal 2006 che la ripresa viene rimandata all’anno seguente. Forse anche di più, ricordo infatti le parole dell’avv. Agnelli che disse negli ultimi suoi anni di vita la fatidica frase: “vedo la luce in fondo al tunnel”.

Prima o poi la politica delle conclusioni le dovrà trarre. Il centro destra è pronto a cavalcare il malcontento e promuovere politiche anti europee, anche se poi non è detto che lo farà. Berlusconi si muove sia in base ai sondaggi, sia in base ai ricatti che minacciano i suoi interessi imprenditoriali.

Il centro sinistra, come dimostrano questi giorni di assemblea, è nella confusione totale. C’è una frase di Renzi detta proprio in assemblea, che non è stata sufficientemente analizzata (penso volutamente) sulla stampa mainstream, ma che mi ha colpito e fatto capire che il personaggio ha una visione pragmatica delle cose.

In pratica ha detto, rivolgendosi al governo Letta, o si vogliono seguire fino in fondo le politiche europee e quindi si dice che Iva e Imu così come sono state riformate non vanno bene; o si contestano le politiche rigoriste dell’Europa, “del resto c’è tutta una serie di teorie da Krugman in giù… “.
Krugman? Se ad Olli Rehn è giunta eco di questo discorso gli si sono rizzati i capelli in testa, se non l’ha udito quel giorno deve essergli venuto un fastidioso fischio all’orecchio…

Insomma, nel partito più europeista, più eurista, il core del Pude (partito unico dell’euro) c’è chi osa bestemmiare. Ai lettini si deve essere gelato il sangue nelle vene. Ora scoprono che Renzi non è idoneo a guidare il partito per due motivi: primo perché vorrebbe rottamare i vecchi dirigenti, secondo perché nel suo pragmatismo c’è anche la possibilità di mettere in dubbio il dogma europeista. Non è un dissidente ma è un potenziale eresiarca nella chiesa dell’euro.

Tutto mi fa pensare che ormai le elezioni sono imminenti. Se l’Europa perderà il controllo su questo governo, non avrà più alcun interesse a sostenerlo a tutti i costi. Napolitano potrebbe ancora dimettersi per allungare i tempi della campagna elettorale ormai in corso, ma sarebbe solo un ulteriore supplizio. Forse potrebbe concedere le elezioni e dimettersi in seguito, dichiarando il suo fallimento e lasciando ad altri l’ingrato compito di commissario dell’austerità.