giovedì 20 febbraio 2014

Chi resterà con il cerino acceso in mano?



Da quando con Berlusconi abbiamo archiviato in parte la democrazia, o evitando come la peste le elezioni, o sovvertendo del tutto la volontà popolare dopo le elezioni, stiamo tenendo un ritmo da prima repubblica: quasi un governo all'anno.

E’ come un gioco per vedere chi si brucerà con il cerino acceso della crisi dell’euro. Prima un governo tecnico, tanto per sperimentare se questi erano in grado di spegnere il cerino. Monti ha soffiato, soffiato e pareva quasi si spegnesse. Poi l’ha dovuto passare a un politico/tecnico elegante, di seconda fila ma gradito ai potentati economici finanziari. Il quale, Letta, ha promesso e ripromesso che prima o poi l’avrebbe spento il cerino, ma alla fine l’ha dovuto cedere al “pompiere volontario” Renzi.

Siamo così passati ad una nuova categoria: il politico giovane e di belle speranze. Riuscirà Renzi a spegnere il cerino prima di bruciarsi le dita? Le probabilità non sono molto alte. Per quanto mi riguarda me lo auguro, ma perché una cosa del genere avvenga è necessario che il nuovo governo italiano entri in rotta di collisione con l’Europa. Dubito che si abbia questo coraggio.

“"Il nuovo Primo Ministro Italiano avrà il compito più difficile di tutta l’Europa. Una volta confermato, governerà un paese con tre fondamentali problemi economici: un debito molto grande; nessuna crescita; e l’appartenenza a un'unione monetaria disfunzionale.

La situazione è economicamente insostenibile. A meno che l'Italia non ritorni a crescere, il suo debito diventerà sempre più paralizzante, rendendo in definitiva impossibile la sua posizione nell'eurozona. Il lavoro del premier è difficile, ma può essere descritto semplicemente: cambiare una o più di quelle tre variabili – senza lasciarsi alle spalle un disastro."
"La risposta standard su ciò che l'Italia ha bisogno di fare prevede una qualche combinazione di riforme economiche e consolidamento fiscale.

E la risposta non è completamente sbagliata. In Italia c’è un gran bisogno di riforme strutturali, ma dubito che esse sarebbero sufficienti. 
Se si perde il 15 per cento di qualcosa, bisogna crescere di circa il 18 per cento per ritornare al punto di partenza.
Questo numero è una misura approssimativa della dimensione del compito del signor Renzi.
Non voglio dire che il PIL dovrebbe aumentare di quell'ammontare nei prossimi quattro anni. Questo è impossibile. Ma bisognerebbe riportare il Paese su una traiettoria che alla fine chiuderà il gap - o almeno la maggior parte. Eppure, anche questa è un'ardua impresa. Si tratta di un aggiustamento più grande di quello messo in atto dalla Germania, o di quello che sta iniziando la Francia proprio ora.

Quanto possono incidere le riforme strutturali? Un ottimista citerebbe studi come quelli di Lusine Lusinyan e Dirk Muir del Fondo Monetario Internazionale. Immaginiamo un universo parallelo in cui l’Italia implementi una vasta gamma di riforme strutturali e del mercato del lavoro in questo preciso istante. Secondo gli autori, questo alla fine aumenterebbe il PIL del 13 per cento rispetto a quello che sarebbe stato in assenza di riforme. È interessante, e contrario alla percezione comune, constatare che le riforme del mercato del lavoro contano meno delle misure sul mercato dei prodotti, come la liberalizzazione dei servizi. Se si aggiungono le riforme fiscali, l'impatto potrebbe arrivare fino al 20 per cento. Missione compiuta.

Ma dubito che questi numeri siano realizzabili.
Le riforme, per quanto possano essere necessarie, non possono fare tutto il duro lavoro da sole. Per mantenere l'Italia nell’eurozona, il signor Renzi dovrà anche ottenere aiuto dalla Banca Centrale Europea. E questo significa che avrà bisogno di incidere sul dibattito macroeconomico all'interno dell'UE.
Devono verificarsi quattro fatti, e non tutti sono sotto il controllo di Renzi.

In primo luogo, l'inflazione dell'Eurozona non deve più rimanere costantemente al di sotto del valore obiettivo, come è stata negli ultimi tempi. In secondo luogo, l'Italia ha bisogno di tassi d'interesse più bassi, il che richiederebbe ulteriori misure non convenzionali. Terzo, le banche traballanti devono essere ristrutturate e quelle che vanno a pezzi devono essere chiuse, e va istituita una "bad bank". Quarto, le massicce eccedenze commerciali in Germania e Olanda dovranno scendere.
Per Munchau, di fatto, tutte queste circostanze non dipendono da Renzi, se non in minima parte, anzi la fattibilità politica di molte tra queste è praticamente nulla.”

E’ la solita situazione europea ingabbiata in un contesto monetario ed economico disfunzionle. Lo sanno tutti, credo. Anche quegli europeisti eurofanatici del P(u)D(€) che la situazione così com'è non può più funzionare ancora a lungo. Ed allora credo stiano tutti li ad aspettare che qualcuno si bruci le dita con il cerino acceso dell’euro. Non vale la pena fare nuove elezioni, tanto vale continuare così in una democrazia sospesa, sacrificando un vecchio Presidente che ormai ha finito la sua carriera politica, e via via sacrificando quei poveri e incauti politicanti arrivisti che si illudono di risolvere la crisi rimanendo nella gabbia eurista.

In fondo a Berlusconi gli hanno fatto un favore. Mentre sconterà il suo periodo detentivo, una specie di confino politico, un esilio salvifico, ne succederanno di tutti i colori. E come lui sono fortunati tutti quelli che sono ai margini del potere, che non sono coinvolti direttamente nel governo. Quando l’euro si sfracellerà, tutti quelli che sono stati a guardare da fuori, si riprenderanno il potere. Già personaggi di peso come R. Prodi si stanno riposizionando. Quando l’Europa esploderà saranno li pronti a dire: “Ecco, l’avevo detto io. Avevo ragione a dire che l’euro non funzionava”. Invece tutti quelli che incautamente si sono finora incaponiti per rimanere nell'euro, verranno spazzati via.


Quelli furbi stanno fuori dallo scontro e dalle responsabilità, ed attendono che la baracca crolli. Poi arriveranno a spazzare le macerie e ricominciare da capo. 
Purtroppo per noi, quelle macerie siamo noi cittadini, è l'Italia.

mercoledì 19 febbraio 2014

Piovono banchieri


Come nel '29, è pericoloso sostare nei pressi di un grattacielo che ospita un'istituzione finanziaria americana: si rischia di rimanere schiacciati da un banchiere uscito da una finestra al 30° piano.

Che esista un nuovo indice finanziario basato sul numero di lanci di banchieri dalle finestre? Se esiste allora dobbiamo cominciare a preoccuparci...

"La serie di suicidi di banchieri iniziata alla fine di gennaio sembra trasformarsi in epidemia, particolarmente concentrata sul colosso bancario americano JP Morgan.

Un terzo banchiere di JP Morgan si è tolto la vita martedì 18 febbraio presso la sede di JP Morgan Charter House Asia, nel centro di Hong Kong. Era un trader di 33 anni e si è suicidato lanciandosi dal tetto del grattacielo che ospita la sede della banca americana.

Il 26 gennaio 2014 la polizia di Londra aveva trovato il cadavere di William Broeksmit, 58 anni, ex direttore esecutivo presso la Deutsche Bank, morto impiccato nella sua casa di Kensington.

Il 28 gennaio Gabriel Magee, banchiere di 39 anni presso JP Morgan Londra, è morto dopo essersi lanciato dal tetto della sede della banca. Magee era vice presidente nel dipartimento tecnologico della banca. La polizia ha confermato che si tratta di un suicidio.

Il 29 gennaio Mike Dueker, 50 anni e economista capo presso la società americana Russell Investments si è suicidato saltando da un ponte a Tacoma, nei pressi di Washington.

Il 3 febbraio, Ryan Crane, 37 anni e direttore esecutivo presso JP Morgan Chase a New York è stato trovato morto nella sua casa di Stamford, nel Connecticut.

Diversi commentatori britannici e nord americani affermano che questi decessi intervengono nel momento in cui alcune multinazionali subiscono importanti perdite, le quali potrebbero lasciar presagire l’imminenza di una nuova e grave crisi finanziaria."

(www.rischiocalcolato.it)

Ma niente paura. La stampa di regime ci rassicura. I banchieri sono stressati, sarà sufficiente qualche week end libero in più:

"E’ successo perciò che da febbraio Deutsche Bank, maggiore istituto di credito europeo, ha introdotto nuove linee guida, che includono la possibilità di avere almeno 4 giorni liberi al mese durante i fine settimana. Ma anche Citigroup va verso politiche aziendali per agevolare la vita dei giovani banchieri.
...
Fin dallo scorso ottobre Goldman Sachs ha annunciato la creazione di una task force per migliorare l’equilibrio tra vita privata e carriera per i dipendenti più giovani, e ha tagliato il lavoro nel weekend per gli analisti. Il mese scorso Jp Morgan Chase ha comunicato che avrebbe assunto più giovani per alleviare il carico di lavoro degli analisti e degli associati. ... la banca d’affari sta ampliando il suo programma pilota per garantire ai banchieri junior l’opzione di «un weekend protetto» al mese
...
Anche BofA si è allineata e ora raccomanda ai dipendenti più giovani di prendersi almeno quattro giorni al mese durante i weekend, in linea con quanto suggerito pure dal Credit Suisse, che ha esortato i suoi banchieri junior a non andare in ufficio il sabato"

(www.corriere.it)

E' tutto ok! non c'è da preoccuparsi. Piovono banchieri... stressati. Il disastro economico che ci circonda non centra proprio niente. Forse.

martedì 18 febbraio 2014

Aspettando le matteocomics


In attesa che Renzi indichi un nome per il ministero dell'economia, intanto ci sono le proposte propagandistiche dei renziani. Secondo l'economista Forte, ma anche ex ministro socialista, "«Il programma economico di Renzi è utopico e pericoloso. Promette tagli di spesa impossibili da realizzare, e introduce un reddito minimo garantito per 4 -5 milioni di disoccupati che creerà solo nuovo assistenzialismo».
...
È utopico perché presuppone tagli di spesa che Cottarelli non riuscirebbe a fare.
...
Renzi non dice come saranno attuati e questa è già la prima ragione per ritenerli irrealizzabili.
Cottarelli ha previsto di poter tagliare 13 miliardi di euro, mentre Renzi ritiene di dovere tagliare una cifra molto più elevata. Dovrebbe quantomeno indicare a quali ambiti o settori intende applicare la spending review . Non mi sembra verosimile, per esempio, che il sindaco di Firenze tagli i fondi agli enti locali."
(www.ilsussidiario.net)

E’ ovvio ormai a tutti che non si esce dalla recessione senza politiche keynesiane di qualsiasi tipo. Persino Squinzi della Confindustria chiede allo Stato di fare più investimenti, più incentivi, riduzioni di tasse ecc. di dare insomma una poderosa spinta all'economia con denaro pubblico.

Quindi è ovvio che si debbano cercare nuove risorse pubbliche da destinare in qualche modo all'economia privata. Che siano incentivi fiscali, riduzioni di tasse (cuneo fiscale ecc.) o investimenti pubblici diretti, si tratta in ogni caso di soldi pubblici che vanno trovati, risparmiati o spesi.

Non ci sono altre soluzioni per ritornare alla crescita. L’austerità espansiva è un colossale miraggio. L’austerità è quello che è: tirare la cinghia, tagliare, limitare la spesa e in definitiva rilasciare meno denaro pubblico nel mercato privato. Il mercato di per se non è in grado di animarsi da se in automatico. Non è nemmeno in grado di farlo negli Stati Uniti, dove malgrado la libera iniziativa economica sia mille volte più incentivata che da noi, l’amministrazione federale è dovuta ricorrere a enormi quantitative easing per ottenere un abbattimento modesto della disoccupazione.

“Per quanto riguarda il mercato del lavoro ecco finalmente un’analisi convincente America’s Labor Market Has Suffered Permanent Harm 
… la ricerca recente suggerisce che il tasso di disoccupazione sta dicendo qualcosa di importante… il messaggio è un deprimente: l’offerta di lavoro degli Stati Uniti può essersi  arrestata in modo permanente. In tal caso ciò significherebbe che l’economia sta funzionando ormai vicino al suo potenziale.

Fantastico no, in America dopo trilioni di dollari di intervento statale e monetario alla faccia di quei quattro pinguini che ancora invocano il libero mercato, sono ancora in queste condizioni miserabili…”

Detto ciò, non è che Renzi abbia molte altre possibilità, non potendo fare ne debito, ne deficit di bilancio.


La sua strada è piuttosto stretta, stando nei parametri europei. Può trovare risorse dai tagli degli sprechi o delle spese non efficienti, e cercando uno spiraglio europeo in una deroga minima del parametro deficit/Pil del 3%. Numero peraltro che non pare avere nessun aggancio con qualche legge o prassi o teoria dell’economia pubblica e privata.

Un abbozzo di programma economico renziano era già leggibile nelle dichiarazioni al Sole24ore dell'esperto economico Davide Serra, in un articolo di gennaio. Credo che alcune delle cose dette da Serra verranno contraddette, ma già allora l'economista delle Cayman parlava di tagli e cuneo fiscale.

"TAGLIARE LA SPESA PUBBLICA

Il settore pubblico è la metà del nostro Pil, e non è il miglior operatore, anche a causa della corruzione congenita del nostro sistema. Prendiamo i numeri: abbiamo 2.000 miliardi di debito e un prodotto interno lordo di 1.600 miliardi, 850 dei quali sono spesa pubblica: pensioni, sanità, spesa corrente e interessi sul debito. ... C’è una sola soluzione: tagliare la spesa pubblica e riqualificarla togliendo sprechi e allocando correttamente le risorse, anche per migliorare i servizi.
...
RIDURRE I DIRIGENTI NEL PUBBLICO IMPIEGO

Torniamo ai dati: abbiamo meno dipendenti pubblici dei nostri partner, ma li paghiamo di più, non nella parte bassa, ma in quella alta. Gli altri spendono il 13 per cento in meno rispetto a noi. L’impatto è devastante: uccidiamo la competitività, diventiamo deboli nei settori innovativi, ammazziamo le imprese e aumenta la corruzione.

TAGLI ALLE SPESE PUBBLICHE PER 30 MILIARDI COI COSTI STANDARD

Va dunque tagliata la spesa del 20 per cento, per un risparmio pari al 2 per cento del Pil. Come si fa? Tagliando i costi della politica, intanto: via il Senato, via le Province. E tutto il resto a costo standard, come prova a fare la Consip: cioè si prende l’esempio più virtuoso della Pubblica amministrazione ed entro tre anni tutti si devono adeguare. Nessuna scusa."

Per giungere ad ottenere:

"RIDUZIONE TASSAZIONE SU IMPRESE E LAVORATORI

Il maggiore gettito per le casse dello Stato andrebbe a compensare, secondo Serra, una riduzione del 10 per cento delle tasse sulle imprese, per renderle competitive rispetto alle equivalenti europee, e delle imposte sui lavoratori.
...
APPLICARE IL FISCAL COMPACT E TROVARE 50 MILIARDI

Dobbiamo trovare 50 miliardi di euro l’anno per dieci anni, come dice il Fiscal compact che abbiamo firmato. Del resto quando un’azienda è sovraindebitata, non devi far altro che aggiustare la struttura del debito. Sono dolori, ma l’alternativa è saltare in aria. ..."
(scenarieconomici.it)

Sul fiscal compact ho mille dubbi, e credo li abbiano molti economisti e politici, se è vero che qualcuno ha proposto di abolirlo o rimandarlo. Sicuramente il fiscal compact non ci porterà crescita, poiché al costo annuale di 50 mld non corrisponde un'analoga riduzione della spesa per interessi. Quindi è un provvedimento ultra recessivo e dubito che il suggerimento di Serra verrà preso in considerazione da Renzi (se vuol essere rieletto).

Serra suggerisce poi entrate alternative e come sempre un po' demagogiche:

"AUMENTO ALIQUOTA RENDITE FINANZIARIE DAL 20% AL 30%

Tra le più importanti misure proposte da Serra per salvare l’Italia c’è l’aumento delle tasse sulle rendite finanziarie, e non di poco, addirittura di dieci punti percentuali, dal 20 al 30 per cento. Una cosa di sinistra. Serra propone di trovare un punto di Pil, circa 10 miliardi di euro, dai profitti sulle attività finanziarie, cioè proprio sul suo business."
...
LOTTA ALL’EVASIONE ELIMINANDO LE DEDUZIONI ED ABOLENDO IL CONTANTE

C’è da recuperare denaro dall’evasione, una delle cause del debito, e c’è da semplificare il sistema tributario che è una cosa da pazzi. Quando in Inghilterra faccio la dichiarazione, il mese dopo mi dicono quanto gli devo, e non ci sono deducibilità. Semplice. Le deducibilità sono fatte per comprare voti. Ci vuole una semplificazione totale. Siamo primi nell’economia sommersa: l’ultimo dato è del 21,5 per cento. Fino a qualche anno fa in Corea del Sud era al 20 per cento, ma il Fondo monetario ha imposto l’uso delle carte e in poco tempo l’evasione si è ridotta al 5 per cento. Da noi abolirei il contante e per i controlli farei incrociare le dichiarazioni dei redditi e il flusso di cassa a un operatore non italiano, ... Senza questa evasione ventennale avremmo un rapporto debito-Pil del 60 per cento invece che del 130. E a noi basta arrivare al 100.
...
PENSIONI: CONTRIBUTIVO PER TUTTI

C’è una profonda ingiustizia tra chi è andato in pensione col sistema retributivo e chi ci andrà col contributivo. Nella gran parte dei casi i primi prendono più soldi di quanti ne hanno versati. Va fatta una revisione caso per caso o categoria per categoria, applicando a tutti lo standard contributivo. Se c’è chi prende 20 o 30 per cento in più di quanto ha contribuito magari glielo si lascia, così come a chi sta sotto certe fasce, ma se c’è chi prende una pensione superiore di 3 o 4 volte rispetto a quello che ha versato, be’, mi dispiace, si applica il contributivo. Che questa cosa non sia discussa è incredibile. Sono certo che ci sarà anche chi ha versato di più con il retributivo, ma questo dimostra l’illogicità del sistema. Nel 1983 si andava in pensione, in media, a 55 anni. Nel 2050 si andrà in pensione 15 anni dopo e si prenderà il 20 per cento in meno. Questo è un furto intergenerazionale, non diritti acquisiti."
(scenarieconomici.it)

Per quanto riguarda il taglio della spesa pubblica proposto (anche) dai renziani, credo sia giusto ma nello stesso tempo economicamente sbagliato. Tagliare e basta non è sufficiente. 
Qui non è che su un blog si possa dire in modo semplificato se la spesa pubblica italiana è troppo alta o in linea con il resto d'Europa. Potrebbe essere sia l'una che l'altra situazione, si dovrebbe analizzare voce per voce il bilancio, e soprattutto qualificare la spesa. Cioè capire dove si sta sprecando e dove magari si sta spendendo troppo poco.

Quello che lo Stato orientativamente dovrebbe fare, non è un taglio indiscriminato, anzi probabilmente sarebbe utile continuare a mantenere un livello di spesa non troppo diverso da quello attuale. So bene che a minor spesa pubblica corrisponde una minore tassazione. Ma anche questa equivalenza non è del tutto vera. Ne esiste un'altra: all'aumento del Pil corrisponde una riduzione della tassazione (se contemporaneamente non si aumenta la spesa pubblica).

Il problema però che in una situazione di crisi come l'attuale, la diminuzione della spesa pubblica è pericolosa e recessiva tanto come l'aumento della tassazione. Se è vero che la tassazione sulle imprese dovrebbe diminuire sensibilmente, è anche vero che i soldi pubblici sottratti a sprechi (o ricavati da altre fonti alternative indicate da Serra/Renzi) non andrebbero risparmiati dallo Stato ma investiti nell'economia reale ed utilizzati per dare una scossa alla medesima. Ecco perché penso che il discorso dei tagli e dalla spending review sia molto delicato.

Quindi, senza quantificare precisamente i miliardi dei tagli, penso che solo una parte di questi dovrà contribuire effettivamente al taglio degli 850 miliardi di spesa pubblica. Una parte consistente dovrebbe invece essere utilizzati per investimenti, incentivi, cuneo fiscale, sostegno pubblico di qualsiasi genere, che aiutino a far ricrescere il Pil attraverso politiche keynesiane.

Per quanto riguarda le entrate alternative prospettate da Serra, credo ci siano temi demagogici e temi difficili da trattare. Per quanto riguarda l'evasione fiscale, credo ci si stia illudendo un po' troppo:

"...penso che l'evasione descritta dalla propaganda di Stato sia un po' sopravvalutata. Non sono gli scontrini mancati o le fatture menzoniere a fare i buchi nell'erario. Sono le grandi aziende multinazionali a pagare pochissime tasse rispetto al loro giro d'affari. Su queste non si agisce mai."
(Il risanamento economico in stile renziano)
E' inutile sbraitare contro l'evasione fiscale e poi applaudire la Fiat che sposta la sua sede in Inghilterra e in Olanda!

Per quanto riguarda l'aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie, ci sono molte fonti alternative in rete, che provano che queste facilitazioni alle rendite finanziarie semplicemente non esistono. Già oggi sono pesantemente tassate. Penso che per tale motivo un aumento di tassazione in questo campo sarà molto più limitato da quanto prospettato da Serra.

Anche l'intervento sulle pensioni, cioè su quelle già erogate, sarà molto difficile, come hanno dimostrato le numerose sentenze giudiziarie che hanno di fatto limitato molto il taglio delle pensioni d'oro. 

Si tratta di tante proposte di tipo populista che trovano il tempo che trovano. Che non daranno gettiti importanti, o che secondo la legge di Laffer, possono produrre addirittura una diminuzione delle entrate fiscali.

Quindi tolte queste ultime proposte folkloristiche, tra cui inserisco anche la vendita del patrimonio immobiliare pubblico mai decollata, rimane in definitiva come unica strada a Renzi per trovare le risorse necessarie per i suoi progetti, il taglio della spesa pubblica attraverso la sua qualificazione. Se non ci riuscirà, come sembra intravvedere l'economista Forte, il suo destino sarà lo stesso di Monti e Letta. E l'Italia avrà di nuovo perso del tempo.

Credo che Renzi si renda conto di questo rischio e sia per questo motivo che abbia messo come primo suo provvedimento da attuare la legge elettorale, malgrado i più impellenti problemi economici. Se non riuscirà a portare avanti un programma così ambizioso, potrà mandare tutti a casa con una nuova legge elettorale e puntare dritto ad elezioni anticipate.