domenica 4 gennaio 2015

Palle di natale e governative


Travaglio ha scritto un divertente ed efficace articolo sulle balle raccontate da Renzi e i suoi ministri fino ad ora:

Riforme: vota la Balla dell’Anno

In realtà il livello di "ballismo" è molto più subdolo. Un'intervista del mellifluo Del Rio è rilevatrice.

"La scommessa del governo per il nuovo anno? "Creare lavoro, lavoro, lavoro...". Ma anche incassare le riforme in cantiere, nonostante "le crisi di rigetto e i malumori che i grandi cambiamenti provocano"."

Le crisi di rigetto sarebbero le proteste dei sindacati. Mentre il creare lavoro sarebbe soddisfatto con il Job Act. E funzionerebbe così:

Un'azienda virtuosa che volesse utilizzare gli sconti governativi sugli oneri del costo del lavoro, potrebbe fare così: cambia ragione sociale, licenzia tutti i suoi dipendenti e li riassume un secondo dopo con il nuovo contratto a tutele crescenti.

Poi dopo un po' di tempo scopre di essere in crisi aimè. Che fa? Licenziamento collettivo per motivi economici e qualche mese di risarcimento ai lavoratori lasciati a casa. Poi delocalizza. Questo è il creare lavoro sognato dal governo.

Altra bugia smascherata, è quella sulle province. Si era detto che venivano abolite per ridurre gli sprechi della politica. Su domande rispetto ai lavoratori si erano fatti dei sorrisetti, come dire: ma che c'entra, nulla cambierà per i dipendenti delle province. Noi eliminiamo gli sprechi.

Infatti.

"Riforme in velocità, però poi sulle Province è il caos? "Non è il caos. Abbiamo voluto un cambiamento vero. Se fosse stata una riformetta non ci sarebbero stati problemi né crisi di rigetto. Invece quell'ente trasformato in una agenzia di servizi per i Comuni e per le Regioni, dovrà alleggerirsi di personale e compiti inutili. Il taglio è profondo, ma per i compiti che affidiamo loro, le scuole e le strade, i soldi ci sono"."

Fatemi capire. Prima per svolgere i loro compiti le province avevano bisogno di 40.000 dipendenti, oggi ne bastano 20.000 a compiti invariati. Che io sappia le scuole e le strade sono sempre le stesse. O l'obiettivo è di chiuderne metà?

Allora non era vero che lo spreco riguardava solo i costi della politica. Il mio sospetto è ora confermato: lo spreco delle "mutande verdi" e dei "vibratori" (spesucce insignificanti di fronte a Mose, Expo, Mafia capitale...) era tutta una scusa per poi incidere sulla carne viva dello stato sociale.

Questa si che è una super bugia vincente, altro che quelle individuate da Travaglio.
Lo spreco non è la malversazione del politico, ma i 20.000 dipendenti provinciali di troppo. Lo spreco poi è il welfare nelle sue varie forme: si taglia la sanità regionale, il contributo ai trasporti pubblici, la manutenzione in generale delle infrastrutture pubbliche ecc.

Ecco la grande bugia: al governo non interessa tagliare gli sprechi o ridurre l'evasione fiscale. Dalle quali si ricaverebbe poi molto poco.

Il governo Renzi (come Monti e Letta) ha l'incarico di ridurre la spesa complessiva dello Stato riducendo i servizi e portando gli italiani alla povertà. Questo è il vero obbiettivo, e la grande bugia non detta agli italiani: taglio del welfare, riduzione dei salari (job act) svalutazione del lavoro e complessivamente della vita di milioni di italiani. Favorendo l'uno per cento della popolazione verso il 99% sacrificabile. Esattamente come sta avvenendo in tutto il resto dell'Occidente.

Quindi i dipendenti delle provinci comincino a preoccuparsi seriamente. Perchè credo che la bugia governativa verrà loro narrata fino a quando sarà troppo tardi per rimediarvi. Come potranno essere riassorbiti 20.000 lavoratori in esubero se tutti gli enti pubblici cercano di ridurre personale bloccando il turn over, se per esempio il governatore della Toscana ha già annunciato di avere 5.000 lavoratori pubblici della sua regione in esubero?

E' chiaro che l'intenzione dello Stato è quella di disfarsi del maggior numero possibile di dipendenti pubblici. E' chiaro che l'intenzione è quella di creare una società con pochi privilegiati, e molti impauriti sudditi da gestire facilmente con il ricatto economico. Neppure più l'elettorato storico del Pd è al riparo da questa strategia. Il Pd ormai è un partito finto, di plastica, come lo è Forza Italia. E' il mezzo con cui i poteri finanziari internazionali per ora controllano il governo. Fino a quando un altro partito sostituirà il Pd.

Comunque il governo procede sperimentando con il solito metodo. Si prova a proporre qualcosa di scomodo e politicamente sconveniente per osservarne l'effetto. Se non succede nulla di particolare, o se gli effetti sono perfettamente gestibili (sciperi) si procede con la mossa successiva o con la messa in pratica. E così dopo aver spergiurato di non toccare l'artico 18, il governo ha partorito il Job Act.

Ora si comincia a parlare di ipotetici ricollocamenti di dipendenti pubblici. Poi finirà come gli esodati: il governo ha fatto un piccolo errore di distrazione e ha lasciato senza redditi migliaia di italiani. E così finiti i due anni di mobilità, molti dipendenti pubblici rimarranno senza un posto disponibile a causa di tagli di bilancio e patti di stabilità. I dipendenti delle province saranno solo l'inizio di un nuovo corso, in cui lo Stato troverà naturale dimagrire e nessuno si stupirà più. Poi si passerà alle pensioni. Dipendenti e pensioni sono i due capitoli più importanti della spesa pubblica.


venerdì 2 gennaio 2015

Oro et laboro



Nei tempi di crisi si assiste ad una certa esaltazione dell'oro. In effetti in questi periodi di solito l'oro diventa bene di rifugio. Non pare pero che avvenga in questa strana crisi, in cui se l'economia reale arranca in tutto il mondo, chi vuole speculare si butta su azionario, bond e qualsiasi pezzo di carta che benefici della benevolenza delle banche centrali più importanti. L'oro rimane in disparte, anzi secondo alcuni il suo valore e tenuto artificialmente basso. Forse per non dare segnali di crisi conclamata, per dare l'illusione che tutto vada in modo meraviglioso?

Fatto sta che certe nazioni stanno facendo incetta di oro:

"L’attività più frenetica è quella di Pechino. L’ultimo dato ufficiale sulle riserve cinesi risale al 2009 quanto le autorità dichiararono di possedere 1.054 tonnellate in lingotti, il doppio rispetto alla precedente comunicazione governativa del 2004. Il controvalore di queste riserve ai prezzi attuali è di circa 50 miliardi di dollari. Nel frattempo il gigante asiatico è diventato il primo produttore di oro a livello globale con una quota di oltre il 14% del totale, vale a dire circa 400 tonnellate sulle 3mila estratte ogni anno. Gli addetti ai lavori segnalano però come neppure un’oncia di questo oro lasci il Paese.
...
La voracità di oro cinese è paragonabile solo a quella della Russia.
...
Nel 2010 lo Stato presieduto da Vladimir Putin ha razziato sul mercato qualcosa come 140 tonnellate, l’anno seguente altre 94. Lo shopping è continuato nel 2012 (75 tonnellate), nel 2013 (77 tonnellate) e, nonostante le vendite delle ultime settimane, anche nel 2014 (133 tonnellate). Stando ai dati del World gold council le riserve russe si avvicinano ormai alle 1000 tonnellate."

(www.ilfattoquotidiano.it)

Perché la Cina accumula tanto oro? Potrebbe essere un questione di prestigio. Per assurdo attualmente l'Italia ha riserve di oro ben superiori. Quindi la Cina potrebbe effettuare solo una politica di riequilibrio per portare le sue riserve di oro alla pari con le nazioni dello sua stessa importanza economica. Per altri invece c'è puzza di un nuovo Gold Standard:

"Maurizio Mazziero, economista e fondatore del centro studi Mazziero resarch, ritiene che questi acquisti avvengano con uno scopo preciso. “La mia idea”, spiega, “è che prima o poi Cina e Russia possano far valere questa situazione sui mercati internazionali. Magari proponendo che gli scambi commerciali avvengano utilizzando un paniere di valute in una certa misura collateralizzato con l’oro”. “Non è infatti da escludere”, continua Mazziero, “che in un futuro non troppo lontano si arrivi a un momento in cui non ci sarà più fiducia nelle monete completamente smaterializzate e affidate unicamente alla gestione delle banche centrali”."
(www.ilfattoquotidiano.it)

Certo che allora se si arrivasse ad un nuovo Gold Standard, o una nuova moneta internazionale basata sull'oro, questa dovrebbe valere molto. Molto più di qualsiasi moneta nazionale attuale. E di conseguenza anche l'oro dovrebbe valere molto di più. Se 1.000 tonnellate di oro valgono 50 miliardi di dollari attualmente, cioè poco più di una manovra economica italiana degli ultimi tempi, converrebbe oggi farne incetta, perché il suo valore attuale potrebbe essere ridicolo.

"Siamo vicini ai massimi da 18 mesi in Euro, solo un piccolo punto percentuale dai 1000€ l’oncia.

Uhm… com’è che si diceva in giro, siccome l’economia americana va una favola, il petrolio è basso e l’Europa è in pieno rinascimento (si si come no) allora l’oro non vale una ceppa?

Ce ne faremo una ragione…

p.s. immaginate il prezzo dell’oro a 2000$ o a 4000$…. sarebbe difficile attaccare un nazione che ne possiede oltre 1200 tonnellate. Non credete?"

(www.rischiocalcolato.it)

No non credo proprio. Questa volta Fannyking si sbaglia di brutto, per difetto, se l'ipotesi di neo Gold Standard fosse giusta...

Le monete attuali sono parametrate in base al Pil nazionale, quindi in base al lavoro di una nazione inteso in senso generale. Non solo in base alle esportazioni, ai consumi interni, ma anche al grado di efficienza complessiva di questa nazione che si misura con le svalutazioni monetarie avvenute in tutta la sua storia.

Per esempio, semplificando all'eccesso, oggi il rublo russo (cambio circa 100 rubli per un dollaro) è parametrato su un Pil nazionale di 2.000 miliardi di dollari. Quindi se la Russia dovesse di colpo parametrare un nuovo rublo sulle sue riserve d'oro, pari a circa 1.000 tonnellate (50 miliardi di dollari), di colpo queste dovrebbero valere quanto il Pil nazionale. In pratica l'oro dovrebbe valere 40 volte di più in dollari,  cioè 40.000 dollari l'oncia!

Anche il neo rublo potrebbe valere 500 volte di più dell'attuale. Non c'è che dire, sarebbe un bel riscatto rispetto alle svalutazioni recenti del rublo.

Ma perché considerare solo il rublo, quando le nuove monete legate all'oro dovrebbero tenere in considerazione in primis dei grandi depositi americani: 8.000 tonnellate (400 miliradi di dollari). Dal che si deduce che il neodollaro aureo varrebbe 40 volte l'attuale valore del dollaro. Il Pil Usa passerebbe da 16.000 miliardi di dollari, a 400 miliardi di neodollari. Il debito pubblico Usa altrettanto.

A questo punto potrebbe sembrare che 40 è il nuovo numero "aureo" del neo Gold Standard. Invece è una pura combinazioni di numeri tra Russia e America. Lo si capirà esaminando il caso Italia. Credo che a noi italiani, e non solo a noi in Europa, converrebbe passare a questo nuovo Gold Standard, vista l'entità delle nostre riserve aurifere. Altro che euro: la neo lira sarebbe ben più solida.

"la Germania ha rimpatriato parte dei lingotti spostati negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Francia dopo la guerra, sui timori di un’invasione sovietica. Al momento Berlino può contare, si stima, su riserve per quasi 3.400 tonnellate.
...
E l’Italia? Per ora tutto tace. La Penisola dispone di riserve significative, stabili da circa un decennio: 2.451 tonnellate per un controvalore di circa 95 miliardi di dollari. Stando ai dati ufficiali si tratta della terza riserva dopo Usa e Germania, di poco superiore a quella francese. Anche in questo caso però solo una parte delle riserve si trovano sul suolo italiano. I forzieri della Banca d’Italia custodiscono circa 1.200 tonnellate di lingotti, ma altro oro è depositato presso la Federal Reserve americana e nelle banche centrali di Svizzera e Inghilterra."

(www.ilfattoquotidiano.it)

Mal che vada con 1.200 tonnellate in casa, la neo lira varrebbe un pochino più del neorublo. Conteggiando le 2451 tonnellate complessive varrebbe il doppio del neorublo, circa uguale al neofranco francese, e 0,70 rispetto al neomarco tedesco...

Conti del tutto campati in aria evidentemente, monete con valori del arbitrari ed inadeguati. Al confronto il disallineamento delle economie europee rispetto al valore dell'euro non sarebbe nulla.
Il cambio del dollaro con la neolira sarebbe di 3 neolire per un neo dollaro. Ma sarebbe una finzione in quanto l'Italia con un Pil di circa 1.600 miliardi si ritroverebbe con una moneta più forte di quella russa con un Pil russo di 2.000 mld, ed addirittura più forte del neoyuan cinese (rapporto di 5 a 1 con il neodollaro) a fronte di un Pil cinese di 9.000 miliardi di dollari attuali (più di 5 volte il Pil italiano).

Evidentemente ci sarebbero dei problema non secondari in questo nuovo Gold Standard che qualcuno vede profilarsi all'orizzonte, ben superiori a quelli che attualmente attanagliano i paesi periferici d'Europa. Anzi non è neppure detto che all'Italia converrebbe aderire a questa nuovo sistema monetario basato sull'oro. Probabilmente ad un certo punto dovrebbe ridurre le proprie riserve aurifere per svalutare una moneta assurdamente forte. Con una neolira così forte, addio esportazioni, anche se ci costerebbe pochissimo approvigionarci all'estero. Probabilmente ci converrebbe addirittura rimanere in un euro super svalutato, con un valore di cambio di circa 40 euro per un dollaro...

Se invece il desiderio di Cina e Russia fosse quello di creare una moneta internazionale per gli scambi tra paesi, questa super moneta avrebbe un valore molto alto. Il valore dell'oro che fungerebbe da garanzia sugli scambi commerciali, dovrebbe essere commisurato a queste transazioni. Probabilmente il suo valore non sarebbe alto come quello di una moneta nazionale che deve tenere in considerazione il Pil. Allora in questo caso si potrebbe verosimilmente assistere ad un aumento del valore dell'oro come previsto da Fannyking. Ma mano a mano che gli scambi nel nuovo "aureo internazionale" aumentassero e soppiantasserro il dollaro, allora il valore dell'oro non farebbe altro che crescere di continuo.

Che sia arrivato il momento di fare scorte di lingotti?



giovedì 1 gennaio 2015

Post ottimista sul 2015



Visto che abbondano post, commenti, articoli, editoriali sulle future e abbastanza prevedibili sciagure economiche del 2015, voglio andare in contro tendenza e provare a vedere il futuro anno con lenti rosa. Inpresa ardua, ma non del impossibile come già scrivevo nel post "Il meraviglioso mondo del default greco":

"Mi dispiace per gli amici greci, ma per noi italiani la tragedia greca è  un grande affare. L'euro si svaluta contro il dollaro, le borse corrono, il petrolio scende, lo spread si annulla, i tassi d'interessi del nostro debito precipitano.
...
Forse avremo finalmente la parità euro/dollaro che per noi italiani può significare un ulteriore aumento dell'export e finalmente un po' di crescita. Magari insufficiente come quella prospettata da Confindustria, ma meglio che niente.

Inoltre con il petrolio basso ci costerà meno trasportare e produrre le nostre manifatture. Potrebbe veramente verificarsi quanto pubblicato dal centro studi confindustriale:

"Il Pil italiano calerà dello 0,5% a fine anno, per poi crescere dello 0,5% nel 2015 e dell’1,1% nel 2016. È quanto emerge dal nuovo rapporto del Centro studi di Confindustria (Csc), secondo cui anche il rapporto deficit/Pil migliorerà."


Anche l'Istat sembra credere in questa nuova congiuntura nazionale e globale che pare avvantaggiarci.

"Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana

Lo scenario macroeconomico permane frammentato. Tra le economie avanzate, gli Stati Uniti mostrano vigorosi segnali di crescita mentre nell'area euro gli indicatori anticipatori evidenziano i primi segnali di miglioramento.

L'assestamento del prezzo del petrolio ai bassi livelli attuali è previsto influire moderatamente, in senso positivo, sulla crescita economica dei principali paesi europei.

La fase di contrazione dell'economia italiana è attesa arrestarsi nei prossimi mesi, in presenza di segnali positivi per la domanda interna.

Le condizioni del mercato del lavoro rimangono tuttavia difficili con livelli di occupazione stagnanti e tasso di disoccupazione in crescita"

(www.istat.it)

Ora bisognerà fare un po' la tara a queste affermazioni, ma tutto sommato le condivido. Per ora rimango scettico sulla mirabolante ripresa in corso in Usa. Ho il timore che si tratti di dati artefatti al solo scopo di permettere alla Fed di abbandonare le politiche di Quantitative easing che rischiano di schiantare il dollaro. Infatti da quando è stato messo un freno alla stampa di dollari, questo si è rivalutato rispetto all'euro, procedendo verso un cambio di 1,20 €/$ da 1,40 di un anno fa.

Il fatto che si tratti di dati di crescita artefatti, è evidente nella sconfitta delle elezioni di medio termine di Obama, a cui probabilmente è stata imputata la crisi economica. Al fatto che gli acquisti pre natalizi sono andati peggio del previsto. Al fatto che permangono problemi di debito privato di vario genere che erodono le capacità di spesa della classe media (prestiti per studenti, mutui immobiliari ecc.)

E' probabilmente vero che in Europa ci sono segnali di ripresa. Credo non tanto dipendenti dai consumi negli Usa, che rimangono deboli, ma proprio per la svalutazione dell'euro, che rende più competitive le economie europee. L'Italia con il suo manifatturiero dovrebbe avvantaggiarsene.

In più il basso costo energetico migliora i conti delle aziende europee che dipendono dalle forniture di idrocarburi dall'estere. Praticamente quasi tutte le nazioni europee sono dipendenti dal petrolio e dal gas d'importazione, ad eccezione forse di Francia che utilizza ampiamente il nucleare, dell'Inghileterra e della Norvegia che hanno riserve petrolifere (in diminuzione) nel Mare del Nord.

Quindi è possibbile essere moderatamente ottimisti anche per l'Italia. Sicuramente non farà piacere al governo Renzi, leggere nella nota Istat che non si prevede ripresa dell'occupazione, ma anzi ulteriore disoccupazione. Soprattutto dopo l'approvazione del Job Act e della conseguente propaganda renziana, secondo cui ora gli imprenditori non hanno più alibi, ora debbono assumere.

Non è proprio così come spiega Seminerio:

"E’ vero che, con queste norme, “gli imprenditori non hanno più alibi”, e quindi devono assumere? No, non è vero, allo stesso modo in cui credere che queste norme faranno aumentare l’occupazione in presenza di una congiuntura mortifera come l’attuale vuol dire fare propaganda o non aver capito nulla. Potranno certamente esservi, ...  arbitraggi di manodopera e di tipologie contrattuali, nel tentativo di abbattere il costo del lavoro, ma questo non vuol dire che l’occupazione crescerà, ceteris paribus."
(phastidio.net)

Come sempre detto dall'inizio della crisi, quel che conta è la congiuntura economica, e non tanto le regole. Se non c'è stimolo ad investire, e quindi ad assumere, qualsiasi nuova regola porterà ben pochi vantaggi.
Quindi per non guastare un post ottimista, evitiamo di analizzare gli aspetti negativi del Job Act.

Si può dire in conclusione, che se una ripresina ci sarà, servirà soprattutto per migliorare i conti dello Stato in rapporto con le precrizioni dei trattati europei. Sarà un po' più facile rispettare il parametro del limite di deficit che deve scendere sotto il 3% sul Pil. Se dovesse aumentare di poco il Pil, anche con una crescita che rasenta lo zero, si potrà avere un live miglioramento del rapporto debito/Pil. Escludo che un miglioramento dello "zero virgola" potrà rendere più attuabile il fiscal compact. Per rispettare questa ulteriore prescrizione europea è necessaria una crescita ben più robusta, ed anche una certa inflazione. Mentre per il 2015, se i consumi interni non si riprenderanno, continuerà il trend deflattivo. Probabilmente il fiscal compact verrà rimandato ancora, se non si vorrà affossare anche la possibile debole ripresa del 2015.

Tutto questo al netto di eventuali "cigni neri" di qualsiasi tipo: guerre, effetti imprevisti della crisi greca, caduta mondiale delle borse, esplosione debitoria e defalut del settore dello shale oil o di intere nazioni legate al petrolio (Venezuela? Canada?), crisi debitoria e default bancari in Cina, effetti distrosivi dell'Abenomics in Giappone con conseguente recessione ecc.