lunedì 25 maggio 2015
L'Europa salta per aria come nel 15
Il 2015 è un anno che non smentisce le premesse. Si stanno accumulando a poco a poco tutte le contraddizioni europee, che probabilmente potrebbero anche esplodere all'unisono in un fragoro fuoco d'artificio economico-finanziario. Ma non sarà una festa.
Tutto il lavoro svolto da Bruxelles, dalla Bce e dall'Fmi per lenire i problemi della crisi che ha investito l'euro nel 2010, potrebbero essere vanificati. Sforzi che del resto, bisogna ammetterlo se non si è ciechi di fronte alla realtà, sono stati inutili e dannosi. Infatti i denari che sono stati "investiti" nei vari salvataggi, non solo della Grecia, ma anche di Portogallo e Spagna non hanno fatto altro che far esplodere ulteriormente i debiti. Per non parlare della nostra Italia, il cui debito pubblico fa un record dietro all'altro. Tutto frutto delle perverse contradduizioni dell'euro.
Che cosa hanno migliorato gli interventi di questi enti sovrannazionali, se non i bilanci di alcune banche tedesche, e difficile capirlo. Tutti i soldi dei salvataggi sono serviti per lo più a mettere al riparo i creditori, che prima del 2010 avevano fatto pazzi investimenti nei paesi Piigs.
Sembra un secolo fa, eppure anche in Italia c'è stato un periodo in cui avere un mutuo era facile come fare la spesa al supermercato, e le banche erano così generose da offrirti più soldi del valore dell'immobile. Questa follia del passato ha interessato tutti i Piigs, in Spagna anche peggio che da noi. Oggi la paghiamo. Ma invece di pagarla metà ciascuno debitore e creditore, si pretende che siano solo i debitori a soccombere.
Le trattative sulla Grecia sono ad un punto morto, con le due parti che si minacciano a vicenda. Da una parte l'ex troika minaccia che se non si arriverà ad un accordo, cioè se Syriza non capitola sull'austerità, non arriveranno i nuovi fondi.
Dalla parte opposta il governo greco tenta di dividere i creditori: se non arriverà la prossima trance di prestiti sarà impossibile pagare l'Fmi. Forse la Grecia ha meno da perdere in questo momento, e quindi può tener duro e rischiare di far saltare il pagamento all'Fmi.
"La Grecia non è in grado di pagare le rate del prestito del Fmi perché non ha i soldi per farlo. la dichiarazione-choc è stata fatta dal ministro dell’Interno Nikos Voutsis ai microfoni della televisione Mega. «Le quattro rate per il Fondo Monetario Internazionale a giugno ammontano a 1,6 miliardi di euro. Questo denaro non sarà versato, perché non c’è», ha dichiarato.
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Il ministro delle Finanze greco Yannis Varoufakis, in un’intervista rilasciata alla Bbc, ha dichiarato che l’uscita della Grecia dalla moneta unica «sarebbe l’inizio della fine per il progetto dell’euro». «Se ci si trova in un’unione monetaria - ha aggiunto - uscirne è catastrofico». Varoufakis ritiene che «una volta che si mette nella testa degli investitori che l’euro non è indivisibile è solo una questione di tempo prima che tutto inizi a disfarsi». «La Grecia ha fatto enormi passi avanti raggiungendo un accordo. - ha detto Varoufakis - Spetta ora alle istituzioni fare la loro parte. Noi li abbiamo “incontrati” a tre quarti del percorso. Ora devono venirci incontro loro nell’ultimo quarto del cammino»."
(www.corriere.it)
"E si aggiunga che la Grecia ha i soldi in cassa per pagare le pensioni e gli stipendi di Maggio, forse anche quelli di Giugno (forse..) poi festa dfinita.
2- Continua il quinto mistero di Fatima per gli euroscettici, ovvero che “nonostante” l’austerity il popolo greco ha maggiore timore di rimettere in mano la moneta al proprio stato sovrano rispetto al terrificante e malvagyo Euro:
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Situazione che è destinata a ribaltarsi nel momento in cui non ci saranno più Euro per pagare il settore pubblico.
A quel punto qualsiasi pezzo di carta straccia colorata a corso forzoso e avente valore legale andrà benissimo.
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Cosa succede da domani:
1.Il mercato crederà ancora per un pochino che alla fine un accordo ordinato (che comprenda il default greco, inevitabile) si troverà.
2.I greci continueranno a ritirare cash (cioè Euro) dalle loro banche e continueranno a fare bonifici in banche non greche, consiglierei di evitare banche estere nella zona euro.
3.Le banche Greche continueranno a chiedere altro cash alla BCE.
Se si trova un accordo ovvero: sussidiare i greci e rinunciare a una parte consistente del credito che i contribuenti eurpei vantano verso la grecia i mercati vivacchieranno tranquilli.
Se non si trova un accordo ovvero: l’Europa smette di sussidiare i Greci e gli fa implodere il 100% del sistema bancario zombie in tempo zero e ovviamente rinuncia lo stesso a vedere onorato il credito vantato dai contribuenti europei verso la Grecia (il pagamento di quel debito non è una questione che si accorda con la realtà). A quel punto il mercato ballerà. Francamente però non credo che il Default o il Grexit abbiano un impatto immediato sull’architettura dell’Euro. Nel medio periodo sarà più una questione politica che finanziaria. Anzi è sempre stata una squisita questione politica.
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alla fine di questo casino andrebbe fatta una critica seria alla Germania, ovvero sulla oggettiva inefficacia della sua leadeship in Europa."
(www.rischiocalcolato.it)
Si alla fine ci dovremmo chiedere perché abbiamo accordato tanta fiducia alla Germania, ma a questo punto direi che è troppo tardi per le recriminazioni nazionali. Abbiamo già superato il punto di non ritorno. La situazione critica in Grecia sta contaggiando l'Europa periferica.
Ad ogni modo che venga concesso alla Grecia il permesso di evitare l'austerità, o che ci sia un grexit in piena regola, si tratta sempre di dover prevedere una forma di default. I creditori in entrambi i casi perdono molti soldi, per questo la ex troika non vuole cedere a tutti i costi. Ma è in gabbia tanto quantio il governo di Tsipras. E se poi l'ex troika cedesse, si formerebbe la coda ai cancelli delle istituzioni europee per avere altre deroghe, permessi, soldi ecc. e quindi il sistema finanziario ne verrebbe minato definitivamente.
"in Grecia dove si sta arrivando a grandi passi al momento decisivo: Atene non ha piegato la testa al summit di Riga, ma personalmente continuo ad avere la sensazione che ci siano dei non detti essenziali dentro la visione di Syriza, che si viva un po’ alla giornata in attesa degli eventi, come dentro a un “punto zero” nel quale tutto possibile. A mio personalissimo parere se non si è ancora arrivati al redde rationem è anche perché la stessa controparte europea non sa bene che fare. Non può tollerare disubbidienze riguardo ai massacri sociali in nome della moneta unica anche se è ormai noto che essi sono controproducenti: l’economia in sé c’entra relativamente, è la politica che sta dietro a tutto questo che conta.
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ora sembra farsi strada l’idea di una parziale retromarcia rispetto alla prima linea Schäuble: una robusta ristrutturazione (leggi cancellazione) del debito purché però non vengano disattesi i dikat della troika che impongono di colpire a morte le pensioni, licenziare decine di migliaia di persone, abbattere ancora i salari e qualsiasi tutela sul lavoro, privatizzare tutto il privatizzabile, compreso il territorio.
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Le cose però non sono così facili: dietro tutto questo si nasconde una bomba atomica creata dalla tracimazione del sistema finanziario che non conosce più limiti: sia l’uscita della Grecia dall’euro, sia una cancellazione del 50% del suo debito avrebbero oggi enormi conseguenze. Qui non si tratta più dei 350 miliardi di titoli sovrani emessi da Atene per far fronte a situazioni sostanzialmente create dalle imposizioni austeritarie conseguenti a Maastricht, si tratta invece di una cifra probabilmente dieci volte maggiore, a stare bassi, dovuta alla massa enorme di derivati sottoscritti dalle banche ( in particolare Deutsche Bank e Paribas) come assicurazione contro il ribasso dei titoli greci. Sarebbe in ogni caso un bagno di sangue a testimonianza del vicolo cieco nel quale si trova l’Europa della moneta unica con i suoi aedi, turibolatori e speculatori: quella che alla fine rischia di crollare tutta insieme al prossimo terremoto senza preparazione e senza preavviso o di diventare una dittatura del denaro."
(ilsimplicissimus2.wordpress.com)
E mentre la Grecia agonizza, arrivano altri segnali inquietanti per l'élite finanziaria europea. Le elezioni regionali e municipali in Spagna, e quelle polacche hanno dato un esito non propriamente auspicabile per Bruxelles. Sono elezioni che esprimono messaggi diametralmente opposti, ma con unico denominatore comune: l'antipolitica che punisce i partiti di centro ed il rifiuto verso questa Unione Europa.
E' una serie di mazzate devastanti.
"Il terremoto annunciato per la politica spagnola alla fine si è verificato alle amministrative e regionali di ieri (gli spagnoli sono andati alle urne per rinnovare 8.122 municipalità oltre che per assegnare i seggi nei parlamenti di 13 delle 17 regioni del Paese), che hanno visto i post-indignados di Podemos prendere Barcellona, avvicinarsi anche alla conquista della capitale e imporre ai due grandi partiti tradizionali Pp e Psoe un drastico ridimensionamento: 4 anni fa i popolari aveva ottenuto la maggioranza assoluta in 8 regioni, oggi devono scendere a patti con altre forze politiche."
(www.ilfattoquotidiano.it)
E' un campanello d'allarme drammatico per i poteri finanziari europei ancora alle prese con la crisi greca irrisolta. Perché in Spagna si voterà alla fine del 2015, ed anche quella nazione potrebbe precitare in un vortice simile a quello greco. A quel punto Bruxelles e Berlino potrebbero ritrovarsi con due paesi avversari e coalizzati contro l'austerità. E una crescente massa di debiti pubblici e prvati sempre più barcollanti ed ingestibili. L'euro e gli spread potrebbero tornare a volare sulle montagne russe.
A questo punto si può anche affermare che il quantitative esaing della Bce dimostra tutta la sua insufficienza. Probabilmente Draghi dovrà sbacare alla grande per fronte ad una tempesta sempre più forte e travolgente. Dovrà cominciare a comprare debito pubblico di qualsiasi genere, senza garanzie e senza fare troppo lo schizzinoso.
La Spagna mi ricorda per certi versi gli Usa: dove c'è una ripresa economica micidiale, sono entrambe un modello da seguire per tutti, salvo poi che Obama perde clamorosamente le elezioni di medio termine, ed ora anche il Patido Popular segue la stessa sorte. La ripresa è così forte che americani e spagnoli non se ne sono accorti...
"in Polonia si è votato e con qualche sorpresa ha vinto un candidato di un partito centrista alternativo a quello di governo (in Polonia la sinistra è completamente scomparsa)
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Andrzej Duda è il nuovo presidente della Polonia. Al ballottaggio ha battuto con il 53% Bronislaw Komorowski, esponente della Piattaforma civica (Po), il partito centrista che domina la scena politica dal 2007. Duda è invece membro di Diritto e Giustizia (PiS)
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Perché Duda ha vinto? Perché i polacchi non hanno confermato Komorowski, vista la buona situazione economica del paese, che continua a registrare tassi di crescita superiori non solo a quelli dei vicini, ma alla media europea? Una spiegazione l’ha fornita il nostro redattore Pierluigi Mennitti. In un suo articolo alla vigilia del ballottaggio aveva ricordato che le tendenze di voto in Polonia ricordano sempre più quelle occidentali. Anche nel più grande paese dell’Europa centrale emerge infatti il malcontento verso i partiti tradizionali e sorge un’unione tra apocalittici e integrati, tra vinti e vincitori della transizione, come della crisi.
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Una componente moderna, senza con questo attribuirle alcun giudizio di merito, simile a quelle presenti in tanti paesi dell’Europa occidentale, allo stesso tempo frutto del benessere conseguito in questi anni dalla Polonia e dell’inevitabile diseguaglianza con cui si è spalmato sulla società.
Apocalittici o integrati, arrabbiati o apolitici, indignati anti-corruzione o semplici scontenti della politica: un magma di istanze, a volte anche contraddittorie fra di loro, più facilmente unificabili da un outsider stravagante come Kukiz
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l’errore di Komorowski è stato quello di cullarsi sulla stabilità del paese e di non capire che fuori dal palazzo la gente era insoddisfatta."
(www.rischiocalcolato.it)
E non finisce qui. Persino nelle lande ritenute più "sicure" dagli euro-burocrati sta germogliando il germoglio della rivolta.
"Gli Austriaci Stanno per Chiedere di Uscire dall’Europa (Iniziativa Popolare dal 24 Giugno al 1 Luglio 2015)
Eppure, segni del risveglio popolare, di fine della passività, si notano. A volte senza far rumore. Il 7 gennaio 2015, un progetto di iniziativa popolare (Volksbegehren) sulla uscita dalla UE è stato accettato dal ministero austriaco dell’Interno. Anche se questa speciale forma di democrazia diretta è prevista dalla legge fondamentale austriaca, non è stato facile: la prima raccolta di firme (diecimila) è stata ritenuta ininfluente dalla Corte costituzionale. Una seconda raccolta, con firme raddoppiate, non ha potuto più essere gettata nel cestino. Sicché, tra il 24 giugno e il primo luglio prossimo, per otto giorni, tutti gli austriaci potranno iscriversi sulle liste ufficiali del loro comune per esprimere ufficialmente, con la loro firma, la loro volontà di uscire dalla UE.
Qui sotto, un estratto del testo ufficiale dei promotori dell’uscita dalla UE:
• Solo l’uscita dalla UE ci permetterà di sfuggire ai famigerati accordi transatlantici di libero scambio tra UE ed Usa (TTIP) e Canada (CETA).
• L’Austria recupera una parte minima dei miliardi di euro annuali che servono alla ‘promozione’ della UE. Per questi pagamenti annuali, noi siamo contributori netti da venti anni.
• L’Austria non ha nemmeno il ‘diritto’ alla co-decisione sull’utilizzo di questi fondi.
• A conti fatti, l’appartenenza alla UE dopo 20 anni è un affare in perdita per l’Austria, ha condotto a diminuzioni delle prestazioni sociali e degli investimenti pubblici in favore della popolazione.
• Se esce dalla UE, l’Austria non economizzerà solo i pagamenti annuali in qualità di contributore, ma anche i diversi «fondi di salvataggio per l’euro».
• Le obbligazioni di deposito (che valgono miliardi di euro) per il Meccanismo europeo di stabilità e le enormi garanzie per il Fondo europeo di stabilità finanziaria (EFSF) sarebbero cancellate.
• L’Austria potrebbe reintrodurre la sua moneta e condurre una politica monetaria che serva anzitutto alla sua economia nazionale.
Ed ecco la conclusione del testo:
«Vogliamo di nuovo vivere in un Paese libero e neutrale senza essere una ‘colonia’ di Bruxelles e di Washington. Non vogliamo essere trascinati in conflitti all’estero che non ci riguardano affatto e sono un vero pericolo per la pace. Fermiamo subito queste pretese, altrimenti sarà troppo tardi».
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Purtroppo la democrazia diretta austriaca non è forte e compiuta come quella svizzera e dunque le Iniziative Popolari (Volksbegehren) non hanno una forza di legge che impegna il parlmento a eseguirle.
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gli Austrici, li conosco molto bene per questioni che riguardano le mie origini familiari, e credetemi, sono il popolo europeo con lo spirito più libero (e libertario) che esista. Non a caso hanno (ancora, e dovranno lottare per mantenerlo) scritto nella loro costituzione il diritto al segreto bancario. Sotto traccia e nemmeno troppo in Austria sta divampando un odio viscerale verso le ingerenze europee, Haider non fu un “incidente della storia” e mi aspetto che dall’Austria e dai suoi cittadini esploda la critica più radicale e vincente alle urne verso Euro e Europa."
(www.rischiocalcolato.it)
Qui sta per saltare tutto. Non so immaginare quali tipi di turbolenze economiche, sociali e politiche tutto questo sommovimento del '15 potrà provocare. Mi spaventa il fatto che in questi giorni si commemorino i 100 anni dall'inizio della prima guerra mondiale. Purtroppo mi pare ci siano tutte le premesse per veder crescere enormi contrasti e tensioni fra i popoli europei. La moneta unica, invece di unire l'Europa, la sta portando di nuovo al disastro. Speriamo che l'esperienza del secolo breve, l'amicizia fra i popoli europei, ed il buon senso permettano di evitare il peggio.
sabato 16 maggio 2015
Grecia: da piigs a brics
"Fitch conferma il rating della Grecia a CCC, ampiamente all'interno del livello 'spazzatura', citando la mancanza dell'accesso al mercato e le incertezze sull'emissione di nuovi prestiti da parte dei creditori. "Ci aspettiamo - si legge in una nota diffusa nella tarda serata di ieri - che il Governo superi l'attuale crisi di liquidità senza impatto sui bond detenuti dai privati, ma il default è una possibilità reale".
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Yanis Varoufakis, rassicura: "la Grecia pagherà regolarmente stipendi e pensioni, ma non darà l'ok a misure inaccettabili solo per trovare un intesa con i creditori". "Sia i creditori che la Grecia hanno una linea rossa nelle trattative e tutti i problemi devono essere concordati per trovare un accordo"
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la situazione della Grecia "non è sostenibile", secondo il membro della Bce Yves Mersch. "Siamo alla fine del gioco" in Grecia, dove - ha aggiunto - la situazione è "grave". E la stessa Grecia non sarà in grado di pagare la rata di giugno (che scade il 5) al Fondo monetario internazionale se non raggiungerà un accordo con i creditori internazionali."
(www.ansa.it)
La Grecia si sta dimostrando un avversario tosto per l'Fmi. Abituato a trattare dall'alto in basso i paesi del terzo mondo, a travolgerli con le sue politiche di rapina. Ma la Grecia è un paese della vecchia Europa, e non pare cedere alle richieste della finanza criminale internazionale. Tsipras sembra sempre sul punto di accettare tutte le richieste della ex troika, ma evidentemente non è così. Compie passi avanti solo di facciata, non sodddisfa i criteri neoliberisti e più antidemocratici. In poche parole non si piega ai dictat delle grandi istituzioni finanziarie. Syriza ritiene che la politica abbia il diritto di guidare l'economia, le istituzioni finanziarie considerano la politica e la democrazia un ostacolo alle proprie mire.
La Grecia si sta dimostrando un caso piuttosto ostico e probabilmente anche un pericoloso. La Grecia potrebbe rappresentare una svolta geopolitica poco gradita per l'Europa, gli Usa, l'Fmi. Ormai il corteggiamento fra Grecia e Russia è arcinoto. La Russia intende costruire il gasdotto Turk Stream, che a dispetto del nome, giungerebbe propio in Grecia dal Mar Nero, rendendo il paese europeo strategico per la Russia. Il legame possibile con la Russia, e l'avvicinamento alla Cina attraverso la vendita del porto del Pireo, sono segnali che penso non debbano essere sottovalutati.
Putin sta inviando messaggi di grande interesse verso la Grecia. Chiaramente con il fine non ultimo di destabilizzare l'Unione Europea, ed il rapporto di questa con gli Usa e la Nato. Perchè è ovvio che se la Grecia finisse nell'orbita russa, la colpa non sarebbe solo dei greci. Ma anche dell'ottusità dei funzionari europei, della Germania, dei banchieri ecc. Per questo Putin sta spingendo sempre più sull'acceleratore:
"Ogni grande colosso, ogni grande istituzione ha sempre un punto debole, un “tallone d’Achille”. Quello dell’Unione Europea è certamente la Grecia. Ma non solo, essa potrebbe risultare il punto debole del Fondo monetario internazionale (Fmi)
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Putin sembra averlo capito benissimo (a differenza della Merkel e degli esponenti del Fmi). E’ di oggi infatti la notizia che Putin avrebbe proposto a Tsipras un’offerta molto allettante: entrare nella “Nuova banca di Sviluppo” dei Brics.
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In essa ogni stato fondatore capitalizzerà una cifra già definita in partenza, proporzionale al proprio PIL (la Cina sarà il paese che metterà le maggiori riserve, ossia 41 miliardi, il Sudafrica le minori, appena 5 miliardi). L’obiettivo di questo progetto è di fungere da alternativa al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale, ridimensionando così lo strapotere della moneta maggiormente favorita da questo sistema, il Dollaro.
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l’economia dei Brics rappresenta da sola il 25% dell’economia mondiale, ma questo peso ed importanza non è stato ancora riconosciuto all’interno dell’Fmi
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la Grecia è da qualche anno sull’orlo del baratro e la sua fine ormai, agli occhi di molti, sembra segnata.
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Sembra però a questo punto piuttosto probabile l’addio della Grecia dall’Fmi soprattutto perché la New Development Bank ha i fondi necessari a salvare la Grecia e non sembra farsi troppi problemi ad investirli per questa causa. La parte più interessante della vicenda è però un’altra: bisogna infatti chiedersi per quale motivo i Brics sarebbero disposti a spendere così tanti soldi (si pensa circa 50 miliardi) per salvare un paese come la Grecia. Cosa ci guadagnano? La risposta possiamo ritrovarla nelle parole di Paul Craig Roberts, ex sottosegretario del Tesoro negli Usa, rilasciate in una intervista a King World News:” In questo momento ci sono molte cose nel sistema finanziario che possono crollare. Usa ed Europa per poco, fintanto che possono stampare denaro, potranno mantenere in piedi questo sistema truccato. Nel momento in cui il valore del dollaro e dell’Euro inizierà a collassare, il gioco terminerà. C’è la possibilità che “un cigno nero di massa”, un evento non previsto, faccia collassate il tutto, e che si sviluppi a causa della crisi greca e dell’elezione del nuovo governo Tsipras. Ciò si verificherà se le banche tedesche, creditrici della Grecia e i politici dell’Unione Europea si rifiuteranno di soddisfare le legittime necessità del governo greco.” A questo punto l’obiettivo di Putin e degli altri membri del Brics sembra essere palese: far traballare l’Unione Europea grazie alla Grecia. Infatti, qualora la Grecia dovesse accettare l’invito ad unirsi ai Brics per non avere più problemi con i debiti, cosa potrebbe ancora ostacolare anche gli altri paesi europei in difficoltà (Italia, Spagna, Portogallo ecc.) dal fare lo stesso? Nulla, assolutamente nulla. Ciò significherebbe la disgregazione dell’Unione Europea, un vero e proprio cataclisma per gli Usa, la Fmi e la Banca mondiale."
(www.morasta.it)
Probabilmente non è tutto così semplice. L'uscita dall'euro non sarà indolore per la Grecia come per nessun altro. Ma è evidente che l'Fmi, la Bce e l'Europa stanno giocando una partita pericolosa. E temo che la loro supponenza li accechi, e non gli faccia vedere i pericoli verso cui stanno procedendo.
Ma in cosa potrebbe investire la nuova banca dei Brics? Per esempio in questo:
"petrolio al centro della crisi greca
l'ultimo rapporto GEAB, il 94, cita i giacimenti di petrolio presenti nelle coste orientali del Mediterraneo. Nessuno ne parla ma potrebbero essere la chiave per risolvere la crisi greca.
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al centro della crisi del debito ci sono le risorse di petrolio della parte orientale del Mediterraneo. I media non ne parlano, ma la Grecia siede su enormi depositi di idrocarburi.
Il governo precedente aveva preso in considerazione l'ipotesi di usare le risorse energetiche epr risolvere la crisi economica e geopolitica. Ha firmato accordi per concedere appalti a contractor canadesi, britannici, europei (società italiane e irlandesi) a maggio dell'anno scorso.
Ma l'entusiasmo è stato ridimensionato leggermente quando ha notato che anziché calmierare le tensioni con la Turchia come sperato, il progetto ha alzato il nervosismo e peggiorato i rapporti tra i due paesi vicini.
La Grecia non è peraltro l'unico paese ad aver scoperto preziosi depositi di idrocarburi nella parte orientale del Mediterraneo: nelle coste israelian, siriane, libanesi, cipriote, albanesi e persino nella costa Adriatica. "
(www.wallstreetitalia.com)
La Grecia potrebbe essere il cigno nero che farà crollare tutto il castello di carte della finanza? E' probabile, poichè a questo punto rimangono poche possibilità al governo greco, se non quella di stampare dracme. Se la situazione è veramente così drammatica, vedremo già lunedì sui mercati gli effetti della imminente crsisi greca.
venerdì 15 maggio 2015
Controrivoluzione francese
La Francia è già oltre. Si è già lanciata nel mondo post-democratico del Ttip, dell'integrazione nel grande impero atlantico fondato sulla finanza e sul feudalesimo delle multinazionali. E ci svela anche l'origine della recente proposta berlusconiana di fondare un partito repubblicano (ma non esisteva già in Italia?) emulo di quello americano. Il partito democratico, almeno in Italia, già esiste e con Renzi si è già americanizzato a sufficienza. L'Europa deve funzionare e diventare come gli Usa, ma senza nemmeno una parvenza di democrazia.
"I repubblicani non hanno patria
Quello che anni fa avremmo chiamato il nostro amato giovane premier precocemente calvo ma che oggi, al 4%, è ex amato, ex giovane, ex premier e pure ex calvo, ha lanciato una delle sue boutade, che boutade non è: “Bisogna fare un unico grande partito alternativo al partito democratico, possiamo chiamarlo… che ne so, ‘repubblicano'”. E, guarda caso, ci ritroveremo con un bipolarismo perfettamente americano di nome e di fatto. Di Pietro direbbe: “Che c’azzecca con la Francia?” C’azzecca, c’azzecca. Anche qui non manchiamo di uomini bassi dalle manie di grandezza spropositate. Infatti Sarkozy, senza preavvisare nessuno dei suoi, annuncia che il suo partito, l’UMP, cambierà nome e si chiamerà Républicains. La prima reazione dei colleghi, ufficialmente ancora gaullisti, anche se De Gaulle probabilmente tornerebbe a Londra per combatterli a cannonate, a questa americanata è stata subito un “no”. Peccato poi che i politici “moderati” alla Juppé son così: di nobili valori nei primi propositi, ma poi Francia o Spagna purché se magna, e con i soliti scambi elettorali hanno votato tutti, compresi Juppé e Fillon, “sì” al nuovo nome americano. Ora sono Les républicains. E quando si frequenta un po’ la sede nazionale del partito e si sente che aria tira, si capisce dove si vuole andare. Per gli eletti UMP il trattato transatlantico è cosa fatta. Anche la parola “Unione europea” non è più di moda: si parla ormai di “Europa delle grandi regioni” e di “Unione transatlantica”. Che dire? Ormai siamo due passi indietro noi sovranisti. Ecco quindi che bisogna anche uniformare le formazioni politiche a quelle americane, in modo che ben presto ci siano solo partiti sovranazionali. Naturalmente i partiti sovranisti non potranno partecipare alle elezioni, a meno che non raccolgano firme in tutti i paesi. Che coincidenza! In realtà, non dovete pronunciare la parola “Stato”, altrimenti Attali vi prende per imbecilli. Non vogliono imporre le stesse leggi a tutti i cittadini: no, sono per la libertà degli individui! A loro non interessa un fico secco di legiferare sui diritti civili, quello che interessa è imporre i propri standard produttivi e finanziari a tutto il pianeta; per il resto degli aspetti quotidiani si rimanda al (udite udite che chicca!) “comunitarismo democratico”, che scompone completamente l’unità del corpo del diritto in funzione della comunità a cui si appartiene. Quindi, per quanto riguarda gli aspetti civili della propria vita (divorzio, eredità, ecc.), ci si potrà rifare al diritto “gallico” o “islamico” a seconda della propria religione o sensibilità. Il diritto pubblico lascia il passo all’arbitrato e le condizioni di lavoro non vengono più normate ma, anzi, negoziate caso per caso o, al limite, posizione per posizione. Nessun tipo più di inquadramento per settore o, peggio, di contratto nazionale. Un post fordismo transatlantico! Per fare questo, naturalmente, occorre una società il più possibile divisa, eterogenea, non compatta, instabile, nella quale ogni sistema di controllo è possibile in nome della sicurezza. Lo so. sembra un articolo da blog complottista, eppure è quanto hanno dichiarato diversi deputati socialisti e dell’UMP.
Io, becero, pensavo che il diritto fosse nato con le Dodici Tavole, per sottomettere tutti i cittadini alle stesse leggi scritte per gli stessi reati; oggi scopro, invece, che ognuno per uno stesso reato può essere giudicato in maniera diversa in funzione della sua appartenenza religiosa, sociale o economica.
Vivendo in Francia, soprattutto in quest’ultimo mese nulla più sembra ormai eclatante. Uno degli eventi più importanti è stato il voto in parlamento della legge sulle intercettazioni, quella che da noi fu stralciata in extremis, che dà di fatto la possibilità a qualsiasi forza dell’ordine di accedere su qualsiasi dispositivo elettronico di qualunque cittadino e scaricare tutti i dati registrati: qualsiasi cittadino sospettato di “creare instabilità o pericolo a riguardo dell’interesse sociale, economico e di sicurezza del paese”. Quindi anche uno sciopero, un’associazione consumatori, una frase su facebook, potrà autorizzare questo pirataggio. Inoltre, non sarà la magistratura a autorizzare o a presiedere a tali controlli, ma gli uffici del primo ministro. Il tutto venduto come fondamentale alla lotta al jihadismo. Premesso che tutti gli attentatori reali e potenziali individuati dalla polizia francese e americana erano tutti già noti alle forze dell’ordine e quasi tutti già condannati (eppure tutti ingiustamente a piede libero), cosa avrebbe aggiunto il fatto di scaricare le foto del loro cellulare? L’attentatore di Charlie aveva reclutato 900 jihadisti francesi dieci anni fa, ed era pure stato condannato per tale atto, eppure Taubira lo fece liberare. Di cosa stiamo parlando? Ma soprattutto: cosa ne sa il primo ministro di chi sono i possibili jihasiti? Nulla! Sa, però. chi sono i suoi avversari politici, chi sono i sindacati e le associazioni scomode. Uno sciopero non é un possibile disordine? Non nuoce agli interessi economici della comunità? E allora ti scarico tutti i dati dal tuo pc, caro sindacalista o oppositore politico, cosi al minimo scopro chi sono i tuoi coorganizzatori, chi partecipa, chi ti finanzia, chi ti sostiene, e in più, magari, scopro anche se hai un amante, vai a trans, ti droghi. Tutti han gridato allo scandalo ma alla fine, tranne il Front National e il Front de Gauche, hanno votato a favore. Grottesco Sarkozy che la mattina del voto indice una conferenza stampa per dire che si è scocciato di essere intercettato, che si tratta di una vera e propria perscecuzione politica (chi vi ricorda?) e al pomeriggio chiede ai suoi di votare la legge. Ma meno male che c’è il ministro alla giustizia Taubira, con un figlio in prigione per omicidio e furto e un altro accusato di violenza sessuale (la mamma però ha cercato di far annullare la sua condanna), presenta un emendamento per chiedere che tale legge non si applichi ai… carcerati! Cioé: per combattere il terrorismo, tutti i liberi e innocenti cittadini possono essere piratati, ma i terroristi in prigione no. Per fortuna, almeno questa volta anche i deputati socialisti han votato contro. Ma questo vi dà la misura di dove stia andando il paese e della moralità delle persone che lo governano.
E mentre si autorizza a sapere qualsiasi cosa di qualsiasi cittadino, scoppia la polemica sul sindaco di Bezieres, Robert Menard, fondatore di Reporters sans frontieres, colpevole di aver citato alla radio una statistica sui propri scolari in base alla loro religione: risultato il 64,6% degli studenti delle sue scuole è musulmano. Che c’è di strano? Ebbene, in Francia i sondaggi che riguardano la religione o la provenienza dei cittadini sono vietati, tranne alcune eccezioni normate. Sono lecite tali statistiche per gli organi religiosi: l’imam può sapere quanti musulmani ci sono a Bezieres, ma non il sindaco. Per i dipartimenti sono ammesse per assegnare gli alloggi popolari, per effettuare una discriminazione positiva, ovvero privilegiare popolazioni straniere rispetto a quelle autoctone. Però non devono essere pubblicate. In realtà, tali statistiche vengono proibite per evitare che si sappia quanti stranieri ci sono in Francia, e in che maniera incidano sulla vita del paese; per evitare che si sappia quanti sono responsabili di crimine, quanti ce ne siano nelle scuole, nelle carceri, quanti beneficiano di aiuti pubblici. E in meno di dodici ore dalle dichiarazioni del sindaco, polizia e magistratura gli sono piombati addosso. Se una qualsiasi prova di tali statistiche fosse stata ritrovata nei suoi uffici, avrebbe rischiato centomila euro di multa, tre anni di prigione e la sospensione immediata dall’incarico. Questa è la libertà di espressione in Francia. Je suis Charlie!
E infatti questo è stato forse il mese in cui, senza più remore, viene alla luce il piano del grand remplacement del popolo francese, destinato a essere rimpiazzato da popolazioni più docili e malleabili. Ormai non c’è settimana in cui la chiesa principale di un paese non venga completamente bruciata nel silenzio dei media. Immaginate la vostra città, il vostro paese in Italia, dove da secoli al centro si erge sempre la stessa chiesa che delinea il profilo stesso della cittadina e la cui vista, come le campane di Pascoli, vi fanno sentire subito a casa, a prescindere dalla vostra fede. Immaginate ora che fra cinque o dieci anni questa chiesa venga completamente bruciata dai nuovi arrivati insieme a una ventina di macchine e al municipio. Poi quella del paese vicino, e poi ancora. Per non parlare delle tombe cristiane, profanate a centinaia ormai ogni settimana: chi ha fatto la Francia, chi è morto per costruirla e difenderla ingiuriato in questo modo! Sempre in questo mese, mentre i socialisti invocano un adattamento della legge sulla laicità rispetto all’islam, quindi di fatto ammettono che l’islam non è compatibile con la laicità della republique, un tribunale della Bretagna ha ordinato di abbattere una statua di Giovanni Paolo Secondo nel piazzale di una chiesa, perché spazio laico!
E in questo clima mercoledì scorso è passata la riforma della scuola promossa dalla ministra berbera dell’istruzione francese, tutt’oggi al centro delle polemiche. Tolti definitivamente il latino e il greco dai licei, tolti dai programmi obbligatori di storia, dopo Luigi XIV e Napoleone, anche gli illuministi e la storia cristiana medievale, compreso Carlo Magno e Luigi IX. Ma diventa obbligatorio l’Islam, almeno dieci ore all’anno. E si badi bene: non la storia della civiltà islamica o delle conquiste islamiche ma l’islam religione tout court. Per la prima volta da due secoli, l’école laique publique impone l’insegnamento di una religione. Come definireste voi questo fatto se non il più spudorato tentativo di riscrivere il dna di un popolo? E per chi avesse dubbi sulle buone intenzioni del ministro, arriva il finale con il botto: il 20% delle ore di lezione (in parte tolte a francese e matematica) dev’essere scelto dai docenti “in funzione dei quartieri e delle popolazioni che vi abitano”. Lo Stato riconosce ufficialmente che non esiste più un solo popolo con una sola lingua ma tante popolazioni, addirittura divise per quartieri, ognuna con la sua storia e la sua lingua. Anzi no, perché nello stesso testo di legge vengono soppressi i licei bilingue tedeschi, di fatto presenti in gran parte in Alsazia e in Lorena. Dunque tali riforme non sono varate per promuovere le diverse comunità, ma per sopprimerne alcune al vantaggio di altre. E quando si sentono le interviste del ministro, rilasciate in arabo ai media maghrebini, non si hanno dubbi sui suoi fini. Del resto, se il tedesco va in soffitta, l’arabo si potrà ancora scegliere nelle scuole, almeno per ora. Di fatto, è insegnato in quasi tutti gli istituti del paese, subito dopo l’inglese e a differenza delle altre lingue come l’italiano, lo spagnolo, il tedesco, diventando spesso l’unica opzione possibile. Ora in un paese come quello di Bezieres il 65% di alunni musulmani quali corsi sceglieranno nel 20% del loro tempo? Quale seconda lingua sceglieranno? Come si fa integrare il 65% di studenti arabi con il 5% di francesi? E con chi deve integrarsi l’altro 30% di origine straniera? Magari qualcuno ha la risposta.
Quando nell’articolo pubblicato due mesi fa dicevo che Roubaix era abitata al 70% da musulmani, mi si fece osservare che su wikipedia solo il 16% era dato per straniero. Ma visto che si diventa cittadini francesi dopo cinque anni, quel 16% erano solo gli stranieri residenti lì da meno di cinque anni, senza contare gli irregolari. Ebbene, la settimana scorsa alla radio (chissà perché non in televisione!) si è molto parlato del caso limite dell’unica famiglia bianca, col padre in cassa integrazione, rimasta in un quartiere a Roubaix e mandata a vivere in un Hotel dal comune. Le è stato consigliato dalla polizia di trasferirsi altrove, dopo avere subito di tutto: macchine, porte e finestre bruciate e furti tutte le settimane (hanno portato via tutto, anche i giochi dei bambini, gli elettrodomestici, i vestiti, le bici). In realtà, si tratta della solita tecnica che si usa anche nelle banlieux di Parigi quando si vogliono fare sloggiare gli ultimi bianchi o cinesi per farvi restare una sola comunità africana. E tutti che si scandalizzano sui giornali, quando i casi nella regione parigina sono migliaia! A me ricorda molto la sorte degli indios in America e in Australia. Oops, censura!
Ma questo è stato anche il mese dei Le Pen. Se Marine ha detto in pubblico di volere la “morte politica” del padre, dopo avergli sospeso al carta del partito e indetto un congresso per ritirargli il titolo di presidente d’onore, è la figlia che rischia adesso di essere uccisa dal padre, che sta pensando di creare un suo partito. Mitterand fece prosperare il Front National per togliere voti al partito di centro destra, l’RPR di Chirac; del resto, la stessa cosa da noi fece il PCI, che votò per mantenere il MSI perché toglieva voti alla DC.
Marine è tranquilla, Philippot le ripete che al massimo l’FN perderà il 2% ma guadagnerebbe fra il 4 e l’8% dalla fuoriuscita dell’ingombrante Jean Marie e delle sue frasi imbarazzanti.
Io non sarei così sicuro non tanto dei voti guadagnati, quanto di quelli persi. Oggi tutti cantano il successo del Front National di Philippot e Marine, ma non bisogna dimenticare che con Jean Marie il partito era al 17%, non al 2%, e che con gli avvenimenti di questi ultimi anni anche Jean Marie avrebbe guadagnato qualche punto, magari non fino al 30%. Ma almeno 2/3 dei votanti del Front hanno più le idee del padre che della figlia. Quando, per rassicurarla, le dicono che il padre ha 86 anni e soprattutto non ha quadri e dirigenti su cui contare, si dimenticano che, di fatto, tutti i dirigenti del Front National sono stati cacciati negli ultimi quattro anni e hanno tutti il dente avvelenato con Marine. Di certo, se avessero la possibilità di fargliela pagare non esiterebbero. Altra cosa è poi la base: ci son cose che si sanno e cose che non si sanno del Front. Fin dove Jean Marie è disposto a sputtanare non si sa; per adesso dice che fonderà un’associazione ma non un partito: il fine è restare all’interno del Front, diventato per lui ormai un partito “socialista eterofobo”, per ricambiarne la rotta. Chi vivrà vedrà! Intanto, se da un lato nei sondaggi l’FN arriva al secondo turno delle presidenziali in ogni caso e Marine è data vincente al ballottaggio con Hollande, questa storia ha fatto scendere di quattro punti l’indice di gradimento.
Dulcis in fundo, i perdenti della civiltà globale e nazionale sono comunque sempre gli stessi: i Francesi che lavorano e che hanno il gran privilegio di avere un’auto per andare a lavoro, soprattutto perché fuori Parigi i mezzi pubblici, a suon di tagli, ormai non esistono più: ebbene, per far cassa ancora guerra agli automobilisti, gli unici criminali contro cui lo stato francese osa far guerra. Dall’altro ieri sono state triplicate le telecamere sui semafori e sulle corsie degli autobus, solo a Parigi 300 km in più di strade controllate in un solo giorno, limiti di velocità sulle interurbane abbassati da 90 a 80 km/h, per adesso in prova su tre assi e poi su tutto il paese. Installati nuovi tipi di autovelox capaci di dire in tempo reale tutte le multe accumulate su quella targa: se il conducente non regola immediatamente la sua posizione, ritiro immediato del veicolo. Sulla tangenziale di Parigi il limite è stato portato addirittura a 70 km/h con autovelox ogni chilometro. La scusa era ridurre l’inquinamento: le prime analisi mostrano il contrario, ma il sindaco ecologista di Parigi non torna indietro, preferisce inquinare di più e fare più multe. Ah i valori della sinistra morale! Ultima chicca: l’uso degli elicotteri militari non è più autorizzato per inseguire gli autori di crimini come l’omicidio, il furto o la violenza, ma solo in caso di attentati o sequestri. E’ tuttavia concesso per inseguire auto che hanno commesso infrazioni al codice stradale e che non si sono fermate al posto di blocco. Se avete ucciso un bambino e scappate non si può richiedere l’elicottero, ma se siete stati multati dall’autovelox a 140 km/h in autostrada e all’uscita non vi fermate al controllo, l’elicottero può intervenire."
( www.appelloalpopolo.it)
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