giovedì 30 aprile 2015
Maratona Expo
Scorre in tv la maratona Rai sull'Expo, manco a dirlo, appassionante come un San Remo al cubo. Tra arie operistiche e presentazioni didascaliche alla Pippo Baudo che stenderebbero sul divano anche un cocainomane dopo sette piste, mi chiedo se questo è il modo migliore per pubblicizzare l'evento, o la maniera più semplice per far scappare il turista del ventunesimo secolo. Soprattutto quello giovane. Ma del resto, il giovane non ha soldi da spendere a vanvera, tanto vale cercare di fare breccia fra le menti assopite e incartapecorite del pensionato medio italiano. Quello appunto che si addormenta davanti al Pippo Baudo di turno mentre presenta come negli anni '50 la stanca e stancante rassegna canora ligure.
Ma che cos'è quest'Expo 2015 ce lo spiega benissimo Capece Minutolo nel suo post, confrontandolo con quello milanese del 1906. Ed io aggiungere anche l'impietoso confronto con l'Esposizione Internazionale di Torino del 1911.
"Esposizione universale del declino italiano
Domani si inaugura in pompa magna l’Expo di un Italia vacua e corrotta che su un tema capitale come quello dell’alimentazione non è riuscita a costruire altro che una mega trattoria abborracciata alla meglio, futile e fangosa. Del resto essendo stata mangiatoia per ogni tipo di sottobosco la trasformazione della presunta esposizione in greppia fusion dove s’ingozzano i soliti noti, comprese le belle e lucide intelligenze travolte da insopprimibili istinti cortigiani oltre che dalla numinosa reductio ad unum del maccarone reale e di quello metaforico. Insomma costosissima cartapesta alla quale banchetta un Paese di cartapesta.
Ma chi di Expo ferisce, almeno mediaticamente, di Expo può anche perire. E in effetti il confronto con l’altra grande esposizione internazionale ospitata dall’Italia, quella milanese del 1906, è talmente impietoso da apparire una sconvolgente e desolante testimonianza di un declino probabilmente irreversibile. Parliamo di 109 anni fa, mica di ieri: l’italietta giolittiana i cui costumi non erano certo irreprensibili tra scandali bancari e trasformismo, volle festeggiare il completamento della galleria del Sempione con una grande esposizione dedicata ai trasporti. L’idea nata alla fine del 1902, prese via via concretezza e venne completamente realizzata nel giro di due anni grazie a una sottoscrizione pubblica che raccolse sei milioni di lire poi totalmente restituiti. Vi parteciparono 40 Paesi (praticamente tutti, tenendo conto che quasi metà del pianeta era sotto dominio coloniale) e 35 mila espositori, compresi quelli cinesi. Le aree espositive erano due, quella dietro il Castello sforzesco che oggi si chiama appunto parco Sempione e quella della Piazza d’armi che è stata poi per tanti decenni sede della vecchia fiera, unite da una ferrovia sperimentale sospesa primo esempio di metropolitana sopraelevata, copiata poi in tutto il mondo, tranne che da noi ovviamente.
In due anni furono realizzate 225 costruzioni tutte in stile liberty. All’ingresso principale si accedeva tramite un tunnel artificiale che riproduceva fedelmente la galleria del traforo del Sempione con materiali originali provenienti dal cantiere e documentazione fotografica, mentre a fianco dell’Arena Civica fu costruito l’Acquario, (unico edificio salvatosi dai bombardamenti della seconda guerra mondiale) che allora era il terzo realizzato al mondo, dopo quelli di Napoli (costruito con capitali tedeschi) e di Honolulu. Tra locomotive e vagoni spiccava un’area dedicata al volo con palloni aerostatici sui quali il pubblico poteva provare l’ebrezza di sollevarsi dal suolo, con i primi modelli di dirigibili esposti e perfino con i primi aeroplani ad appena tre anni dall’impresa dei fratelli Wright. C’erano poi padiglioni che proponevano esperienze multisensoriali come quello dedicato all’ambiente polare oppure all’Egitto con la ricostruzione integrale di una zona del Cairo con tanto di cammelli. E per non farsi mancare nulla fu inaugurato il primo ristorante cinese in Italia.
Ma c’erano anche cose più serie in quel lontano 1906, anno nel quale nasce la confederazione Generale del lavoro e viene varato il primo contratto di categoria tra la Fiom e la Fabbrica Italiana automobili Torino. Un intero padiglione era dedicato alla previdenza sociale ed esponeva anche appartamenti tipo dell’edilizia popolare: proprio nei sette mesi di vita dell’esposizione (28 aprile – 11 novembre) la Società umanitaria aveva inaugurato a Milano, in via Solari, il primo complesso di edilizia economica , realizzato dall’architetto Broglio nel corso di un anno e mezzo. Non mancava infine un intero palazzo (considerato tra l’altro il più bello) dedicato ai temi e alle tecnologie della produzione agricola.
Insomma l’idea che veniva fuori dall’esposizione era di un Paese dinamico e aperto al mondo, moderno, laico (il manifesto ufficiale riprende il tema dell’inno a satana di Carducci) e che era in grado di affrontare il legame tra evoluzione tecnologica e progresso sociale. Niente a che vedere con la squallida e atona mangiatoia dei Farinetti accoppiata alla dittatura delle multinazionali del cibo (in realtà due facce di una medesima medaglia), con l’esposizione nata fra ruberie senza fine, sperpero dei denari pubblici, segnata dalla vergogna del lavoro gratuito dalle speculazioni e dalla fatuità da ostaria che regna untuosa come odore di fritto. Un insieme che nel complesso definisce un Paese marginale, corrotto e conformista che ha davvero poco da dire in qualsiasi campo.
Forse questo modo di vedere le cose deriva dal fatto che come molti altri sarò invidioso di Farinetti come suggerisce con folgorante intelligenza berlusconica tale Michele Serra in forza agli uffici stampi unificati di De Benedetti, Fazio e Renzi. Però è più probabile che questi eccessi di imbecillità servile, non siano altro che un ulteriore aspetto del regresso che il Paese esprime e che ha prodotto questa specie di Expo.
Ah dimenticavo… i visitatori nel 1906 furono 5 milioni che per le condizioni di del tempo possono tranquillamente essere equiparati oggi a 100 milioni. Ma si fa fatica anche a raggiungere il traguardo dei 10 come dimostrano i numeri che ci sono, quelli che vengono taciuti e le disperate svendite di biglietti che arrivano dal Pd come dalle società telefoniche, dai vari gestori di frecce ferroviarie e fra un po’ anche dai venditori di tappeti. Anzi no, quelli già ci sono per tagliare il nastro."
(ilsimplicissimus2.wordpress.com)
martedì 28 aprile 2015
La crescita Usa solo un mito
L'esempio da seguire sono gli Stati Uniti. Li' la crescita è evidente. Così evidente che alla Fed cominciano ad avere seri dubbi: sarà il caso di alzare i tassi di interesse, o di continuare il quantitative easing? La ripresa in atto è così forte da sopportare un aumento dei tassi di sconto, o piuttosto è così fragile che un loro aumento causerebbe la caduta del mercato azionario, che vive una stagione straordinaria grazie solo e soltanto ai tassi a zero?
"Come previsto, anzi come inevitabile comincia a farsi strada la teoria secondo la quale l’aumento della massa monetaria indotto dall’acquisto di debito pubblico (e poi qualsiasi altra cosa) debba essere reso permanente. Un Tool sempre a disposizione e utilizzabile alla bisogna (cioè sempre e in aumento geometrico).
Zero hedge riporta:
Considerato tutto questo, non siamo sorpresi di apprendere che in un nuovo documento intitolato "Parliamo di quali strumenti politici La Fed dovrebbero usare 'normalmente' ", il Boston Fed sta suggerendo che il QE deve diventare uno strumento permanente a disposizione della Fed. Dopo tutto, la "stabilità finanziaria" dipende da questo ...
Durante l'inizio di una crisi economica e finanziaria molto grave, nel 2008, il tasso dei fondi federali ha raggiunto la soglia zero (ZLB). Con questo strumento di politica monetaria primaria quindi reso inefficace, nel novembre 2008, la Federal Reserve ha iniziato a utilizzare il suo bilancio come strumento di politica alternativa quando ha cominciato gli acquisti di asset su larga scala. Ora l'attenzione si rivolge al modo in cui la Fed dovrebbe passare di nuovo ad un orientamento di politica monetaria più convenzionale. In gran parte manca una discussioni sull' "exit strategy" della Fed è una considerazione che forse dovrebbe mantenere, non eliminare, gli strumenti di bilancio.
Sempre più nel territorio inesplorato, anche se una profezia si sta avverando, NON E’ POSSIBILE TORNARE INDIETRO SENZA UN COLLASSO FINANZIARIO"
(www.rischiocalcolato.it)
Non è possibile tornare indietro. Si va avanti alla cieca, perché anche continuare su questa strada potrebbe portare al disastro: mercato azionario inflazionato all'inverosimile, crescita dell'economia reale del tutto insufficiente. Prima a poi un evento qualsiasi potrebbe provocare il panico e i mercati potrebbero crollare ugualmente, perché la bolla finanziaria è gonfiata al limite. I nervi degli investitori sono tesi come corde di violino.
"È ufficiale, gli Usa sono in recessione. E non lo dice il sottoscritto (che tra l’altro lo ripete da settimane), ma cominciano a dirlo gli stessi organi di informazione e analisti statunitensi, allarmati dall’ininterrotta messe di dati macro negativi, culminati la scorsa settimana in una vera e propria apoteosi, con il Surprise Index di Bloomberg che venerdì ha toccato un livello raggiunto l’ultima volta proprio durante la grande recessione. A quota -0,783, l’indice nei suoi 15 anni di vita sta infatti seguendo la traiettoria in negativo toccata soltanto altre due volte:
all’inizio del 2009 con il record di -0,996 e a marzo 2011, quando arrivò a -0,950. E la cosa più importante è che il Surprise misura i dati relativamente alle proiezioni degli economisti, quindi di fatto sbugiarda quanto finora predetto, costringendo tutti a una revisione al ribasso di stime troppo ottimistiche per il 2015.
Soltanto tra giovedì e venerdì scorso i vari enti governativi Usa hanno reso noto che le richieste di disoccupazione iniziali nella settimana conclusasi il 18 aprile sono salite a 295mila unità dalle 294mila della settimana precedente, ma soprattutto contro un consensus orientato verso un calo a 287mila; il sondaggio mensile di Markit tra i responsabili acquisti delle aziende manifatturiere ha mostrato un rallentamento nell’attività rispetto ai dati preliminari di aprile, con l’indice principale calato a 54,2 da 55,7 e contro un consensus orientato verso un dato invariato; la vendita di nuove case a marzo è letteralmente crollata dell’11,4% contro un calo medio atteso del 4,5%; il misuratore mensile dell’attività manifatturiera della Fed di Kansas City è sceso a -7 in aprile dopo il -4 di marzo, contro una stima attesa di un aumento a -2; gli ordinativi di beni non legati alla difesa sono scesi del 4,6% a marzo su base annualizzata. E per finire, come ci mostrano i primi due grafici a fondo pagina, la crescita dell’export è negativa, come si è notato durante le due ultime recessioni e i dati macro Usa nel loro complesso ora sono al minimo da sei anni.
Dopodomani si conoscerà il dato del Pil del primo trimestre, con gli economisti interpellati da Bloomberg che si attendono un +1%, nettamente al ribasso rispetto al +2,2% delle previsioni di fine 2014. E di più, cominciano i timori anche per l’eventuale rimbalzo della crescita nel secondo trimestre. Già oggi il consensus della Macroeconomic Advisers Llc di St. Louis prevede per il periodo aprile-giugno una crescita del 2,2% contro un dato precedente del 2,4% e addirittura il +2,8% soltanto del 7 aprile scorso
...
Insomma, anche chi fino a ieri negava la
nuova crisi, ora deve ammettere che i calcoli sono stati fatti male - o comunque sull’onda di un eccessivo
ottimismo - e si ricomincia a calciare in avanti la lattina, nella speranza di un miracolo o di una guerra in piena
regola.
...
Guardate il primo grafico a fondo pagina, ci mostra come l’intera bolla tecnologica che ha mandato lo scorsa settimana il Nasdaq ai massimi storici dal marzo 2000 (con tg e grande stampa pronti a leggere quel picco come la riprova della turbo economia statunitense) sia tenuta in vita unicamente da un’azienda, ovvero Apple. Stando a dati di FactSet, il dato annualizzato del primo trimestre riguardo la crescita della ratio utile per azione nel settore Information Technology è allo 0,7%, ma escludendo Apple questo crolla a -5,1%.
...
Per chi poi teme le coincidenze con il demoniaco, la correzione ribassista che abbiamo vissuto l’ultima volta portò lo Standard&Poor’s al minimo di 666 punti: per capirci, oggi siamo a 2117. E che la correzione potrebbe essere senza precedenti ce lo dimostra anche il fatto che in contemporanea ai multipli da tso obbligatorio di Wall Street, abbiamo un mercato equities cinese completamente in bolla e basato sul margin trading: la follia collettiva cinese per il mercato azionario è infatti ormai fuori controllo, visto che solo la scorsa settimana sono stati aperti 3,25 milioni di conti titoli, il doppio di quanto registrato nel picco dell’euforia della bolla del 2007! Non è quindi un caso che venerdì scorso, il numero uno di Saxobank, Steen Jakobsen, di ritorno da un road-show mondiale, ha descritto in questi termini la situazione globale dell’economia: «Gli imprenditori a livello mondiale stanno annegando in questa realtà di nulla. Viviamo in un mondo di zero crescita, zero inflazione e zero speranza. Se la Fed alzerà i tassi, questo atto si tramuterà in una margin call sull’economia globale»."
(www.ilsussidiario.net)
Secondo Bottarelli, l'unico modo per risollevare l'economia reale Usa, è una guerra. E purtroppo sono d'accordo, in quanto i vari Qe miliardari non hanno prodotto risultati tangibili. E a quanto pare anche parte dell'amministrazione Usa è conscia di questa situazione. Non mi spiego altrimenti tutti gli interventi militari inconcludenti fatti dagli americani nel medio oriente. Tentano di fomentare una guerra mondiale, di creare l'incidente perfetto? Per non parlare dell'Ucraina e della campagna diffamatoria verso Putin e la Russia.
Sta di fatto che la crescita Usa, come qualla italiana del resto, è solo un mito inventato dai media. Un tentativo di infondere ottimismo, di far avverare un auspicio. Ma non funziona più. Solo la pubblicità senza la sostanza, non è in grado di trascinare l'economia americana.
Una recessione in Usa, ovviamente avrà ripercussioni poi in Europa. Dove sarà sempre più difficili per i partiti tradizionali avere il consenso necessario per governare. Si aprono praterie elettorali per nuovi movimenti, ma purtroppo anche per vecchie ideologie che si pensava di aver superato dopo la sconfitta del nazismo.
lunedì 27 aprile 2015
Contagio (2)
Qualcuno svegli Padoan dal suo torpore ottimistico. Il Grexit non è una passeggiata.
"vale la pena segnalare un'altra perla di saggezza detta dal Ministro Padoan, che afferma:
"I rischi per l'Italia non crescerebbero con una Grexit [...] L'Italia ha significativamente rafforzato la propria posizione ed è aumentata la fiducia soprattutto da parte del mercato. I fondamentali dell'Italia si sono rafforzati e la cosa l'ha riconosciuta anche la Commissione europea"
(www.trend-online.com)
L'Italia non sta meglio dell'autunno 2011, anzi tutti gli indicatori macroeconomici sono molto peggiorati da allora. Oggi lo spread è sceso solo grazie ai vari interventi della Bce e a una sorta di accordo intra europeo che prevede di non agitare troppo le acque. Ogni paese è interdipendente con l'altro, quindi anche se le condizioni economiche di Italia, Spagna e Francia ecc. fanno schifo, tutti devono far finta che non sia così. Tutti devono far finta che i problemi siano stati superati.
Ma non è così. Infatti dal 2011 abbiamo un debito pubblico sempre più fuori controllo, un Pil sempre in territorio negativo o allo zero, una disoccupazione e domanda interna sempre più simili a quella di un'economia di guerra. Ma eliminato il governo Berlusconi i media main stream hanno fatto credere che il punto più basso della nostra economia è stato superato. Per nulla: raggiunto il fondo si è cominciato a scavare...
Ma per Padoan e Renzi si vede già benissimo la ripresa all'orizzonte. Hanno visioni da miraggi. Padoan sogna ad occhi aperti, Renzi vive proprio in un mondo tutto suo. Ci vuole il parere di una banca per capire l'ovvio:
"sottolinea Goldman - riteniamo che, a livello decennale, lo spread dei rendimenti spagnoli e italiani verso quelli dei Bund potrebbe comunque allargarsi fino a 350-400 punti base circa, prima che si risponda (alla crisi Grexit). Sottolineiamo che l'addio di un paese membro dagli accordi monetari "irrevocabili' dell'Unione monetaria europea di porterebbero in acque inesplorate, ed è difficile prevedere quanto negativa potrebbe essere la reazione del mercato"."
(www.wallstreetitalia.com)
Ed intanto i ministri economici d'Europa si incontrano per insultare Varoufakis, invece di cercare un accordo per mantenere la Grecia nell'euro a tutti i costi. L'euro è irreversibile fintanto che non si scontra con gli egoismi nazionali. La Grecia imperturbabile fa il suo gioco: il popolo greco non ha nulla da perdere. In caso di defualt perderebbe molto di più il resto d'Europa. Ma probabilmente i governi d'Europa pensano di essere immuni dalle conseguenze di un'eventuale Grexit.
In Grecia continua la caduta verso l'abisso del default.
"Aumentano i controlli di capitali in Grecia. Dopo aver obbligato le amministrazioni locali a trasferire le loro riserve nelle casse dello stato centrale, il governo di Atene, reduce da una nuova fallimentare riunione dell'Eurogruppo, avrebbe deciso di optare per la confisca dei depositi dei piccoli debitori.
Stando a quanto riporta Kathimerini, non ci sono ancora cifre ufficiali relative alla nuova operazione lanciata dalle autorità fiscali: tuttavia, la confisca colpirebbe anche un cittadino con un debito di appena 200 euro.
...
Passando alla cronaca di attualità, Atene ha finito i soldi e avrà bisogno di un terzo, forse anche di un quarto e quinto piano di salvataggio.
Secondo le indiscrezioni la Germania si sta pertanto preparando a un 'piano B' per evitare il peggio. Ieri pare si sia svolto un colloquio telefonico tra il cancelliere Angela Merkel e il premier ellenico Alexis Tsipras."
(www.wallstreetitalia.com)
Lo Stato greco sta raschiando il fondo del barile. Intanto in Europa si perde tempo in sofismi ideologici neoliberisti. Non lo si vuole ammettere e si cercano nuove scorciatoie finanziarie: però per uscire da questa crisi ci vuole un notevole ed impetuoso intervento pubblico nell'economia. Con le ricette liberiste non se ne uscirà mai. Con il gioco del rendere sempre più precario e sottopagato il lavoro, non ci sarà nessuna vera ripresa. Al limite si avrà un economia asfittica di puro sostentamento, non una crescita vera.
domenica 26 aprile 2015
La storia è un disco (volante) che gira
Ipervelivolo (???!!!)
Riprendendo il post "Il vallo libico" e il tema della fine degli imperi, riporto un paio di articoli per riflettere sulla geopolitica militare statunitense.
Una politica militare che sembra completamente folle. Hanno ormai dichiarato guerra a mezzo mondo, con i risultita che è un eufemismo definire deludenti. Talmente disastrosi che uno si chiede se davvero siano diventati così pazzi e lontani dalla realtà, o se c'è qualcosa che non conosciamo.
Gli Usa possono permettersi tutta questa baldanza bellica, possiedono forse armi segrete? Spero non siano le stesse millantate da Hitler e Mussolini...
"Putin ordina l’allerta dopo l’incursione dell’ipervelivolo degli Stati Uniti
Il Ministero della Difesa (MoD) in un “bollettino urgente” pubblicato il 9 aprile, afferma che il Presidente Putin ha ordinato a più di 3 milioni di militari regolari e di riserva il massimo stato d’allerta, ordinando inoltre al complesso difensivo-industriale di aumentare immediatamente e drasticamente del 200% la produzione di missili per la difesa aerea e i complessi missilistici, per timori legati a ciò che il Ministero della Difesa definisce attacchi “non provocati” alla Federazione da un avanzato “ipervelivolo” degli Stati Uniti (interdimensionale e/o spaziale).
...
“quest’anno imminenti grandi esercitazioni riguarderanno tutti i distretti militari e tutte le forze“. L’urgenza di queste storiche operazioni militari, afferma il Ministero della Difesa, s’impone con la “comparsa” sull’alleato della Federazione, la Repubblica del Kazakhstan, la scorsa settimana di un avanzato “Ipervelivolo” degli Stati Uniti, ripreso in video e ritenuto dal Cremlino un'”aggressione non provocata“.
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l’incursione degli USA della scorsa settimana era il secondo “incidente” del genere negli ultimi sei mesi; il primo avvenne quando uno di tali “ipervelivoli” apparve su Ekaterinburg, nell’Oblast di Sverdlovsk, il 14 novembre 2014, immediatamente distrutto da un massiccio contrattacco missilistico che ha provocato un’esplosione quasi cataclismatica.
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l'”ipervelivolo”, fu registrata il 17 ottobre 2013 mentre manovrava presso la MacDill Air Force Base (MDAFB) in Florida, allarmando i cittadini della zona, molti dei quali ne fotografarono la rivelatrice scia di condensazione vorticosa ad “anello di fumo nero”.
La seconda “apparizione” di tale “ipervelivolo” statunitense, registrata dagli esperti del MoD, avvenne il 13 aprile 2014, nei cieli del Royal Leamington Spa, Regno Unito
...
L’abbattimento da parte delle forze di difesa della Federazione di uno di tali “ipervelivoli” degli Stati Uniti su Ekaterinburg, il 14 novembre 2014, spiega il bollettino del MoD, è dovuto alla scoperta degli scienziati del MoD del sistema di propulsione a “supercavitazione“, utilizzando ciò che viene comunemente definito “effetto vortice toroidale“… che più semplicemente consente a un velivolo spaziale di, letteralmente,”nuotare nel cielo” e, forse, anche l’interdimensionalità."
(aurorasito.wordpress.com)
Sarà notizia vera? Rimango basito...
A forza di seguire documentari su Focus mi sono quasi convinto che gli Stati Uniti sono in possesso di tecnologie aliene. Mentre la Nasa è costretta ad utilizzare vecchi missili derivati dalle V2 naziste, reparti segreti dell'esercito Usa solcano lo spazio in fantascientifici dischi volanti... o forse anche no.
Credo sia più probabile che la storia imperiale Usa finisca come è finita per tutti gli altri grandi imperi.
"È sempre la stessa storia: una nazione, a causa di una serie di circostanze fortunate, diventa potente – molto più potente delle altre – e per un periodo, dominante. Queste circostanze fortunate però coincidono spesso con non molto di più di strani vantaggi geologici, come il carbone del Galles o il petrolio del Texas, questi a tempo debito arrivano ad una fine. Allo stesso tempo la ex superpotenza diventa corrotta del suo stesso potere.
Quando la mossa finale si avvicina, coloro che ancora nominalmente incaricati dal decadente impero, ricorrono a qualsiasi disperata misura – tranne una: negheranno sempre di considerare il fatto che il loro super potere imperiale è alla fine, e che di conseguenza dovranno cambiare il loro modo d'essere.
Il continuo declino imperiale può essere visto anche attraverso i continui risultati dei suoi sforzi imperiali. Dopo la seconda guerra mondiale, gli USA furono in grado di fare un buon lavoro aiutando la Germania e il resto dell’Europa a ricostruirsi. Anche il Giappone se la cavò piuttosto bene sotto la tutela degli USA e così fece la Corea del Sud dopo la fine dei combattimenti nella penisola coreana.
Con il Vietnam, Laos e Cambogia, paesi che furono gravemente danneggiati dalle politiche degli USA, i risultati furono significativamente peggiori: in Vietnam fu una piena sconfitta, la Cambogia ha vissuto sulla sua pelle un’epoca di genocidi, mentre il Laos con la sua straordinaria resistenza – il paese più bombardato nel mondo in assoluto - sì è ristabilizzato da solo.
La prima guerra del Golfo è andata persino peggio: con la paura di intraprendere un’offensiva di terra in Iraq, gli Stati Uniti fermarono la loro solita pratica di rovesciare governi e insediare regimi fantoccio, lasciando il paese in un limbo per una decade. Quando finalmente gli Stati Uniti invasero l’Iraq, purtroppo a fatto compiuto – e dopo aver ucciso innumerevoli civili e distruggendo la gran parte delle infrastrutture – lasciandosi dietro di sé un paese smembrato e insanguinato.
Risultati simili sono stati ottenuti in altri paesi dove gli USA hanno visto che potevano essere coinvolti: in Somalia, Libia e recentemente in Yemen. Lasciamo perdere l’Afghanistan, visto che tutti gli imperi presenti e antichi hanno fallito nel tentativo di ottenere qualcosa in quell’area geografica.
Quindi la tendenza è inconfondibile: laddove sua altezza l’impero ha distrutto per costruire il mondo a sua immagine e somiglianza, si avvicina sempre di più alla fine e non fa che distruggere per il solo gusto di distruggere, lasciando montagne di cadaveri e rovine incenerite sulla sua scia.
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Il famoso spirito positivo americano che era stato evidente e decisivo nella II guerra mondiale, quando gli USA avevano oscurato il resto del mondo con la loro potenza industriale, adesso sembra finito. Oggi l’obiettivo è la spesa militare – non importa ottenere un qualche risultato.
E quello che si ottiene è l’ultimo caccia F-35 che non riesce a volare; l’ultima portaerei che non riesce a far decollare aerei senza distruggerli, se sono predisposti i serbatoi ausiliari e necessitano di volare per missioni di guerra; il tecnologico sistema AEGIS composto di armi navali, missili e una divisione radar di superfice, che può essere messo fuori uso da un singolo caccia russo disarmato che trasporta attrezzature elettroniche da guerra, e un’altra portaerei che viene minacciata dalle acque profonde e forzata ad ancorare da una pattuglia di sottomarini russi
...
Quando gli imperi collassano, si ritraggono al loro interno e costringono le proprie popolazioni agli stessi maltrattamenti che riservavano prima agli altri. In questo l’America non ha niente di eccezionale: il numero di americani uccisi dalla stessa polizia americana, con minime ripercussioni su coloro che questi omicidi li commettono, è incredibile. Quando gli americani cercano di capire chi sia il loro reale nemico, non dovrebbero guardare molto lontano.
Questo è solo l’inizio: già da tempo si stanno ridisponendo le truppe americane sul suolo nazionale.
Visto che l’ordine e la legge sono infranti in più di un posto, cominceremo a vedere sempre più truppe dell’esercito USA nelle strade delle città americane, per diffondere morte e distruzione proprio come avevano fatto in Iraq o in Afghanistan. La loro ultima licenza di uccidere prima di essere revocata sarà quella per uccidere se stessi."
(www.comedonchisciotte.org)
E per quanto riguarda alleati ed ex alleati, la situazione non potrà essere tanto migliore.
Chi ha rapito la ripresa?
Solo Padoan con i suoi occhiali rosa riesce a vedere riprese, tesoretti e cieli azzurri all'orizzonte.
""Il contesto più favorevole consente una ripresa più rapida e una crescita maggiore di quanto previsto". L'annuncio arriva dal ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan nel corso dell'audizione sul Def davanti alle Commissioni congiunte al Senato.
...
"Le riforme strutturali già avviate e quelle annunciate avranno effetti diretti sulla crescita potenziale e sulla sostenibilità del debito""
(www.rainews.it)
Secondo Padoan il debito si è stabilizzato e dal 2016 comincerà a scendere. Convinto lui. Fino ad ora non ha fatto che raggiungere nuovi record.
" Nuovo massimo storico per il debito pubblico italiano: a febbraio, come emerge dal supplemento al Bollettino statistico “Finanza pubblica, fabbisogno e debito” della Banca d’Italia, è aumentato di 3,3 miliardi rispetto a gennaio salendo a quota 2.169,2 miliardi e toccando il record, sopra il precedente picco di 2.167,7 miliardi del luglio 2014."
(www.ilsole24ore.com)
"Con dati occupazionali che restano al minimo storico e una produzione industriale che continua a deludere, dovrebbe essere chiaro a tutti che è tempo di serietà e non di distrazioni.
...
È allora opportuno che il governo spari nel dibattito pubblico la questione del “tesoretto”? E c’è davvero un “tesoretto” da spendere nelle pieghe del nostro bilancio pubblico? La risposta è no, no secco, su entrambe le domande.
La questione evidentemente non è semantica. Lo è anche, perché la parola “tesoretto” sa di presa in giro."
(www.ilsole24ore.com)
Ma la ripresa dove sta? Mi sa tanto di un'invenzione a livello globale. Una delle più grosse balle, che si gonfia al ritmo di espansione delle bolle finanziarie di Wall Street.
"Una rapida occhiata alla grandinata che si è abbattuta sulle vendite di nuove abitazioni in America, senza dimenticare che bad news equivale a good news, una nuova occasione per gonfiare la più spettacolare bolla della storia e le revisioni positive vengono usate per far finta di nulla, mentre quelle negative vengono semplicemente ignorate.
In marzo le vendite di case nuove negli Stati Uniti sono crollate al passo più rapido da luglio 2013, segno che la domanda continua a essere molto altalenante, nonostante i tassi dei mutui bassi e la costante ripresa del mercato del lavoro. Secondo quanto riportato dal dipartimento del Commercio americano, il dato è sceso dell’11,4%, a 481.000 unità. A febbraio il dato si era attestato a 543.000 unità (dato rivisto al rialzo dalle 539.000 della prima stima).(America24)
Nulla di particolare la tendenza resta al rialzo, pur in presenza di prezzi ben oltre i massimi storici, lontana anni luce dai tempi d’oro dell’immobiliare che non verranno mai più raggiunti.
Nel frattempo in Europa il Pmi manifatturiero è sceso inaspettatamente ad aprile mentre in Cina l’attività manifatturiera è calata sui minimi di un anno. In entrambi i casi ciò dimostra un rallentamento delle due economie. Dai dati flash dell’indagine del PMI di aprile, la crescita dell’attività dell’eurozona è indietreggiata rispetto al record su 11 mesi di marzo. Tale rallentamento è legato all’indebolimento dei tassi di espansione di Francia e Germania.
La Francia è un elefante che sta per collassare in mezzo alla cristalleria europea!
Date un’occhiata al suo indice manifatturiero dopo che l’euro è stato svalutato del 22 %, il prezzo del petrolio dimezzato e il QE ha amplificato l’offerta di liquidità sui mercati…
(vedi grafico ad inizio post, ndr)
…in contrazione perenne, sempre costantemente sotto i 50 punti!
Sulla scia degli indici manifatturieri PMI deboli provenienti da Europa e Asia, anche quello americano si è accodato, visto che secondo Markit è sceso a 54,2 nel mese di aprile contro le solite aspettative ottimistiche a 55,6 e il dato precedente di 55,7 la più marcata variazione negativa degli ultimi anni.
Tutto bene ovviamente sarà colpa della neve almeno sino ad estate inoltrata, mentre il petrolio effettua il più classico dei rimbalzi del gatto nero morto, arrivando a raggiungere il tetto.
E ora grazie a Paolo la conferma alle nostre analisi…
Il BigMac smentisce il mercato del lavoro Usa: i salari calano da anni
MILANO – Il mercato del lavoro americano non funziona. La dimostrazione – spiega uno studio dell’università di Princeton, citato dal New York Times – è nella mancata ridistribuzione della ricchezza. A prova del proprio teorema i professori dell’università californiana hanno utilizzato i “McSalari reali”, misurando lo stipendio con il numero di panini Big Mac che si possono acquistare. Un esercizio mutuato dal BigMac Index dell’Economist che misura il potere d’acquisto a livello globale in base al prezzo del popolare panino.
Secondo i risultati dello studio, il numero di panini che si possono acquistare col proprio stipendio è in continuo calo dall’inizio del millennio in tutto il mondo industrializzato: scendevano anche prima della crisi finanziaria e negli anni della grande crescita erano felici solo in pochi. Un dato che solleva un dilemma non indifferente, almeno negli Stati Uniti: se il mercato del lavoro davvero non è in grado di garantire salari sufficienti per vivere dignitosamente, il rischio è che la popolazione debba sempre più affidarsi all’assistenza pubblica. D’altra parte in una fase di stagnazione degli stipendi, saranno sempre più i cittadini che dovranno affidarsi alle cure dello Stato. Secondo il New York Times addirittura il 47% degli americani dipende dal sostegno del governo."
(icebergfinanza.finanza.com)
Mi raccomando, godiamoci questa ripresa prima che passi e torni la recessione...
sabato 25 aprile 2015
Default europei a catena
(Junker - presidente europeo a volte sobrio)
Menttre Vauroufakis si prende un po' di complimenti dalla cricca europea, per non voler sottostare alle richieste capestro di costoro, la Grecia è sempre più vicina al giorno in cui non avrà risorse sufficienti per garantire il funzionamento della macchina statale.
"Parte del problema nel negoziato con Atene è rappresentato dall'interlocutore dell'Eurogruppo, cioè il ministro Yanis Varoufakis, che perde sempre di più la fiducia dei colleghi. Cresce la frustrazione dei ministri nei confronti del responsabile greco delle finanze
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l'Eurogruppo ha comunicato l'esito della riunione direttamente al premier Tsipras, 'bypassando' Varoufakis, "per assicurarsi che il messaggio arrivi corretto". Un perditempo, un giocatore d'azzardo, un dilettante sarebbe stato definito il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis da alcuni suoi colleghi all'Eurogruppo di Riga, per il modo con cui sta portando avanti le trattative con i creditori internazionali. "Il tempo sta finendo, la rapidità è essenziale": è l'ultimatum alla Grecia del presidente della Bce Mario Draghi al termine dell'Eurogruppo, spiegando di condividere quanto affermato dal presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem"(www.ansa.it)
La mia impressione che parlare a Tsipras o Varoufakis sia indifferente. La tattica dei greci è ormai evidente. Farsi sbattere fuori dall'euro e addossare le colpe ai tedeschi inflessibili. L'Europa continentale ci sta cascando con tutti e due i piedi, nessuno dei leader nordici vede il pericoloso processo che innscherebbe la fuoriuscita dall'euro della Grecia anche per le economie del nord Europa.
Si continua a pensare, come fa Schauble, che il grexit sarebbe la soluzione migliore per il resto d'Europa. Via la Grecia finirebbe il grosso dei problemi. E' una visione miope. Come si è visto in questi giorni, sulle voci di un default greco, anche gli spread di Italia e Spagna si sono mossi verso l'alto.
Senza considerare che anche nel campo ariano ci sono dei problemini non indifferenti. In Germania e Francia le banche non sono così solide come sembrano. La crescita della Germania è tutt'altro che solida. Inoltre fra le popolazioni germaniche qualcuno se la passa proprio male.
" la Carinzia è alla completa bancarotta per avere garantito i debiti della banca fallita Hypo Bank, un buco da 10,2 miliardi una cifra insostenibile per uno staterello come la Carinzia (L’Austria è una confederazione tipo Svizzera).
Conoscendo un pochino come ragionano gli Austriaci potrebbe anche finire che Vienna (lo Stato federale) lasci fallire la Carinzia dunque la questione è interessante e potrebbe fare scuola come ha fatto scuola il crac delle banche cipriote (Bail-in).
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Un mese, al massimo un mese e mezzo. Il Land Carinzia non può sopravvivere più a lungo di così con le sole proprie risorse. Già dal primo di questo mese ha bloccato tutte le uscite facoltative. Si paga solo ciò che è necessario: stipendi, luce elettrica, soccorso stradale. Tutto il resto è fermo o rinviato a tempo indeterminato. Quanto la situazione sia drammatica lo si deduce dalla decisione presa l’altro ieri dalla giunta regionale di annullare, a partire dal mese prossimo, il cosiddetto “Babygeld”.
... era un contributo corrisposto una tantum alle mamme, purché cittadine austriache o dell’Ue.
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il ministro Schelling, alle prese con i costi del salvataggio di Hypo Bank che avevano superato ormai i 5 miliardi, e di fronte all’emergere di nuove falle, aveva dichiarato che lo Stato austriaco non avrebbe più pagato un centesimo ai creditori dell’ex banca carinziana.
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le società di rating hanno declassato in un sol colpo di 4 punti l’affidabilità finanziaria della Carinzia, che ora non può più accedere al credito, mentre invece stanno giungendo a scadenza i debiti contratti in passato (340 milioni solo quest’anno).
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Si parla addirittura di una sorta di commissariamento, analogo alla troika per la Grecia. Il governatore della Carinzia, Peter Kaiser, confida in una soluzione politica, che preservi l’autonomia e la dignità della sua regione, ma pare che i margini di trattativa siano inesistenti. "
(www.rischiocalcolato.it)
Penso che a Bruxelles e nelle altre sedi europee stiano danzando sul margine di un vulcano attivo. Vogliono far fallire la Grecia e cacciarla dall'euro? Non si rendono conto che si potrebbe generare una catena di default fra Stati, regioni e banche?
Perchè siamo stati condannati ad essere governati da degli stupidi in quest'era che ci dicono tecnologica? Non so. Ci deve essere qualcosa nel cibo o nell'aria. Forse ha ragione chi si oppone agli Ogm in agricoltura, ai conservanti, o alle onde elettromagnetiche tipo wi-fi, o quelli che combattono le scie chimiche.
Anche degli antichi romani qualcuno afferma che furono condannati dall'inquinamento da piombo negli acquedotti, che colpisce il sistema nervoso producendo deficit cognitivo. Loro però non lo sapevano. Cos'è oggi che rende stupida la classe direngente e che ancora non comprendiamo?
25 aprile festa triste
Oggi ho osservato da lontano le commemorazioni per il 25 aprile nella piazza del paese. Quando ero bambino mi ricordo una partcipazione più vasta. Molti partigiani erano ancora vivi. Erano passati pochi decenni dalla fine della guerra. Il ricordo degli orrori era ancora vivo in una buona parte della popolazione italiana. Oggi in piazza c'erano solo autorità e alcuni (pochi) "vecchi". Non penso che ci fossero partigiani ancora vivi fra loro, ma probabilmente i figli di questi nati negli anni '40 e '50.
Ma la tristezza non è tanto per una cerimonia che i giovani non sentono più. Anzi, credo sia un bene che i giovani pensino al futuro in termini positivi, invece di continuare a ricordare pagine tristi del passato. Del resto per un ventenne di oggi la seconda guerra mondiale era come per me da bambino la prima. Qulacosa di lontano, disperso in un passato indecifrabile.
La tristezza è che molte di quelle persone che celebrano la liberazione del 25 aprile, poi votano e tifano per quei partiti anche di sinistra, che vogliono austerità, ultra liberismo, smatellamento dei diritti dei più deboli a favore delle banche, smatellamento delle garanzie del lavoro. E soprattutto considerano l'euro un'ancora di salvezza, invece di quel che è effettivamente: una pietra al collo che sta facendo affogare il nostro paese.
I nazisti e fascisti sono tornati e questi allocchi non se ne accorgono nemmeno. Stanno li a fregiarsi di coccarde tricolori, gonfaloni e corone di fiori pensando di stare dalla parte giusta, invece mentre celebrano la fine del fascismo sostengono nelle urne elettorali quello nuovo delle banche e della finanza. Sono stati fregati dall'estetica: i nuovi fascisti non hanno camice scure e divise, vestono giacca e cravatta di grandi stilisti, non portano fucili, ma valigette piene di documenti. Ma nella testa sono nazisti come quelli di settant'anni fa.
Per questo preferisco non confondermi con questi araldi dell'euro, che fingono di festeggiare il ritorno della libertà, mentre la stanno già rivendendo alla grande finanza, alle multinazionali, a governi non eletti in Italia e in Europa. Molti di loro sono ormai troppo anziani per capire. Ma sono soprattutto quei politici che baciano e rendono omaggio alle bandiere a farmi schifo. Sono ben consapevoli di quel che stanno facendo. Non sarò un loro complice.
venerdì 24 aprile 2015
Correntista avvisato, mezzo rovinato...
Non è tanto la notizia in se che mi colpisce. Già si sapeva che il nuovo corso bancario europeo, prevede di adottare il sistema di "successo" già visto funzionare a Cipro. Cioè dei debiti delle banche rispondono azionisti, obligazionisti e ... correntisti. Probabilmente si salveranno i possessori di conti correnti con meno di 100 mila euro depositati, ma non ci giurerei con i tempi che corrono.
"L'era del bail-in è cominciata e non si torna più indietro. I conti correnti degli italiani non sono garantiti. Le norme europee stabiliscono che i clienti potrebbero dover contribuire al risanamento delle banche e pertanto vanno informati.
Lo ha dichiarato Ignazio Visco, governatore della Banca d'Italia.
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In pratica le banche "dovranno adottare un approccio nei confronti della clientela coerente con il cambiamento fondamentale apportato dalle nuove regole, che non consentono d'ora in poi il salvataggio di una banca senza un sacrificio significativo da parte dei suoi creditori"."
(www.wallstreetitalia.com)
Quel che colpisce delle dichiarazioni di Visco, è la tempistica. La notizia è stata riproposta perché il governatore è stato convocato in Senato per una audizione. Ma le banche italiane sono sempre meno sicure, mano a mano che la crisi avanza. Anche le banche avrebbero bisogno di una ripresa come qualsiasi altra azienda. Al momento però la situazione delle nostre banche è sempre drammatica.
"E’ appena uscito il consueto ABI montly outlook, ovvero il bollettino statistico a cura dell’Associazione Bancaria Italiana. Come di consueto abbiamo controllato il livello delle sofferenze bancarie consapevoli che “quello” è il problema, forse il principale problema per tutto il sistema Italia.
Al solito i dati si riferiscono a un mese e mezzo fa, ovvero Febbraio 2015.
Come prevedibile e inevitabile la traiettoria delle sofferenze bancarie italiane è perfettamente in linea con quella Spagnola o Greca solo traslata di qualche trimestre, in particolare fa sensazione scoprire che le sofferenze NETTE rapportate al capitale+riserve (ovvero quelle sulle quali le banche non hanno ancora messo coperture a bilancio) stanno continuando a salire e dunque ad erodere il “margine” di sicurezza costituito dal capitale delle banche.
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Cominciamo con le Sofferenze Bancarie Nette e Lorde in % sugli Impieghi: (vedi sopra ndr)
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Infine il dato più preoccupante, l’incidenza delle sofferenze NETTE sul Capitale e sulle Riserve delle banche….. come ogni bimestre Gennaio-Febbraio grazie ad aumenti di capitale ed aggiustamenti nel patrimonio (utili messi a riserva), il rapporto fra Sofferenze Nette e Capitale+Riserve rimane stabile su livelli elevatissimi
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Febbraio 2015 (i dati sono riferiti a 2 mesi fa) mostra un continuo aumento delle sofferenze lorde e una attenuazione di quelle nette. Il sistema bancario italiano è in una continua fase di pulizia dei conti e di accantonamento di riserve (e dunque di minori risorse disponibili per nuovo credito).
Stiamo assistendo ad una sistematica ricerca di capitali (anche con aggregazioni interne ed estere)
Il fenomeno avviene perchè le perdite dovute alle pulizie di bilancio sulle sofferenze lorde (ovvero le rettifiche che hanno portato alla diminuzione delle sofferenze nette) ha diminuito la patrimonializzazione delle banche italiane.
Il profilo quasi-piatto dell’ultimo grafico (quello fondamentale) è dovuto alla sequela infinita di aumenti di capitali che ci sono stati e che ci saranno ancora in Italia, NON ad una effettiva diminuzione degli aumenti delle sofferenze bancarie.
In queste condizioni l’effetto del QE sulla trasmissione del credito all’economia reale italiana è NULLO, ed è bene tenerlo a mente."
(www.rischiocalcolato.it)
A fronte di ciò l'avviso di Visco potrebbe non essere casuale. Chi doveva mettere in salvo i propri capitali di una certa importanza probabilmente lo ha già fatto da tempo. Ormai non si portano più i soldi in Svizzera per nascondere fondi neri, ma per difendersi dalla Banca d'Italia e Bce.
Oggi Visco avverte tutti gli altri. Tutti quelli che non hanno agganci nella politica, nell'alta finanza, nel jet set bancario. Comincerà una mini fuga di capitali, che sarà nulla rispetto alla successiva fuga di capitali per disperazione e paura come sta avvenendo in Grecia dove si cerca protezione da un'eventuale uscita dall'euro. E se dovesse avvenire veramente il famigerato grexit, il contagio si propagherebbe agli altri Piigs. Nessuno potrebbe essere certo della sorte di Italia, Spagna o Portogallo. E neppure della Francia che non se la passa poi così bene.
Le banche del sud Europa non sono più sicure. Non solo gli Stati hanno aumentato la tassazione a dismisura per salvarsi dal default (e forse non basterà, visto quanto accade in Grecia), ma anche le banche sono sempre più tentate di spolpare gli azionisti per salvare se stesse. E più la crisi procede, più aumentano le probabilità che ciò accada.
giovedì 23 aprile 2015
Lavoro come passatempo costoso
Probabilmente il job act funzionerà.
"A marzo le attivazioni dei nuovi contratti di lavoro nel complesso, ad eccezione del lavoro domestico e della Pa, sono state 641.572 a fronte di 549.273 cessazioni. Il saldo attivo è stato di 92.299 unità. Sono i dati delle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro.
I dati sono da leggere non solo in relazione agli incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato introdotti con la legge di Stabilità 2015 (sgravi contributivi fiono a 8.060 euro annui per tre anni) ma anche al fatto che a partire dal 6 marzo le aziende possono assumere anche con il nuovo contratto a tutele crescenti (che introduce l'indennizzo al posto del reintegro come regola generale in caso di licenziamento illegittimo)."
(www.ilsole24ore.com)
Come fa intendere il Sole24ore, il job act sarà un successo su due versanti:
- il versante confidunstriale, che può aproffittare degli incentivi contributivi e continuare sulla strada della precarizzazione coinvolgendo anche i lavoratori con i vecchi contratti a tempo indeterminato. Credo che la sostituzione dei vecchi contratti con i nuovi a tutela crescente procederà sempre più spedita;
- il versante governativo, che potrà utilizzare dati buttati li a caso per la propria propaganda politica. Dati che naturalmente non misurano la qualità del lavoro creato. Come avviene in Germania con l'imbellettamento dei dati occupazionali con gli impieghi da fame chiamati mini job, o negli Stati Uniti dove anche gli occupati una sola ora la settimana migliorano le statistiche.
E i lavoratori? I lavoratori otterranno sempre più precariato e sempre meno retribuzione e garanzie. All'apparenza il lavoro aumenterà, in realtà sarà un lavoro illusorio. Più un passa tempo per tenere occupate persone che potrebbero scendere in piazza incazzate, che un mezzo per sostentarsi, per creare nuove famiglie e quindi migliorare la nostra disastrosa situazione demografica. Inoltre questi pseudo lavoratori sfruttai come schiavi, mettono in forte pericolo le fondamenta del liberismo consumistico nato nel secolo scorso: cioè i consumatori si stanno estinguendo. Le nostre diventano sempre più economie di sussistenza. Chi sosterrà il mercato in futuro? Non è ancora dato saperlo.
Qualcuno potrebbe rispondere che più di un miliardo di cinesi sono un'ottima risposta. Ma l'impressione che mi sono fatto ultimamente è che la Cina ed altri paesi emergenti, sono più trainati dall'occidente che esserne un vero nuovo traino economico mondiale. Infatti dalla Cina arrivano dati allarmanti. La mega crescita di qualche anno fa si sta sgonfiando di anno in anno, man mano che l'occidente procede nella sua crisi debitoria.
Così oggi il lavoro non vale più nulla. A volte diventa controproducente: più costoso che vantaggioso. Ha fatto scandalo la notizia che l'80% dei giovani selezionati per lavorare all'Expo' hanno rinunciato. Aveva ragione l'ex ministro Fornero? Tutti "bamboccioni"?
La realtà è diversa. (“Expo 2015, costretti a rifiutare il lavoro perché chiamati a 10 giorni dall’inizio”)I giovani contattati sono stati messi di fronte a tempi strettissimi per decidere, come se fosse così facile organizzarsi in 48 ore una residenza per sei mesi a Milano e dintorni. Soprattutto perché i candidati sono stati selezionati in tutta Italia e quindi la maggior parte di loro non hanno agganci in Lombardia. Naturalmente nessuno degli organizzatori dell'Expo' si è preoccupato, non dico di trovare vitto e alloggio ai lavoratori, ma nemmeno di facilitare la ricerca di una casa, di un posto dove dormire. Inoltre per alcuni di loro sostenere già solo i costi per i colloqui o la burocrazia è impossibile.
Senza contare che alcuni, magari selezionati in Toscana, sono stati chiamati per lavori pagati 500 euro al mese. Questi giovani non avrebbero avuto altra scelta che dormire in campeggio, o sotto i ponti, per non rimetterci.
Insomma ci vogliono schiavi, e vogliono pure che per una paga che non consente di vivere dignitosamente, ci dimostriamo riconoscenti. E si offendono pure se diciamo di no.
Anche questo un altro grande successo dell'organizzazione dell'Expo' che naturalmente si adegua alla nuova filosofia ultra-liberista di sfruttamento del lavoro, e ne coglie tutti i frutti.
Il vallo Libico
La storia è sempre difficile da interpretare. In effetti ci sono mille tipi di storia, quanti sono i criteri adottati dagli storici per spiegarci i fatti del passato. Sicuramente, comunque, una delle cause attribuite alla caduta dell'Impero Romano, è l'invasione dei popoli barbari. L'Impero Romano non era solo uno Stato, era una civiltà, un sistema di valori e di vita di milioni di cittadini/sudditi abitanti attorno al Mediterraneo.
I barbari erano abitanti del nord ed est Europa con valori ben distanti e diversi. Sicuramente erano meno raffinati e dotati di una cultura sommaria non confrontabile con quella dei cittadini romani. Ma erano portatori di sangue fresco e rinnovato. Mentre i cittadini romani avevo raggiunto un certo benessere e si erano "inflacciditi" ed impigriti. Troppe terme, troppi giochi gladiatori, troppe corse di bighe, troppi lussi e stravizi... a poco a poco il mito del rude centurione che marcia sul mondo era andato sbiadendo. Ai giovani non interessava più girare e conquistare il mondo al seguito di una legione.
"Le invasioni dei barbari sfasciarono l'Impero Romano: è questa una proposizione formalmente corretta, ma sostanzialmente superficiale: quindi, inesatta. Già alla fine del II secolo d.C. i confini dell'Impero si aprono per accogliere pacificamente nuclei sempre più consistenti di "barbari", destinati a riempire i vuoti nelle legioni e a presidiare le terre di frontiera. I Romani non vogliono più combattere: tra l'altro, si avvertono le prime avvisaglie della crisi demografica, che è provocata non da carestie o dal tracollo della produzione agraria (lo dimostrò Rostovzev), ma dal fatto che si alza dovunque, e in tutti i ceti, anche se in misura diversa, il tenore di vita. Sono tempi agitati: e anche i ricchi non vogliono figli. Nell'ultimo secolo della sua storia, a difendere l'impero dalla minaccia dei "barbari" sono generali "barbari". "
(www.ilmediano.it)
Evidentemente qualche parallelo lo si può fare con il presente. Oggi i barbari non scendono più dalle valli alpine con gli spadoni, ma si riversano da sud sui barconi (forse domani imbracciando un'arma utomatica). Ed anche oggi noi occidentali siamo in declino, in pesante crisi demografica. Siamo vecchi e spaventati dalle masse di giovani affamati e disperati che tentano di invaderci dal sud del mondo. Dove la percentuale di giovani supera quella dei vecchi al contrario di quanto sta avvenendo ormai ovunque in occidente. I nostri eserciti poi non sono più popolari, ma composti da professionisti come quelli della fine del periodo imperiale romano.
"Il 20 giugno 451, quando si scontrò con il generale "romano" Ezio ai Campi Catalaunici, tra Troyes e Chalons, Attila controllava, direttamente o indirettamente, quasi tutta l'Europa centrale. In questa battaglia, che fu vinta da Ezio e che prolungò per poco più di un ventennio l'agonia dell'Impero, non c'erano italici: c'erano, anche divisi tra le due parti, Ostrogoti, Visigoti, Franchi, Sarmati, Gepidi, Eruli. E Unni, ovviamente."
(www.ilmediano.it)
Forse è una storia che si ripete sempre uguale. I popoli affamati di pane e gloria si avventano su quelli vecchi e deboli, come i leoni sulle prede più deboli in coda ai branchi.
Seguendo un documentario televisivo ho constatato che la stessa cosa successa ai romani, accadde ai cinesi quando i Mongoli scesero dal nord dell'Asia. Anche in quel caso, i cinesi si erano impigriti ed avevano demandato le difese dell'Impero Celeste ad eserciti di mercenari. Che immancabilmente cambiavano fronte alleandosi con il più forte. Spero che non ci tocchi la stessa sorte con i moderni eserciti di contractors. La storia cinese poi ci insegna che erigere muri, anche i più poderosi e lunghi mai realizzati dall'umanità, non serve a nulla. Come non servirono i vari valli romani a fermare germanici ed atri barbari.
L'impressione che si ha di questi tempi, è che anche per noi il tempo stia per scadere. I valli marittimi che stiamo costruende, che si chiamino "mare nostrum" o "triton" non saranno mai efficaci. Ci salva ancora la superiorita tecnologica. Ma forse non basterà. Non bastò ai romani che erano grandi costruttori di difese e macchine da guerra, non bastò ai cinesi che possedevano micidiali catapulte con proiettili incendiari. Forse non ci basteranno F35, droni e cruise.
Sicuramente blocchi navali, bombardamenti selettivi ed altri valli a dividere il Mediterraneo non saranno sufficienti e fermare l'inevitabile invasione di sangue fresco dal sud del mondo. I nostri figli e nipoti dovranno essere disposti a mettere in discussione certi fondamenti della nostra civiltà, se vorranno vivere in un mondo privo di conflitti. I vari Salvini, e lo stesso Renzi che vorrebbe bombardare i barconi sulle spiagge libiche, si illudono e ci illudono di fermare una forza distruttice e trasformatrice. La nostra epoca classica volge al termine. Dobbiamo prendere coscienza del fatto che sta per tornare un'epoca da medioevo.
Già si avvertono le avvisaglie, con dichiarazioni di autorità ecclesiastiche islamiche radicali, rappresentanti della nuova cultura che ci invaderà, che sembrano farci ritornare indietro di mille anni: per esempio si sostiene che la Terra è piatta e il sole vi gira attorno, o che se un'uomo mentre amoreggia con sua moglie pensa ad un'altra il figlio nascerà gay...
Non ho un'idea chiara di quale fosse la cultura di Attila, ma dubito che leggesse Aristotele od Omero. Parte della nostra cultura adrà persa e sarà riscoperta in futuro, come avvenne per i classici.
E' difficile invertire le sorti di una società matura come la nostra. Proprio perché matura, non è più in grado di pensare spericolatamente come fanno i giovani, ma si trincera in difesa. E chi resta in difesa ha già cominciato a perdere la battaglia.
mercoledì 22 aprile 2015
Un altro calcio al barattolo greco
"Grazie anche a misure estreme come il sequestro dei conti bancari delle autorità locali, la Grecia potrà trascinarsi a fatica fino a giugno. Ma visti i tassi di crescita economica e del debito pubblico, il default è solo rimandato.
Le dichiarazioni di alcuni funzionari dell'area euro hanno alleviato le paure di un default imminente del paese
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Il governo Tsipras non presenterà una lista di riforme al prossimo Eurogruppo di venerdì a Riga, in Lettonia e il tempo per trovare un'intesa stringe.
In compenso, grazie agli ultimi decreti sui controlli di capitale e altre misure di emergenza, Atene dovrebbe essre in grado di rimanere solvente fino a giugno. La prima scadenza imporante cade il 12 maggio, quando la Grecia dovrà ripagare 747 milioni di euro al Fondo Monetario Internazionale.
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"La situazione di liquidità è abbastanza grave, ma dovrebbe bastare fino a giugno", ha detto all'emittente austriaca Thomas Wieser, presidente del gruppo di lavoro dell'Eurogruppo
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Per rispettare gli impegni presi con i creditori fino a fine maggio, il governo spera di avere un cuscinetto finanziario di 2,5 miliardi di euro. Per farlo le autorità nazionali hanno costretto comuni, province e regioni a trasferire i loro soldi allo stato centrale, scatenando una rivolta di sindaci e governatori."
(www.wallstreetitalia.com)
La Grecia ha ancora ossigeno per qualche mese. Ossigeno maledetto, ottenuto soffocando ulteriormente e crudelmente l'economia greca. Qualche mese nel quale l'Europa spera il governo Tsipras si convinca a rimangiarsi il programma economico e ritorni alle "riforme" lacrime e sangue della Troika. O come lo chiamano i tedeschi, un programma di risparmio. In effetti ci sono cose su cui conviene risparmiare, anzi veri e propri sprechi: come mangiare due o tre pasti al giorno... curarsi... istruirsi... ed altri lussi a cui si può benissimo rinunciare.
E visto che il governo greco è ancora un po' recalcitrante, anche la Bce collabora nell'opera di convincimento. Togliendo soldi alle banche greche.
"arriva l'ennesima improvvisa decisione della Bce sulla Grecia. Stando a quanto riporta il New York Times, l'istituto avrebbe deciso di ridurre il valore delle garanzie che le banche elleniche presentano alla banca centrale di Atene per accedere ai prestiti fino a -50%. E il taglio potrebbe aumentare, nel caso in cui la situazione di stallo nelle trattative con l'Eurozona dovesse proseguire.
Con il valore delle garanzie così ridotto, difficilmente le banche elleniche riusciranno a ottenere i prestiti necessari per la loro sopravvivenza. Per più di tre mesi, le banche principali della Grecia sono state costrette a chiedere in prestito dalla Banca centrale della Grecia finanziamenti di breve periodo, a fronte di alti tassi di interesse, attraverso il processo noto come assistenza di liquidità di emergenza, in quanto la Bce aveva reputato troppo rischioso estendere il credito alle stesse banche. Ma in un contesto caratterizzato dalla fuga di capitali, per gli istituti è diventato sempre più difficile presentare a titolo di garanzia asset accettabili."
(www.wallstreetitalia.com)
Ma la Bce deve stare attenta a somministrare questa amara medicina nelle giuste proporzioni. Infatti una dose troppo traumatica potrebbe far crollare il sistema ellenico ancora più velocemente, inducendo la Grecia a nazionalizzare le proprie banche e a tornare alla dracma. Di fatto un intervento troppo duro della Bce potrebbe innescare quella frana finanziaria europea che potrebbe portare in poco tempo al superamento dell'euro (e quindi della stessa Bce).
A meno che questo sia il vero obiettivo.
"La stampa tedesca mette sempre più apertamente in dubbio la moneta comune.
L’euro mette i popoli del continente europeo l’uno contro l’altro invece di unirli. Pertanto è tempo di mettere in discussione la moneta comune.
Il ministro delle finanze Schäuble non è persona che parlai per dare aria alla bocca. Di conseguenza, i mercati hanno preso sul serio ciò che ha appena detto a New York, che non ci si deve aspettare una rapida soluzione della controversia sul debito greco. Ma tale soluzione è necessaria per salvare il paese da un default. Questo può solo significare che la decisione che alla fine la Grecia deve lasciare l’Euro è stata più o meno presa.
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è il momento di parlare chiaramente. L’unione monetaria ha dei problemi che vanno ben oltre la Grecia. Non funziona, almeno non nella sua forma attuale. Questa non è una novità. Prima e dopo l’introduzione, scienziati e politici, non necessariamente quelli eurofobici, hanno sottolineato i difetti di base del progetto. Si è voluto provare lo stesso. La crisi finanziaria globale ne ha poi brutalmente manifestato i limiti.
L’euro divide i popoli e così si mette in discussione
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Si deve considerare lo smantellamento dell’unione monetaria
L’unione monetaria divide gli europei. Gli insulti volano, il clima politico è diventato gelido. Come principale supervisore europeo, la Germania attira risentimenti come nessun altro paese, anche se agisce con le migliori intenzioni. Così, se ci si preoccupa per l’Europa, l’opzione che per ovvie ragioni è stata finora ignorata, lo smantellamento dell’unione monetaria o almeno la sua riduzione a un gruppo di stati omogenei, dovrebbe lentamente essere messa sotto esame. Il pensiero crea ansia. Nessuno sa se questo può essere realizzato, e in che modo. I suoi costi finanziari e politici sono imprevedibili. Ma sono probabilmente molto più bassi rispetto al caos e alle accuse che ci si può aspettare in caso di fine disordinata dell’unione monetaria."
(vocidallestero.it)
Va a finire che i politici tedeschi riusciranno a prendere coscienza della reale situazione dell'euro prima di quelli italiani, che invece avrebbero dovuto constatare per primi gli effetti stritolanti della moneta unica sull'economia della penisola. Ma niente, i nostri o sono cocciuti o completamente ignoranti. Od entrambi.
Per ora comunque toccherà a quelli greci dichiarare pubblicamente il fallimento dell'euro. Forse fra qualche mese o settimana.
Contagio
Un sito che seguo sempre avidamente è "Rischio Calcolato". Soprattutto i post caustici di Rebuffo (Funnyking). Alcuni giorni orsono però non ero completamente in accordo con la seguente analisi:
"Se c’è una questione (volutamente) esagerata è il presunto “effetto dirompente sull’Euro, l’Europa e la BCE” della, parrebbe imminente, uscita della Grecia dalla zona Euro.
- Dal punto di vista finanziaro-economico, il Grexit è irrilevante, la Grecia ha il Pil di Milano (forse meno e con tutto il rispetto per Milano e provincia) e di certo non sarà un “cigno nero”. Le istituzioni hanno avuto mesi di tempo per preparasi adeguatamente.
- Dal punto di vista politico cadrebbe il “mito” inventato di sana pianta e con arroganza e protervia da Draghi dell’inevitabilità dell’Euro. Il che mi si perdoni è la fiera dell’ovvio. Qualsiasi paese europeo che abbia sufficiente volontà politica (e i cui leader non siano delle merde corrotte e ricattabili come Papandreau ad esempio) può uscire dall’Euro con un tratto di penna e poi lavorando sodo (e incrociando le dita)."
(www.rischiocalcolato.it)
Anche se le manovre quantitative di Draghi parevano aver quietato le turbolenze finanziarie europee, in realtà non c'è mai nulla di definitivo e sicuro in questa Europa instabile. L'equilibrio rimane precario.
E' vero che la Grecia è un paese molto piccolo e povero. Ma i mercati non ragionano molto spesso in maniera logica e dando le giuste proporzioni ai fatti. I mercati sono emotivi. Se la Grecia dovesse uscire dall'euro, subito dopo comincerebbero se non a scommettere sul prossimo paese ad uscire, sicuramente a dubitare sulla tenuta dell'eurozona.
Se n'è infatti avuto la controprova appena si è diffusa la notizia che i problemi finanziari greci peggiorano di giorno in giorno, e che il governo Tsipras sta finendo i soldi.
Il contagio è iniziato:
"Intanto lo Spread…quello Italiano
Aggiornamento in chiusura: E’ colpa dei tedeschiiiiiiiiii!!!! Alla Caricaaaaaaaa…. 127.70 lo spread
...
ooooops
parrebbe che la Grecia renda nervosetti i mercati"
(www.rischiocalcolato.it)
Ed era il 16 aprile. Ieri era a 135 punti base. Nel grafico sopra è evidente l'impennata dello spread sulle notizie greche. Il contagio è in atto. Nel caso la Grecia dovesse veramente fare default, è meglio allacciarsi le cinture di sicurezza, perché si ballerà parecchio. E gli "ottimi" dati dell'economia italiana che ora vengono ignorati dai mercati (disoccupazione crescente, debito crescente, temo Pil ancora in calo malgrado presunte crescite, tesoretti inesistenti ecc.) potrebbero diventare improvvisamente evidenti ed importanti. Si ripeterebbe la situazione del 2011 al tempo del governo Berlusconi. E l'elefantiaca Bce probabilmente non avrebbe la prontezza di riflessi adeguata per difendere l'Italia da una speculazione improvvisa. E comunque nessuna banca centrale, forse ad esclusione della Fed, è in grado di combattere la speculazione finanziaria quando si scatena, o quando è guidata dal panico.ù
Potremmo sperare che la speculazione si accanisca su qualche altro piigs europeo: la Spagna, il Portogallo... ma prima o poi sarà il nostro turno.
martedì 21 aprile 2015
Siamo messi così (male)
Ultimamente sono stato preso da un'indolenza pericola. Non che non ci siano fatti e cose di cui scrivere e commentare. Ma la situazione è sempre la stessa da tre, quattro anni. E' vero anche che in questo 2015 appena iniziato c'è stata un'accelerazione verso il disastro, malgrado sembri non cambi nulla: penso che la Grecia ci darà grandi "soddisfazioni"...
Ho travato nel seguente articolo di F. Dezzani un riassunto piuttosto inquietante di quanto sta avvenendo in Italia e dintorni. Per il momento la situazione politica-economica-finanziaria è bloccata, i così detti poteri forti (più esteri che italiani) tengono saldamente in pugno la penisola attraverso Renzi. Non è detto che ci riusciranno ancora a lungo, ma non è nemmeno detto che l'attuale opposizione al renzismo sia così determinata e capace di un'alternativa.
Quel che è chiaro, è che finalmente Licio Gelli ha raggiunto i suoi obiettivi attraverso alcuni esponenti corregionali.
"ASPETTANDO IL PARTITO DELLA NAZIONE
La situazione economica e finanziaria
Sono trascorse cinque settimane dell’avvio dell’allentamento quantitativo della BCE e l’unico settore ad averne tratto benefici significativi è, ça va sans dire, quello finanziario: acquistando titoli di stato emessi dai Paesi dall’eurozona (di cui l’80% è però riversato sulle rispettive banche centrali nazionali), Francoforte ha infatti alimentato una bolla paragonabile a quella della Federal Reserve, sebbene si differenzi da questa per lo sbocco speculativo.
Se il denaro facile della Riserva Federale ha infatti gonfiato i listini azionari e solo parzialmente il mercato obbligazionario (i Treasury a 10 anni rendono ancora attorno al 2%), l’allentamento quantitativo della BCE ha inondato il mercato dei bond governativi, consentendo laute plusvalenze agli istituti di credito che hanno nel corso dell’eurocrisi riempito i propri bilanci di titoli di Stato (tra BOT, CTZ, BTP e CCT le banche italiane erano esposte a febbraio 2015 per 423 mld, cifra in costante aumento). Dato che per le obbligazioni il rendimento è inversamente proporzionale al loro prezzo di mercato, all’allentamento quantitativo ha consentito di abbattere i tassi d’interessi e gonfiare il prezzo dei titoli di Stato, abbellendo lo stato patrimoniale degli istituti con attivi più solidi ed il conto economico grazie alle correlate rivalutazioni.
Gli effetti sono però paradossali: un Bund tedesco a 10 anni rende lo 0,1%, mentre il corrispettivo italiano, il BTP a 10 anni, paga l’1,25%. C’è da chiedersi quale investitore accetterebbe di comprare un BTP che offre la metà del rendimento di un Treasury americano, se i mercati non fossero drogati: il rating attribuito dagli USA da S&P è infatti AA+ contro il BBB- dell’Italia e Washington, a differenza dell’Italia, possiede decine di migliaia di testate nucleari con cui incutere timore ai creditori.
La situazione economica e finanziaria dell’Italia resta critica, com’era facilmente prevedibile, anche dopo l’avvio dell’allentamento monetario: era solo propaganda mediatica sostenere che 1.140 mld di nuova moneta avrebbero risollevato le sorti dell’eurozona, quando tra il gennaio del 2009 ed il febbraio del 2015 la base monetaria M3 era già salita dai 9.300 mld di euro ai 10.400 mld senza per questo evitare che le economie del Sud-Europa precipitassero nella peggiore depressione economica del dopoguerra. La natura del nostro export, destinato per più del 50% a paesi dell’eurozona, limita infatti la portata dell’unico vantaggio economico che la mossa della BCE comporta, la svalutazione dell’euro, mentre l’immediata fiammata dei mutui concessi agli acquirenti desiderosi di approfittare della continua discesa del prezzo degli immobili (-25% dal 2008) incontra un limite invalicabile nella ridotta capacità delle banche di erogare credito, gravate come sono da 187 mld di sofferenze.
Il 2015 che secondo Mario Monti avrebbe registrato una crescita del 1,3%, secondo Enrico Letta del 2% e secondo il governo di Matteo Renzi, costretto ad imbastire un Documento di Economia e Finanza credibile, dello 0,7%, si preannuncia nuovamente incerto: c’è ripresa economica se la produzione industriale è scesa nei primi due mesi dell’anno dell’1,1% rispetto al 2014 ed i consumi sono tornati a calare a febbraio dopo sei mesi di stagnazione?
Di certo c’è solo il nuovo record del debito pubblico che ha toccato a febbraio i 2169 mld che, rapportati ad un PIL ripulito da attività illecite e prostituzione, stimabile attorno ai 1560 mld, fa lievitare il rapporto tra le due grandezze al 139%, livello critico per un Paese che non disponga della sovranità monetaria. La solvibilità delle nostre finanze rientra poi nel campo della fantascienza se unita alla perdurante deflazione che attanaglia l’Italia (-0,1% su base annua a marzo), aggravando ulteriormente il fardello del debito espresso in valori nominali.
L’Italia, in un’ultima analisi, è stata ridotta dopo quattro anni di austerità imposta dalla Troika ed altrettanti anni di destabilizzazione dei nostri mercati di riferimento (Libia, Siria, Egitto, Russia) ad opera degli Stati Uniti d’America, ad un tale livello di prostrazione che qualsiasi choc esterno può esserci fatale.
La paura che l’Italia, piegata dalla crisi, sia costretta a mosse geopolitiche inedite, costringere quindi Washington ad interventi sempre più marcati nella politica interna italiana, impedendo che emergano partiti o personaggi politici desiderosi di tentare strade alternative al sistema euro-atlantico. Matteo Renzi ed il futuro Partito della Nazione sono strumenti concepiti ad hoc.
La situazione politica
Il 13 febbraio 2014, al termine della riunione di direzione dove il neo-segretario del PD Matteo Renzi accusa di immobilismo il governo in carica, il premier Enrico Letta presenta le dimissioni a Giorgio Napolitano che, fedele alle direttive che gli arrivano dall’ambasciata di Vittorio Veneto, le accetta senza neppure preoccuparsi di una formalità come un voto di sfiducia del Parlamento: Renzi scalpita infatti per entrare a Palazzo Chigi dopo un’esperienza da presidente di provincia (quelle di cui vanterà l’abolizione) ed un mandato come sindaco di Firenze.
Sia Enrico Letta che Matteo Renzi sono due ambiziosi giovani che nei primi anni della Seconda Repubblica muovono i primi passi politici nel Partito Popolare Italiano di Mino Martinazzoli che a breve confluirà ne La Margherita: entrambi, da buoni democristiani, sanno che per accedere alla stanza dei bottoni è indispensabile ricevere la benedizione a stelle e strisce. Enrico è un frequentatore assiduo del club Bilderberg, fondato nel 1954 grazie a fondi CIA con l‘intento di aggregare le élite americane ed europee, mentre Matteo famigliarizza con l’ambasciatore americano Ronald Spogli già nel 2005 e due anni dopo si promuove presso l’establishment americano partecipando ad un Voluntary Visitor Program negli USA.
Tra i due esistono profonde differenze. Enrico Letta è l’ultimo autentico epigono della Democrazia Cristiana: silenzioso tessitore, sostenitore instancabile dei compromessi, in buoni rapporti con il Vaticano che criticherà la sua defenestrazione, è un convinto assertore della massima andreottiana per cui “è meglio tirare a campare che tirare le cuoia”.
Dal partito del Divo Giulio, Enrico Letta ha ereditato anche l’afflato terzomondista che gli costa la poltrona a Palazzo Chigi: inserendosi senza essere invitato nel gioco delle grandi potenze sul nucleare iraniano, il governo Letta invia a Teheran il ministro degli Esteri Emma Bonino già nel dicembre del 2013; sfidando il boicottaggio di Washington e delle cancellerie occidentali che ha come pretesto la violazione dei diritti degli omosessuali (il regime change ucraino è ancora in gestazione), Enrico Letta partecipa all’inaugurazione dei Giochi Olimpici di Sochi nel febbraio 2014; è fautore di una politica araba che non subordina la questione palestinese ai diktat israeliani e dei falchi americani. Cerca insomma di ritagliarsi un margine di manovra all’interno dei paletti fissati dagli USA, attirandosi lo scherno delle figure italiane più vicine a Tel Aviv ed ai repubblicani, come il giornalista Giuliano Ferrara che lo definisce sprezzantemente un “giovane vecchio”.
L’ex sindaco Matteo Renzi è invece espressione di quel filone a lungo minoritario della Democrazia Cristiana che non ha mai disdegnato i rapporti con la massoneria, invocandone l’appoggio in determinate circostanze come fa ad esempio Ciriaco De Mita nel 1982, stando alla ricostruzione di Francesco Cossiga, per guadagnare la segreteria del partito.
La città di Firenze vanta un’antica tradizione di libera muratoria (nel 1730 dà i natali alla prima loggia d’Italia ad opera di massoni inglesi) e si fregia tutt’ora della più alta densità di logge per abitanti d’Italia: a combatterne l’influenza nel capoluogo è casualmente il ramo PCI-PDS della sinistra che dopo la giunta di Leonardo Domenici cede il campo all’ex-Margherita Matteo Renzi.
Toscano di Arezzo è anche il venerabile maestro della Loggia Propaganda 2, Licio Gelli, sulla cui attività eversiva indaga dal 1981 al 1985 la commissione parlamentare presieduta dalla DC Tina Anselmi. Nel 1982 è sequestrato alla figlia di Gelli, durante un’ispezione all’aeroporto di Fiumicino, il cosiddetto “Piano di Rinascita Democratica” che prevede una radicale riforma delle istituzioni italiane da attuarsi con il sostegno della massoneria internazionale. Il socialista Rino Formica, ex-ministro della Prima Repubblica, riconduce la politica del governo Renzi proprio all’attuazione di quel progetto: la riforma del Senato sottoposta al voto parlamentare presenta in effetti forti analogie con il piano abbozzato dal venerabile maestro della P2. In comune ci sono l’abolizione del bicameralismo perfetto, la riduzione del numero dei senatori a 250 per Gelli e 100 per Renzi, la sostituzione dell’elezione diretta del Senato con una rappresentanza di secondo grado che deleghi alle istituzioni regionali il compito di scegliere i membri di Palazzo Madama.
La nascita del terzo esecutivo “presidenziale” è accolta dai due principali partiti di opposizione al PD, il Movimento 5 Stelle e Forza Italia, con una tacita connivenza che testimonia il degrado della democrazia italiana: i grillini si dimenano in una sterile azione di protesta che, spaventando gli elettori più che offrendo loro un’alternativa programmatica, consente a Renzi di presentarsi come l’unica alternativa al caos, mentre i forzisti scendono velocemente a patti con l’ex-sindaco di Firenze, memori del verso dell’Alighieri “vuolsi così colà dove si puote” (Oltreoceano).
A tessere le relazioni tra il Cavaliere e l’ex-sindaco è il forzista Denis Verdini, accreditato di lunga militanza massonica, che architetta la riabilitazione del declinante Silvio Berlusconi subordinata al sostegno delle riforme istituzionali del governo: è il cosiddetto Patto del Nazareno, i cui vacillamenti sono sempre accompagnati da una recrudescenza dell’azione della magistratura contro Silvio Berlusconi e Mediaset. In particolare è l’elezione al Quirinale di Sergio Mattarella il 31 gennaio 2015 a mettere in crisi l’accordo (“un colpetto al patto del Nazareno” lo definisce l’ex-DS Pierluigi Bersani): come vedremo tra poco, gli screzi su Mattarella sono funzionali solo ad interessi di piccolo cabotaggio, dal momento che l’elezione dell’ex-giudice costituzionale rientra nella ristretta rosa dei candidati di Washington.
Ad ogni modo i giornali del 4 febbraio riportano la notizia che Silvio Berlusconi ha rotto il Patto del Nazareno, reputandolo non più vincolante. Immediata scatta la reazione dei soggetti che esigono dal Cavaliere il supporto al governo, o sarebbe meglio dire che esigono il voto dei suoi parlamentari. Dai meandri della vicenda Ruby, riaffiora il 24 febbraio la soubrette Marystelle Polanco che minaccia nuove, misteriose e clamorose rivelazioni sulla vicenda delle olgiattine: il ricatto non deve essere troppo convincente se il governo Renzi, per riportare i forzisti al tavolo delle trattative in vista della periclitante approvazione dell’Italicum, minaccia a sua volta Mediaset ipotizzando l’abolizione del canone e la pubblicità illimitata per le reti RAI.
La ditta di Gianroberto Casaleggio, che si avvale dell’ex-comico genovese Giuseppe Piero Grillo come portavoce, saluta invece l’elezione a premier di Matteo Renzi nel rispetto delle direttive per cui il Movimento 5 Stelle è stato creato: una roboante e sterile cagnara che, anziché focalizzarsi sugli strumenti concreti per l’uscita dal sistema monetario e militare della UE/NATO (la ricerca di alleanze internazionali in cui è impegnato Alexis Tsipras), si manifesta in frivole boutade come il reddito di cittadinanza ed il referendum sull’euro, utili solo a mantenere lo status quo.
Il M5S, filiazione del blog beppegrillo.it, è l’ennesimo prodotto della Open Society Foundations del finanziere George Soros. Invece di fomentare una rivoluzione colorata, del tutto inutile dato che il nuovo uomo di Washington -Matteo Renzi- è già al comando, M5S incanala le frustrazioni ed il malcontento generati dalla disastrosa situazione economica e li rende innocui attraverso un infantile poujadismo. Sul sito della fondazione di George Soros (a sua volta semplice paravento della CIA come fu ai suoi tempi la Ford Foundation) si legge infatti come il M5S sia un’alternativa efficace ai movimenti di protesta nazionalisti che, non a caso, dal Front National alla Lega Nord simpatizzano per Mosca:
“The key question for Europe is whether movements like M5S offer a genuine way to re-engage voters with politics. Our previous research into right-wing populist parties has shown that much of the support for these parties is driven by a dislike and distrust of political elites. The M5S could be a model that allows citizens to challenge the way that politics is done without scapegoating parts of the population”.
Se Giuseppe Piero Grillo è un placido ex-comico di 67 anni, con alle spalle una condanna per omicidio colposo che lo rende politicamente innocuo, il discorso si fa più interessante per il “guru” del Movimento 5 Stelle, il tecnico informatico Gianroberto Casaleggio, che dopo una prima esperienza all’Olivetti di Ivrea sbarca alla Webegg S.p.A, società del gruppo eporediense specializzata in informatica per le imprese e controllata dal 2002 da Telecom Italia.
Senza fini probatori, ricordiamo che più di un brigatista rosso sospettato di agire per conto dei servizi segreti italiani (da Mario Moretti a Marco Mezzasalma) ha lavorato in società del gruppo Telecom-Stet, oppure come tecnico informatico in aziende della difesa. Con un personaggio dei servizi segreti Casaleggio è sicuramente entrato in contatto, considerato che l’ex-magistrato immagine di Tangentopoli, Antonio di Pietro, figura per per un certo periodo della sua vita nella scorta del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, prima di intraprendere esotici viaggia alle Seychelles per conto del Sismi a caccia di un faccendiere iscritto alla P2. La Casaleggio&associati, costituita nel 2004, gestisce infatti fino al 2010 sia il blog di Grillo che quello di Di Pietro: è l’ex-magistrato a troncare i rapporti con il guru dei M5S, a causa del vizio di Casaleggio di modificare a suo piacimento i contenuti del sito, alzandone i toni con violenti attacchi al PD ed alla stampa.
Se le elezioni di Sergio Matterella al Quirinale ha incrinato il Patto del Nazareno, ha aperto invece la possibilità che in soccorso al governo di Matteo Renzi debbano essere mobilitati i grillini, che hanno salutato la salita dell’ex-DC alla presidenza della repubblica come “una discreta vittoria del M5S”. Da allora è iniziata una rapida istituzionalizzazione del movimento, culminata il 10 marzo 2015 con l’intervista del Corriere della Sera a Gianroberto Casaleggio, dove il guru informatico apre le porte al dialogo col PD. Non è da escludere che gli M5S siano costretti a subentrare al Cav nel sostegno a Renzi qualora il Patto del Nazareno saltasse definitivamente, ma l’operazione rischierebbe di bruciare alla prima tornata elettorale lo strumento studiato da Washington per convogliare il voto di protesta, non certamente per votare le riforme della Troika.
L’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale è davvero una vittoria dell’ala sinistra del PD? L’ex-DC con un passato alla Corte Costituzionale potrà non piacere a Silvio Berlusconi, ma difficilmente la sinistra avrebbe esultato per la sua elezione in altri tempi. L’anodino settantenne deve infatti la sua fortuna politica, come molti altri parenti delle vittime del terrorismo di Stato, all’aver incassato senza troppi interrogativi l’assassinio del fratello maggiore Piersanti Mattarella.
Piersanti,carismatico assessore siciliano della DC in prima linea nella lotta contro la mafia, è infatti assassinato nel gennaio del 1980, due anni prima che cada un altro politico siciliano, il comunista Pio Latorre, anch’esso strenuo oppositore di cosa nostra: sono gli anni degli euromissili installati nella gigantesca base militare di Comiso ed il tacito sostegno alla mafia serve agli angloamericani ed alle istituzioni per controllare l’isola. Piersanti Mattarella, proprio come Pio Latorre, è giustiziato al volante della sua auto con un agguato che ha ben poco di mafioso: l’ultima indagine di Giovanni Falcone verte infatti sul ruolo esercitato dagli estremisti di destra nell’omicidio (i Nuclei Armati Rivoluzionari della rete Gladio sospettati di avere agito come semplici sicari su commissione).
Sergio Mattarella non ha voluto indagare sul ruolo della Gladio e della NATO nell’omicidio di suo fratello (“la Gladio democristiana è in gran spolvero e movimento” commenta l’ex-collaboratore di Francesco Cossiga, Paolo Naccarato, al momento dell’elezione di Mattarella) ed anzi è uno dei padri del controverso progetto per l’acquisto dei Lockheed Martin F-35.
Sistemata l’incombenza dell’elezione del Presidente della Repubblica, Matteo Renzi può tornare a dedicarsi alla mansione per cui è stato collocato a Palazzo Chigi: la rapida dilapidazione dell’apparato produttivo italiano secondo le linee della City di Londra e del Fondo Monetario Internazionale.
Se le ultime grandi industrie italiane private sono libere di spostare sedi legali e marchi all’estero (l’ex-Fiat di Sergio Marchionne che traghetta l’intera filiera -dalla finanziaria Exor al marchio Ferrari- in Olanda) e cedere il pacchetto di controllo ad investitori stranieri (la Pirelli di Marco Tronchetti Provera e la vendita di Indesit all’americana Whirlpool), l’ex sindaco di Firenze si affretta a “privatizzare”, ovvero vendere, quel poco che rimane delle partecipate statali.
Con un’ “operazione lampo” il Tesoro piazza sul mercato il 5,7% di Enel, rendendo così scalabile la società, e ricava la cifra di 2,2 mld che non serve neppure a fronteggiare l’aumento del debito pubblico tra il mese di gennaio e febbraio, passato da 2166 mld a 2169 mld. Se il piatto delle privatizzazioni comprende succulenti bocconi come Poste italiane (temute dagli istituti di credito per la concorrenza nel settore bancario), Enav e Ferrovie , il duo formato da Matteo Renzi e dall’ex-FMI Pier Carlo Padoan interviene a gamba tesa anche sui contratti tra privati, sancendo per decreto la trasformazione delle banche popolari in società per azioni: con l’ennesimo voto di fiducia il decreto tanto caro alla City di Londra, perché rende scalabili le succulente società cooperative di credito, è trasformato in legge il 24 febbraio.
La vita parlamentare del governo Renzi è però complicata dalla minoranza di sinistra del Partito Democratico che, dopo aver ingoiato la riforma del lavoro di stampo neoliberista voluta da BCE-UE-FMI (alcuni esponenti del PD non hanno però resistito al richiamo della manifestazione della Fiom del 28 marzo in Piazza del Popolo), si domanda perché chinare ancora il capo davanti a riforme elettorali e costituzionali che non hanno impatti su economia ed occupazione e, al contrario, sono interpretate dagli ex-DS come un attacco al sistema democratico.
È difficile stabilire se Matteo Renzi si concentri sull’Italicum per imprimere un moto al governo impossibile in campo economico, oppure se cerchi semplicemente lo scontro per ottenere le elezioni anticipate: il destino del PD sembra comunque segnato ed all’orizzonte si profila un nuovo soggetto politico, il Partito della Nazione.
Il Partito della Nazione
La comparsa sui radar del Partito della Nazione risale alla primavera del 2012 quando Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e Francesco Rutelli annunciano in un summit alla Camera la nascita di un nuovo soggetto politico che si prefigura “moderato, laico, ma di ispirazione cattolica” secondo Rocco Buttiglione e “nazionale e repubblicano, riformista e liberale” secondo Italo Bocchino.
La presenza di Rutelli è significativa perché è sotto l’ala protettiva del presidente de La Margherita che cresce politicamente Matteo Renzi ed insieme li troviamo nel 2007 in visita ufficiale negli USA presso Hillary Clinton: il maestro consente così al discepolo di farsi conoscere anche dai Democratici americani, dopo una lunga serie di contatti solo con i Repubblicani.
L’avveniristico progetto del PdN non può certo essere collegato a tre logori volti della Seconda Repubblica: è quindi messo a bordo campo con i tre leader che, a differenza del partito, scompariranno definitivamente dalla scena politica.
La mancia elettorale degli 80 euro a 10 milioni di italiani e l’astensione di quasi metà dell’elettorato consentono al PD di raccogliere alle elezioni europee del 25 maggio 2014 il 40% delle preferenze. Pochi giorni dopo, il 29 maggio, appare sull’Unità un articolo di Alfredo Reichlin dal titolo “Con Renzi ha vinto il partito della nazione” dove si elogia lo straordinario successo del PD e di Matteo Renzi, diventato leader dalla sinistra europea, e si riesuma un vocabolo tradizionalmente estraneo al lessico del mondo comunista cui appartiene l’anziano dirigente PCI: “nazione”.
La crisi ha intaccato il tessuto della nazione italiana, dice Reichlin; è in corso un “assalto sovversivo contro l’organismo nazionale e contro lo Stato che rappresenta tuttora l’ordine”; l’unico argine a questa minaccia è rappresentato da Matteo Renzi, che si è presentato come il segretario del “partito della nazione”. Il discorso suona un po’ strano considerato che l’autore è un anziano ex-giornalista e dirigente del PCI, ma si inquadra meglio se si ricorda che Alfredo Reichlin, come Giorgio Napolitano, è un vecchio esponente dell’ala migliorista del Partito Comunista, da sempre vicina a Washington ed agli interessi della NATO.
La gestazione del progetto dura tutta l’estate, finché il 20 ottobre 2014 Matteo Renzi non la partorisce in diretta televisiva su Canale 5, ospite di Barbara d’Urso: sta per nascere un partito che offre cittadinanza a tutti i soggetti interessati ad entravi, dai fuoriusciti di SEL ai popolari passando per Scelta Civica, ed in un futuro non lontano potrebbe assumere il nome di “Partito della Nazione”.
Neanche 24 ore dopo, Matteo Renzi rilancia la proposta, questa volta durante la riunione della Direzione del partito: il PD è a vocazione maggioritaria e “deve essere un partito che si allarga, Reichlin lo ha chiamato il Partito della Nazione. Deve contenere realtà diverse”. Forse a causa dell’annuncio in diretta televisiva sul nazional-popolare Canale 5, forse a causa dell’evolversi troppo rapido degli eventi, Alfredo Reichlin prende carta e penna e scrive una lettera a Repubblica rinnegando l’uso che Matteo Renzi sta facendo della sua idea di Partito della Nazione.
Il dato ormai è tratto. Per velocizzare il processo non resta che espellere la minoranza di sinistra all’interno del PD ostile al progetto: di per sé l’operazione è piuttosto semplice data la frammentazione dell’ala sinistra e l’assenza di un leader rappresentativo capace di compattare le diverse correnti. È Massimo D’Alema, l’unico ex-DS dotato di un’intelligenza politica sufficiente per cimentarsi nell’impresa, a tentare il contrattacco: il 21 marzo 2015, durante l’assemblea della minoranza PD, taccia Renzi di arroganza (una duello alla pari), mette in guardia dall’emorragia di iscritti (non ostacolata ma perseguita, dice D’Alema), invita all’unità d’azione ed a creare un’associazione per rifondare la sinistra.
Se è Massimo D’Alema il più pericoloso avversario di Renzi, urge abbatterlo: il 30 marzo, nell’ambito di un’inchiesta su presunte tangenti ruotanti attorno alla metanizzazione dell’isola di Ischia, sono pubblicate le intercettazioni dove i vertici della cooperativa Cpl coinvolta nell’inchiesta asseriscono di aver comprato centinaia di copie di libri e 2.000 bottiglie di vino di Massimo D’Alema, per accattivarsi i suoi favori. Il Corriere della Sera titola: «Compriamo libri e vino di D’Alema» Poi la frase sullo sporcarsi le mani. Lo sputtanamento del leader maximo è servito.
Qual è lo scopo del Partito della Nazione? Secondo il filosofo Massimo Cacciari il lucido piano di Renzi mira ad archiviare la tradizione socialdemocratica per sfondare nell’elettorato di destra e costruire un’egemonia attorno alla figura del capo. Partito della Nazione, continua Cacciari, è una boutade populistica perché i partiti sono indissolubilmente legati alla rappresentanza di alcuni interessi e immaginare un partito della nazione è una contraddizione logica.
La più lucida analisi sulle finalità del Partito della Nazione è nelle pagine che lo storico Renzo De Felice dedica agli anni ’30, da lui definiti gli anni del consenso del fascismo: Benito Mussolini tocca l’apice della popolarità in corrispondenza dell’identificazione di massa degli italiani con il regime, diventato sinonimo di patria. Qualsiasi oppositore politico al fascismo è moralmente e psicologicamente un nemico della Patria e come tale privo di qualsiasi legittimità. Come potranno definirsi i futuri avversari politici del Partito della Nazione, se non avversari dell’Italia?
Resta solo da spiegare perché l’establishment angloamericano, in un momento critico dell’Italia che rischia di sfociare in pericolosi ed imprevedibili ribaltamenti geopolitici, abbia optato come nel 1922 per un uomo forte alla guida di un partito plebiscitario.
La risposta sta nella percezione che hanno gli anglosassoni dell’Italia, mirabilmente descritta dall’ambasciatore britannico presso la Santa Sede, Darcy D’Osborne, nel 1943: “i principi e le regole della democrazia sono estranei alla natura del popolo italiano, che non si interessa di politica (…) Mussolini aveva ragione a dire che gli italiani sono sempre stati povera gente”.
Sopravviverà il PdN agli sconquassi dell’eurocrisi? C’è da dubitarne."
(www.comedonchisciotte.org)
(federicodezzani.altervista.org)
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