sabato 3 maggio 2014

La finanza è un altro mondo


Sono due o tre anni che molti esperti si aspettano crolli di borsa, crisi epocali, cadute dei valori di qualsiasi genere del 30%, distruzione ulteriore di ricchezze e lavoro, ma finora la crisi si comporta in modo strisciante. Si è mangiata il ceto medio e molta ricchezza diffusa nel welfare, ma le borse brindano a champagne ogni giorno.

Il mondo della finanza vive ormai in un'altra dimensione, separato del resto dell'economia. Anche ieri volavano cigni neri pericolosissimi su tutto il mondo, eppure le borse sembrano ignorare qualsiasi cosa. Probabilmente questa crisi dovrà essere analizzata con lenti d'ingrandimento diverse da quelle consuete. Il mondo della finanza sembra essere un sistema che si alimenta da se, è diventato autonomo e non necessita più del sistema economico tradizionale. Che infatti sembra ormai abbandonato al suo destino: se sopravvive bene, se si estingue pazienza, nessuno sembra più interessato ad investire in produzioni industriali tranne che nei paesi emergenti, Cina in testa.

Intanto i cigni neri volano sulle nostre teste in circolo come avvoltoi.

Il primo riguarda la ex prima potenza economica mondiale, che deve fare i conti con un situazione economica che ormai rasenta la recessione. Bisogna ricordare che gli Usa adottano già il nuovo sistema di calcolo del Pil, e che se lo stesso fosse applicato all'Italia, anche noi potremmo fregiarci di una crescita dell'1%.

"Grazie a Calculatedrisk possiamo osservare come lo scorso anno, partendo da una previsione a dicembre del 2012 di una crescita tra il 2,5 e il 3 % siamo scesi a marzo al massimo di un 2,8 % per poi arrivare a dicembre al 2,3 % e concludere con la realtà di una crescita del 1,9 %.
...
La sostanza in fondo è tutta qua…

(ANSA) – ROMA, 30 APR – L’economia americana nel primo trimestre è cresciuta solo dello 0,1%. Lo comunica il Dipartimento del Commercio. Il dato è peggiore delle attese degli analisti che, pur stimando un rallentamento della crescita alla luce dell’inverno rigido, avevano previsto una frenata al +1,2%. Il quarto trimestre si era chiuso con un Pil in crescita del 2,6%.
...
Guardate il collasso delle esportazioni e non dimenticate che il dollaro non è mai stato cosi debole da anni! Questo significa semplicemente che il resto del mondo è fermo, immobile, stagnante.

Inoltre se gli investimenti residenziali e non, ovvero l’immobiliare ma non solo non ripartono in fretta, la crisi ritorna in un istante, non dico recessione, perchè gli americani dalla recessione non ci sono mai usciti.
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Inoltre ieri è uscito il dato relativo alla spesa per costruzioni …
...
…il più basso livello di investimenti pubblici nel settore immobiliare dal lontano 2006!!!

Dinamica che ha già fatto rivedere al ribasso la lettura del PIL di mercoledi da un miserabile 0,1 % ad un meno 0.4 % di Deutsche Bank sino al meno 0,2 % di Goldman Sachs!

Non so se riuscite a comprendere la portata di una simile debacle per l’economia americana, ma non c’è fretta la verità è figlia del tempo. Ci sarò un rimbalzo ma non sarà come loro se lo aspettano, i miei dati sussurrano che la ripresa sarà moderata."

(icebergfinanza.finanza.com)

Intanto saltano i tappi dello spumante per il dato occupazione:

"La ripresa americana c'è e si fa sentire. L'economia a stelle e strisce batte tutte le aspettative e riesce a creare 288mila posti di lavoro nel mese di aprile, durante il quale il tasso di disoccupazione cala al 6,3%. L'annuncio del Dipartimento del Lavoro di Washington supera ogni previsione: gli analisti avevano indicato probabile un tasso del 6,6%, mentre i nuovi occupati (con l'esclusione del settore agricolo) erano attesi in area 210-220mila unità."
(www.repubblica.it)

La stessa notizia è stata data anche in tv sul tgcom di mediaset. Nulla di strano direte, invece si, perché mentre i giornalisti gioivano per il dato occupazione Usa con nonchalance l'inviata da New York dichiarava che il dato è stato ottenuto non conteggiando 800.000 persone uscite dal mondo del lavoro... In studio il giornalista chiudeva il collegamento "bene, dopo quest'ottima notizia...". E' un mondo di pazzi. Ottima notizia? 800.000 meno 288.000 a casa mia significa che si sono persi circa 500.000 posti, equivalenti quasi agli abitanti di Genova! Inutile tener conto delle statistiche sul lavoro degli americani, sono ottenute con interviste e spesso sono taroccate. In questo caso il tarocco è addirittura assurdo.

Gli Stati Uniti, malgrado 3.000 miliardi di dollari di Quantitative easing della Fed, soldi a gratis stampati per sostenere i titoli di Stato e per finanziare l'econ... ops! la finanza, stanno raggiungendo la disgraziata Europa verso i suoi record più negativi.
Su deficit pubblico e debito pubblico gli Usa non hanno nulla da insegnarci, su debito privato forse dovrebbero imparare qualcosa dagli europei, ma ormai pare che anche il sogno americano si stia spegnendo. Non ho trovato dati al riguardo ma ricordo di aver letto che ormai anche negli Usa le opportunità di lavoro dipendono dalla situazione famigliare. Cioè la stessa malattia che affligge per esempio l'Italia, dove i figli di avvocati fanno gli avvocati e i figli degli operai fanno i disoccupati o i sottoccupati...

L'altro cigno nero, che scende sempre più di quota e si avvicina di giorno in giorno anche fisicamente all'Italia, è la nuova guerra civile che sta covando al centro dell'Europa.

"Battaglia in Ucraina: 20 elicotteri su Slavyansk, 3 abbattuti dai filorussi. Putin: è criminale, sfumano accordi di Ginevra
Venti elicotteri dell'esercito ucraino sorvolano Slavyansk, città dell'Est Ucraina, tre sono abbattuti dalle
milizie filorusse che vogliono ricongiungersi a Mosca. Sono le scene di guerra che seguono alla decisione
del governo di Kiev di lanciare «un attacco su larga scala» su Slavyansk, una delle città dell'est
controllate dai miliziani filorussi: le prime notizie arrivano da un portavoce dei ribelli, poco dopo che
testimoni hanno riferito di esplosioni e sparatorie alla periferia della città, sorvolata da un elicottero
militare di Kiev.

Per Vladimir Putin - è la nota del Cremlino - il raid avviato nell'Est dell'Ucraina è un «atto criminale»
che distrugge gli accordi di Ginevra.
...
cinque navi della Nato sono arrivate in Lituania: lo ha
reso noto Juozas Olekas, ministro della Difesa dell'ex Repubblica sovietica sul Mar Baltico.
...
Il ministero della
Difesa dell'Ucraina aveva riferito poco prima che sono stati abbattuti 2 elicotteri Mi-24 delle forze
armate ucraine «con un sistema portatile di difesa aerea missilistica» durante l'operazione militare
lanciata contro la roccaforte filorussa questa notte. «C'è una vera e propria battaglia in corso, ci sono
piloti morti e feriti», ha scritto sul suo Facebook il ministro dell'Interno facente funzioni Arsen Avakov,
secondo il quale, «l'operazione procede secondo i piani»"

(www.ilsole24ore.com)
Che succederà ora ai rifornimenti di gas all'Europa, e soprattutto alla Germania? La cancelliera Merkel avrà il coraggio di seguire Obama sulla strada delle sanzioni dure contro Mosca? Io penso che gli europei faranno quanto sanno fare meglio in questi frangenti, girare la testa dall'altra parte e fare finta che l'Ucraina non sia mai esistita. Si lasceranno Putin e Obama scornarsi fra loro, sperando che nella zuffa non si abbia da prendere qualche cazzotto per errore. Difficilmente la Germania potrà scagliarsi contro la Russia, visti i legami oligarchici ed economici stretti con i potenti del gas russo. I russi sono stati geniali e lungimiranti stringendo patti economici d'acciaio con l'Europa, Italia compresa.

Ed infatti dalle prime notizie che filtrano pare che la cancelliera Merkel si è detta d'accordo con Obama sulle sanzioni... ma solo dopo le libere elezioni che si terranno in Ucraina e non sul gas. E' il teatro dell'assurdo. Vorrei vedere di questo passo che elezioni si faranno sotto le cannonate della guerra civile. E poi  quella clausola "non sul gas" dice tutto sulle reali intenzioni tedesche ed europee. Germania e Olanda hanno la più grande dipendenza dal gas russo, poi ci siamo noi. Per non parlare della Polonia dove ci sono le fabbriche cacciavite della Germania (e della Fiat) che ha una dipendenza dalla Russia al 99%...
Per quanto gli americani tentino di tirare fuori le antiche diatribe da guerra fredda, per gli europei considerare i russi (europei anche loro) dei nemici viscerali, viene alquanto difficile. Non sono più percepiti così ormai da anni. Sono sempre visti con un po' di sospetto, questo si, ma non come nemici.
Ma per il mondo della finanza tutto questo non importa, e malgrado il tapering in Usa, che ha tagliato la stampa di dollari da 45 miliardi al mese a 10, la finanza Usa e mondiale continua a scommettere su se stessa ed ignorare i segnali negativi provenienti dal mondo reale. Tra una ascesa e l'altra degli indici azionari, c'è effettivamente qualche periodo di ripensamento e qualche discesina, ma poi superati i momenti emotivamente più difficili, tornano tutti ad investire e far salire i prezzi in borsa. Si fermerà questo andazzo senza senso? Non che voglia a tutti i costi un acuirsi della crisi, ma è assurdo che in un periodo così problematico i già ricchissimi continuino ad arricchirsi e i poveri ad essere sempre più poveri. La fine della crisi passa anche da una redistribuzione delle risorse e dalla fine di questo mondo finanziarizzato (in malo modo).
Difficile per ora capire quale potrebbe essere un vero cigno nero tale da spaventare le borse... forse hanno ragione i millenaristi. L'unica cosa che potrebbe far crollare le borse è un asteroide direttamente su Wall Street.

venerdì 2 maggio 2014

Terrorismo mediatico degli eurofanatici


Più la situazione italiana diventa ingestibile, più le cose vanno male per i fanatici dell'euro, e soprattutto più si avvicinano le elezioni europee che stanno facendo paura a certi governi europei (Elezioni europee: rapporto shock, partiti populisti (incluso Grillo) al 30%), più entrano in campo fallosamente a gamba tesa i difensori dell'euro. Quelli che vogliono (farci) morire per Maastricht.
Il terrorismo mediatico aumenta poiché diventa ogni giorno evidente a tutti, anche alla "casalinga di Voghera" che l'euro per l'Italia è insostenibile. Il tam iniziato in rete, ormai si sta diffondendo anche nel mondo reale fatto di bar, discorsi fra colleghi, fra studenti, all'interno delle famiglie.
Allora giù con la paura: ricordati che devi morire, e se lo fai con la lira svalutata in tasca finirai all'inferno.

"Zingales: "Se torniamo alla Lira prepariamoci al disastro"

Un cittadino italiano ha in banca cinquantamila euro di risparmi, di cui ventimila in titoli di Stato. Ma ecco che, abracadabra, dalla sera alla mattina l'Italia molla l'euro e se ne torna alla liretta. Che succede?
...
«Ora, è chiaro ogni valore (liquidità o titoli) che si trova in banca potrebbe essere ridenominato in lire dal governo secondo un tasso di cambio stabilito. I contanti conserverebbero il loro valore in euro. Mi segue?».

Eccome.

«E quindi io già le vedo le file agli sportelli bancari di gente che vuol ritirare più cash possibile. Quello è il vero pericolo».

Per evitarlo basterebbe fare un'operazione fulminea, come fece Giuliano Amato che nel 1992 in una notte azzannò i conti correnti degli italiani con un prelievo forzoso del 6 per mille.

«È inverosimile, l'ho già detto. Poniamo che, come qualcuno propone, si faccia un referendum euro sì / euro no. Dato che c'è almeno il 50 per cento di probabilità che vinca il no, io intanto prelevo tutto e metto mazzette di contanti nel materasso o in cassetta di sicurezza. Poi si discute».

E nel frattempo, le banche?

«Il sistema bancario salta perché tutti ritirano i soldi. Come in Argentina. In tre giorni gli argentini hanno ritirato il 6 per cento dei depositi. E il governo ha dovuto porre limiti al prelievo di contanti»."

(www.wallstreetitalia.com)

Quanti problemi si sta facendo signor Zingales. Questi sono preblemucci tecnici rispetto al problema dell'economia italiana in avvitamento come un aereo finito in stallo. Chi se ne importa se gli italiani conserveranno un po' di euro in tasca o sotto il materasso. Chiaramente in un processo di transizione del genere difficilmente la banca potrà permettere ai suoi clienti di ritirare 50.000 euro in contanti, anche perché non lo si può già fare oggi.

Inoltre lo Stato potrebbe decidere di emettere una neo lira con un valore iniziale, poniamo per un paio di mesi, alla pari con l'euro e quindi sostituire tutte le banconote degli euro in circolazione con neo lire, o per risparmiare metterci sopra un bel timbro indelebile con la scritta "euro annullato! ora sono lire". E comunque non si fasci la testa prima del dovuto: il referendum sull'euro non si farà mai. Ne usciremo quando la situazione diventerà così insostenibile che nemmeno un Quantitative easing illimitato della Bce potrà salvarci dalla bancarotta...

Un altro arruolato nelle fila del Minculpop delle SS dell'euro è Scacciavillani. Un economista che probabilmente viene da Marte, non è mai vissuto in Italia quando c'era la liretta svalutabile:

"Tre le frange che propugnano l’uscita dall’euro, vale a dire il metodo Stamina per guarire dalla recessione, i supposti effetti miracolistico-salvifici della svalutazione costituiscono i bastioni retorici della propaganda.

Da un elemento semplice, che anche i meno istruiti credono di capire, nelle varie Lourdes “der webbe”, si imbastisce la mistica della guarigione ricorrendo ad un filo logico (si fa per dire) di questo tenore: i tedeschi sono efficienti, ... Noi italiani invece ci troviamo metà Paese in mano alle mafie, i leader di tre partiti sono pregiudicati, la corruzione è diffusa, la burocrazia è demenziale, la giustizia è una tragica barzelletta, la scuola è un somarificio, la ricerca langue, le tasse sono confiscatorie. Però noi Italiani, quintessenza della furbizia, fotteremmo tutti con svalutazioni a getto continuo. In tal modo sparirebbe d’incanto il divario con il mondo civile, l’economia si risolleverebbe senza dover riformare alcunché, i ladri potrebbero continuare a rubare e governare senza conseguenze di sorta.
...
la flessibilità del cambio non influisce sulla produttività dell’economia reale (l’unico fattore di crescita sostenibile e di benessere)."

(www.ilfattoquotidiano.it)

Ma a cosa serve essere più produttivi (più offerta) nelle condizioni in cui siamo di mancanza di domanda? Non sarebbe meglio essere più occupati grazie ad una maggior competitività internazionale dovuta ad un miglior prezzamento dei nostri prodotti?
E' che questi tecno-elitari vorrebbero continuare a conservare le rendite in euro e pagare i lavoratori in lire. Non hanno capito che non funziona così, non si può svalutare solo il lavoro come vuole la Merkel, solo una parte dei fattori della produzione. Purtroppo per loro si dovranno svalutare anche i loro ricchi patrimoni e le loro ingenti rendite.

Ecco che ci viene spiegato che la svalutazione della moneta non conta, anzi non serve, è meglio se si svalutano lavoro e prezzi:

"Il tasso di cambio REALE è il tasso di cambio nominale diviso per il livello dei prezzi nei due paesi. Che significa? Lo spiego con un esempio. Comprereste un’auto prodotta in Argentina, perché il tasso di cambio euro-peso si è dimezzato? Chi crede al metodo stamina forse risponderebbe di si. Ma se il prezzo in peso dell’auto prodotta in Argentina fosse triplicato, a dispetto della svalutazione, non vi sarebbe nessuna convenienza.
...
va considerato il cambio REALE con tutti i paesi con cui l’Italia ha relazioni commerciali, cioè l’indice del tasso di cambio REALE EFFETTIVO. Che significa? Che se l’Italia, poniamo, esportasse per metà verso gli USA e per metà verso il Giappone, il tasso di cambio reale effettivo sarebbe una media dei tassi di cambio REALI tra euro e dollaro e tra euro e yen."

(www.ilfattoquotidiano.it)

Basta giocare sul "livello dei prezzi" ed il gioco è fatto. Il livello dei prezzi interni di un paese rispecchia di solito il livello del potere d'acquisto. Certo si devono raffrontare paesi abbastanza simili e con economie simili. Se confronto gli Usa con lo Zaire distrutto dalla super svalutazione la cosa non ha senso.

Ma anche quel che scrive Cacciavillani, cioè che in un'economia con la moneta svalutata alla metà, un bene possa triplicare il suo prezzo, non ha alcun senso. Il prezzo dell'auto se è composto metà da materie prime importate e metà da manodopera locale avviene che la metà importata raddoppia e l'altra no. Il prezzo dell'auto in peso aumenta di un terzo. Una mazzata per i poveri argentini, ma per noi non ci sarebbe nessun aumento, anzi una diminuzione di un quarto del prezzo ante svalutazione. Un vantaggio per le esportazioni argentine. Provare per credere. A meno che i produttori di quell'auto argentina non siano dei pazzi, o non adottino le regole di mercato universali ciò che scrive Scacciavillani non ha senso.

Il vantaggio della svalutazione del tasso di cambio nominale esiste, eccome se esiste. Mentre il tasso di cambio reale rimane costante, cambia poco perché il livello dei prezzi tende ad essere simile in paesi diversi, adeguandosi al potere d'acquisto.

Se in Italia guadagno 1.000 euro al mese e la spesa media è di 800, ed in Giappone guadagno 200.000 yen e la spesa media è di 160.000 yen, in entrambi i casi il rapporto è di 10 a 8. il cambio è a 140 yen per un euro. il cambio reale effettivo risulterebbe 140/0.8 = 175. 
Se in Italia però il livello dei prezzi interni cala, per esempio a 600 euro al mese, allora il rapporto stipendi/prezzi diventa 0.6 contro lo 0.8 del Giappone. La media è 0.7, il cambio reale effettivo diventa 200. Il valore dello yen sale, si rivaluta, svalutando i nostri prezzi interni. Ma se si svalutano anche i salari degli italiani passando da 1000 a 750 euro medi, avviene che il rapporto fra stipendi e prezzi torna di nuovo a 0.8 e quindi il nostro cambio reale effettivo con il Giappone alla fine non cambia.

Scacciavillani ricorre a sottigliezze per indicare che questo tasso di cambio reale effettivo è stato costante dal 96 ad oggi e quindi la svalutazione monetaria non servirebbe a nulla. Dimenticando però di dire che la svalutazione monetaria incide enormemente sul prezzo reale dei beni esportati e quindi sulla forza economica di un paese. Solo nella sua fantasia i prezzi triplicano quando la moneta si svaluta della metà. 

La svalutazione o rivalutazione di una moneta incorpora già in se la forza economica di un paese. Certo c'è differenza nel cambio dell'euro (o della neo lira) fra dollaro e yen, ma si tratta di differenze che tendono sempre a riequilibrarsi. Non ho mai visto una moneta che per lungo tempo si svaluta rispetto al dollaro e si rivaluta sullo yen, a meno che in Giappone non sia successa qualche catastrofe economica che ne provochi il crollo. A livello generale e in condizioni normali svalutazioni e rivalutazioni sono simili verso tutti i paesi (almeno quelli industrialmente più solidi). Questo forse è anche il motivo per cui il cambio reale effettivo si modifica di poco, soprattutto dal 1996 in avanti visto che allora la lira era già agganciata all'Ecu, l'antenato dell'euro.

La neo lira con il suo cambio nominale (-20,-30 o -50%)  incorporerebbe tutti i limiti del nostro sistema produttivo e governativo, ponendoci in relazioni diverse con ogni paese con cui commerciamo. I nostri prodotti non sono comparabili con quelli esteri e soprattutto europei: a volte sono peggiori e a volte migliori. Quando sono peggiori dobbiamo poterli vendere al giusto valore.

Quel che con l'euro si fa sulla pelle dei cittadini italiani può essere fatto meglio con delle sane e veritiere relazioni fra paesi sovrani. E' inutile sopravvalutare la nostra economia usando l'euro se poi non siamo in grado di gestire il paragone con i meglio attrezzati tedeschi. Che anzi, oggi stanno svendendo i loro prodotti migliori dei nostri a prezzi ridotti rispetto alla qualità. Perché il cambio attuale dell'euro incorpora anche il disvalore delle "palle al piede" mediterranee, meglio conosciute come Piigs. 
Questo vantaggio germanico è profondamente ingiusto nei confronti delle economie più deboli.

Ricorrere alle sottigliezze ed alle complicazioni proposte da Scacciavillani non serve a nulla, quando le cose sono molto più semplici e la svalutazione monetaria è così semplice da comprendere. Non servono calcoli astrusi, basta la memoria. Basta ricordare quanto valesse meno la pesetas spagnola rispetto alla lira (non nominalmente) e quanto vantaggio ne ricavava turisticamente la Spagna con le spiagge e gli alberghi pieni di italiani. Non è studiando formule astruse sui libri che si può contestare il valore della svalutazione, perché questa è stata un'esperienza vera e reale per le economie di molti paesi per secoli. E oggi questa fumisteria la si può raccontare con formule e grafici solo a chi non ha mai avuto le lire e le pesetas in tasca.

giovedì 1 maggio 2014

Silenzio. E' morto il lavoro


Art. 1

L'I...? è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.


(Fonte: un'improbabile costituzione di qualche repubblica socialista dell'est scampata alla perestroika e tutto il resto venuto dopo...)


Già molti anni fa assistendo alla chiusura delle fabbriche che negli anni '70 crescevano come funghi ovunque, mi chiedevo come ragionavano allora i nostri governanti, come non sentissero l'esigenza impellente di intervenire per impedire la perdita dei posti di lavoro. Pensavo come oggi che il posto di lavoro era una componente essenziale dell'economia. Se la gente non lavora non compra e non genera domanda. Forse perché ricordavo già allora le parole di Ford che sosteneva che le sue automobili dovevano avere un prezzo accessibile anche per i suoi operai. Chiaramente si preoccupava egoisticamente di vendere i suoi prodotti, aveva fatto un'indagine di mercato anche senza computer e centri studi. Ma evidentemente il ragionamento che si è fatto in questi anni è stato: chi se ne importa dei nostri operai, i nostri prodotti li venderemo agli "altri"...

Questi altri erano forse gli operai di aziende che non licenziavano, o erano altri di paesi stranieri. Ma questi "altri" negli anni si sono ridotti sempre più, fra non molto non li si troverà nemmeno all'estero. Negli anni '80 comunque c'era ancora una speranza e quando si licenziava si diceva che era per l'aggiornamento tecnologico del settore produttivo. La Fiat aveva costruito stabilimenti dove gli operai entravano quasi con le pattine, e dove lavoravano giorno e notte alacri robot. Era comunque un mondo che prometteva ancora meraviglie. Ci dicevano: i robot vi rubano il lavoro, ma vedrete che ne troverete altri meno faticosi, meno pericolosi e avrete un sacco di "tempo libero". Il "tempo libero" era quasi diventato un incubo un problema da risolvere peggio del debito pubblico. Infatti di debito pubblico se ne faceva a go-go.

Ed in effetti oggi il "tempo libero" è un incubo, perché fra poco prevarrà sul "tempo occupato" dal lavoro. Se negli anni '80 mi facevo queste domande sul lavoro, nei '90 crebbe la mia confusione. In questo decennio grazie alla rivoluzione digitale nacquero nuove attività, che però ho sempre giudicato un po' effimere rispetto alla concretezza dell'industria. Che comunque nel frattempo ha visto la scomparsa di interi settori in Italia come l'elettronica e la chimica. Ma negli anni '90 tutto sommato sembrava che il computer promettesse una nuova era di sviluppo. Oggi sappiamo che era solo una bolla finanziaria e tecnologica. La rivoluzione digitale è stata importante ma nulla in confronto alla rivoluzione industriale.

Da quando negli anni '80 ho cominciato a pormi domande basilari sul lavoro e sullo sviluppo, le cose sono sempre peggiorate con mia grande meraviglia. Allora pensavo: io sono un cretino qualsiasi, se mi faccio queste domande io, ci saranno sicuramente dei geni che capiranno che il lavoro è domanda e sviluppo, e quindi un giorno si farà di tutto per invertire la situazione. Il degrado del lavoro invece è continuato sulla stessa strada e mai più avrei pensato allora che le cose un domani sarebbero state anche peggio.

Gli esempi sono tanti, oggi uno è particolarmente significativo per il marchio tipicamente italiano e perché se ne ha notizia proprio a ridosso del primo maggio:

"Silenzio. Parla(va) Agnesi.
Per la serie...:
le mossette (pre-elettorali) renziane faranno anche scena ...
ma non incidono sul veri problemi dell'Italia.

Silenzio, Agnesi non parlerà più agli italiani. Chiude lo storico pastificio
1 maggio 2014 01:35
IMPERIA - “Silenzio, parla Agnesi“, recitava lo spot che ha reso celebre il pastificio di Imperia nato nel 1824.Ma ora cala il silenzio sullo storico marchio che ha fatto la storia alimentare degli italiani.
Dopo un periodo di difficoltà, il gruppo Colussi ha annunciato la cessazione della produzione di pasta Agnesi e la chiusura dello stabilimento di Imperia entro dicembre 2014......
Verso la chiusura anche lo stabilimento di Fossano, in provincia di Cuneo.
Complessivamente rischiano il posto di lavoro 150 dipendenti.....
I primi segnali concreti della crisi si erano manifestati nei mesi scorsi con la chiusura del molino: per i dipendenti era stata offerta una buona uscita di 6000 euro......
Dopo la chiusura del molino era arrivata la cassa integrazione per gli addetti al confezionamento.
L’azienda è poi uscita allo scoperto dicendo chiaramente che gli stabilimenti di Imperia e Fossano avrebbero dovuto produrre non più di 90 mila tonnellate di pasta all’anno, ma i costi per mantenere questa produzione sarebbero comunque insostenibili.....(con sarcasmo involontario...) In compenso i nuovi disokkupati che hanno perso il loro posto di lavoro,
secondo l'ultima interpretazione dell'agenzia delle entrate, potranno beneficiare della mancetta renziana da 80 euro...anzi 53...anzi 40...
...
Nello stesso tempo però l'Italia Produttiva continua a DESERTIFICARSI
(ca. -25% di produzione industriale in 5 anni e ca. -10% di PIL)
e continuiamo a perderci per strada....................."

(www.ilgrandebluff.info)

In questi anni si sono buttati molti denari pubblici per tamponare le falle. Da quelli spesi per aiutare direttamente l'industria (non si può non pensare alla Fiat), da quelli spesi in opere pubbliche anche sbagliate solo per far girare l'economia, da quelli usati in modo clientelare per creare posti pubblici fasulli e sostenere i consumi, ecc.
Quello che non si è mai fatto è stato un intervento organico, un piano del lavoro, dello sviluppo, dell'industria e di tutte le attività produttive. Sempre solo interventi atti a chiudere le falle di una barca che affonda ogni anno di più. Oggi l'ultimo intervento tura falle sono gli 80 euro in busta paga, con cui Renzi sogna di creare nuova domanda. Sarà ovviamente una domanda effimera. Non sono bastati migliaia di forestali in Calabria e Sicilia a far decollare la domanda, ora pretendono di farlo Renzi e Padoan con 80 euro?

Non so esattamente cosa bisognerebbe fare, ma sicuramente ormai occorrono interventi rivoluzionari. Non bastano più pannicelli caldi. Probabilmente è giunta l'epoca di invertire completamente le strategie, di stravolgere completamente il pensiero dominante liberista che permea ogni istituzione pubblica. Probabilmente in futuro occorrerà applicare quel famoso articolo uno in cima al post, utilizzando anche le maniere forti: espropriazione delle aziende che delocalizzano, nazionalizzazione di quelle che chiudono, investimenti pubblici massicci in campo industriale, (tutte cose che l'Europa ha stranamente vietato...) ma anche normalizzazione dei rapporti tributari fra Stato ed imprese con drastica riduzione del carico fiscale, incentivazione massiccia verso i settori in crisi ecc. 

Siamo in una brutta guerra ed occorre utilizzare tutte le armi, anche quelle "nucleari", rischiando anche di diventare una quasi repubblica socialista sovietica, ma il lavoro va protetto ad ogni costo. Se si vuole conservare il capitalismo e questa forma di società dobbiamo essere pronti a tutto. Altrimenti diventa sempre più evidente che l'obiettivo dell'1% dei super ricchi è il ritorno ad una società feudale:

"La società nuova, la grande società che si immaginava nel tempo del compromesso keynesiano è solo un ricordo da citare nei salotti. Ciò che ci ritroviamo è una società regredita agli ancien regime dove esiste la nobiltà dell’ 1% che drena tutte le risorse e che del lavoro non ha più bisogno visto che la ricchezza l’accumula attraverso la ricchezza, un 10% che fa parte del personale di servizio necessario a mantenere il sistema, mentre il resto si divide tra chi ha comunque un lavoro e gode di qualche sicurezza residuale ogni giorno più esigua e chi invece ha perso ogni tutela ed è in balia di salari temporanei e pensioni da fame, progressivamente privato anche dei servizi che l’epoca precedente aveva garantito. Non esiste più una borghesia produttiva, è defunto il proletariato potenzialmente rivoluzionario o progressista, sono scomparse le speranze e rimane invece solo un vasto terzo stato confuso e magmatico, rivolto più a vegliare le scarse vestigia del passato e che non riesce a coagularsi in propria difesa se non su problemi e fatti circoscritti."
(ilsimplicissimus2.wordpress.com)