martedì 10 marzo 2015

"Ci sono pezzi d'Italia che sono già ripartiti e che vanno più forte della Germania"



La frase qui sopra pronunciata da Renzi l'altro giorno, potremmo inserirla nella rubrica della Settimana Enigmistica fra le "ultime parole famose". Ammetto che un po' ha ragione: quello in foto è un prodotto italiano che oggi "tira" parecchio. E non solo su strada...

Ma nel complesso le cose sono ben diverse dalle fantasticherie a beneficio di propaganda del premier.

"Produzione industriale -2,2%. E i prestiti ai privati peggiorano
Nuove indicazioni negative sui fondamentali dell'economia italiana
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Stando a quanto ha comunicato l'Istat, a gennaio la produzione industriale - indice destagionalizzato - è scesa su base mensile dello 0,7%. Considerati gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 20 a gennaio 2015 contro i 21 di gennaio 2014), su base annua la produzione è calata di ben il 2,2%. Su base trimestrale, lieve aumento +0,1% nel periodo compreso tra novembre e gennaio, rispetto al trimestre precedente.

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Tra le note positive il boom della produzione di auto, che a gennaio, stando all'indice grezzo, ha segnato un balzo del 30,4% su base annua, riportando un aumento del 35,9% in base all'indice corretto per gli effetti di calendario.
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I cali maggiori, nei comparti della produzione industriale, hanno interessato i settori della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (-8,1%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-5,7%).
In aumento invece la fabbricazione di mezzi di trasporto (+16,1%), di computer, prodotti di elettronica ed ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+4,3%) e di altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (+4,3%).

E Bankitalia rende noto che, sempre a gennaio, i prestiti erogati al settore privato sono di nuovo scesi, tra l'altro peggiorando, con una flessione -1,8% rispetto a -1,6% di dicembre.

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In particolare, i prestiti alle famiglie sono scesi, su base annua, dello 0,5% come nel mese precedente, mentre quelli alle società non finanziarie sono calati del 2,8% (-2,3% a dicembre). Ennesimo incremento su base annua per le sofferenze bancarie, +15,4% a gennaio, contro il 15,2% di dicembre."
(www.wallstreetitalia.com)

Il mestiere di giornalista mainstream diventa sempre più complicato, quello di fan del renzismo sempre più frustrante. Forse per loro, l'unico modo di trattare questi dati, è di ignorarli.

"Oggi, ad esempio, c’è un silenzioso frastuono, e si sente solo il premier fischiettare sul diversivo del giorno. Oggi non sentirete né leggerete scimmiette, cocoriti e disc jockey esibirsi in commenti di questo tipo, tanto per intenderci.

Ma il dato odierno dovrebbe servire anche alla stampa, che sta prendendo la pessima abitudine di considerare come dati acquisiti quelle che sono solo previsioni. Vedasi la stima di Pil del primo trimestre 2015, diffusa nei giorni scorsi da Istat, e che ha un valore centrale di +0,1% trimestrale, frutto di una forchetta compresa tra meno 0,1% e +0,3%. Eppure, tanto è bastato ai nostri media per fare titoli demenziali del tipo “Il Pil torna a crescere”. Ogni volta, restiamo in dubbio se si tratti di malafede o solo di ignoranza.


C’è anche da segnalare una previsione non particolarmente positiva. Sono le stime di andamento dell’attività economica realizzate attraverso dati “in tempo reale”, i cosiddetti nowcasts, che servono a dare il polso immediato della congiuntura. Quelli elaborati dall’asset manager britannico Fulcrum, guidato da Gavyn Davies, mostrano per l’Italia previsioni pessime per il primo e addirittura il secondo trimestre di quest’anno (vedi tabella qui sotto). Ma, ciò che è peggio, mostrano una rilevante divergenza negativa tra l’Italia ed il resto dell’Eurozona, soprattutto verso la Francia.
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Ovviamente, queste considerazioni non interesseranno chi nella vita sbarca il lunario facendo una propaganda dozzinale ad uso di un popolo di gonzi. In Italia, questa “classe verbale” parassitaria è davvero numerosa. Altro inequivocabile segno del nostro declino."

(phastidio.net)



Le "cocorite" di governo oggi non possono nemmeno contare su San Draghi. A quanto pare il tocco taumaturgico del capo della Bce si è esaurito.

"Indubbiamente il mercato finanziario ha già scontato molto, se non tutto, del potenziale effetto del QE e questo lo evidenzia pacatamente anche la stessa BCE, quando afferma nella dichiarazione introduttiva del meeting del 5 marzo che “abbiamo già osservato un numero significativo di effetti positivi derivanti da queste decisioni di politica monetaria”. Effetti che sui mercati si sono iniziati a materializzare a partire da fine agosto ed in particolar modo dopo l’annuale meeting dei banchieri centrali a Jackson Hole.
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Elementi di discesa così rapidi ed intensi che fino ad oggi sono stati in grado di motivare gli operatori a spingere fortemente gli acquisti sull’azionario europeo e ciò nonostante la drammatica crisi greca e la pericolosa polveriera Ucraina.

L’impressione è che i miracolosi effetti derivanti dall’avvio del QE siano ormai passati e ciò nonostante quanto propugnano ai risparmiatori dai media mainstream in questi giorni. In particolar modo il rischio è che siano passati i momenti migliori per i bond europei, essendo a venerdì scorso oltre 1/3 delle emissioni a rendimento negativo ed i prezzi ai massimi di sempre, proprio alla vigilia del QE europeo. Un alleggerimento monetario che se riproponesse i comportamenti passati dei Treasury Bond USA a 10 anni durante l’avvio dei vari QE1, QE2 e QE3 da parte della FED, inviterebbe a soffermarsi più sulla possibile discesa dei prezzi che non sul proseguimento del rally, in quanto i rendimenti sono sempre saliti in fase di avvio e sono scesi solo prima di tali azioni e grazie all’aspettativa di tali interventi, ovvero secondo il più classico schema del “buy on rumors and sell on news” (compra sulle ‘voci’ e vendi sulla notizia). 

Discorso invece diverso sembrerebbe per i mercati azionari, essendo questi ultimi i potenziali e maggiori beneficiari del nuovo corso della BCE o almeno è questa la speranza dei gestori in base all’esperienza passata sul mercato americano. Un’esperienza che però non deve trarre in inganno, in quanto il primo QE della BCE non arriva nelle medesime condizioni del primo QE della FED, ovvero quando i mercati azionari erano depressi, bisognosi di supporto e con prezzi/utili ben al di sotto della loro media storica, bensì sui massimi storici per molti di essi e con valori sempre più disconnessi dalle stime sugli utili futuri e con multipli non più economici.  

Un fatto che dovrebbe far riflettere sulla reale probabilità di riuscita nonché sul premio al rischio che si corre e che normalmente il cosiddetto “parco buoi” decide di assumersi proprio nella fasi in cui tutto sembra ovvio, scontato ed ineluttabile ovvero come sembra ora accadere con l’avvio del primo QE dell’eurozona."
(www.finanzaelambrusco.it)

Ma il mercato azionario non sembra rispodere allo stesso modo di quello Usa durante il Qe. Probabilmente gli investitori europei sono meno orientati al rischio, e mantengono fede ai fondamentali. In un'economia depressa come quella europea, senza crescita, perché investire in azioni?

"Piazza Affari ha chiuso in ribasso una seduta dominata dai dati macro e dagli smottamenti sul valutario, con l'indice Ftse Mib che, dopo aver azzerato i guadagni di inizio mattinata, ha perso lo 0,97%, non lontano dai minimi di seduta, a quota 22.345,77 punti. 
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Anche se la delusione per la produzione industriale italiana ha influito l'attenzione degli operatori rimane rivolta in particolare al caso Grecia. Dopo l'ennesimo nulla di fatto nella riunione dell'Eurogruppo, domani i rappresentanti della troika dovrebbero monitorare le reali condizioni finanziarie di Atene."
(www.wallstreetitalia.com)

Continua la svalutazione dell'euro che dovrebbe aiutare un po' le nostre esportazioni. Ma temo non durerà a lungo. Qualcuno dall'altra parte dell'Oceano già si lamenta:

"Casa Bianca: "forza dollaro minaccia per l'economia"

"Dal dollaro forte soffia vento contrario alla crescita Usa". A lanciare l'avvertimento è l'economista Jason Furman, con dottorato e master ad Harvard, il quale fa parte del consiglio dei consulenti di economia della Casa Bianca."
(www.wallstreetitalia.com)

 "Ci sono pezzi d'Italia che sono già ripartiti..." ma forse saranno costretti a rallentare...

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