Se la crisi economica è descrivibile da una curva discendente, molto probabilmente stiamo rapidamente raggiungendo il fondo. E dopo aver toccato il fondo non si può fare altro che risalire. Questo è più un auspicio che una certezza. In realtà altri affermano che dopo aver toccato il fondo, ... si comincia a scavare!
Due dei principali pilastri dell'economia italiana del passato, la meccanica e l'edilizia, stanno per essere raggiunti da un tracollo molto pesante. In entrambi i casi, il motivo principale è da addebitarsi al calo dell'occupazione, e al conseguente calo delle retribuzioni medie.
Vi si aggiunge una crisi di fiducia nei due sensi: dall'alto verso il basso, con il taglio del credito a famiglie e imprese, e dal basso verso l'alto, con il congelamento dei consumi. Gli italiani preferiscono rimandare gli acquisti. Non hanno più fiducia nel futuro.
L'automobile, oggetto simbolo del benessere occidentale, sta attraversando una considerevole crisi, ma solo in Europa. Sta diventando un bene troppo costoso per la classe media in via di impoverimento. Non solo per il suo acquisto, ma anche per il suo mantenimento. Una contrazione media delle vendite del 20% è piuttosto preoccupante:
"Un anno da dimenticare per le quattroruote. Le immatricolazioni hanno fatto un balzo indietro nel tempo di trentatrè anni. Un crollo avvenuto in Italia quanto nel resto d'Europa, un mercato che stenta a ripartire. La motorizzazione ha immatricolato, nel mese di dicembre 2012, 86.735 autovetture, il 22,51% in meno rispetto a dicembre 2011, durante il quale ne furono immatricolate 111.928 (a novembre la variazione era stata del -19,78% rispetto allo stesso mese del 2011). Nell'intero 2012 le nuove immatricolazioni sono state poco più di 1,4 milioni, con una variazione del -19,87% rispetto al 2011, durante il quale ne furono immatricolate 1,75 milioni. Si è così tornati ai livelli di mercato fatti segnare nel 1979.
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La crisi dell'auto interessa infatti soltanto l'area euro ed è una diretta conseguenza dell'effetto depressivo sull'economia reale delle politiche di austerity". Per l'analisi degli esperti la crisi dell'economia "è indubbiamente il principale fattore di freno delle vendite di auto, ma nel 2012 anche altri elementi hanno fortemente compresso le immatricolazioni: il caro-carburanti, il caro-assicurazioni, le difficoltà di accesso al credito, un'overdose di imposte e anche la forte caduta degli indicatori di fiducia Istat delle imprese e dei consumatori""
(www.repubblica.it)
"...il dato di dicembre è devastante. Mese su mese abbiamo un calo del 22,51% nelle immatricolazioni auto, più della media annuale che si ferma al 19,87%-. Significa che il calo delle immatricolazioni è ancora in atto, nonostante i livelli di vendita da fine anni 70′ "
(www.rischiocalcolato.it)
La contrazione dei prezzi delle case è ancora modesta, ma la contrazione delle vendite è praticamente doppia rispetto a quelle delle automobili. Qui il problema è tutto finanziario: le banche non erogano più mutui (circa -50% rispetto agli anni precedenti) a causa delle sofferenze per i mutui troppo facili erogati fino a un paio di anni fa. Gli immobili hanno inoltre prezzi troppo gonfiati. Fisiologicamente dovrebbero cominciare a scendere. Il problema che costruire e vendere immobili in questo periodo diventa proibitivo: anche il comparto edile è messo molto male.
"Crisi immobiliare e anche "sboom da bolla" nel caso di Padova, come scrive l'ufficio studi di Idealista.it, nel fare il riassunto della performance del mercato del mattone, in Italia, relativo al 2012.
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E così si apprende che, in media, la flessione dei prezzi delle abitazioni è stata - 5% rispetto al 2011. Le maggiori riduzioni? Appunto a Padova (-16,4%), seguita da Bari (-7,1%) e Roma (-6,6%).
La riduzione nella capitale è decisamente al di sopra della media nazionale, mentre Napoli (-1,9%) e Milano (-1,0%) oscillano tra alti e bassi, ma tengono rispetto a molte altre città.
Idealista.it parla di "proprietari in fase di profondo ravvedimento anche
a Bari (-7,1%), Bologna (-5,5%), Catania (-5,4% ) e Firenze (-5,3%); tra le altre città capoluogo, Modena (-11,1%), Parma (-9,8%) e Bergamo (-8,7%) sono quelle che scontano maggiormente gli eccessi degli anni addietro; 9 centri accomunati da cali sopra la soglia del cinque per cento da nord a sud italia; 16 le città che registrano ribassi sotto la media, dal 4,9% di Torino e Genova a scendere fino al meno 0,8% di La spezia".
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"è stato un anno difficile per chi ha cercato di vendere casa, come testimonia la brusca frenata delle compravendite che ha prodotto la prima decisa contrazione dei prezzi degli immobili. Quello dei mutui resta un nodo difficilmente districabile a breve termine, e se il meccanismo si inceppa sullo scoglio del rapporto rata/reddito significa che i redditi sono troppo bassi e che i prezzi di mercato sono ancora disallineati. In un contesto che non lascia intravedere prospettive di rilancio occupazionale e dei redditi, almeno per il 2013, la pressione ricadrà sui proprietari"
Di fatto, continuando: "Quei proprietari che fino a oggi non hanno avuto fretta di vendere, adesso potrebbero essere indotti a farlo dal momento che il loro patrimonio immobiliare richiede un continuo sforzo economico per essere mantenuto dopo l’Imu e con la prospettiva di nuovi aumenti dovuti alla riclassificazione degli estimi catastali. Ma è certo che sul fronte dei prezzi il margine di trattativa sarà molto ampio, così per chi ha dei risparmi e potrà accedere al credito potrebbe essere l’anno giusto per acquistare a prezzi vantaggiosi".
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il calo secco delle transazioni registrate fa dedurre che, sul fronte delle compravendite, la bolla speculativa è quasi riassorbita anche se, stando alla scarsità dei mutui concessi - l'aumento prevedibile delle sofferenze renderà le banche sempre più prudenti - e alla crisi dei redditi, nel 2013 si toccheranno nuovi minimi storici di compravendite".
Lo studio di Idealista.it è stato effettuato sulla base di circa 45mila annunci di compravendita (44.189). "
(www.wallstreetitalia.com)
Ma forse la notizia che più fa capire quanto si stia precipitando nella crisi, è quella che riguarda la diminuzione delle giocate in lotterie e giochi a premi:
"L’Italia si è stancata anche di giocare
L’Italia si è stancata di giocare. E dai giochi lo Stato non incassa più come una volta. E’ vero che in tempi di magra occorre strizzare l’occhio alla Fortuna, ma se la dea bendata vuole un obolo e i bilanci familiari sono allo spasimo, anche a quell’obolo bisogna rinunciare.
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A valutare anno su anno, per la verità, il dato è ancora positivo (+5,59%) ma la raccolta - spiegano all’agenzia specializzata Agipronews - non dà il senso della crisi, in quanto rileva la massa di denaro che viene giocata senza considerare che molta parte è costituita da soldi vinti e rigiocati
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Fa fede, in questo senso, il dato sulla spesa (cioè la raccolta meno le vincite) e quel dato è negativo nel 2012 rispetto all’anno precedente (16,9 miliardi contro 18,5) meno 8,84 per cento: una caduta senza precedenti, di cui ha pagato le conseguenze soprattutto l’erario
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L’unico a non guadagnarci più come una volta, in tutto questo, è lo Stato che complessivamente - si diceva - ha perso 4,63 punti percentuali sono nell’arco di vigenza del governo Monti, cioè negli ultimi 13 mesi.
Se guardiamo i giochi da un punto di vista del gettito fiscale, dal 2003 al 2011, il Gratta e Vinci ha perso il 15,8%, le scommesse ippiche il 20,4%, il mitico Superenalotto si è lasciato per strada il 25,6% del gettito fiscale e il Win for Life ha ridotto i suoi benefici erariali addirittura del 78,5%.
Le Sale Bingo istituite da D’Alema nel 2000 sono un flop. Le sale scommesse volute dalle liberalizzazioni di Bersani del 2006 battono il passo. Berlusconi adesso promette l’abolizione dell’Imu invocando una possibile copertura nel gettito fiscale dei giochi. Ecco: in tempo di magra e di elezioni, conviene valutare questi risultati"
(www.lastampa.it)
Tutto questo è un'ennesima dimostrazione di quanto siano miopi e distruttive le politiche di austerità introdotte da Tremonti (seppur in modo soft) e proseguite da Monti. Purtroppo la distruzione del mercato interno non porta nulla di buono. Ne da un punto di vista economico, ne da quello sociale. Perché se l'obbiettivo è trasformare il sud Europa in una specie di Indo-Cina con lavoratori a basso costo, è molto pericoloso.
I lavoratori di quei paesi sono nati in quella situazione, e pertanto pare a loro la normalità. Ma i cittadini europei che sono nati in nazioni democratiche, e con un benessere relativamente diffuso, non sopporteranno di essere retrocessi. Prima o poi si ribelleranno: lo faranno o nelle urne, o se le cose diventano pesanti, nelle piazze.
Intanto il Portogallo già salvo (secondo le élite eurocratiche) sta cercando una via d'uscita dall'austerità: la popolazione sta raggiungendo il limite di non ritorno, e si sta assistendo ad un pericoloso scontro istituzionale:
Il Portogallo avverte la Troika: marcia indietro sulle richieste di austerità
PORTOGALLO: LIQUIDARE LIQUIDARE LIQUIDARE…
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