Report - 9.12.2012
Non ho nessuna intenzione di difendere il Pd e i suoi intrecci economico-politici nelle regioni rosse. E nemmeno di difendere l'operato di Monti al governo. E nemmeno di fare il tifo per Berlusconi che ora si può avvantaggiare dello scandalo Mps, ma non lo fa perché faceva comodo anche a lui.
Ma la mia impressione è che Monte dei Paschi di Siena sia sola la punta di iceberg, di un sistema bancario nazionale e internazionale completamente marcio. Una gigantesca bisca, dove il più pulito ha la rogna.
Quelli di Mps sono i primi a cadere. Qualcuno doveva iniziare. Probabilmente pagano una certa superficialità, una certa faciloneria provinciale. Volevano fare come le grandi banche, aggiustare i bilanci con la solita cosmesi finanziaria, ma si sono comportati in modo malaccorto.
Questo non vuol dire che sia un bene che un partito come il Pd si occupi anche di banche. Però non credo siano gli unici a farlo, e probabilmente in passato la gestione della banca di Siena non era così incauta.
Purtroppo oggi si credono tutti più furbi, pensano di essere i più smaliziati trader di Wall Street:
"Navigando nell’oceano dell’informazione ma soprattutto grazie a Twitter ieri mi sono imbattuto in un altro pirata, uno di nome Jack Sparrow uno che come ci racconta lui …ha solcato i mari della finanza in lungo e in largo, su imbarcazioni piccole e grandi, con i mercati in tempesta oppure cavalcando grandi onde d’ottimismo.
...
Jack Sparrow: “Allora, cosa ne pensate di questa vicenda?”
Mr K: “Strano che facciano tanta notizia queste operazioni.”
Mr Y: “Sì, vero, operazioni così sono la norma per banche, assicurazioni e casse di previdenza (orrore!), io ne ho personalmente fatte un sacco. Se si va a scavare un po’ nei vari bilanci sapete quante se ne trovano?”
Jack Sparrow: “Mi spiegate in parole povere come avvengono queste operazioni?”
Mr K: “Inizia per esempio con una banca che ha delle grosse perdite derivanti da operazioni finanziarie e che non vuole fare apparire in bilancio. Cosa fa? Chiama unabanca d’affari come la mia e le chiede di mettere in piedi una ristrutturazione, che di solito prende la forma di un contratto swap. Uno swap è un contratto con il quale due parti si scambiano flussi di cassa o, per semplificare, si scambiano due titoli: pensate a un titolo con cedole legate a un tasso variabile scambiato con un altro a un tasso fisso, per esempio.
Il resto lo lascio leggere a Voi per una maggiore consapevolezza ma il punto principale sta qui…
Jack Sparrow: “E voi dite che queste operazioni sono molto frequenti, ma è possibile?”
Mr Y: “Eccome. Di solito queste operazioni si fanno prima delle relazioni semestrali, alla presentazione del bilancio. Si tratta di cosmesi dei bilanci.”
E pensare che c’è ancora qualche ingenuo o anima candida che crede che si tratti solo di eccezioni, che i bilanci delle banche siano tutti candidi, lindi, senza macchia, quando la cosmesi va di moda, per non parlare di elusioni fiscali varie, riciclaggio di denaro sporco e via dicendo!
Tesoro, Consob e Banca d’Italia non sapevano nulla … Se si va a scavare un po’ nei vari bilanci sapete quante se ne trovano … di operazioni simili!
Coraggio ragazzi ora vi attende la relazione del professore Monti, va tutto bene, tutto sotto controllo, non sono 4 i miliardi che si devono sborsare ma solo due e non abbiamo ancora versato un centesimo e poi li recuperiamo e poi non centrano nulla con l’iva con l’imu e poi co le elezioni e poi e poi…"
(icebergfinanza.finanza.com)
Lo scrive Mazzalai sul suo blog, che di professione è consulente finanziario e proviene da quel mondo. Credo sia informato dei fatti.
Ora naturalmente lo scandalo si riverserà nella campagna elettorale, e probabilmente si avvertono i primi sommovimenti politici:
"Mario Monti, su Radio Uno, apre alla possibile alleanza con il Pdl ... «Poniamo che il Pdl, magari non sempre guidato dall'onorevole Berlusconi... si potrebbe benissimo immaginare una collaborazione con quella parte, una volta mondata e emendata dal tappo che per natura sua impedisce le riforme». La condizione è però che il partito sia mondato dal tappo che impedisce le riforme». "I casi sono due, o Monti è andato a scuola di "politica dei due forni" da Casini, o comincia a sentire odore di bruciato alla sua sinistra. Il Pd comincia una lenta rosolatura che lo porterà alle elezioni carbonizzato.
In ogni caso, l'impressione è che chi doveva vigilare sapeva, ma si è girato dall'altra parte. Non perchè volesse proteggere gli interessi di Mps e della sinistra italiana. Ma probabilmente perché fare dei controlli su Mps, significherebbe dover poi estendere gli stessi su tutto il sistema bancario. E ne uscirebbero fuori di tutti i tipi e a diversi livelli di marciume. Sono pronto a scommettere che Mps ne uscirebbe come una delle banche nelle condizioni migliori!
"Proprio Visco ha osservato che Bankitalia ha svolto fino in fondo il suo compito di vigilanza su Mps, anche se l’istituto di via nazionale «non è la polizia delle banche». “La Banca d’Italia ha svolto ispezioni al Monte dei Paschi negli anni scorsi”, quando l’istituto senese era presieduto da Giuseppe Mussari. A quell’epoca, ha detto oggi Visco a Davos, «abbiamo rilevato problemi in termini di liquidità». La sostituzione della primissima linea del management con Alessandro Profumo alla presidenza e Fabrizio Viola come amministratore delegato nasce anche da qui: «Siamo stati noi a fare pressione per la sostituzione del management», ha detto questa mattina Visco."
(www.corriere.it)
Non oso immaginare cosa ci nascondono Intesa-San Paolo e Unicredit, i due colossi bancari nazionali.
"Gli azionisti di tre delle quattro maggiori banche italiane hanno perduto oltre il 90% di quanto avevano investito nel 2007. Per la quarta le perdite si limitano al 75%. Per quelli che hanno acquistato obbligazioni argentine al momento del default andò molto meglio. Le fondazioni bancarie italiane hanno visto volatilizzarsi in meno di cinque anni un patrimonio che aveva origini plurisecolari. Talune banche popolari hanno distrutto ricchezza in termini di danni a uno specifico territorio tanto che per trovare qualcosa di simile si deve pensare ad una calamità naturale. Questo dal lato degli azionisti.
Dal lato dei clienti si deve pensare alla quantità devastante di derivati che hanno ammorbato i bilanci e compromesso il futuro di imprese sane, la quantità di titoli tossici di ogni tipo che hanno distrutto non solo i risparmi ma anche la voglia di risparmiare di centinaia di migliaia di famiglie, anche se, per alcuni, in quegli stessi momenti, il credito è stato facile come non mai ad alimentare speculazioni finanziarie e transazioni immobiliari molte delle quali sono oggi oggetto di cronaca giudiziaria
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Le banche italiane si sono indebitate pesantemente verso l’estero creando uno squilibrio strutturale tra raccolta e impieghi e soprattutto senza preoccuparsi di pareggiare le scadenze tra raccolta ed impieghi. Non ci fosse stata la Bce vi sarebbe stato un problema di stabilità per il sistema. Difficile però meravigliarsi se le banche italiane non prestano nonostante il sostegno della Bce.
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Derivati, prodotti opachi, obbligazioni di soggetti prossimi all’insolvenza trattate fuori mercato hanno gonfiato i conti economici delle banche italiane per anni: poi hanno gonfiato i ruoli dei tribunali con costi di gestione e perdite da contenzioso impressionati eppure quasi secondarie se poste a confronto con le distruzioni di avviamento e i danni reputazionali che hanno cagionato compromettendo la propensione stessa al risparmio. È maturato l’odio popolare per le banche e perfino la Cassazione ha negli ultimi dieci anni modificato orientamenti consolidati da cinquant’anni, quasi che l’interpretazione del diritto non potesse sfuggire al disgusto popolare.
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se c’è chi ottiene profitti astronomici con i derivati è difficile spiegare ad azionisti non sempre molto esperti che usare disinvoltamente i derivati, oltre che essere disonesto, alla lunga sarà anche pericoloso;
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Mussari era il soldatino più disciplinato della compagnia tanto che l’hanno fatto presidente della compagnia, hanno perfino modificato lo statuto dell’Abi per non perderlo.
È sufficiente vedere chi sono gli uomini nuovi che arrivano per gestire una banca dove qualche problema particolare affiora: in genere settantenni o comunque coinvolti in gestioni passate assai scadenti di banche non certo additabili ad esempio. Le garanzie che danno non riguardano mai la gestione, ma le relazioni che essi promettono di sapere gestire.
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Per completare il quadro adesso alla Banca d’Italia arriva anche l’Isvap. Dalla Banca d’Italia si passa ai vertici delle istituzioni democratiche oramai di regola fino a prendere addirittura la Rai. Il collegamento con i mezzi di informazione è evidente e passa dal controllo del credito e della partecipazioni nei maggiori giornali di banche e finanziarie collegate alle fondazioni e ben vigilate dalla Banca d’Italia. Come per altri poteri italiani è l’autoreferenzialità a garantire la perpetuazione e la mancanza di trasparenza a preservare il prestigio.
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I soldi stanno però per finire: Unicredit doveva essere l’esempio di una banca italiana controllata dalle fondazioni ed invece ormai azionisti esotici neppure molto noti pesano, almeno nei numeri, assai più delle fondazioni italiane. Vi fosse qualcuno che vuole scalare Unicredit non si vede chi in Italia potrebbe fermarlo (salvo i mezzi coercitivi). Non ci fosse stato Gheddafi all’ultimo minuto non si sarebbe saputo con chi sostituire la Fondazione Cariverona che si defilò da un aumento di capitale decisivo per la vita di Unicredit in un momento di grande turbolenza. La Fondazione di Siena ha finito da tempo i soldi e leggine di favore a Bruxelles non hanno incantato nessuno. Il presidente della Fondazione Cassamarca Dino De Poli è stato trionfalmente rieletto a 84 anni, dopo 25 anni di onorato servizio, ma il miliardo di patrimonio è perduto tutto e per sempre e anche le azioni Unicredit che aveva un tempo saranno di altri.
Fino a che la Bce continuerà a finanziare le banche italiane o almeno dirà di volerlo comunque fare, il sistema continuerà a funzionare. Poi i conti si dovranno fare anche lì, come sta cominciando a succedere per le Fondazioni. Fosse mai che alla Bce si stanchino di far credito a occhi chiusi, Mussari resterà alla storia come il primo caduto di una lunga rivoluzione."
Le banche italiane si sono indebitate pesantemente verso l’estero creando uno squilibrio strutturale tra raccolta e impieghi e soprattutto senza preoccuparsi di pareggiare le scadenze tra raccolta ed impieghi. Non ci fosse stata la Bce vi sarebbe stato un problema di stabilità per il sistema. Difficile però meravigliarsi se le banche italiane non prestano nonostante il sostegno della Bce.
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Derivati, prodotti opachi, obbligazioni di soggetti prossimi all’insolvenza trattate fuori mercato hanno gonfiato i conti economici delle banche italiane per anni: poi hanno gonfiato i ruoli dei tribunali con costi di gestione e perdite da contenzioso impressionati eppure quasi secondarie se poste a confronto con le distruzioni di avviamento e i danni reputazionali che hanno cagionato compromettendo la propensione stessa al risparmio. È maturato l’odio popolare per le banche e perfino la Cassazione ha negli ultimi dieci anni modificato orientamenti consolidati da cinquant’anni, quasi che l’interpretazione del diritto non potesse sfuggire al disgusto popolare.
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se c’è chi ottiene profitti astronomici con i derivati è difficile spiegare ad azionisti non sempre molto esperti che usare disinvoltamente i derivati, oltre che essere disonesto, alla lunga sarà anche pericoloso;
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Mussari era il soldatino più disciplinato della compagnia tanto che l’hanno fatto presidente della compagnia, hanno perfino modificato lo statuto dell’Abi per non perderlo.
È sufficiente vedere chi sono gli uomini nuovi che arrivano per gestire una banca dove qualche problema particolare affiora: in genere settantenni o comunque coinvolti in gestioni passate assai scadenti di banche non certo additabili ad esempio. Le garanzie che danno non riguardano mai la gestione, ma le relazioni che essi promettono di sapere gestire.
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Per completare il quadro adesso alla Banca d’Italia arriva anche l’Isvap. Dalla Banca d’Italia si passa ai vertici delle istituzioni democratiche oramai di regola fino a prendere addirittura la Rai. Il collegamento con i mezzi di informazione è evidente e passa dal controllo del credito e della partecipazioni nei maggiori giornali di banche e finanziarie collegate alle fondazioni e ben vigilate dalla Banca d’Italia. Come per altri poteri italiani è l’autoreferenzialità a garantire la perpetuazione e la mancanza di trasparenza a preservare il prestigio.
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I soldi stanno però per finire: Unicredit doveva essere l’esempio di una banca italiana controllata dalle fondazioni ed invece ormai azionisti esotici neppure molto noti pesano, almeno nei numeri, assai più delle fondazioni italiane. Vi fosse qualcuno che vuole scalare Unicredit non si vede chi in Italia potrebbe fermarlo (salvo i mezzi coercitivi). Non ci fosse stato Gheddafi all’ultimo minuto non si sarebbe saputo con chi sostituire la Fondazione Cariverona che si defilò da un aumento di capitale decisivo per la vita di Unicredit in un momento di grande turbolenza. La Fondazione di Siena ha finito da tempo i soldi e leggine di favore a Bruxelles non hanno incantato nessuno. Il presidente della Fondazione Cassamarca Dino De Poli è stato trionfalmente rieletto a 84 anni, dopo 25 anni di onorato servizio, ma il miliardo di patrimonio è perduto tutto e per sempre e anche le azioni Unicredit che aveva un tempo saranno di altri.
Fino a che la Bce continuerà a finanziare le banche italiane o almeno dirà di volerlo comunque fare, il sistema continuerà a funzionare. Poi i conti si dovranno fare anche lì, come sta cominciando a succedere per le Fondazioni. Fosse mai che alla Bce si stanchino di far credito a occhi chiusi, Mussari resterà alla storia come il primo caduto di una lunga rivoluzione."
Mps è la numero uno. Ora è sufficiente attendere ed arriverà anche la numero due, tre, quattro...
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