Le liberalizzazioni sono importanti perché consentono non solo al sistema di essere competitivo, ma anche l’accesso alle attuali categorie corporative, di nuovi impiegati, cioè anche dei giovani e dei disoccupati.
Si tratta di un intervento ormai inderogabile e spero che questo governo, dopo l’inutile salasso a cui ci ha sottoposto, sia in grado di varare un pacchetto di liberalizzazioni.
Ancora una volta, però sarà un insieme di norme nate dall’emergenza che andranno ad accumularsi al già pachidermico cumulo di leggi italiane. Questo è un altro dei mali e dei lacci che impediscono al nostro paese di essere competitivo e compreso anche da imprenditori stranieri che vogliano investire da noi.
Ammettendo che l’esecutivo riesca a emanare provvedimenti liberalizzativi, un giovane che voglia creare una propria attività, si trova a doversi sottoporre a complessi e costosi iter burocratici. Generati sia dalla mole legislativa, fra cui le norme europee recepite spesso in modo meccanico, sia dalla voracità dello Stato pronto a mettere un balzello ad ogni passaggio.
Penso che le liberalizzazioni non siano del tutto sufficienti ma si debbano fare anche delle proposte di “deregulation” in ambito normativo, che io non concepisco come “lasciar fare ciò che si vuole” ma “fare ciò che si deve nel modo più semplice possibile”. Anche le procedure burocratiche rappresentano un costo economico oltre che un costo in termini di tempo.
Ecco alcune proposte:
Proposta (1) - massimo uso della rete:
utilizzare al massimo internet e i sistemi digitali per semplificare ogni iter burocratico. Un esempio importante è quello che ci viene dall’Inghilterra: li è possibile (anche dall’Italia), attraverso internet, creare una società a responsabilità limitata o di altro tipo, con pochi click dal proprio pc, spendendo all’incirca 100 sterline.
Perché non possiamo avere anche in Italia una opportunità simile, magari utilizzando e-mail certificata e/o firma digitale, per realizzare una società e registrarla, senza per forza dover lasciare la gabella a un notaio? Perché non rendere il più possibilmente trasparenti i server dell’amministrazione pubblica in modo da poter ottenere certificazioni attraverso la rete in tempo reale? Per quale motivo ad esempio un certificato di Regolarità Contributiva emesso da un sistema informatico Imps necessita di circa 30 giorni per essere ottenuto, se poi i dati sono depositati su un server e disponibili in pochi secondi? Perché per esempio, il Catasto immobiliare, o il Pra o altro registro non rendono disponibile i loro dati a qualsiasi cittadino attraverso la rete, proteggendo la privacy con la firma digitale o altro, invece di consentirne l’accesso ai soli professionisti?
Ogni cittadino e impresa dovrebbe, attraverso la rete, avere accesso ai propri dati registrati tenuti da enti pubblici e non. Ogni cittadino e impresa dovrebbe poter ottenere certificazioni in tempi ragionevoli da questi enti e direttamente senza intermediari, è una questione anche di giustizia e democrazia. E a proposito di giustizia, la stessa cosa dovrebbe valere per gli uffici giudiziari.
Ogni ente pubblico e non che volesse fare accertamenti sui cittadini e imprese, dovrebbe essere in grado di reperire questi dati autonomamente sulla rete, senza dover richiedere documenti ai medesimi. E poi eliminiamo l'inutile perdita di tempo della marca da bollo, paghiamo tutti i balzelli in un'unica soluzione all'ufficio che emette la documentazione (anche attraverso la rete).
Proposta (2) - razionalizzazione, semplificazione e informatizzazione delle norme:
Rendere più leggibili e intellegibili le fonti legislative, in una parola più semplici. Per esempio quando si fanno delle manovre correttive come l’attuale è facile imbattersi in passaggi del genere (art. 2 della manovra Salva Italia):
“A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012 è ammesso in deduzione ai sensi dell'articolo 99, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, un importo pari all'imposta regionale sulle attività produttive determinata ai sensi degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi dell'articolo 11, commi 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1 del medesimo decreto legislativo n. 446 del 1997.”
Ma è proprio necessario questo linguaggio nel 2011 con la possibilità esistente oggi di utilizzare sistemi informatici, collegamenti ipertestuali e altre facilitazioni? In Italia, quando lo Stato ha utilizzato l’informatica e i suoi vantaggi lo ha sempre fatto in maniere impropria, cioè adattando l’informatizzazione al sistema legislativo e non viceversa. Per esempio se una norma prevede che per legge si debbano tenere registri cartacei bollati, si fa in modo che il sistema informatico riproduca i registri ottocenteschi, invece di fare l’opposto piegando la legge all’informatizzazione ed utilizzando archiviazioni e database computerizzati.
A questo proposito mi viene in mente un esempio semplice per chiarire il tutto: in ambito professionale dell’edilizia privata e dei lavori pubblici è molto utilizzato il sito www.bosettiegatti.com realizzato da uno studio di avvocati specializzati in queste materie.
Cos’ha di particolare questo sito? Contiene tutto il corpo legislativo italiano in materia, ma coordinato agli ultimi aggiornamenti. Cioè quando in una norma legislativa appaiono passaggi di questo tipo (art 4 della manovra Salva Italia):
“a) nell’articolo 11, comma 3, le parole: “15 e 16” , sono sostituite dalle seguenti: 15, 16 e 16- bis)”;
b) nell’articolo 12, comma 3, le parole: “15 e 16” , sono sostituite dalle seguenti: 15, 16 e 16- bis)”;
c) dopo l’articolo 16, è aggiunto il seguente: “Art. 16-bis (Detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici)”
viene riportata nel testo legislativo la correzione, che può essere una aggiunta, una sostituzione, una abrogazione totale o parziale ecc. Si tratta di un lavoro davvero utile di cui tecnici privati e pubblici sono molto riconoscenti. Ma questo studio non è obbligato a mantenere un simile servizio e oltretutto gratuito.
A questo proposito mi chiedo: ma questa non dovrebbe essere una funzione obbligatoria dello Stato, cioè quella di rendere comprensibile a tutti le sue leggi, comprese tutte le modifiche che vengono apportate nel tempo?
Io penso che un compito del genere esercitato dallo Stato renderebbe molto più fruibile la normativa vigente. Anzi, credo che si dovrebbe cambiare totalmente il modo di pubblicare le norme:
a) Leggi e decreti dovrebbero avere una identificazione di partenza, per esempio “Legge n. 1 del 1 gennaio 2012” e poi un sistema per identificare il livello di versione ogni volta che si apportano modifiche: “Legge n.1.5 del 1 gennaio 2012” dove 1.5 ne indica la versione 5, come avviene ormai comunemente in ambito software; Il cittadino capirebbe immediatamente la nuova denominazione;
b) Il testo dovrebbe essere pubblicato in rete sempre aggiornato all’ultima modifica, con un articolo finale aggiuntivo in cui vengono elencate per data, citate e indicate nel merito tutte le modifiche apportate nel tempo alla legge in questione. Utilizzando il sistema dei collegamenti al testo, la cosa risulterebbe ancora più chiara.
c) Per rendere la nostra nazione appetibile agli stranieri, la legislazione dovrebbe poi essere pubblicata anche nelle più importanti lingue internazionali (si consideri che comunque nel nostro paese ci sono minoranze linguistiche tedesche e francesi e si renderebbe anche un giusto servizio a questi cittadini).
d) Ogni volta che una legge viene modificata, invece di emanare il solito decreto in cui si citano le varie modifiche (all’articolo “x” sostituire le seguenti parole … con le parole … ecc.) si dovrebbe emanare direttamente la nuova versione legislativa, facendo anche riferimento alla “gazzetta ufficiale informatica” di pubblicazione, oltre a quella cartacea.
Proposta (3) - legiferazione a più livelli:
Questa potrà apparire come una proposta bizzarra, ma va invece incontro alle esigenze dei piccoli utenti della legislazione nazionale e non.
Si dovrebbe realizzare, soprattutto nei campi tecnici, professionali, industriali ecc. normative a più livelli, o perlomeno a due livelli: uno semplificato (un tipo di deregulation) ed uno completo.
Il livello legislativo semplificato dovrebbe essere consentito solo sotto determinate soglie di utenza. Per esempio ci sono una miriade di norme nazionali e/o derivate da quelle comunitarie, che richiedono complicati adempimenti tecnici, o studi approfonditi, che vanno ad appesantire economicamente e burocraticamente cittadini e piccole imprese che non possono permettersi determinate prassi.
E qui entra in gioco il principio delle liberalizzazioni: è inutile liberalizzare se poi un giovane che voglia intraprendere è costretto a rivolgersi a costosi consulenti e tecnici che debbono preparare studi, relazioni, pianificazioni di dettaglio ecc. imposti dalle normative vigenti.
In questi casi il livello di legislazione semplificata dovrebbe essere composto da poche norme stringenti ma semplici da applicare, che non richiedano l’intervento esterno di ulteriori attività professionali (o perlomeno le rendono più semplici e meno costose), e che siano facilmente controllabili dai funzionari pubblici. Quindi non una deregulation del fare ciò che si vuole, ma del fare poche cose semplici ed efficaci.
Il livello legislativo completo dovrebbe essere applicato da tutte quelle strutture che per dimensioni e complessità (industrie, grandi imprese di servizi, ecc.) è bene che rispettino la maggior parte dei requisiti. Dovrà essere il legislatore a decidere quale sia il livello di utenza che rientra in un caso o nell’altro, oppure potrà avvalersi di studi economici per valutare l’impatto legislativo su diversi tipi di utenza. E qui vengo alla proposta successiva.
Proposta (4) - simulazione dell'impatto economico delle norme:
Sarebbe molto importante dotare il Parlamento e tutti gli enti Statali che possono legiferare, di un sistema tecnico, o di una procedura, per valutare l’impatto economico di una nuova norma, soprattutto dal punto di vista dei costi, sui cittadini e sull’imprenditoria.
Quasi tutte le nuove norme hanno un impatto economico sugli utenti finali. Eliminando con il buon senso, normative perfettamente inutili di cui possiamo fare a meno, rimangono però numerose norme che uno Stato moderno deve emanare, ma che rappresentano un costo sociale.
Si pensi ad esempio alle norme per ridurre l’inquinamento ambientale di ogni tipo, o a quelle per contenere i consumi energetici, o a quelle per la gestione dell’immigrazione in modo civile.
Per queste normative, andrebbe attivata sempre una simulazione preventiva di costi considerati nel loro complesso: da quelli diretti dovuti all’imposizione di nuove tasse, a quelli indiretti dovuti all’imposizione di nuovi lavori ed acquisti, o dei tempi che la nuova norma sottrae a cittadini ed imprese per essere attuata.
Attraverso una tale simulazione obbligatoria, il legislatore dovrebbe essere in grado di limitare al massimo questi costi, eliminando passaggi ridondanti o inutili, o inventandosi sistemi più rapidi ed economici per aggiungere lo stesso risultato. Per legge il legislatore dovrebbe essere obbligato ad adottare la versione legislativa più favorevole ai cittadini, compatibilmente con le esigenze dello Stato.
Conclusione
Spero di aver dato un contributo chiarendo alcune cose che non vengono sempre dette, o vengono dette in modo molto generico, esponendo proposte concrete. Proposte che naturalmente vanno riferite a tutti gli organi dello Stato compresi gli Enti Locali che sono spesso i meno trasparenti.
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