Esempio tedesco.
Austerità e conti in ordine. Almeno teoricamente e sembra anche praticamente in Germania, funziona. Tenere sotto controllo la finanza pubblica è la parte essenziale in questo modello. Lo stato si deve indebitare il giusto e soprattutto facendo spese ponderate e giustificate dove non c’è un ritorno (per es. nella sanità) ed investire in modo intelligente nelle infrastrutture e nei servizi assecondanti lo sviluppo. In modo non solo di utilizzare la spesa pubblica come rilancio economico, ma anche per aiutare la crescita del settore privato nel modo migliore.
Deve essere un bilanciamento ben calibrato di spesa e ritorno in termini di Pil. Per l’Italia significa smettere di utilizzare una parte della spesa pubblica come sistema assistenziale. Questo modo di concepire lo Stato è stato dominante soprattutto nelle regioni del sud, come un patto non scritto a livello nazionale: al nord si aiutavano le industrie e al sud si aiutava la popolazione con massicci assunzioni negli enti pubblici. I finanziamenti di vario genere al sud, anche attraverso infrastrutture e piani industriali, hanno in realtà molto spesso ingrassato l’ingranaggio malavitoso-politico del sud.
In quest’ottica l’idea leghista federale, ma soprattutto dei “costi standard” poteva essere il preludio ad una omogeneizzazione della spesa a livello nazionale. Questo avrebbe però comportato inevitabilmente il trasferimento di parte della forza lavoro del sud verso strutture del nord, altrimenti Asl, scuole, municipalizzate ecc. del sud non avrebbero più potuto garantire lo stipendio ai loro impiegati. Per la verità questo fenomeno avviene già in certe regioni e situazioni incancrenite. L’alternativa alla ridistribuzione delle risorse e dei carichi sul territorio, sono i tagli alla spesa pubblica. I tagli andrebbero calibrati con la bilancia del farmacista valutando caso per caso, ma essendo l’amministrazione statale poco efficiente, si è sempre preferito fare tagli lineari, danneggiando sia i virtuosi che i disonesti.
Ma questo modello in realtà non è nemico del finanziamento pubblico, ma solo di quello a perdere che non da un ritorno economico e uno sviluppo sociale. E’ invece ben accetto il finanziamento per aiutare all’avvio di nuove attività economiche e al sostegno di quelle esistenti. Secondo questo approccio è però sbagliato dare soldi alle aziende a priori, come si è fatto in molti casi in Italia (ora è sbagliato anche a livello di Unione Europea). L’incentivazione deve essere mirata ad un obiettivo: introdurre le nuove tecnologie, la ricerca, le tecnologie rispettose dell’ambiente ecc.
A parole è tutto molto bello, ma per l’Italia il problema maggiore (secondo il modello tedesco) è l’alto livello di indebitamento, pertanto lo Stato deve limitare al massimo tali finanziamenti e concentrarsi sui tagli.
Il modello tedesco per l’Italia è possibile ma non produrrà benessere per molti anni a venire a causa della zavorra del debito pubblico. Questo modello non prevede nessun aiuto facile: come stampare moneta a coprire i buchi di liquidità, svalutare la moneta ecc. Si prevede unicamente di agire sul costo del denaro, perché le leggi economiche sono immutabili come le leggi di natura e pertanto vanno rispettate. Ma non è detto che diventando di colpo quasi virtuosi, si riesca e evitare il fallimento dello stato.
Esempio anglo-nippo-latino
Qui il modello è più variabile nella sua composizione e missione, ma sempre basato sull’uso del debito pubblico come promotore dello sviluppo. Ogni nazione lo ha adottato a modo suo e ha avuto spesso un notevole successo, interrotto però da grandi crisi. Su questo modello pende una certa incertezza sul futuro a causa del livello di indebitamento raggiungibile.
Il caso più noto è quello statunitense. E’ un caso anche particolare, in quanto in generale la filosofia che regge lo Stato è quella del minor intervento possibile del pubblico nel privato. E così avviene in Usa nella sanità e nell’assistenza sociale private, ma dove poi lo Stato va ad intervenire se ci sono problemi. Ma il vero indebitamento Usa proviene dalla spesa “imperiale” militar-aerospaziale per sostenere la propria supremazia sul resto del mondo: prima in antagonismo verso i regimi comunisti, oggi solo più come emanazione di potere. Gli Usa possiedono unici al mondo ben 13 flotte da guerra con 13 portaerei nucleari, contro 1 dell’Inghilterra, 1 francese, 1 russa e zero cinesi. Senza contare l’arsenale nucleare a disposizione che supera tutti gli altri.
Il debito Usa è stratosferico in termini assoluti (15.000 miliardi di $) ed è collocato in buona parte all’estero. Per il momento è un debito sotto controllo e pagato con rendimenti bassissimi. Fino a che punto può crescere senza diventare pericoloso? Per alcuni il debito è un falso problema e potrebbe anche crescere all’infinito, se viene tenuto sotto controllo e coperto con l’emissione di nuova moneta.
Nel caso nipponico l’indebitamento è stato usato a fin di bene. Non per mantenere un’armata fuori misura, ma per sostenere al massimo l’industrializzazione del paese. Anche qui come altrove sprechi e ruberie hanno accompagnato il processo, ma la scelta di indebitarsi per un motivo nobile come lo sviluppo della nazione è sempre stata considerata saggia. Il debito giapponese è nelle mani dei suoi cittadini e istituzioni. Quindi anche qui i tassi sono bassi e il debito cresce lentamente, ma cresce. Attualmente ha superato il rapporto del 200% tra debito e Pil (in Italia siamo al 120%) eppure il Giappone non rischia il default come l’Italia. Da alcuni anni però anche in Giappone la crescita del Pil si è arrestata, ma le cause potrebbero essere esterne, come il forte sviluppo di nuove economie orientali: Corea, Cina, Malesia, ecc.
Il caso inglese è quello di una nazione con spesa sociale tipicamente europea, con una gestione oculata, ma che diventa sempre più pesante a causa della modifica della capacità produttiva nazionale. Il Regno Unito è la culla della rivoluzione industriale, eppure a partire dagli anni ’80 ha perso la sua industria manifatturiera per trasformarsi in un’economia finanziarizzata. L’economia inglese è costituita da una parte pubblica ben gestita, ma improduttiva e una parte privata in gran parte composta da aziende che erogano servizi di alto livello in campo finanziario. L’Inghilterra è come un gigantesco negozio, vive di intermediazione, ma quando mancano gli acquirenti delle merci da intermediare, o quando tutti scappano dalla finanza, entra in crisi. E' quello che accade oggi e il motivo per cui si crea debito pubblico. Tale debito comunque, come nei casi precedenti è sotto controllo nazionale e pare non destare problemi.
Il caso italiano rientra a pieno in questo modello, ma bisogna dividerne la storia in due parti. Prima dell’Unione Europea e dopo. Prima di Maastricht la spesa pubblica era utilizzata in modo indiscriminato e dissennato sia per la realizzazione di infrastrutture (accompagnate da corruzione) utili, sia di infrastrutture inutili e soprattutto per clientelismo. Come nel caso giapponese, anche in Italia è stata usata la spesa pubblica per sostenere l’industria, ma senza grandi distinzioni, sia nel caso di industrie valide (Fiat) sia nel caso di inutili “cattedrali nel deserto”. Con il debito comunque si è garantito sviluppo alla nazione: non è un caso che il Pil cresceva discretamente con il crescere del debito. Anche se le due curve non sono proporzionali: ad un certo punto la curva del debito si è impennata e quella del Pil ha cominciato a scendere.
Ma i guai veri cominciano adesso nel secondo tempo: quello in cui l’Italia rinuncia alla propria sovranità nazionale monetaria e viene ingabbiata nel modello germanico suddetto, senza però effettuare le correzioni necessarie. E’ da questa situazione che si generano i problemi di default: non potendo più praticare la svalutazione della moneta, né di stamparne di nuova all’occorrenza, un’economia basata sul debito, rimane a corto di benzina.
Il dilemma è quindi tutto qua: quale modello di sviluppo scegliere, perchè stare con un piede in uno e con un piede nell’altro non è possibile.
Se si sceglie il modello germanico si devono fare scelte di austerità, di tagli o ridistribuzione dei carichi sociali sul territorio.
Se si sceglie il modello del debito, è necessario abbandonare l’area euro e non dare importanza all’ammontare del debito, anzi occorre subito aumentarlo, svalutare la nuova moneta, stamparne di nuova se occorre. Come già detto questo modello non dà certezze sul futuro: probabilmente esiste una soglia di debito al di là della quale il giochino non funziona più.
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