L'idea della politica economica alla base dell'austerità promossa dall'Europa su forte impulso della Germania, è la deflazione di prezzi e stipendi. In pratica si pensa che riducendo il costo della manodopera, si riducano le importazioni ed aumentino le esportazioni. E' un tipo di svalutazione competitiva fatta sul lavoro e sulle persone invece che sulla moneta. Riducendosi i costi del lavoro, ovviamente si riduce la domanda interna, e quindi i prezzi tendono a scendere. Ed in effetti sta succedendo qualcosa di simile, poiché l'inflazione si è raffreddata bruscamente.
"«Il basso tasso d’inflazione è frutto del clima di depressione dei consumi che ha costretto oltre il 70 per cento delle famiglie a ‘tagliarè anche sul cibo, con un calo dell’1,8 per cento delle vendite alimentari nei primi sei mesi dell’anno e il conseguente crollo della spesa per prodotti indispensabili come pasta (-9,3 per cento), pesce (-16,6 per cento), carne rossa (-4,4 per cento) e ortofrutta (-3,7 per cento)». Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati provvisori sui prezzi al consumo ad agosto diffusi dall’Istat. «Non bastano i ribassi su base mensile degli alimentari non lavorati (-1,3 per cento), soprattutto verdura (-6,5 per cento) e frutta (-2,1 per cento), a cambiare la situazione -spiega la Cia-. Gli italiani continuano a svuotare il carrello della spesa, orientandosi sempre di più verso una tavola ‘low-cost’, con 7,4 milioni di famiglie che optano per prodotti di qualità inferiore e 6,5 milioni che ormai si rivolgono quasi esclusivamente ai discount. "
(www.rischiocalcolato.it)
Il problema è che la teoria si scontra spesso con la pratica. Ridurre gli introiti da lavoro, riduce la domanda interna che a sua volta taglia ulteriori aziende e posti di lavoro in un vortice discendente. Infatti se teoricamente i prezzi dovrebbero scendere, in pratica è difficile che avvenga in un contesto in cui i costi per produrre rimangono invariati, la tassazione cresce (sempre a causa dell'austerità), e le banche in crisi per debiti inesigibili non erogano più prestiti.
Bisognerebbe che alcune condizioni, perché funzioni l'austerità, si modifichino. Dovrebbero sicuramente scendere i costi di produzione, come per esempio i costi dell'energia. I costi della manodopera, volendo essere sinceri, in questi anni sono già scesi molto, con l'introduzione dei nuovi contratti precari. Non dico sia giusto sottopagare il lavoro, ma dal punto di vista della mitica competitività, da questo punto di vista le aziende non dovrebbero lamentarsi.
Al riguardo dei costi di produzione, incidono quelli energetici. Vedi il grafico a inizio post:
"Il grafico riporta due indici con base 1994:1=100 (dati mensili). In rosso l'indice del prezzo del barile del petrolio in valuta italiana (lira quando è lira, euro quando è euro...
In blu il prezzo alla pompa (absit iniuria verbis) della benzina.
...
Quale che sia il motivo che fa variare il prezzo del greggio in valuta nazionale, le variazioni del prezzo della benzina sono infinitamente più contenute! Banalmente: il greggio parte a 100 e arriva a 700. La benzina, fatto 100 il 1994, arriva poco sopra 200. Chiaro, no?
Ve lo dico in un altro modo. Ricordate quello che diceva "non di solo pane vive l'uomo"?Bene: "non di sola materia prima è fatto un prezzo". Nel prezzo della benzina c'è un bel 50% di accise (a spanna), per cui la variazione del prezzo "alla pompa" di per sé è una metà (sempre a spanna) di quello industriale. E nel prezzo industriale non c'è solo la materia prima. Gli impianti non si pagano? E le persone che ci lavorano dentro? E tutti i servizi necessari a mandare avanti la baracca (da quelli informatici, di contabilità, di sicurezza, ecc.)."
(goofynomics.blogspot.it)
Con questa analisi il prof. Bagnai vuole dimostrare che il valore della moneta (rivalutata o svalutata) è quasi indipendente dai costi delle materie prime. Almeno entro una certa banda di oscillazione molto ampia che il professore identifica in circa il 30%.
Ma c'è un'altra situazione strana nel prezzo della benzina, che smentisce chi ripete che l'euro ci dà dei vantaggi con l'importazione delle materie prime. A moneta forte non dovrebbe corrispondere costi ridotti delle materie prime? Ma allora perché il prezzo della benzina da quando c'è l'euro è sempre salito e mai sceso?
Il costo del brent e del crude oil è dato in dollari. Ma l'euro è passato da 0,80 sul dollaro a 1,32 sul dollaro, cioè l'euro si è rivalutato di circa il 60%! Per quale motivo allora il costo della benzina non è diminuito, non dico del 60%, ma nemmeno del 6%? Dov'è il vantaggio ad avere in tasca una moneta fortissima, a parte quando siamo turisti in giro per il mondo?
Evidentemente non è vero che con l'euro c'è stato un grande vantaggio energetico o sulle materie prime.
Riprendendo il ragionamento sull'austerità, soprattutto in queste condizioni di crisi, lo Stato dovrebbe diventare meno esigente. Ridurre la tassazione sul mondo produttivo e del lavoro, ridurre i costi indiretti come quelli burocratici. Ma non può farlo proprio a causa dell'austerità, che riduce il Pil e quindi riduce le entrate fiscali. Per questo motivo lo Stato deve diventare ancora più esoso con chi ancora resiste, deve cercare in tutti i modi di scovare i contribuenti diventando più invadente (vedi potenziamento di Equitalia in questi anni). Non può ridurre molto la burocrazia perché gli serve per controllare le attività produttive, per non farsi sfuggire nemmeno un euro di tasse. E con la moneta unica euro non può nemmeno fare come in Usa e Giappone, cioè stampare moneta in casi estremi (ma nemmeno poi tanto estremi...).
Le banche italiane e degli altri Piigs poi, sono state catturate dal circolo vizioso dell'austerità. Con l'improvviso calo della domanda interna, hanno perso molto del loro potenziale mercato interno. Sempre meno famiglie possono fare credito per la casa e altre spese. Molte aziende sono diventate anch'esse cattivi pagatori non essendo più competitive sul mercato interno. Sopravvivono quelle che ancora esportano, ma anche queste spesso preferiscono delocalizzare dove i costi sono inferiori, e quindi tendono a diventare clienti di banche straniere. Inoltre le banche anche volessero erogare credito ad aziende ancora sane, sono restie a farlo e richiedono interessi alti a causa delle sofferenze di cui sono ripiene.
Quindi l'austerità sta si' provocando la deflazione di prezzi e salari, ma questo non porta vantaggi sufficienti. Non porta ovviamente vantaggi alla domanda interna, la cui depressione incide pesantemente sul Pil, che difficilmente può essere risollevato dalle esportazioni. Le esportazioni dovrebbero migliorare in modo molo più ampio di quanto avviene oggi. Gli italiani dovrebbero in pratica imparare a vivere con valuta straniera. Ma è molto difficile che le esportazioni crescano ancora, in un periodo di crisi internazionale come l'attuale. La crescita degli Usa non è convincente, il Giappone vorrebbe crescere anch'esso con più esportazioni e quindi è un competitore più che un mercato, in Europa non c'è solidarietà e subiamo la pesante concorrenza tedesca, l'insieme dei paesi in via di sviluppo sta entrando in un periodo di crisi, con una pesante svalutazione monetaria che li renderà sempre meno paesi importatori.
In definitiva l'austerità non funziona. La caduta dei prezzi interni provoca ancora più chiusure di aziende e disoccupazione e quindi distrugge la domanda interna e il Pil. A sua volta la diminuzione di ricchezza incide sul bilancio statale, il quale per resistere all'austerità deve dapprima aumentare l'imposizione fiscale, e poi o in contemporanea diminuire i costi. Ridurre il welfare e i servizi. Ridurre il proprio personale contribuendo a distruggere ulteriormente la domanda interna e quindi a far chiudere altre aziende e provocare nuova disoccupazione.
Per invertire un ciclo del genere è necessario che da qualche parte venga immessa della liquidità. Storicamente questo è avvenuto tramite lo Stato, l'unico autorizzato a coniare moneta. Ma in effetti non c'è ragione per non cercare un sistema alternativo, per esempio attraverso un meccanismo che utilizzi le banche.
Ma la cosa fondamentale è che in qualche modo, arrivi del denaro fresco e poco costoso per rivitalizzare la domanda interna. Che sia lo Stato a introdurlo attraverso opere pubbliche, incentivi diretti o fiscali, o che siano le banche erogando credito in modo più facile e nella giusta quantità e costo, non si può prescindere ormai da un intervento di rivitalizzazione dell'economia.
Non possiamo sperare che arrivi la "fata ripresa" dall'estero, non possiamo sperare che dall'estero acquistino le nostre merci. Riuscire ad esportare è indubbiamente importante. Ma dobbiamo avere un controllo interno della nostra economia, non possiamo dipendere in toto dai capricci di altre nazioni. C'è solo un problema per raggiungere un tale obiettivo: si deve tornare ad una sovranità monetaria, che può essere massima con il ritorno alla lira, o minima con qualche concessione dalla Bce o con un intervento della medesima in Europa.
E' necessaria una valvola di sfogo del sistema, perché in sua assenza, la pressione in caldaia continuerà ad aumentare fino al prevedibile scoppio.