Nei vari articoli dell'informazione alternativa in rete che sbugiardano le affermazioni di Saccomanni e Letta sull'imminente fine della recessione, traspare purtroppo un dato comune: siamo in trappola.
"Cerchiamo allora di capirci su quale sia il problema. Ve lo illustro con un disegnino a colori, volete?
...
Allora: la variabile rappresentata è il reddito pro capite in termini reali (cioè in effettivo potere d'acquisto). La linea blu continua riporta quello che è successo finora (vedete i due balzi versi il basso), quella tratteggiata riporta le previsioni del Fondo Monetario Internazionale emesse ad aprile (ripresina nel 2014).
Poi ci sono altre due linee.
Quella verde fa vedere dove saremmo oggi se a partire dal 2007 avessimo continuato a crescere al tasso medio registrato fra il 1999 e il 2007 stesso, cioè nell'età dell'euro, tasso pari all'1.1%. Se la crescita fosse rimasta su questo standard (un tasso non sfolgorante, pari a quasi la metà di quanto si era avuto dal 1980 al 1998, per capirci), oggi avremmo comunque un reddito pro capite di quasi 27000 euro, anziché di 22450 (come nel 1998).
...
E la linea rossa? Be', quella, è evidente, esprime uno scenario ipotetico nel quale noi riusciamo nei cinque anni dal 2013 al 2018 a recuperare tutto il tempo perduto, riportandoci sul sentiero tendenziale pre-crisi (cioè sulla retta verde). E sapete a quale tasso dovrebbe crescere l'economia italiana per realizzare questo risultato? Ve lo dico io: al 3.6%. Come dire: è impossibile. Un altro dato: se cominciassimo a crescere al 2% fisso in termini reali dall'anno prossimo, ci vorrebbero diciassette anni per recuperare i diciotto anni buttati (cioè a ritornare sulla linea verde). Ma anche una crescita simile, dentro l'euro, è impossibile.
Questi sono gli ordini di grandezza che sarebbero risolutivi: il 4%, il 2%. Questo, almeno, se per "fine della recessione" intendiamo il recupero, sia pure graduale, sia pure in tempi lunghi, del nostro tenore di vita relativo.
Ma Saccomanni gioca con lo 0.2%,..."
"... nel secondo trimestre di quest’anno la diminuzione del Pil sia stata del meno 0,20% invece che del meno 0,26% previsto dall’Ocse. Libiamo nei lieti calici, tanto più che questa ottimistica idiozia viene usata per tentare di mettere un po’ di malta sulla sabbia bagnata del governo Letta che rischia di essere asciugata dal calor bianco della condanna del Cavaliere.
...
Senza contare la diminuzione di Pil che sarà portata fin dall’anno prossimo dal fiscal compact, così stupidamente firmato, senza contare i problemi radicali posti dall’euro, senza contare la perdita di sovranità, anche se da oggi la nostra economia ripartisse dopo un opportuno viaggio a Lourdes e mostrasse una crescita simile a quella del quindicennio precrisi, intorno all’ 1,1 per cento, non riusciremo mai, a recuperare il tempo perduto e a riagganciare la curva di sviluppo così bruscamente interrotta nel 2007. Per riuscire a farlo in circa 60anni dovremmo crescere più del 1,5% all’anno, Se invece crescessimo del 2% all’anno – cifra del tutto fuori questione vista la permanenza nell’euro, l’ubbidienza al telecomando di altri Paesi, ai diktat dei poteri finanziari e dentro una fase di rapida deindustrializzazione – ci vorrebbero 20 anni, a cominciare dal 2015. E’ semplice, desolante aritmetica che ci testimonia come sia faticoso anche il migliore dei mondi possibili e di come anche semplici ed ovvi calcoli vengano tenuti ben nascosti.
Quindi la balla estiva di Letta e Saccomanni è nulla in confronto all’inganno radicale al quale è esposta l’opinione pubblica del Paese, grazie anche alla fattiva collaborazione dei media: la diffusione della leggenda e della speranza che, passata la buriana, tutto sia destinato a risolversi nel giro di tre o quattro anni. Invece non è assolutamente vero: tutto ciò che è stato falcidiato nel welfare in questi due ultimi anni, tutto ciò che è stato fatto per cancellare i diritti del lavoro e rendere stabile la precarietà, tutto ciò che si è perso e tutto ciò che andremo a perdere nel prossimo futuro, rimarrà come una cicatrice non rimarginata molto, ma molto a lungo."
(ilsimplicissimus2.wordpress.com)
In conclusione le politiche messe in campo dall'Europa non ci permetteranno mai di uscire dalla crisi, se non verranno fatti investimenti massicci che ci consentano di arrivare almeno ad un aumento del Pil del 2% all'anno. E sarebbe veramente il minimo per non morire, per sopravvivere decentemente. Ma una ripresa del genere non arriva in modo miracoloso, perché si tratta di aumentare di 30 miliardi all'anno il Pil e presuppone investimenti massicci; riduzione del tasso di interesse dei prestiti e mutui; misure per superare il credit crunch bancario, cioè tanta liquidità.
L'unica istituzione che potrebbe diventare motore di un investimento così importante oggi è la Bce, ma essendo un ente indipendente (o quasi) la politica non può, non ha la possibilità di indirizzare l'economia europea in nessuna direzione di crescita.
Invece nel nostro paese il settore pubblico esigerebbe di prelevare da quello privato, solo per il fiscal compact, altri 45 miliardi all'anno. Quindi crescere di 30 miliardi non basterebbe, bisognerebbe crescere di 75 per avere un effettivo 2% al netto del fiscal compact. Una crescita del 4,8% complessivo! Impossibile!
L'impressione è che si troverà un escamotage per rimandare o aggirare il fiscal compact, perché non è sostenibile. Mentre per la crescita del Pil vedremo cosa accadrà (ma sono pessimista), ma per quest'anno difficilmente torneremo in positivo: se passassimo da -0,2% del secondo trimestre a zero nei prossimi, il risultato annuale sarebbe ancora del -1,7%.
Malgrado ciò i media mainstream continuino a spargere ottimismo a buon mercato. Addirittura al Tg de La 7 si afferma che l'Ocse vede rosa per la crescita in Italia, il "superindice della vivacità economica" segna a giugno per l'Italia un +0,33% e per la Bce si prospetta una stabilizzazione dell'area euro (gulp!) e in prospettiva un miglioramento... se lo dicono loro... ma non credeteci troppo. (tg.la7.it)
Nessun commento:
Posta un commento