Dopo l'elezioni dei presidenti delle camere parlamentari, l'assemblea legislativa si avvia a funzionare.
"Pietro Grasso è il nuovo presidente del Senato. L’ex magistrato, una carriera spesa nella lotta alla mafia, ha ottenuto 137 voti, 20 di più dei 117 di Renato Schifani, presidente uscente. Le cifre testimoniano il “soccorso grillino”: una parte dei voti a Grasso, tra i 10 e 14 voti, sarebbero arrivati proprio dal Movimento Cinque Stelle."
(www.blitzquotidiano.it)
"... l’ex procuratore nazionale antimafia, eletto tra le file del Pd, ha vinto il ballottaggio contro il presidente uscente di Palazzo Madama Renato Schifani, esponente del Popolo della Libertà. Le schede bianche sono state 52, quelle nulle 7. Laura Boldrini, invece, è la nuova presidente della Camera. L’ex portavoce dell’Alto conmmissariato Onu per i rifugiati ha ottenuto la maggioranza alla quarta votazione, con 327 voti."
(www.ilfattoquotidiano.it)
Tutto sommato è andata bene. Si tratta di personalità rispettabili e quasi indipendenti dai loro partiti. Ed inoltre, grazie anche ai grillini, alla fine si è risolto tutto in modo abbastanza pulito, senza contrattazioni sottobanco. Però Grasso è stato eletto con maggioranza relativa e non assoluta. Il governo Bersani, o il governo a forte impronta Pd è ancora lontano.
Ma intanto il Parlamento è quasi pronto a funzionare. Mancano ancora le commissioni e i questori che curano l'amministrazione dei conti delle camere. Poi può funzionare a regime.
Al poso di Grasso ci sarebbe potuto essere lo stesso Monti, se non fosse stato per l'alt del Presidente della Repubblica. A questo punto Monti è sempre più prigioniero del suo ruolo di premier senza poteri.
Se continua così, rimarrà al governo ancora per molto tempo. Potrebbe anche rimanervi per tutta questa diciassettesima legislatura breve. In tal caso si dovrà rivalutare il prof. Becchi e considerarlo il miglior costituzionalista della terza repubblica:
"Ora si sta cercando ..., di dividere il MoVimento all’interno in nome della «governabilità», parola d’ordine di questi giorni. Da Bersani a Napolitano, da Berlusconi a Monti, tutte le vecchie forze politiche invocano l’esigenza di garantire governabilità in questo Paese. Ma chi ha detto che serva un nuovo Governo per garantire “governabilità”?
...
Il MoVimento 5 stelle ha definito la sua linea:
- non parteciperà ad un governo di coalizione;
- non voterà la fiducia a Bersani o ad alti esponenti del Pd;
- è disponibile soltanto a dialogare sulle singole proposte di legge.
Cosa significa? Come far stare questi tre aspetti insieme? I partiti non riescono a capire. Significa semplicemente: nessuna coalizione, nessuna fiducia, perché non ci sarà nessun nuovo Governo, ma soltanto un nuovo Parlamento. La mia è un’ipotesi, sia chiaro, un ragionamento personale. Eppure, forse, non così distante da quella che potrebbe essere la strategia per uscire dall’attuale situazione di stallo, senza dover ricorrere a “governissimi” o “inciuci”: mantenere l’attuale Governo Monti in prorogatio (ossia con limitatissimi poteri di ordinaria amministrazione, di disbrigo degli affari correnti), e concentrare tutta l'attività legislativa nel nuovo Parlamento, per almeno i prossimi 6-8 mesi. Tempo per una riforma elettorale, e per l'approvazione delle leggi più urgenti per il MoVimento: riduzione degli stipendi, trasparenza amministrativa, anticorruzione, taglio dei costi della politica, sgravi fiscali per le piccole e medie e imprese, reddito di cittadinanza. Forse si dimentica che, nel 1996, il governo Dini rimase in prorogatio per 127 giorni, e 126 giorni rimase in prorogatio il quinto Governo Andreotti nel 1979. Per non parlare di quanto accaduto nella recente storia del Belgio, il quale è rimasto “senza governo” per 540 giorni, ossia un anno e mezzo, fino al dicembre 2011.
L’ipotesi è dunque questa: un governo in prorogatio, con poteri di mera amministrazione, ed un Parlamento con pieni poteri legislativi, in cui gli accordi e le convergenze potranno trovarsi solo sulle singole leggi, volta per volta. Mi spiego. La nostra Costituzione prevede, sulla base del principio di continuità delle istituzioni, che il Governo dimissionario (quale è, allo stato, quello di Monti), a partire dall'accettazione delle dimissioni da parte del Presidente della Repubblica, entri in regime di prorogatio, sino alla formazione del nuovo Governo. Per tutto questo periodo, il Governo ha poteri limitati agli “affari correnti”, nel senso che la sua attività sarebbe limitata all'ordinaria amministrazione mentre gli sarebbe preclusa la sfera del cosiddetto «indirizzo politico». In particolare, nel nostro sistema politico si sono sempre emanate circolare dirette a precisare e specificare i compiti ed i poteri del Governo in prorogatio (le più recenti e rilevanti: la circolare Ciampi, quella Amato e la circolare Prodi). Credo che, in questa situazione, occorrerebbe così limitare i poteri del Governo dimissionario:
1- Convocazione del Consiglio dei Ministri solo per adempimenti costituzionali, internazionali e comunitari o casi particolari di necessità e urgenza;
2- Esclusione dell’iniziativa legislativa del Governo (se non nei casi di disegni di legge imposti da obblighi comunitari e internazionali);
3- Esclusione dell’ammissibilità dei decreti-legge;
4- Astensione del Governo nelle questioni concernenti i poteri di nomina di funzionari, salve le nomine, designazioni e proposte ritenute indispensabili per assicurare la piena operatività dell'azione amministrativa.
In questo modo, di tutta l’attività legislativa diviene esclusivo responsabile il Parlamento. Un Parlamento, pertanto, dotato di pieni poteri legislativi e di una piena responsabilità politica. Dal punto di vista costituzionale, è dunque possibile un Parlamento senza Governo. E forse, questo è proprio quello che ci vuole in questo momento al Paese, come in fondo sembrano ammettere gli stessi leader di partito: ciascuno si assuma, in Parlamento, la propria responsabilità."
(www.byoblu.com)
(www.byoblu.com)
Aggiornamento ore 24:00
Va bene Grasso in fondo meglio di Schifani, però Grillo un po' s'incazza:
"Nella votazione di oggi per la presidenza del Senato è mancata la trasparenza. Il voto segreto non ha senso, l'eletto deve rispondere delle sue azioni ai cittadini con un voto palese. Se questo è vero in generale, per il MoVimento 5 Stelle, che fa della trasparenza uno dei suoi punti cardinali, vale ancora di più. Per questo vorrei che i senatori del M5S dichiarino il loro voto.
Nel "Codice di comportamento eletti MoVimento 5 Stelle in Parlamento" sottoscritto liberamente da tutti i candidati, al punto Trasparenza è citato:
- Votazioni in aula decise a maggioranza dei parlamentari del M5S.
Se qualcuno si fosse sottratto a questo obbligo ha mentito agli elettori, spero ne tragga le dovute conseguenze."
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