mercoledì 24 aprile 2013

Del governo, del Pd, e altri casi italici


L'Italia è stata affidata alla famiglia Letta, anello di congiunzione tra Pd e Pdl, post democristiana e coinvolta nel sistema economico finanziario della penisola (vedi "Siena: vero centro politico-economico italiano?"). Direi una scelta perfetta per la difesa degli interessi della casta.

Tutt'altro discorso è capire se il governo Letta avrà successo. Naturalmente, come fosse la cosa più ovvia del mondo, i pericoli maggiori provengono dal partito del premier incaricato. La pericolante casa del Pd.

Che cosa potrà fare questo nuovo governo di larghe intese? Ammettendo che riesca a nascere, la sua vita non sarà semplice e probabilmente nemmeno lunga.
I partiti che lo appoggiano hanno molte idee, ma ben confuse, inoltre sono più attenti alla possibile data di nuove elezioni che alla soluzione dei problemi.

Il Pdl, soprattutto nella persona del suo capo, ha capito che i problemi italiani hanno una genesi più europea che italiana. Ha capito che tutti i problemi attuali risiedono nella struttura dell'euro, ma evita di enfatizzare o parlare del problema. Ha paura, Berlusconi, per i suoi interessi personali di subire una uscita dell'Italia dalla zona euro, quindi spera ancora di risolvere la crisi all'interno dell'Europa.

I nostri problemi dipendono da variabili di natura esterna, come del resto quelli di Grecia, Spagna, Portogallo, Francia, Olanda ecc. Il problema è che il Pdl vorrebbe delle politiche espansive (abolizione di Imu e Equitalia) che rimanendo all'interno dell'austerità sono impossibili. Mentre Alfano chiede l'abolizione della tassa sulla casa, il Min. Fornero lamenta la mancanza di fondi per la cassa integrazione. Il contraddittorio sottosegretario Polillo poi afferma che mancano complessivamente 7 miliardi per andare avanti.
E si sta parlando di bazzecole, circa l'uno per cento del bilancio statale. Questo significa che il bilancio dello Stato è stato stirato ormai al limite. Dopo partono i licenziamenti nella PA.

Il centro di Monti è invece tornato a difendere l'omonima agenda. Cioè l'austerità imposta dall'Europa. Del resto Monti è l'unico che non può rinnegare il proprio operato, anche se in campagna elettorale ha tentato di farlo: ma forse gli hanno fatto bere troppe birre in quei giorni.

Se i due sostenitori suddetti del governo Letta sono in contrasto sulle scelte governative, per il Pd la situazione è confusa ed incerta.
Tutti i parlamentari del Pd voteranno la fiducia a Letta? Dalle recenti interviste dei suoi leaders sembra ci sia poca convinzione in tal proposito.

Sentendo le dichiarazioni all'ultima assemblea del Pd, mi è parso che tutti cercassero un modo per sfuggire alle responsabilità che il momento storico impone. Le domande che il Pd rivolgeva a se stesso erano del tipo: ma dobbiamo proprio appoggiare il governo in maniera completa e convinta? ma devono esserci all'interno nostri esponenti riconoscibili? ma abbiamo la possibilità di imporre nostri veti o è già tutto deciso?

I mal di pancia piddini e della sinistra sono molti e arrivano da lontano. Il Pd è un insieme di partiti, clan, tribù. Ma questo non è sufficiente a spiegare tutto. Alcune manie persecutorie sono tipiche della sinistra italiana che fonda gran parte della sua appartenenze sull'odio di qualche nemico e sulla separazione netta dagli altri. Non è una forza politica propositiva ed inclusiva come avviene in altri paesi.

Questo atteggiamento deriva dalle vicissitudine storiche. Già i socialisti prima della II guerra mondiale propendevano per l'odio di classe, guardando alle rivoluzioni d'Ottobre con invidia, ma si trattava di cose lontane, giunte dall'estero, quasi mitologia fondante di un partito. Il coinvolgimento non era totale.

E stata la guerra civile partigiana, e l'odio per i fascisti (perfettamente giustificabile), a cambiare la sinistra italiana. Attraversando la seconda metà del novecento, la sinistra ha continuato a travasare quest'odio per il nemico da un avversario all'altro. E su quest'odio è sopravvissuta e si è alimentata.

Il problema è che quando manca il nemico, come nell'ultimo disastroso anno di Monti sostenuto convintamente dal Pd, la sinistra rivolge quest'odio, questa forza distruttiva verso se stessa. Se manca l'antiberlusconismo, manca la ragione di stare assieme, perché manca una progettualità, una visione del futuro abbastanza forte che calamiti le diverse anime di sinistra. E allora anche le minime differenze, le minime sfumature interne, diventano l'occasione per cercare un nuovo nemico, un nuovo traditore su cui riversare l'atavico odio politico.

Non ho suggerimenti o ricette pronte per correggere questo atteggiamento politico. Penso che solo il tempo potrà cambiare la sinistra italiana e farle trovare maggiore serenità nella ricerca delle soluzioni politiche. Non è possibile che ogni decisione diventi sempre una mezza tragedia.

Ora però detto questo, non è ben chiaro cosa chieda il Pd al governo. Perché al suo interno ci sono i difensori dell'agenda Monti, e quelli che vogliono una revisione dei patti di austerità con l'Europa.
C'è una parte più a sinistra, che è contro le oligarchie europee, vorrebbe correggere o eliminare l'austerità, ma rifiuta di farlo con il centro destra, anche se chiede le stesse cose. C'è una parte più a destra che invece pensa sia giusta l'austerità, andrebbe solo un po' corretta per proteggere i più esposti, ma in fondo ritiene impossibile seguire la via populista del centro destra o di Grillo.

Quasi tutti a sinistra però confondono l'euro con l'europeismo, e pensano che criticare la moneta unica equivalga a distruggere il sogno europeo. Secondo Bagnai il problema della sinistra italiana più recente, è dovuto principalmente al fatto che caduto il muro di Berlino, ha fondato la sua nuova identità sul progetto europeo, sostituendo falce e martello, con l'europeismo (vedi “Le colpe dei piccini ricadono sui piddini“). Per questo motivo è impossibile per il Pd aprire un dibattito sulla costruzione dell'euro.

Probabilmente è vero, ma questo non spiega perché ci siano allora così tante difficoltà a sostenere un governo che poi è stato quasi imposto dall'Europa. Forse il problema della sinistra è che non ha un progetto per il futuro che faccia sognare. Quindi si appropria, senza grande convinzione, di quelli che transitano al momento. Se la sinistra fosse stata così convintamente europeista, si sarebbe battuta con maggior convinzione per l'Unione Europea. Invece mi pare che su questi temi sia stata abbastanza blanda e superficiale come il centro destra. Non ci ha messo l'anima in questa battaglia.

Ora difende l'euro perché ha paura delle conseguenze dell'uscita dalla moneta unica, perché non saprebbe cosa proporre in alternativa, perché uscire dall'euro significherebbe rinnegare le scelte fatte con il governo Prodi senza pensare alle conseguenze.

Il governo Letta, per tutti questi motivi, sarà una parentesi breve ed inconcludente. Il Parlamento sarà un campo di battaglia, dove cinquestelle, e parlamentari Pd scontenti, faranno pericolose scorribande e metteranno spesso in pericolo la fiducia al governo. Ma lo stesso accadrà con i ricatti del Pdl, che osservando i sondaggi benevoli, farà di tutto per non urtare eccessivamente il suo elettorato. 

Praticamente l'Italia continuerà ad essere un caso difficile per l'Europa. Simile alla Grecia, che rivotò, ma diverso. Perché in Italia di solito i problemi si trascinano lungamente e poi non vengono comunque risolti. E alla fine, i nostri esponenti politici, che siano di destra o di sinistra, saranno sempre a Bruxelles a chiedere deroghe e rinvii dei provvedimenti di austerità. La Germania e gli eurocrati in quest'anno dovranno inghiottire diversi bocconi amari, e questa volta non potranno dare tutte le colpe a Berlusconi. Anche Pd e forze antisistema oggi sono in gran parte contrari ai dettami europei e seguono con estremo fastidio le politiche restrittive europee.

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