Il discorso di Renzi al Senato può essere catalogato sotto due categorie principali: 1) il solito discorso megalomane di insediamento di un nuovo premier, pieno più di fantasie e balle senza ritegno che di un vero programma; 2) il discorso di uno che dice veramente quello che fa, o per lo meno che cerca di fare, come sembra essere nella storia di amministratore e di politico rottamatore di Renzi.
Nel primo caso il discorso di Renzi si inquadrerebbe nei
classici discorsi della seconda repubblica, da Berlusconi in avanti. Anche
Letta aveva in fondo fatto promesse altisonanti che si sono disperse poi nel tempo
impiegato nella indecorosa pantomima del togliere e mettere l’Imu e cambiargli il nome ogni
settimana.
Quindi non ci sarebbe nulla di nuovo, i parlamentari della “palude”
potrebbero “stare sereni”. I loro privilegi e l’andazzo generale del governo
sarebbe in piena continuità con Monti e Letta.
Ma se invece il discorso è veramente un programma di
governo, pur nella sua vaghezza, la casta politica e secondo me anche l’Europa
di Olli Rhen e Merkel hanno molto da preoccuparsi.
In pratica Renzi con parole rispettose ha detto ne più ne
meno quello che avrebbe detto B. Grillo: che la vecchia politica è fatta da
cialtroni incapaci, che sono sordi alle esigenge dei “mercati rionali” ma non
dei mercati finanziari, che non sono stati nemmeno in grado in questi anni di
dominare la burocrazia statale, che il Parlamento così com’è è inutile, che
della chiusura del Senato non si accorgerà nessuno. Il bello di queste affermazioni è
che sono vere. Sarà per questo che dagli splati del suo partito sono arrivati
pochi applausi a controbilanciare le contestazioni provenienti dalla parte del M5s.
Sarà anche per questo che alcuni si sono dichiarati scandalizzati dai toni,
dalla postura, e dai contenuti del discorso renziano.
Per contro appaiono quasi più soddisfatte le opposizioni del
maggior partito di maggioranza. Soddisfatti i forzisti che addirittura vedono
in Renzi “modi berlusconiani”, soddisfatti i cinquestelle in quanto possono
continuare a fare opposizione pura e dura visto che Renzi si è scontrato a muso
duro con i suoi senatori.
“…il
senatore Miguel Gotor (Pd ndr): "L’intervento del presidente del
Consiglio sorprende per la scarsezza dei contenuti programmatici e per avere
assunto in alcuni passaggi i toni di un vero e proprio comizio di piazza. Dopo
avere ascoltato l’intervento di Renzi voto la fiducia a questo esecutivo per
disciplina di partito per salvaguardare l’unità del Pd e per essere all’altezza
della responsabilità di governo che il voto dell’anno scorso ci ha consegnato.
Ma non si possono dimenticare le modalità che hanno condotto alla fine del
governo Letta: e non soltanto per una questione di buone maniere, ma perché
quanto è avvenuto delinea una presa del potere nel segno dell’avventura".
Il
senatore Felice Casson ha lanciato una previsione non proprio rosea:
"Io non credo che un governo di questo tipo possa durare 4 anni. Bisogna
cercare di fare subito il minimo delle riforme".”
Per quanto riguarda l’Europa, Renzi mi è parso molto
europeista di facciata, ma poi non molto nei programmi . Renzi ha proposto un
abbassamento del cuneo fiscale a doppia cifra, cioè più del 10%, un intervento
di alcuni miliardi nella scuola, nei beni culturali, e altre riforme come
quella della giustizia che non credo siano gratis. Certo ha ri-ri-promesso un
taglio della spesa pubblica. Ma dubito che i tagli potranno essere pari ai
costi delle proposte di programma. Dove li troverà questi quattrini? Tassando
di 50 euro i Bot della povera pensionata? Dando fondo alla Cassa Deposti e Prestiti? Probabilmente
li potrà trovare solo sforando i parametri europei, e quindi scontrandosi
nell’ordino con il neo ministro Padoan, con Olli Rehn, con Draghi e con la
cancelliera Merkel.
Si profila un braccio di ferro fra Italia ed Europa nel
futuro? Devo dire che ad un certo punto del discorso mi è parso che l’ambizione
del nuovo premier divenisse veramente smisurata. La sensazione era che la
poltrona di premier italiano appena conquistata non gli bastasse più, e ambisse ad una ipotetica
presidenza degli Stati Uniti d’Europa, quando ha affermato che “noi dovremmo
nei prossimi anni guidare l’Europa…”.
Sinceramente non riesco a schierarmi fra quelli che
affermano che Renzi è stato scelto come continuatore delle politiche di
austerità di Monti e Letta. O meglio, può essere così, che sia stato scelto per
questo. Un altro discorso è constatare come si comporterà nella sostanza.
Caratterialmente non mi pare una personalità che si fa facilmente indirizzabile dai
poteri forti d’Europa.
Anche il fatto che nel suo governo, sia l’unico personaggio che spicca (Biancaneve fra i sette nani ha detto qualcuno), credo non sia
casuale. E’ come Berlusconi, un personaggio che non ama essere oscurato da
altri, e pare non sia facile stare al suo fianco a meno che non si sia degli
“yesman” ubbidienti. La scelta del ministro dell’economia sembra non sia stata
sua, ma mi pare che Padoan quale “dogmatico dell’euro un po' distratto” non sia
persona in grado di contrastare un ambizioso come Renzi.
“Era il 1999, data di
nascita dell’euro, e Padoan guarda caso teneva il corso di Economia dell’Unione
europea. Una volta gli chiesi cosa pensasse delle tesi di quegli economisti,
tra cui AugustoGraziani, che esprimevano dubbi sulla tenuta dell’eurozona; domandai, in
particolare, quale fosse la sua valutazione di quegli studi che già all’epoca
criticavano l’idea che gli squilibri tra i paesi membri dell’Unione potessero
essere risolti a colpi di austerità fiscale e ribassi salariali. A quella
domanda Padoan non rispose: si limitò a scrollare le spalle e a sorridere, con
un po’ di sufficienza.
All’epoca in effetti
l’atteggiamento di Padoan era piuttosto diffuso. L’euro veniva considerato un
fatto definitivo, discutere di una sua possibile implosione era pura eresia.
Ben pochi, inoltre, si azzardavano a dubitare delle virtù taumaturgiche
dell’austerità. Da allora evidentemente molte cose sono cambiate.”
Si ritroverà come molti ministri dell’economia fra
l’incudine dell’Europa e il martello del primo ministro. Se non sarà abbastanza
resiliente sarà costretto o a fare continue inversioni e retromarce come
Saccomanni, o dare le dimissioni (molto improbabili di questi tempi).
Comunque vedremo cosa uscirà fuori di concreto da tutto
questo spottone elettorale declamato da Renzi al Senato. Temo ben poco. Soprattutto vorrei vederlo all'opera
nella guerra che ha dichiarato alla burocrazia. Credo abbia pienamente ragione
e l’abbattimento della burocrazia può significare un effettivo incremento del
Pil. Ma a me pare parta già male. Scaricare i problemi della burocrazia sulla
questione dell'inamovibilità dei dirigenti pubblici, credo sia molto ipocrita. Se è
vero che ci sono anche dirigenti corrotti e/o incapaci, è anche vero che questi
sono esecutori di quanto il Parlamento e gli altri organi legislativi
producono. Se questi producono norme capziose, iter lunghi e insensati,
continui nuovi soggetti e oggetti di richieste di permessi, i dirigenti non
possono fare altro che adeguarsi. Alcuni probabilmente lavorano più rapidamente
altri sono più indolenti, ma se è la legge a fissare certi iter credo il
problema sia alla fonte. E non sono nemmeno i singoli parlamentari o burocrati,
il problema è la mancanza di un metodo per giudicare le leggi dal punta di
vista dei costi burocratici. Finché non si troverà un tale metodo non ci sarà
una vera lotta alla burocrazia.
Nessun commento:
Posta un commento