venerdì 28 febbraio 2014
I populisti nel Pd
Interessanti i piani segreti anti-Europa in preparazione fra le fila renziane. Sarà un “fuoco di paglia” questo nuovo premier pressappochista e ciarliero, ma la sua defenestrazione futura potrebbe non dipendere solo dall'incapacità e faciloneria nei calcoli economici. Potrebbe dipendere da uno scontro fra europeisti del rigore, ed europeisti critici.
“L’esatta portata della blitzkrieg che Matteo Renzi sta portando alla struttura del potere italiano e alle cordate che l’hanno occupato di recente si capirà solo tra qualche tempo, quando il suo governo inizierà a lavorare. … I grandi giornali lo cantano coi toni sincopati che si devono a un campione della velocità: Renzi prepara “una cabina di regia a Palazzo Chigi”, ma mica “quelle robe collegiali da prima Repubblica”, no una cosa snella, in cui si decide “senza perdersi in chiacchiere” e “lontano dai burocrati che rallentano il lavoro” (Corriere della Sera di ieri). Al netto del trasporto amoroso, significa una cosa sola: Renzi dichiara guerra alla tecnostruttura del Tesoro (Ragioneria generale in testa), che – silenziosa – s’attrezza per resistere. Quello che il presidente del Consiglio sta costruendo a Palazzo Chigi, peraltro, più che una “cabina di regia” sembra lo staff di un manager: il frontman girerà il paese due giorni a settimana per ristabilire la comunione spirituale tra governo e popolo, un manipolo di amici fidati a palazzo Chigi amministrerà il paese.
I primi due hanno già preso posizione: il sottosegretario Graziano Delrio, già autore di sontuosa gaffe sulla tassazione dei Bot, e il suo storico collaboratore Mauro Bonaretti, già city manager di Delrio a Reggio Emilia e poi capo di gabinetto agli Affari regionali, ora issato nientemeno che all’ambitissima poltrona di segretario generale di Palazzo Chigi … Il curriculum del duo è quello che è, tanto è vero che, destinati al ministero dell’Economia, Delrio-Bonaretti sono stati fermati dal gioco di squadra tra Quirinale e Banca d’Italia per mancanza di titoli. Ora occupano palazzo Chigi e puntano a togliere al Tesoro un bel pezzo del suo potere. Il modo? In primo luogo riportando sotto la presidenza del Consiglio la spending review di Carlo Cottarelli, i cui compiti sono tali e tanti da non escludere sostanzialmente alcun aspetto dell’amministrazione dello Stato a partire dalla riforma della P.A.
…
Notevole è pure il movimento uguale e contrario iniziato a via XX settembre: lasciato il posto agli uomini nuovi del premier, i lettiani si dirigono al Tesoro sotto l’ala di Pier Carlo Padoan. Si è già trasferito al ministero dell’Economia Fabrizio Pagani, amico d’infanzia di Letta e suo braccio destro per le questioni economiche, mentre sarebbe in arrivo pure il defenestrato Roberto Garofoli, destinato alla poltrona di capo di gabinetto. Uno schieramento che riflette non solo due cordate politiche, ma due antropologie diverse: votato alla sbrigatività e refrattario ai rigidi vincoli della tecnica lo staff renziano, pensoso e con un rispetto quasi religioso dei parametri europei quello asserragliatosi nel ministero che fu di Fabrizio Saccomanni.
Il fatto è che la guerra tra Palazzo Chigi e Tesoro non è in preparazione, è già iniziata. Non è per le uscite spannometriche di Renzi che taglia Irap, Irpef e quant’altro ogni giorno un po’ senza preoccuparsi delle coperture. Il vero schiaffo alla tecnostruttura del ministero dell’Economia è già arrivato sulla vicenda dei debiti commerciali dello Stato: il governo Letta ha pagato finora 22 miliardi con una procedura concordata con Bruxelles (altri 20 miliardi sono stanziati per quest’anno) e gestita direttamente dal Tesoro; Renzi ora si prefigge invece di utilizzare il piano alternativo messo a punto dal presidente di Cassa depositi e prestiti Franco Bassanini: in sostanza sarebbe Cdp ad anticipare a comuni e regioni i circa 60 miliardi che mancano. Oltre alla velocità, dicono i fautori, questa soluzione ha il vantaggio di tenere al riparo i conti pubblici da un aumento di deficit e debito visto che Cdp è fuori dalla P.A. Questo piano era già stato proposto a Mario Monti e a Letta, ma il Tesoro l’aveva fermato in entrambi i casi: secondo via XX Settembre, in questo modo Eurostat finirà per conteggiare l’intero bilancio di Cdp in quello dello Stato con relativa esplosione di debito e deficit. Altro punto di frizione è il ruolo della Ragioneria generale e del suo capo, Daniele Franco, ex Bankitalia voluto da Saccomanni: i renziani fanno sapere che dovrà “ammorbidirsi”. La linea l’ha data lo stesso Bassanini in tv: “Rimettere i burocrati al loro posto”. Non solo: farlo di corsa. Il punto d’arrivo non si sa, ma l’importante è dare l’impressione del movimento.”
(www.ilfattoquotidiano.it)
Renzi va all'attacco della struttura dell’economia messa al riparo dai politici con la nomina del neo ministro Padoan, scelto presumibilmente da Napilitano e dai poteri finanziari esterni all'Italia. Ora dalle indiscrezioni de Ilfattoquotidiano.it appare ancora più evidente che non era nelle intenzioni del neo premier nominare un tecnico al ministero dell’economia.
E’ come se la presidenza del consiglio retta dal consolato Renzi-Delrio si stia attrezzando con un ministero dell’economia ombra, che renderà la vita impossibile al ministro ufficiale Padoan. I germi della futura malattia mortale di questo esecutivo sono già stati messi in coltura. Ci sarà uno scontro continuo fra Padoan alfiere dell'Europa che per bocca di O. Rehn “sa quello che deve fare…”, e il duo Renzi-Delrio che tenteranno di deviare la conduzione delle finanze pubbliche lontano dai rigori imposti dall’Europa.
Non è detto che la guida dell’economia nelle mani di Renzi-Delrio sia cosa di cui augurarsi. Già si è capito che i due non ci capiscono molto, e sono in vista probabili pasticci: Renzi confonde doppie cifre di miliardi con doppie cifre di percentuali, Delrio non sa applicarle correttamente.
Come il prelievo sulle rendite finanziarie (ma quelle “pure” dice Renzi…) che non dovrebbe toccare i Bot della pensionata che ha messo da parte 100.000 euro, come sostiene Delrio. Aggiungendo che comunque mal che vada 30/50 euro di prelievo non cambierebbero la vita alla pensionata benestante, salvo fare solo un leggero errore di calcolo nell’applicazione delle percentuali ed omettere uno zero. Ma del resto si sa, lo zero non conta.
I due qualche grave danno si apprestano a farlo, ed anche a perpetuarne alcuni ereditati dai governi precedenti e non rinnegati:
“Le Patrimoniali continuano a fare il loro corso e ad incrementare...
Sì sì...le detrazioni...attendiamo fiduciosi....;-)
Una super-Tasi con detrazioni......
Per quanto riguarda la Tasi, il provvedimento è atteso da due mesi ed è quello che dovrebbe tramutare in legge l’accordo raggiunto tra governo e Anci: dare la possibilità ai Comuni di aumentare le aliquote base della Tasi dello 0,8 per mille massimo, veicolando gli aumenti all’introduzione di detrazioni.
La Tasi quindi potrà oscillare, sia per le prime che per le seconde case, in una forbice dal 2,5 al 3,3 per mille.”
(www.ilgrandebluff.info)
Probabilmente siamo al cospetto di dilettanti allo sbaraglio, ma probabilmente, al di la dell’incompetenza, siamo di fronte a qualcosa di più profondo: la comparsa del populismo antieuropeo dentro il Pd. Anzi, un populismo che ha conquistato il Pd nei suoi gangli vitali, giungendo direttamente alla testa attraverso la segreteria.
E’ vero che Renzi ha pomposamente manifestato pubblicamente la sua fede europeista, ma bisogna vedere nei fatti se vorrà rispettare i vincoli economici imposti dall'Europa. E soprattutto, nel caso non volesse farlo, se avrà la forza di opporvisi.
In ogni caso c’è un grosso problema per l’Europa e i paesi core del continente. Fino a questo momento era stato semplice eliminare il Cavaliere poco europeista, visto che prestava il fianco ad innumerevoli guai giudiziari ed era impresentabile in giro per il mondo. Anche far passare i Cinquestelle come dei folli da mal sopportare in attesa che si estinguessero a causa della loro inconcludenza era un’operazione facile.
Ma se l’Europa e le sue tecnocrazie perde l’appoggio del vero partito eurofanatico italiano, il Pd che ha sostenuto Prodi (che oggi però si defila) nell’avventura dell’euro, allora sono guai seri per Bruxelles. Significherà perdere l’Italia dallo schieramento dell’austerità. E se si apre una breccia in una sola nazione, crolla tutto il castello di carte messo su da Merkel e Bundesbank. Se uno solo sforerà dichiaratamente i parametri stabiliti da Bruxelles, lo faranno tutti a valanga. E non ci saranno nemmeno le punizioni delle sanzioni a impedirlo. Se tutti sforeranno le sanzioni diventeranno inapplicabili, non avranno più senso, perché lo sforamento sarà la normalità.
Ma del resto le tensioni a cui sono sottoposte le società europee prima o poi dovrà trovare uno sfogo. Credo sarà la Francia comunque, e non l’Italia, la prima ad esplodere sotto le tensioni sociali crescenti.
“L'area dell'euro sembra attraversare acque più tranquille. Ma nessuno dei suoi problemi è risolto: l'euro ha meno del 50% di possibilità di sopravvivere.
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Bisogna quindi approfittare della tregua in corso per prepararsi agli eventi. La crescita troppo lenta risveglia i vecchi demoni. In Italia, in Austria, in Germania, in Finlandia, in Francia, dei partiti politici ovviamente molto diversi tra loro prosperano su un'idea comune: la vita sarebbe migliore senza l'euro
…
Secondo le previsioni degli esperti di Deutsche Bank, nel prossimo Parlamento europeo un deputato su sei, o uno su quattro, apparterrà al movimento anti-euro.
…
Il sondaggio Ipsos in Francia risulta abbastanza scioccante. Gli ultimi sondaggi di opinione suggeriscono che la Francia potrebbe essere l'avanguardia di una vera e propria insurrezione, con una completa perdita di fiducia nelle istituzioni nazionali ed europee. Il numero dei francesi favorevoli all'uscita dall'euro è aumentato di 5 punti percentuali dallo scorso anno, arrivando al 33%. Il 45% dei francesi ritiene che l'appartenenza della Francia alla UE sia una buona cosa, mentre il 40% la ritiene una cosa negativa. I tre quarti degli intervistati non hanno fiducia alcuni nell'Assemblea Nazionale e nel Senato. Tra i lavoratori, la maggioranza è a favore dell'uscita dall'euro. Un numero crescente di persone afferma di sentirsi rappresentato dal Front National.”
(vocidallestero.blogspot.it )
L’avevo sostenuto all’indomani della vittoria di Hollande che la Francia sarebbe stata la porta bandiera dei detrattori dell’austerità… solo su una cosa mi sbagliavo: allora pensavo che Hollande potesse divenire il protagonista di questa riscossa, non la causa.
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