martedì 11 febbraio 2014

La Svizzera sovranamente insegna



"Con una maggioranza di appena il 50,5 per cento dei voti, gli elettori svizzeri hanno approvato l'iniziativa contro l'immigrazione 'di massa'
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Due anni fa la Svizzera aveva introdotto delle quote per gli immigrati provenienti da otto Paesi dell'Europa centrale e orientale, decisione che era stata fortemente criticata dall'Ue. Il nuovo piano va oltre, estendendo queste quote anche agli immigrati provenienti dall'Europa occidentale.
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Il risultato del referendum, che è vincolante, implica ora che il governo dovrà rinegoziare i trattati con l'Ue relativi alla libertà di movimento dei lavoratori e di conseguenza sottoporre al parlamento una proposta di attuazione. Poichè le nuove disposizioni costituzionali sono in contrasto con l'Accordo sulla libera circolazione delle persone in vigore con l'Ue dal 2002, l'esecutivo avvierà nuovi negoziati con Bruxelles."

(www.repubblica.it)

Due anni fa la Svizzera si difendeva dall'"idraulico polacco" sottocosto. Oggi si difende dagli altri europei, perché fra poco la differenza fra lavoratori polacchi, italiani, spagnoli, e forse francesi, sarà alquanto minima. Fra poco saremo tutti polacchi. I frontalieri sono già considerati alla pari dei lavoratori dell'est europa.

Ma qual'è l'insegnamento svizzero? Quello dell'applicazione del razzismo o del protezionismo per legge? No. La sovrana Svizzera insegna che la democrazia punisce sempre politiche economiche sbagliate, disastrose e inconcludenti come quelle in cui è immersa l'eurozona e per per forza di cose la Svizzera stessa. Gli svizzeri insomma non ci stanno ad applicare a casa loro la svalutazione competitiva che si applica da noi in stile Elettrolux, come vogliono le élite europee.

La Svizzera insegna che se l'Europa avesse un governo democratico, frutto di elezioni continentali, la Merkel sarebbe in minoranza. Gli Europei molto probabilmente sceglierebbero politiche espansive e di investimento pubblico. Di sicuro non l'austerità.

La Svizzera insegna che il controllo democratico dei processi decisionali è fondamentale. Che senza questo controllo, avremo in futuro una potente opera di destabilizzazione europea causata dai populismi crescenti. La Svizzera insegna che non si può decidere sulle teste di milioni di europei senza interpellarli, senza consenso, e soprattutto senza conseguenze. E' logico che la Svizzera circondata da una crisi montante, cerchi di difendere il suo benessere sprangando porte e finestre. E' logico che paesi come Italia, Francia, Spagna ecc. vedranno via via aumentare il dissenso interno mano a mano che le politiche di austerità porteranno al disastro. E se questo dissenso non potrà essere ascoltato per via democratica cercherà nuove strade.

Il risultato referendario svizzero è l'ennesima cartina tornasole degli errori economici europei. Se in Europa ci fosse un benessere diffuso e più lavoro probabilmente il "no" al referendum avrebbe vinto.
Oggi mi fanno ridere e nello stesso tempo pena quei rappresentanti della politica e dell'economia che si accorgono con gravissimo ritardo cosa hanno provocato le loro azioni o forse inazioni. Per primo il Presidente che denuncia l'austerità di fronte al Parlamento europeo, quando poi si viene a sapere che a metà 2011 tramava in segreto per cacciare un premier in favore di un altro cultore dell'austerità.

Ed ora provo un certo fastidio per uno Squinzi che si dimena inutilmente come un tonno nella rete. Quando avrebbe dovuto porre con forza dal primo momento un cambio di rotta delle politiche italiane ed europee.
Ora il capo di Confindustria fa il keynesiano:

"In primo luogo, ha spiegato Squinzi, «dobbiamo fare nostro, una volta per tutte, l'assunto che il comparto infrastrutturale rientra a pieno titolo in una politica di crescita economica».
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Squinzi punta il dito verso il «crollo degli investimenti pubblici in infrastrutture» a cui il Paese ha assistito «dalla crisi fino ad oggi». Un crollo che, a suo dire, «è stato costante e ha comportato una perdita di competitività e di capacità imprenditoriale con riflessi inevitabili sull'occupazione»."

Ma le imprese non erano per liberalizzare il mercato e forse anche tutto il resto? Non piace più il liberismo sfrenato, con le multinazionali straniere che vengono a fare acquisti delle nostre aziende in svendita? E poi come farà lo Stato italiano a fare investimenti infrastrutturali se continua ad essere immerso nell'austerità imposta per preservare l'euro? Quelle di Squinzi sono parole vuote, di chi cerca di far coesistere cose che non possono stare assieme: euro, investimenti ed austerità.

La Svizzera a detto un primo no a questa Europa che torna indietro, che insegue la competitività schiacciando salari e domanda interna. Ora tocca agli europei far sentire la propria voce attraverso le urne. In Europa naturalmente, ma di questo passo credo molto presto anche in Italia. Il governo Letta è in salute precaria, ma già lo si sapeva. Il destino dei governicchi italiani che nascono dopo la riduzione della maggioranza parlamentare di solito è già segnato. Se durano un anno è tanto.

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