lunedì 29 settembre 2014
I rottamati tentano la riscossa
Il più duro è stato D'Alema che con la sua solita perfidia ha dato dell'ignorante e/o bugiardo a Renzi. Ha cominciato lodando in tono canzonatorio l'oratoria raffinata del premier. Quando ha ricordato al premier che non è vero che lo Statuto del Lavoro non è mai stato cambiato in 44 anni, ci ha tenuto a far notare che Renzi non si rivolge solo a quelli che "non ci capiscono", ma anche a persone che ne sanno qualcosa. Insomma basta col fare l'imbonitore per teleutenti di Mastrota&C., è tempo di fare cose serie e meno slogan.
Impareggiabile quando ha ricordato che intervenire sulle tutele del lavoro ci conduce alla situazione spagnola, proprio quella che Renzi ha detto di voler evitare. "Il mio modello non è la Spagna" aveva detto Renzi.
Prima di D'Alema anche Cuperlo ha mostrato la sua contrarietà all'intervento di Renzi. Chiaramente in uno stile molto colto.
Anche Civati ha fatto un intervento "duro alla Civati". Cioè non troppo, ma comunque incisivo. Infatti dire in un'occasione pubblica come lo streaming, che Renzi fa politiche di destra, potrebbe provocare qualche problema all'interno del Pd.
E po' a ruota ha preso coraggio anche Bersani. Seppur mi rimangano sempre un po' ermetici i suoi ragionamenti, ha difeso il lavoro fatto con il ministro Fornero sull'articolo 18. Ha poi proposto un intervento per far partecipare i sindacati alle scelte aziendali, sul modello tedesco.
In complesso interventi non certo compiacenti con Renzi. La minoranza del Pd ha dimostrato di esistere. D'Alema dal canto suo ha lanciato anche velate minacce, quando ha ricordato al premier che c'è un'opinione pubblica "qualificata" che comincia a non poterne più degli slogan, e non vede risultati dal governo. Sta parlando di certi "poteri forti" che hanno già voltato le spalle a Renzi (Corriere, Della Valle ed altri)?
Che si siano risvegliati gli zombie del vecchio Pd? Renzi ha comunque la maggioranza nel partito e potrà decidere di andare avanti senza curarsi degli avversari. Ma poi se li ritroverà in Parlamento. A meno che abbia già deciso di cadere nelle braccia di Berlusconi, sarebbe un Vietnam per la riforma del lavoro.
Se invece rinuncerà alla riforma sarà la sua prima battuta d'arresto, che potrebbe pregiudicare la sua folle corsa verso il nulla.
Che farà Renzi? Combatterà fino a mettere a repentaglio lo stesso suo partito, o dovrà "lettizzarsi" e gettare la spugna? Non dipende solo da lui, ma anche da Napolitano, dall'Europa e dalla Germania. Potrebbe essere anche loro interesse tenersi Renzi al governo anche se non combinasse nulla.
Renzi potrebbe essere tentato dalle elezioni. Ma Napolitano gliele concederà? Con quale legge elettorale poi visto che è ancora tutta da scrivere? Ci avviciniamo ad un periodo politicamente irrequieto, dove anche per i poteri forti fuori dall'Italia sarà sempre più difficile mantenere la rotta, e la guida ferma del paese.
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