venerdì 30 novembre 2012

Tra Renzi e Bersani



Chi votare? per quanto mi riguarda non sono affascinato da nessuno dei due. Non ho seguito l'ultimo dibattito tv, per stanchezza verso questa poco significativa politica italiana commissariata dalle banche e dall'Europa del nord. Mi baserò pertanto su quanto riportato dalla stampa.
A quanto pare Renzi è stato ancora più aggressivo del solito e Bersani appare sempre più remissivo. Renzi rappresenta la forza irruenta di un giovane pieno d'energia, Bersani rappresenta la forza tranquilla dell'uomo saggio, che sa che è inutile agitarsi senza motivo.

Ma dai resoconti dei giornali, a quanto pare ha colpito molto di più l'energia virulenta e aggressiva di Renzi:

"Roma -Primo e ultimo confronto diretto tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi su Rai1, che secondo un instant poll condotto da Quorum per La Stampa è finito a vantaggio del sindaco. Infatti per il 49% dei telespettatori è stato lui il più convincente, mentre secondo il 38% è stato il segretario del Pd a prevalere nel dibattito. Il 15% dei lettori, inoltre, dice che "potrebbe aver cambiato idea su chi votare" e per il 13% si è trattato di un pareggio."
(www.wallstreetitalia.com)

Quindi Renzi ha fatto sognare maggiormente il pubblico di Rai 1, malgrado affermazioni come queste:

"Renzi d’accordo con riforma Fornero. Bersani: "E esodati?" - Botta e risposta tra Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani sulla riforma delle pensioni. Il sindaco di Firenze l’ha difesa, il segretario del Pd ha chiarito che non mollerà sulla questione esodati. "Sarebbe facile dire sì torneremo indietro, si andrà in pensione prima. Io dico di no. Dobbiamo pagare un tributo alla serietà", ha spiegato il sindaco di Firenze. Vivendo più a lungo è naturale andare in pensione un po’ più tardi. Qualcosa va rimesso a posto, non solo sugli esodati, ma non puoi pensare di metterla in discussione. Non si arrabbia solo l’Europa, ma le nuove generazioni". Non la pensa del tutto così Bersani. "Avremmo dovuto immaginare un sistema di uscita flessibile in un range anche alto, anche ai 70 anni", ha ricordato, invece si è scelta una strada radicale "con gente che è rimasta senza soldi" e ora costerà di più affrontare il tema esodati."
(www.wallstreetitalia.com)

Ma comunque lo sfidante più giovane non ha mostrato reverenza gerarchica nei confronti del suo segretario di partito, attaccandolo senza timore nei suoi punti più deboli:

"Come quando Renzi lo ha incalzato su una ferita antica, che il Pd (anzi, i Ds, all’epoca conD’Alema) non vollero risolvere: “Dobbiamo dire che nei primi cento giorni si fa una norma contro ilconflitto d’interessi”, ha colpito Renzi. E, ancora:”Non basta dire dimezzare il finanziamento pubblico ai partiti, bisogna abolirlo”, .... Infine: “Non c’è un problema Sud, c’è un problema Italia: serve deburocratizzazione, uscire dal circolo vizioso del conoscere qualcuno e della raccomandazione, la mancanza di investimento su chi ha un’idea”. ”Il Sud – ha aggiunto Renzi – è il luogo sul quale si gioca la nostra sfida: o siamo in grado di semplificare, di liberarlo dai soliti noti di una classe dirigente a volte discutibile, o non andremo da nessuna parte”.

E ancora, sul nervo scoperto dell’evasione fiscale: “Avevo i calzoni corti – ha aggiunto Renzi – quando sentivo parlare di evasione fiscale e continuo a sentire che siamo il Paese con la più alta evasione fiscale, ma è stato un errore aver messo le ganasce di Equitalia agli artigiani”.
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”Non ho detto – la controreplica di Renzi – che l’abbiamo inventata noi (Equitalia ndr), ma che su quello non siamo stati all’altezza”. ”Sei stato – ecco l’affondo del sindaco al segretario Pd – 2.547 giorni al governo e dico questo perché è necessario fare un passo avanti”.
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ha incalzato Renzi che ‘in faccia’ ha detto a Bersani: “Se noi vinciamo non vorrei che ci rimandano a casa un’altra volta dopo due anni perché ci si è messi a discutere tra chi l’agenda Monti la vuole e chi no. Ecco le primarie servono per dire prima, le cose che si vogliono fare. E io le ho in mente chiarissime”.
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Io spero – ha detto Renzi, velenoso – che nel ‘pacchetto Casini’ non ci sia anche Fini perché ci si è dimenticati di tutte le cose che fatto in questi anni. Comunque la Bossi-Fini è da cambiare alla svelta”.

(www.ilfattoquotidiano.it)

Insomma, Renzi randella di brutto, ma con un bel sorriso stampato in faccia, e Bersani subisce. Renzi è un monellaccio vestito da santo, che dichiara di essere vittima del suo partito, ma intanto usa una strategia altamente aggressiva. Infatti non ci ha pensato due volte a violare, o quantomeno eludere, le regole delle primarie:

"Al sindaco di Firenze si imputa di avere «violato tutte le regole del codice di comportamento che aveva sottoscritto e che vieta la pubblicità sui giornali», ha spiegato Paolo Fontanelli, rappresentate di Bersani. Non solo: «C'è evidentemente uno sfondamento del tetto delle spese e una violazione delle regole di trasparenza». E' stato poi lo stesso Renzi a replicare con un tweet al pandemonio sollevato dall'esposto: «Il sito http://www.domenicavoto.it è perfettamente in linea con le regole delle primarie. Evitiamo il nervosismo e manteniamo il clima giusto, dai».
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Poco prima dell'esposto, il presidente dei Garanti, Luigi Berlinguer, già denunciava: «Sono stato colpito da un messaggio intercettato casualmente da "Trevi Adesso" che invitava a portare tanta gente a votare e a "scatenare l'inferno". Ci fa piacere che tanta gente vada a votare come è stato già per il primo turno ma noi non vogliamo l'inferno ma il paradiso e uno svolgimento ordinato delle votazioni come è avvenuto domenica scorsa».
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Per recuperare 290mila voti che lo separano da Bersani, Renzi, attraverso il suo Comitato, avrebbe messo in atto una vera e propria campagna di «mail bombing», cioè mail seriali e non individuali. Per esempio, anche su un sito di ricette è possibile compilare un modulo e inviare online la richiesta di votare al sito www.domenicavoto.it, lo stesso indirizzo che è apparso nelle pagine a pagamento."

(www.corriere.it)

Il Giornale berlusconiano titola "Finirà a pesci in faccia". Effettivamente la situazione si profila abbastanza ambigua e problematica per il Pd. Bersani si ritrova in casa un concorrente molto agguerrito, che gli potrebbe dare svariati problemi di gestione del partito e del governo.

Renzi è un egocentrico, in questo assomiglia molto a Berlusconi. 
Mentre Bersani sta facendo ventilare l'idea che in un suo eventuale governo, la linea sarà dettata dal Pd e non dall'agenda Monti (anche per venire in soccorso a Vendola) ho come l'impressione che poi invece sarà un fedele prosecutore delle volontà della Germania e dell'Europa. Magari non la chiamerà agenda Monti, ma la sostanza sarà quella. La vecchia sinistra ha troppa paura di non piacere all'establishment internazionale.

Invece Renzi, che sembra più fedele alla linea rigorista di Monti, in realtà mi pare molto più accentratore. Il suo egocentrismo gli impedirà di avere nella squadra di un suo eventuale governo, ministri come Monti o Fornero. Gli farebbero troppa ombra, lui vuole essere il protagonista assoluto della scena. Quindi alla fine, Renzi potrebbe essere meno rigoroso di Bersani nel seguire l'agenda Monti, e fare più di testa sua. Anche scontrandosi testardamente e aggressivamente con il resto d'Europa.

Le primarie del Pdl sono un vero disastro. L'indizione delle stesse, e poi il ritiro della promessa su pressione di Berlusconi, sono il metodo migliore per affossare quel poco di fiducia che il partito ancora riscuote. Sembra un partito guidato da un ubriaco. La follia e la codardia regnano sovrane nella dirigenza del centro destra.

Detto questo, anche le primarie del Pd, se la lotta fra Renzi e Bersani diventasse troppo accesa, potrebbero divenire un boomerang per il Pd. Se Renzi dovesse perdere con un risultato eclatante, comincerebbero i veri problemi per la dirigenza del partito. E forse anche per il neo governo Bersani, sempre sotto il fuoco amico della critica renziana.

E poi, io non sono ancora persuaso, che nel caso Renzi perda, rimanga tranquillo a lato di Bersani a fargli da scudiero. Soprattutto se le primarie si portassero dietro strascichi polemici e recriminazioni pesanti da parte dei renziani. Se questi si impuntassero sulle regole troppo restrittive e sui torti della dirigenza, che avrebbe fatto in modo di far perdere il sindaco, credo che Renzi potrebbe essere tentato di uscire dal partito e di fondare un suo movimento. Smentendo tutto quello che ha detto finora ("non voglio ministeri ne fondare partiti"), ma giustificandolo con la poca correttezza del partito che gli ha remato contro. E su questo non avrebbe nemmeno tutti i torti. La forza elettorale per racimolare un 10-15% l'avrebbe. Sarebbe un grosso guaio per il Pd, che così non riuscirebbe di sicuro a raggiungere una percentuale adeguata per governare.

giovedì 29 novembre 2012

Sostenibilità del servizio sanitario


Omnibus - La Sette, puntata del 28 novembre, il giornalista coordinatore della trasmissione chiede al prof. Borghi, ospitato come economista, cosa ne pensa della dichiarazione di Monti circa l'insostenibilità del sistema sanitario nazionale.

Risponde il professore che il problema non si pone solo sulla sanità, ma su tutto il welfare italiano, in quanto avendo firmato e votato in Parlamento, il fiscal compact senza nemmeno leggerlo, è necessario trovare 50 miliardi di euro ogni anno per abbattere il debito.

Quindi è inutile che i politici, soprattutto di sinistra, insorgano contro le politiche economiche e sociali di Monti dopo aver votato il fiscal compact assieme alla destra. Borghi rincara la dose dicendo che forse i parlamentari hanno votato il provvedimento in perfetta ignoranza oltre che quasi segretamente.

Per cui ora non resta che tagliare, e Borghi offre ai politici ospiti tre possibili capitoli di spesa: sanità, pubblico impiego e pensioni. E non si tratta di tagliare solo sprechi, ma nella "carne viva" del welfare.

Mentre il professore diceva queste inevitabili verità, i politici in studio sono rimasti ammutoliti. Impagabile il volto contorto da una strana smorfia di Livia Turco che aveva appena fatto una tirata retorica sull'intangibilità della spesa sanitaria.

Ripresisi dal colpo, e dalle sottolineature colorite di Liguori a sostegno di quanto detto da Borghi, sono arrivate le repliche dei politici.
Da sinistra si continua a ribadire che si era in un momento di emergenza, ed in pratica si votava qualsiasi cosa proponesse Monti. Sottinteso che l'emergenza è stata colpa degli avversari.

Che poi, per quanto mi riguarda, penso che tutta questa emergenza e default imminente sono stati una panzana assurda. Continuare a dire che si rischiava di non pagare gli stipendi del pubblico impiego a causa dello spread è puro terrorismo mediatico. Lo spread di Berlusconi ci è costato probabilmente 5 miliardi (largheggiando), considerando che l'interesse più alto si paga sulle nuove emissioni di debito. Non su tutto il debito storico. Il fabbisogno dello Stato si colloca tra 700 e 800 miliardi: non c'è alcuna attinenza fra le cifre della spesa statale e gli eventuali maggiori costi di spread.

Tornando al dibattito di Omnibus, il rappresentante dei "renziani" ha raggiunto che si..., ma..., forse il fiscal compact è insostenibile, però il futuro governo dovrà rinegoziarlo. Come fosse facile, aggiungo io, in un'Europa in cui tutti i problemi (vedi Grecia) sono continuamente rimandati. E tutto quello che decide la Germania è insindacabile.

Il rappresentate centrista naturalmente considera il fiscal compact inevitabile, come pure l'euro irreversibile, e la giornalista del Sole24ore afferma che anche solo parlare di reversibilità dell'euro potrebbe provocare un attacco dei mercati. Quindi zitti, muti e avanti così, con il piede schiacciato sull'acceleratore dell'austerità fino all'impatto inevitabile.

L'euro sui media continua ad essere un tabù. Ma un po' alla volta la verità viene fuori. Del resto non potranno nasconderla all'infinito contro ogni evidenza. La verità è che il sistema dell'euro è insostenibile. I paesi che vi partecipano hanno caratteristiche troppo diverse.

Inoltre rimanere nell'euro, per noi, significa fare i conti con la dura matematica. Tanto entra e tanto esce come in qualsiasi bilancio aziendale. L'Italia per la gioia dei berlusconiani e assimilabili, non è più uno Stato, ma è diventata un'azienda che deve combattere per rimanere sul mercato. Non si può fare deficit oltre il 3%, non si può stampare moneta.

La matematica è un fatto, non un'opinione politica di qualche colore particolare. Per cui affannarsi a controbattere alle verità spiacevoli del prof. Borghi, non ha molto senso. A meno che si neghino le più elementari nozioni di conto.

Non c'è una terza via tra l'uscita da questa situazione assurda ed il sottostare alle leggi crudeli della moneta unica. Si potrebbero evitare interventi di pura follia come il fiscal compact. Ma i problemi legati alle risorse insufficienti per certi paesi dell'euro continuerebbero a permanere: un bilancio pubblico a queste condizioni, è sottoposto ai capricci del mercato. Si può fare fuoco solo con la legna che si ha.

Forse una terza via c'è. Ma non è di tipo economico, è di tipo politico. O l'Europa diventa uno Stato vero, come gli Usa, dove prezzi, tasse, regolamentazioni economiche, politiche industriali ecc. sono uguali (o con una base comune) per tutti i paesi, oppure l'Europa collasserà.

mercoledì 28 novembre 2012

Le cose vanno proprio male: sconti al bordello.



"Potrebbe sembrare una curiosità, ma è un’immagine dell’Europa che può dirci molto. Intanto sulla riduzione dei salari e dei diritti anche nella parte ricca che si regge sui trampoli dei più poveri, ma che comincia a dare segni di cedimento. Denise Tausch di Wuppertal nel cuore industriale della Germania, ha deciso di fare lo sconto del 30% ai suoi clienti e fin qui non ci sarebbe nulla di strano in tempi di vacche magre, se non fosse che la ragazza non è precisamente una gelataia, bensì la tenutaria di un bordello, il Lust Oase, l’oasi del piacere: da domani 35 marchi, pardon euro secondo la dizione ufficiale, invece dei 50 richiesti a prestazione."

In tempo di crisi, anche il sesso mercenario non è più lo stesso. E se smette di rendere anche questo mercato, solitamente florido, allora le cose cominciano ad andare veramente male anche in Germania.

"Il fatto è che la nobile casa sorge in un quartiere dove comincia a farsi sentire la disoccupazione, ma soprattutto la moltiplicazione dei lavori a basso salario e così i clienti iniziano a diradarsi."

Il Sex-Index è in calo, un altro segnale preoccupante per la zona euro. A parte gli scherzi, le conseguenze dell'austerità presto si faranno sentire in Germania.
Certo, quello di Wuppertal, non è un mercato fondamentale. Ma sicuramente indica che l'economia del superfluo si sta contraendo bruscamente.

Intanto la stessa Germania, dice no al taglio del debito greco, perché violerebbe le norme europee. Sarebbe come se alcune nazioni si accollassero il debito di un altro paese. In realtà "violerebbe" soprattutto le casse delle banche tedesche.
Però come sempre, un accordo si trova, per "tirare a campare" per un altro po' di tempo. E' l'unica cosa che importa alla Germania, e penso anche a tutti gli altri paesi europei. Posticipare il più possibile il momento della verità. Nessuno vuole pagare le conseguenze del default del sistema euro.

"La verità è che questa mattina, all’incirca alle 4 ora italiana, i ministri delle finanze e i tecnici dell’FMI in riunione, si devono essere rotti le scatole di rimanere chiusi in conclave con la calcolatrice in mano (pare che da 1+1 non si riesca a fare uscire 3) e dunque se ne sono usciti con un paio di comunicati stampa (versione IMF, versione Ecofin), che vi sintetizzo:

a) La decisione di prestare circa 35 mld alla Grecia è rimandata al 13 Dicembre (calcetto al barattolo)

e poi….attenzione

b) I membri dell’Eurogruppo sono preparati a considerare l’idea diAbbassare il tasso a cui la Grecia accede ai prestiti di 100 punti base

c) I membri dell’Eurogruppo sono preparati a considerare l’idea di Tagliare i costi di accesso per la Grecia al fondo EFSF di 10 punti base

d) I membri dell’Eurogruppo sono preparati a considerare l’idea di differire gli interessi da pagare al fondo EFSF di 10 anni

Ovviamente, queste misure non incidono sul merito di credito del fondo EFSF (lo dice l’Eurogruppo…..)

In conclusione: il vertice è stato un completo fallimento, nessuna decisione è stata presa tranne che i membri dell’eurogruppo sono preparati a considerare l’idea di fare qualcosa."


"In dettaglio, Ue e FMI prendono atto della realtà, e spingono la data di conseguimento dell’avanzo primario greco al 4,5 per cento due anni avanti, dal 2014 al 2016. Christine Lagarde si piega allo sfondamento del numero magico ed irrilevante del 120 per cento di debito-Pil al 2020 ed accetta un innalzamento al 124 per cento, ottenendo però come contropartita che il rapporto crolli, due anni dopo, al 110 per cento. Questi baratti negoziali fondati sul nulla costituiscono ormai un vero e proprio genere letterario, in Eurozona. Notare che la tabella di marcia prevede nel 2016 un debito-Pil pari ad un enorme 175 per cento.
...
Previsto anche un allungamento fino a 15 anni della durata dei prestiti concessi alla Grecia dal fondo salva-stati EFSF ed una “vacanza” sul pagamento degli interessi di dieci anni. Interessante il fatto che il comunicato dell’Eurogruppo sostenga che questo intervento non modificherà il rating dell’EFSF, che è “supportato dalle garanzie degli stati membri”. Vedremo se le agenzie di rating saranno d’accordo.
...
Da ultimo, la Grecia creerà un conto segregato in cui affluiranno i proventi delle mitologiche privatizzazioni (se e quando), l’avanzo primario (se e quando) ed il 30 per cento di avanzo primario eccedente il 30 per cento dell’obiettivo (fantascienza purissima). Previsti anche “tagli automatici” (sic) alla spesa pubblica greca in caso di scostamento dagli obiettivi.
...
In base ai nuovi accordi, ed al nuovo tasso di favore concesso alla Grecia sui 110 miliardi della prima tranche, Italia e Spagna si troveranno ad avere un rendimento su tali prestiti nettamente inferiore a quello che è il costo della loro raccolta."

(phastidio.net)

In pratica prendiamo a prestito al 5% per aiutare anche la Grecia, e ne otteniamo in cambio molto meno. Che affaroni si fanno in Europa!

Ma tutto bene. Anche l'Ocse approva la strada intrapresa dall'Europa (dicendoci però che è un completo disastro, viva la coerenza). La crisi greca si avvita sempre più senza soluzioni. La Spagna è sempre più in disfacimento, e pare che la Francia riuscirà a nascondere le sue miserie ancora per poco.

Dell'Italia inutile parlarne, il nostro sistema politico è entrato in fibrillazione elettorale: i media parlano solo più di elezioni, e i problemi dell'economia sembrano di colpo scomparsi. Persino Monti che fa "cucu" da Fazio e minaccia un suo secondo esecutivo passa quasi inosservato. Quando ci presenteranno di nuovo il conto? Di sicuro nel 2013, e il governo Monti non lascerà nessun tesoretto in eredità, ma solo problemi insormontabili.

La Merkel vorrebbe mantenere l'intera Europa in questa apnea artificiale fino alle elezioni tedesche: a settembre 2013. Auguri Angela.

martedì 27 novembre 2012

L'immagine della politica





Due immagini in particolare della giornata di domenica mi sembrano paradigmatiche della situazione politica italiana:

1) Matteo Renzi che ringrazia dal palco i suoi sostenitori del comitato elettorale in visibilio per il risultato delle primarie, come un laburista o democratico anglosassone;

2) Emilio Fede che presenta il suo partito personale ad un teatro vuoto, nemmeno i parenti a sostenerlo.

Queste due immagini sono estremamente rappresentative del quadro politico italiano.

Comincio da quella più patetica:
nel pomeriggio un anziano giornalista, quasi rovinato dal vizio del gioco, grande amico e sostenitore di Berlusconi, si inventa fuori tempo massimo il suo partito "del predellino", emulo del Cavaliere. Un fallimento già alla presentazione. Un piccolo fallimento che dovrebbe fare riflettere Berlusconi, l'eterno rifondatore di partiti.

Berlusconi che privo di idee, si appresta ad affondare quel poco che rimane del centro destra, per andare verso una nuova avventura senza speranza. Per fare poi le stesse cose che vogliono Casini, Montezemolo e quasi tutto il Pdl: cioè sostenere il Monti bis. A che pro affannarsi tanto?

L'immagine di Renzi festante sul palco, attorniato da molto entusiasmo, ha molti significati. Anche se come euro-scettico non condivido le idee di Renzi (un blairiano con vent'anni di ritardo), mi pare che i sentimenti che gravitano attorno al sindaco fiorentino, siano opposti a quelli plumbei e confusi che permeano l'altra parte politica. Si tratta di sentimenti positivi, si tratta dell'energia che sostiene e pervade quella parte d'Italia che si sta allontanando dalla vecchia politica. Perché Renzi che fa le primarie del Pd, senza nemmeno un accenno ai colori e il simbolo del Pd, appartiene alla nuova politica, al confine dell'antipolitica.

Il primo significato dell'immagine di Renzi sicuro e felice sul palco, è certamente quello della rottamazione del vecchio Pd degli ex comunisti. Il suo programma di rottamazione, indubbiamente sta avendo successo, anche se non vincerà le primarie. Più di un terzo di simpatizzanti di centro sinistra condivide la sua istanza di rinnovamento. E questo è un campanello d'allarme per Bersani e soci. E' un grimaldello conficcato nella pancia del vecchio partito di derivazione comunista.

E' sintomatico che dopo Letta che parlava per tutto il Pd, con un discorso breve e poco coinvolgente, sia apparso Renzi che con grande intelligenza strategica è salito sul palco facendo un discorso appassionante e ringraziando tutti, anche gli avversari.
Letta invece era "freddamente" felice per la grande partecipazione. Ma sorrideva a denti stretti. Era sufficiente vedere il volto contrito, e sentire le giravolte intellettuali della Bindi su Rai 3 per capire lo spavento che sta prendendo il gruppo dirigente piddino.

L'altro significato manifestato dall'entusiasmo che attorniava Renzi è più generale e riguarda tutta la politica italiana. Gli italiani sono pronti a tornare al voto, a ridare fiducia alla politica, solo a patto che questa si rinnovi radicalmente. E radicalmente significa, in profondità mai sondate prima. Non basta più cambiare nomi e colori dei simboli dei partiti. L'entusiasmo per la politica ritorna solo se questa verrà rappresentata dai Renzi, forse dai formattatori del Pdl, ma sicuramente da Grillo e dal M5s.

E' un chiaro messaggio ai Bersani, D'Alema, Bindi, Finocchiaro ecc., ma indirettamente anche ai Berlusconi, Fini, Casini, Rutelli ecc.
Il Cavaliere attendeva il risultato delle primarie per capire cosa fare con la sua ridiscesa in campo: devo dire che questo risultato non lo aiuta per niente. Bersani ha vinto, ma non nettamente, non convintamente. Ha vinto anche la voglia di rinnovamento, la voglia degli italiani di facce e idee nuove. E da qui alle elezioni questo sentimento sarà sempre più forte.
E' meglio se il Cavaliere ci ripensa e si ritira definitivamente dalla politica attiva.

lunedì 26 novembre 2012

Gli immarcescibili



Sono un elenco di italiani potenti e mediaticamente esposti, immarcescibili in quanto già imbalsamati da viventi. Occupano il potere e l'economia, facendo slalom fra televisioni e tribunali. Fra affari poco puliti e adulatori che li amano incondizionatamente.
Sono le varie mummie viventi dei nostrani faraoni con i conti alle Caiman: Berlusconi, Montezemolo, Briatore e i loro visir. Ma anche quelli meno sfacciati, meno plastificati, ma ugualmente attaccati a poltrone e potere che non lasceranno fino a quando non esaleranno l'ultimo respiro.

Alcuni rifuggono la notorietà, ma non possono rinunciare a decine di incarichi e prebende, che un comune mortale non potrebbe umanamente sopportare. Un esempio è il presidente Imps Mastrapasqua, che pare assommi 25 incarichi di rilievo in altrettanti enti e società. Un uomo per tutte le stagioni, che si arrampica un po' a destra e un po' a sinistra.

Questi è il degno rappresentante di immarcescibili minori, quei dirigenti d'azienda, che giunta l'età della pensione, non si rassegnano ad abbandonare il loro piccolo potere. E rientrano nelle aziende con incarichi di consulenza, magari sommando carichi di lavoro superiori a quelli avuti durante la loro attività lavorativa precedente. L'Italia della disoccupazione, è piena di questi soggetti sempiterni, che si sentono indispensabili, e non riescono a fermare la loro ingordigia di potere e denaro. Le aziende dovrebbero appoggiarsi a buoni psicologhi per cercare di rieducare a un sano riposo questi soggetti malati.

E poi ci sono i politici immarcescibili con l'aria seriosa, politicamente corretti, ma che continuano ad occupare poltrone o ambiscono ad occuparle eternamente. Anche se ormai sono scialbi, non hanno più nulla di interessante da dire, da proporre: i migliori rappresentanti della categoria sono Casini, D'Alema e Bindi. Così seri, indignati e nel contempo con un vuoto spinto di idee.

Ma Berlusconi rimane sempre il campione supremo degli immarcescibili. Anche a livello fisico, è il più mummificato della serie. Si è allontanato dal potere per un anno, causa Monti. Ora vuole tornare ad affollare il campo della politica insieme a decine di movimenti centristi dediti all'immobilismo, tra cui sgomitano reazionari vecchi con idee rilucidate, e reazionari giovani con idee stravecchie. Tutti che si aggrappano a Monti come un salvagente, nessuno che abbia un'idea vera per uscire dal casino in cui si trova l'Italia.

Come ha detto saggiamente V. Andreoli, psichiatra, Berlusconi dovrebbe andare a curare un campo di fiori, e giocare con i suoi nipoti, cercando di non traviarli. E invece no, un uomo che ha più ville (quindi giardini) di capelli veri in testa, si incaponisce con il teatrino malato della politica. Perché? Perché continua ad annoiarci con le sue arringhe inconcludenti?

"Ma Silvio Berlusconi di andare per la sua strada lo aveva già deciso, dicono i fedelissimi «da almeno un mese». Nonostante la contrarietà della famiglia, degli amici più cari come Briatore che - raccontano - lo seduceva con il Kenya proprio per distoglierlo da un'impresa che tanti consideravano troppo rischiosa. Ma lui no, il progetto di tornare in pista non lo ha mai abbandonato. E lo ha comunicato ufficialmente ad Alfano solo qualche giorno fa. Perché «non mi fido più di loro, di chi mi ha voltato le spalle, di chi non ha riconoscenza» e nemmeno di chi ha preferito ascoltare i consigli «di la Russa e Gasparri» anziché i suoi: «L'avevo detto ad Angelino che così andava a sbattere. Lo avevo avvertito». Ai suoi interessi - ha confidato ai fedelissimi - preferisce «pensarci da solo: se ci sarà da trattare per un nuovo governo, e un Monti bis potrebbe essere un'ottima soluzione, lo farò io, non altri che potrebbero accordarsi tra di loro per farmi fuori...»."
(www.corriere.it)

Se fossi in Alfano, convocherei un congresso del partito per cacciarlo, esattamente come fece lui con Fini (un altro immarcescibile...). Ma i dirigenti del Pdl soffrono della "sindrome di Stoccolma", sono prigionieri del loro leader e nello stesso tempo pendono dalle sue labbra pronti a cambiare idea ad ogni cambiamento d'umore del Cavaliere. Lo adorano in modo acritico, rinunciano a se per la sua gloria.

Probabilmente ci sono i nostalgici di Berlusconi. Fra poco sicuramente usciranno i sondaggi della nuova formazione berlusconiana, che daranno dei risultati lusinghieri. Non ne dubito. Ma a cosa serve un altro partito del 10% per esempio, se non ad aumentare la litigiosità dei partiti?
Perché tutti i milionari italiani che ambiscono a fare politica, continuano a fondare movimenti e partiti? Perché non si iscrivono invece a quelli già esistenti e non cercano di scalarli e cambiarli, come si fa in tutti gli altri paesi?

Berlusconi in realtà non vuole un partito. Vuole dei dipendenti, un'azienda politica da dirigere a suo piacimento. Ora che il Pdl ha deciso di perseguire la strada di una flebile democrazia interna, cercando di diventare veramente un partito, Berlusconi non lo accetta. Lo vive come un affronto alla sua leadership, come un tradimento.

Ma la lotta di Berlusconi è ormai patetica, e se i dirigenti del Pdl lo cacciassero, o lo lasciassero andare per la sua strada, non ci perderebbero molto. Berlusconi lotta miserabilmente contro il tempo, come un Don Chisciotte alle prese con le pale dei mulini. Vorrebbe far tornare le lancette indietro di vent'anni, rifare Forza Italia, con società civile e professori di contorno, inutili e decorativi, in quanto poi fa ciò che gli pare. Non è una lotta politica, non porta nuove idee, è solo una lotta personale per mantenere un suo residuo potere politico. Null'altro.

Tenta di sconfiggere il tempo in tutti i modi, anche trattando in modo ridicolo il suo corpo. Tingendosi i capelli, reimpiantandoseli e truccandosi il volto, come un vecchio attore che continua ad andare in scena rubando le parti di protagonista agli attori più giovani. E' un uomo senza più uno straccio di dignità personale: si maschera per negare e negarsi la verità dell'età, non è in grado di mantenere un'idea e la parola data che per pochi giorni. A cosa serve un uomo ridotto così all'Italia. Anche volendo apprezzare quello che fece e disse quindici anni fa, oggi anche il suo più fedele ammiratore deve ammettere che il Cavaliere è più utile a riposo che in campo politico attivo.

Alle elezioni del 2008 non andai a votare. Berlusconi era dato per sicuro vincente, gli avversari del centro sinistra si presentavano con un bilancio fallimentare. Già nel 2008 avrei voluto uno scontro di idee nuove. Già nel 2008 avevamo bisogno dei Renzi, Alfano, Meloni, Civati, Serracchiani, ecc. ma non nelle retrovie, ma sul ponte di comando. Ebbi un rifiuto, un blocco psicologico. Non si poteva affidare il paese a vecchietti e meno vecchi.
Alle prossime elezioni, per fortuna si affacceranno alla ribalta politica, volti nuovi, idee nuove e andrò volentieri a dare il mio contributo di cittadino elettore. Naturalmente, volti e idee che non apparterranno ai vecchi partiti, ancora guidati dalle solite antiche mummie immarcescibili.

domenica 25 novembre 2012

Il Piemonte sprofonda nella depressione



Non solo la città di Alessandria. Non solo Torino il cui sindaco è impegnato in una gimcana per evitare il commissariamento. Tutta la Regione Piemonte è in una situazione sempre più critica, sia a livello amministrativo che produttivo.

“Secondo l'ultima verifica della Corte dei Conti depositata nell'agosto scorso, si legge che «L’esercizio finanziario 2010 si era chiuso con un disavanzo (- 614.892.358,38) che non è stato assorbito nell’esercizio 2011. Quest’ultimo esercizio si è chiuso con un disavanzo (-484.615.722,77) che appare diminuito rispetto a quello dell’esercizio precedente. Dai dati che precedono il risultato negativo del 2011 sembra ascriversi alla sempre più ampia differenza fra residui passivi e residui attivi che indica la mancata corrispondenza fra la diminuzione delle risorse e quella delle spese, mantenute in misura maggiore rispetto ai finanziamenti disponibili». Secondo la Corte dei Conti il debito totale della Regione Piemonte ammonta a 6,44 miliardi di euro. Un dato inferiore alle stime del governo regionale, ma che, udite udite, secondo uno studio recentemente elaborato dal Centro Pio La Torre è identico a quello siciliano (circa 10 miliardi, ndr).”
(www.linkiesta.it )

Sprechi, corruzione, festini? E' probabile che una quota di sciupio, come le trasferte gonfiate dei consiglieri regionali, ci sia stata. Dai rendiconti dell'assemblea regionale si riscontra comunque che non tutti, per fortuna e per decenza, partecipavano a questo furto mascherato da legalità.
La situazione non era così smaccata e volgare come nella Regione Lazio.

Il Piemonte forse muore di welfare. Muore di sanità per Prima cosa, che assorbe più dell'80% del bilancio regionale. Anche qui ci sono stati sprechi? indubbiamente, ma non a livello di altre regioni. La sanità in Piemonte non avrà l'eccellenza della lombarda, ma é comunque un servizio che funziona.

“l'assessore alla Sanità, Paolo Monferino, ha dichiarato in commissione: «Non è possibile che in Piemonte ci siano più reparti di emodinamica che in Scozia», perché non riesce a sperare la muraglia cinese che si erige, ogni volta che cerca di accorpare reparti, ridurre i costi, abolire i piccoli ospedali. «La sanità è diventato un capro espiatorio della crisi della Regione» ha raccontato a Linkiesta il dirigente di un'azienda sanitaria.

«Secondo i miei calcoli la sanità ha un disavanzo di un solo miliardo e allora il problema non è tanto quello della sanità, ma piuttosto il debito complessivo della Regione», anche se ammette che la sanità registra un profondo squilibrio. «Ci sono 20 reparti di emodinamiche costruite per pressioni del mercato sanitario, di cui molte superflue» continua, «ma nel frattempo state ridotte drasticamente le cure domiciliari agli anziani non autosufficienti. E infatti ora c'è una lista di attesa 30 mila persone. È questo crea un rilevante congestione negli ospedali e pronto soccorso, dove gli anziani vanno a chiedere assistenza e cura».”

(www.linkiesta.it )

Chi ha avuto la sfortuna di dover transitare per ospedali o altre strutture sanitarie piemontesi, ha a volte riscontrato piccoli disservizi. Ma nel complesso non si può dire che il servizio sanitario sia scadente. Anzi molto spesso ho riscontrato nella mia modesta esperienza, un'ottima conduzione. La sensazione è di avere a disposizione medici ed infermieri preparati e disponibili sia nelle strutture pubbliche che nelle private. Locali con una manutenzione discreta, attrezzature non nuovissime ma all'altezza di un paese civile.

Anche negli altri campi in cui la Regione ha competenza, come quello dei trasporti, si potrebbe fare di più. E' evidente. Ma non si possono non valutare positivamente tutti gli sforzi che le varie amministrazioni hanno fatto per cercare di servire tutti i territori.

Anche nei trasporti, si rischia il crack, ma almeno in questo campo il Piemonte non è solo. Lo Stato centrale blocca i trasferimenti già promessi per i trasporti locali. Ora sembra ne sbloccherà una quota, che consentirà ai treni di viaggiare per qualche mese.

Ma intanto lo Stato provoca con i suoi interventi continue crisi locali: sono state abolite le Comunità Montane, ma ora non si sa che fare dei loro dipendenti. Dovrebbero essere a carico della Regione, ma pare che questa non sia in grado di pagare gli stipendi. Il governo taglia, ma scarica tutto sugli enti locali.

Che succede allora? Cos'ha l'amministrazione piemontese che non va? dice linkiesta:

“...dubbi sulla gestione di una Regione, che ha compiuto un miracolo tripartisan. Accumulando debiti durante la gestione del PDl con Enzo Ghigo, raddoppiati durante il governo di Mercedes Bresso. E ulteriormente aumentati con l'arrivo della giunta leghista, …Nel frattempo secondo i dati di Bankitalia il Piemonte ha un tasso di disoccupazione preoccupante: 9,1% nei primi sei mesi dell’anno a fronte del 7,5% dell’analogo periodo 2011 e al 4,7% nel primo semestre 2008. Sono in calo sia in contratti a tempo indeterminato (-7,1%) sia quelli a termine (-1,7%). Unica eccezione il lavoro intermittente o a chiamata (+38,9%) che rappresenta l’8,4% delle assunzioni di lavoratori dipendenti (era pari al 3,1% nella prima metà del 2009. Con una previsione di calo produttivo per le imprese per il 2013 del 25% .”
(www.linkiesta.it )

Succede che il welfare costa caro, e malgrado tagli a destra e sinistra, in Piemonte, non ce lo possiamo più permettere. E non possiamo probabilmente, per una ragione geografica: i piemontesi pensano di essere ancora al nord italia, ma sono invece cittadini di una regione depressa del sud Europa. Da grande regione industriale, oggi è una regione sempre meno manifatturiera. C'è sempre meno lavoro, soprattutto del tipo tradizionalmente piemontese, quello in fabbrica. Il Pil regionale è crollato da tempo.

L'industrializzazione piemontese ha una storia che inizia dalle parti di Cavour. Non più politicamente centrale, il Piemonte divenuto italiano si tuffa nella modernità. Meccanica, auto, ferrovie. Dal Piemonte inizia l'elettrificazione d'Italia, arrivano i primi telefoni. Nel distretto d'Ivrea inizierà l'informatizzazione dell'Italia. La radio trasmissione intesa come attività di informazione e divulgazione, nasce a Torino. 

Le vallate alpine sono ormai ricche di archeologia industriale. Luoghi dove negli anni 70' si incontrava una fabbrica ogni 5 Km sono diventati deserti produttivi, nemmeno riciclabili per il turismo.

La pianura era disseminata di grandi apparati produttivi. Città industriali all'interno delle città. Luoghi infernali da vivere ma che davano lavoro a migliaia di piemontesi ed immigrati.
Dei grandi apparati produttivi in Torino resiste solo la Fiat di Mirafiori, a un regime di funzionamento minimo. Un solo cancello su dieci vede ancora transitare operai e automobili.
Tutti gli altri stabilimenti in Torino o sono scomparsi o scompariranno nelle varianti urbanistiche. L'industria nel capoluogo è decimata, nelle altre province vivacchia. Si salva solo la Nutella.

Tutto il mondo produttivo del nord-ovest comincia ad arrestarsi a metà anni 80'. Iniziano le grandi crisi dell'auto che cominciano a falcidiare le piccole fabbriche dell'indotto.
La Fiat è stata per il Piemonte un'opportunità, e nello stesso tempo una maledizione. Con il tempo tutto o quasi l'apparato produttivo piemontese ha cominciato a gravitare attorno alla casa automobilistica, e quindi a diventare Fiat dipendente. Gran parte della voglia di intraprendere dei piemontesi è stata assorbita dall'indotto Fiat.

Molto spesso anche in modo malato. Quante "boite" (le fabbrichette piemontesi) sono state aperte da parenti ed amici di dirigenti Fiat, che pertanto avevano commesse garantite, in spregio a qualsiasi conflitto d'interesse? Il lavoro era garantito ma molto spesso a scapito della qualità.
Oggi che la Fiat è più americana che piemontese, l'indotto delle fabbrichette, le varie "boite" zoppicanti, o vivacchiano o sono state chiuse. Alcune sono riuscite a svincolarsi dalle commesse Fiat. Molte lavorano per esempio per la Wolkswagen.

La nuova gestione Marchionne ha fatto piazza pulita dei conflitti di interesse dei vecchi dirigenti. Ma i buoni propositi hanno incrementato la desertificazione produttiva. Marchionne in realtà sta facendo piazza pulita della Fiat torinese.
Sono rimaste in piedi per un po' le fabbriche che costruiscono impianti produttivi per altre industrie. Altra eccellenza piemontese, che purtroppo sta subendo un tracollo, vittima della concorrenza dei paesi emergenti.

Anche il terziario sta lasciando o ha lasciato il Piemonte. Il grande centro finanziario propulsore del Piemonte, la storica e potente Banca S. Paolo è ora milanese e si chiama Intesa.
La Telecom aveva sede a Torino, ha traslocato da tempo. Le strutture torinesi dell'Eni se ne andranno nei prossimi anni. Rimane solo più l'eccellenza dell'industria aero-spaziale, che comunque è un'industria di nicchia. Non rimane che sopravvivere con cioccolatini gianduiotti e turismo invernal-museale.

Oggi la grigia Torino delle ciminiere, è alla ricerca di una vocazione turistica. Invece delle auto, vende cultura, o almeno cerca di farlo. Naturalmente gli introiti non potranno mai più essere gli stessi. Il museo egizio non è come gli Uffizi.

Il Piemonte è stato una fucina di idee di successo, ma i piemontesi non sono stati in grado di trattenere e gestire le proprie capacità innovative. Non hanno saputo dare il giusto valore alle loro idee, come invece hanno sempre saputo fare i lombardi. Ora la situazione è una "tabula rasa", non rimane più quasi nulla. I piemontesi dovranno di nuovo reinventarsi se vorranno entrare nel nuovo millennio camminando e non strisciando.

La situazione economica piemontese è sempre più drammatica. La sua tradizione imprenditoriale, un tempo forte nel campo della meccanica, sembra si stia estinguendo. Fare concorrenza alla Cina è impossibile. Si deve prendere atto che quando le cose andavano bene, era perché la Cina eravamo noi.

Tutto si intreccia, attività privata e pubblica. Non ho stime, ma ritengo che la base fiscale regionale del Piemonte si restringa sempre più. A danno quindi anche dell'amministrazione, che può fare affidamento sull'Irap, sull'addizionale Irpef (in Piemonte già molto alta) e a una compartecipazione sull'Iva. Tutte imposte strettamente legate alla salute dell'economia territoriale.

Se dovesse fallire la Regione, si avrebbe un ulteriore aggravio di una situazione già tesa. E probabilmente si avvierebbe un domino che provocherebbe l'ulteriore caduta di quel poco che è rimasto in piedi.
I piemontesi potrebbero reagire molto male alle prossime elezioni. Forse per questo la pericolante giunta Cota rimane in sella:

“Cota ha perso per strada 5 consiglieri del gruppo Progett'azione, già fuoriusciti dal Pdl,
...
È così il governo regionale è andato sotto. Ed è stato salvato dai voti del Pd, che ha tenuto in vita la giunta Cota, salvo poi chiedere una verifica per capire se ci sia ancora una maggioranza in grado di governare, così giusto per ricordare che il Pd è pur sempre un partito di opposizione. Ora il futuro politico della giunta, già logorata dai conflitti interni alla Lega e con il Pdl, è appesa a un filo. Il castello di sabbia può essere cancellato da un'onda anomala in ogni momento. Ora che si deve mettere mano ai conti, cercare di ridurre il debito di 10 miliardi di euro, ogni provvedimento finirà in un vicolo cieco perché, per avere la maggioranza, il consiglio regionale dipenderà da un voto solo, quello di Michele Giovine, il consigliere eletto con la lista dei Pensionati per Cota, condannato in secondo grado per firme false alla presentazione delle liste elettorali nel 2010. Oppure dai consiglieri di Progett'azione, usciti dalla maggioranza, che voteranno sui singoli provvedimenti. O dalla "magnanimità" del Pd, che dichiara di voler essere responsabile, ma in realtà teme, come il governatore Cota, una crisi di maggioranza che li riporterebbe alle elezioni, dritti in pasto alla rabbia dei cittadini contro la classe dirigente, che ha demolito la stabilità economica di una Regione, ormai considerata la prima del Sud al Nord.” 

(www.linkiesta.it )

M. Bresso, il candidato governatore di centro sinistra contro Cota, ricorda amaramente di aver perso le elezioni a causa di Grillo. E all'epoca l'M5s aveva percentuali ad una cifra. Evidentemente ora la paura di una grande affermazione dell'antipolitica è ancora più forte. I partiti tentano l'estrema sopravvivenza, anche a costo di sostenersi a vicenda tra avversari.

sabato 24 novembre 2012

La Germania ignora Bagnai



Interessante l'articolo tradotto su Voci dalla Germania proveniente dal Financial Times Detschland (vocidallagermania.blogspot.it). Già nel titolo riassume tutto: "Germania drogata di export".

Il giornalista mette in evidenza tutte le deficienze delle menti economiche tedesche. Non si sa se per ignoranza, o per malafede, ma gli esperti di economia tedeschi, evitano accuratamente di parlare del sistema mercantilistico della Germania e del problema dello sbilanciamento delle partite correnti all'interno della zona euro (evidenziato negli studi del prof. Bagnai).

Inoltre mette in evidenza un altro problema, a cui forse noi italiani non pensiamo perché troppo penoso, ma che presto si ritorcerà contro i tedeschi stessi. Non essendo l'euro una moneta svalutabile da alcuni paesi, come il nostro che ne avrebbe bisogno, la Germania ci sta imponendo una deflazione interna. Che in pratica consiste in una diminuzione di prezzi e costi nei paesi dell'Europa del sud. Compresi i nostri stipendi.

Pertanto:
"Detto senza mezzi termini: ci si doveva chiedere, come farà la Germania a crescere se il processo di aggiustamento nel sud Europa andrà avanti e i paesi del sud aumenteranno gradualmente la loro competitività? Perfino Frau Merkel ha annunciato in tempi recenti: il costo per unità di prodotto in alcuni paesi sta scendendo, ci sono buone ragioni per sperare. A cosa dovrebbe servire una riduzione dei CLUP se non alla riduzione dei prezzi e al raggiungimento di un avanzo commerciale con l'estero? Se i paesi in crisi dovessero ridurre i loro deficit, allora il piu' importante paese esportatore non potrà contemporaneamente mantenere i suoi avanzi. A meno che non si trovi nel mondo un paese disponibile ad accettare una posizione di deficit con un'Eurozona fortemente in attivo. Un paese del genere, come dimostrato dalle recenti discussioni nel G20, purtroppo ancora non esiste."

Se noi brutti Piigs riduciamo le nostre pretese, riduciamo i nostri stipendi, sicuramente diventeremo un temibile concorrente per la Germania. E allo stesso tempo diventeremo dei cattivi importatori dei loro prodotti troppo cari per noi. Dove lo trovano un altro paese pronto ad indebitarsi per acquistare il surplus d'esportazione tedesca?

E qui casta l'asino. Manca sempre il solito "convitato di pietra": il mercato interno accompagnato da sorella "sostenibilità".

"Di conseguenza una riduzione dell'enorme avanzo tedesco è inevitabile. E il contributo al PIL proveniente dall'estero dovrà necessariamente scendere. Se la Germania vuole avere ancora crescita e piu' posti di lavoro, dovrà superare lo scoglio del contributo negativo alla crescita dato dal commercio estero. Ma cosa potrebbe succedere ad un paese per il quale il Consiglio di Saggi prevede un avanzo con l'estero invariato, una buona situazione del mercato del lavoro, un aumento delle retribuzioni del 2% e una crescita del reddito disponibile complessivo del 2.5%? E questo con un aumento dei prezzi al consumo dell'1.8%? La risposta è semplice: non può funzionare.

Per poter sostenere l'effetto negativo della riduzione delle esportazioni sul lungo periodo, in Germania la domanda interna, vale a dire consumi e investimenti, dovrebbe crescere ad un tasso completamente diverso da quello attuale. Per stimolare i consumi, i redditi delle famiglie private dovrebbero crescere molto piu' di quanto è accaduto nell'ultimo decennio. Se i salari crescessero ad esempio del 5% annuo per i prossimi 10 anni, i settori che producono per il mercato interno riceverebbero un forte stimolo e potrebbero attrarre investimenti. Con l'aiuto degli investimenti pubblici si potrebbe avere un aumento della produttività chiaramente superiore all'1.5%, che negli ultimi anni è stato la norma. Anche in termini reali si avrebbe un aumento della domanda interna. Nonostante il contributo negativo esterno, si avrebbe una crescita rimarchevole con la creazione di nuovi posti di lavoro.
...
Ma questo è vietato dalle leggi sul contenimento del debito pubblico (Schuldenbremse). Contare su una autonoma ripresa degli investimenti delle imprese, invece, è fuori dal mondo."

Tutto il "mondo è paese" verrebbe da dire. Il contenimento del debito pubblico impedisce ovunque di fare investimenti statali (sia mai, parole sataniche) e di riavviare l'economia del vecchio continente.

Concluderei con questa frase lapidaria ed efficace del medesimo articolo:

"E' palese: senza la droga degli avanzi commerciali con l'estero, la Germania non ha un modello economico plausibile."

venerdì 23 novembre 2012

300 milioni per Torino


E' una corsa contro il tempo quella della municipalità di Torino per evitare il commissariamento o peggio il default. Il tempo massimo è di 40 giorni.

Si tratta dei soliti 300 milioni che ballano sul bilancio comunale, che già al momento dell'approvazione del medesimo erano parsi incerti a molti commentatori.

"Il Comune di Torino ha approvato il bilancio previsionale 2012. I numeri sono preoccupanti: il debito sale a 4,5 miliardi di euro, i tagli alla spesa pubblica sono esigui, si fa troppo affidamento sulle dismissioni immobiliari e la cassa è vuota. Come se non bastasse, ci sono 300 milioni di anticipo tesoreria approvati sulla base del bilancio 2010, già finito sotto osservazione da parte della Corte dei Conti. "
(www.linkiesta.it)

Per l'amministrazione di Fassino la cifra necessaria per evitare di infrangere il patto di stabilità una terza volta, è inferiore ai 300 milioni. Per i consiglieri del M5s in realtà il bilancio contiene ulteriori errori e la cifra necessaria sarebbe superiore ai 400 milioni.

"Entro il 29 scadranno due partire. La cessione del 28% di Sagat (aeroporto Caselle ndr), base d'asta quasi 59 milioni, e sono quattro i soggetti che hanno manifestato l'interesse a partecipare alla "fase 2": Sintonia, gli attuali soci privati Benetton, F2i, fondo guidato da Vito Gamberale, Equiter, gruppo IntesaSanpaolo, e Tecnoinvestimenti, riconducibile alla Camera di Commercio di Torino. E il prezzo di vendita si abbasserà molto. ... Altra partita è la vendita dell'80 per cento di Trm (termovalorrizatore ndr) e del 49 per cento di Amiat (rifiuti ndr), rispettivamente 150 e 30 milioni di euro di valore a base di gara. Nessuno ha presentato offerte, anche se un comunicato ufficiale di Iren spiega che "considerate le condizioni poste a base di gara, la società ha deciso di non presentare offerta confermando comunque l'interesse per l'operazione ritenuta di valore strategico ed industriale per il gruppo".
...
Poi c'è Gtt (trasporti locali ndr): serve un passaggio in Sala Rossa, per modificare lo statuto e andare a trattativa negoziata con TreNord e Arriva. Entro oggi è stato chiesto alle "società quali profili di governance apparirebbero ostativi per un'offerta", ha spiegato Fassino. Per recuperare i quattrini il Comune non si può accontentare di chiudere solo due partite, seppur di peso, come Gtt e Trm. E deve incassare entro fine anno. Niente scappatoie, tipo prestiti ponte da parte di istituti bancari."

(torino.repubblica.it)

Sia come sia, l'esempio di Torino spiega in modo esemplare qual'è il progetto montiano, e più in generale delle élite europee, riservato alle amministrazioni locali. Obbligarle a vendere, meglio se svendere, i loro gioielli di famiglia e i servizi erogati. Anche le città, le Province e le Regioni dai "compro oro".

L'idea è lasciare agire il mercato in ogni ambito, anche nei servizi di base. Il mercato si autoregolerà, ma naturalmente in modo selvaggio. Sopravviveranno solo i servizi remunerativi. Per esempio servizi di base come trasporti e raccolta rifiuti potrebbero o non essere più garantiti a tutti o diventare gestioni pericolose.

I trasporti, sono un tipico esempio di servizio sociale, che difficilmente può fare degli attivi. Le attività di trasporto collettivo private, a partire dalla ferrovie del Far West statunitense, sono state un susseguirsi di fallimenti. Distese di binari nel nulla che dovevano portare progresso, e molto spesso hanno comportato solo enormi danni ambientali.

Anche oggi i trasporti di base, forniscono un servizio che ricade in buona parte sulle casse pubbliche. Se dovessero sostenersi con il solo costo del biglietto, questo diventerebbe così salato che ben presto i pendolari sarebbero costretti ad usare mezzi alternativi o trasferirsi. La rarefazione degli utenti ben presto provocherebbe la chiusura di servizi ferroviari e bus.

Chi crede che tutto possa essere demandato al privato, non ha ancora capito che lo Stato non è un'azienda, e non può essere considerata tale. Molti servizi erogati dallo Stato non sono remunerativi, e per la loro funzione sociale, vanno erogati in perdita. Il privato ha interesse a fornire il servizio dove c'è una utenza numerosa e anche disposta a spendere. Di certo nessuno vorrebbe fornire servizi di trasporto in quartieri scomodi da raggiungere, poco abitati o magari malfamati dove pochi pagano il biglietto. Lo Stato deve farlo comunque. O almeno fino ad oggi doveva. Da domani anche lo Stato sarà autorizzato ad abbandonare i suoi cittadini meno fortunati.

Per la raccolta rifiuti, potrebbero anche esserci delle controindicazioni sul piano della sicurezza collettiva. Le discariche e gli inceneritori in mano a privati potrebbero essere gestiti in modo spregiudicato e produrre inquinamenti pericolosi pur di fare profitti. L'industria italiana ci ha fornito e ci fornisce numerosi esempi di profitto ai danni della salute: Terni è l'esempio più recente e macroscopico. Non è quindi un esercizio di inutile allarmismo il pensar male in queste circostanze.

L'idea, la filosofia di base delle nostre élite è quindi molto ben delineata. Lasciare ogni attività al mercato, privatizzare tutto. Non importa se poi i ceti più popolari non potranno permettersi i servizi di base. L'importante che lo Stato sia snello e poco costoso. E che i soliti quattro banchieri e finanzieri possano mettere le mani sulle aziende pubbliche depredate alla collettività. E che quindi da monopoli pubblici diventino monopoli privati a vantaggio dei soliti.

Una visione miope e destabilizzante. Miope perché come al solito, i promotori del libero mercato, lo considerano come ad una divinità immanente pronta a concedere i suoi favori, se solo viene pregata nel modo giusto. 
Invece il mercato siamo noi. Il mercato sono i lavoratori. I lavoratori sottopagati d'Italia ed Europa non possono essere massacrati di bollette e ticket in perenne rialzo per pagare i servizi finiti in mano privata. Il serbatoio non è illimitato, prima a poi si esaurisce (manca poco ormai).
Il mercato poi è fatto da cittadini con un lavoro: mettere le aziende pubbliche in mano privata vuol dire spesso lasciare a casa migliaia di lavoratori.

I fautori del libero mercato, in realtà odiano la loro creatura mitologica. Continuano infatti ad affamarla. Il mercato interno europeo è sempre più asfittico, a causa della delocalizzazione produttiva in paesi poveri, ai licenziamenti, alla riduzione dei salari a livelli da fame ecc. Come pensano i fautori del mercato libero che questo possa continuare a funzionare, se gli si toglie l'ossigeno?

Possibile che siano così stupide le nostre guide politiche ed economiche? forse la risposta è si. E forse non si rendono ben conto della destabilizzazione sociale che stanno per provocare. Se ne renderanno conto quando cominceranno a risorgere i patiboli a loro riservati, in mezzo alle piazze. A quel punto le nostre Marie-Antoniette da operetta tenteranno inutilmente di distribuire brioche, ma sarà troppo tardi.

giovedì 22 novembre 2012

Centrodestra rapito dagli Ufo


Formigoni da Parigi conferma quello che ormai era più di un sospetto.
Il centro destra italiano è misteriosamente scomparso, forse in un buco nero galattico, forse proprio rapito dagli Ufo.

In realtà forse l'immaginazione di alcuni gioca brutti scherzi. L'ex capo del centro destra, tal Berlusconi Silvio, non è stato rapito dagli alieni, ma da tale alienato Briatore in una sperduta località kenyota.

Questo tizio può apparire un alieno, un abitante di disco-terrazze con champagne incorporato al tavolo, perennemente immerso in una deleteria atmosfera di irrespirabile reaganismo anni ottanta. In realtà sotto il pareo è perfettamente disumanizzato.

Ci sono complottisti che vedono Ufo ovunque. Hanno ragione. Gli alieni sono fra noi: l'ultimo arrivato ha il nome che che si confonde un comodino del settecento, o un bollitore russo per il the. Tal Samorì piovuto improvvisamente da qualche remota galassia direttamente qui sulla Terra. E' venuto a predicare ad ignari pensionati in "gita delle pentole". E' un succhiatore di cervelli tramite tubo catodico. Poveraccio. E' in ritardo di venti anni. La sua astronave si è fermata troppo a lungo all'autogrill marziano. Non ci sono più tubi catodici e nemmeno cervelli da succhiare.

Come se di alieni vecchio stile non mancassero. Come Ignaazio, arrivato lustri fa dalle profondità degli inferi. O le Sant'anche ma meglio di no, arrivate dal pianeta Papalla di Plaplastica. O gli alieni spaesati, questi si alienati veramente, che erano condannati da forze imperscrutabili a fare i ministri: il lato oscuro della forza impediva a Bondi di svitarsi dalla poltrona.

Non solo alieni, ma anche altri prodigi sono avvenuti nel centrodestra: improvvise materializzazioni di case a minacciare la serenità di ignari servitori della patria. Un intero alloggio teletrasportato da una gigantesca Enterprise si è palesato di fronte al monumento rappresentativo dell'italianità: il grande spartitraffico Colosseo. Che scherzo da extraterrestri! Un attacco ai simboli patrii in piena regola.

"Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi..." E no signor droide. Ormai ne abbiamo viste di tutti i colori, anzi continuiamo a vederne. La sai l'ultima Roy Batty? Ora ci governa un tuo simile. Ben fatto, niente da dire, sembra proprio umano. Lo tradisce solo un po' la voce meccanica... Probabilmente il circuito vocale è stampato in uno scadente stabilimento di Shanghai. Scherzi della globalizzazione spaziale.

Ma il centro destra tornerà dallo spazio profondo? Chi può dirlo, forse questo è solo l'inizio di un esodo definitivo. Il 16 dicembre ci sarà la sfida finale degli "alieni fra noi" a colpi di fendenti laser. Chi sopravvive vince un viaggio premio nel deep purple elettorale. Una tonnara rosso sangue che falcidierà gli ultimi appartenenti al centro destra non ancora rapiti dagli alieni.

La precoce dipartita di questo aggregato artificioso di pseudo droidi a valvole malfunzionanti, impomatati di cerone come automi del settecento, preparerà la strada ai casaleggi Dart Fener, lugubri e sobri come iettatori partenopei, e ai grilleschi Joker al pesto dal sagace ghigno satanico. Un'allegria mortifera, ma forse espiatoria e necessaria, per noi terrestri della specie peggiore, quella italica.

La Francia: malato vero



La cura Hollande finora non ha funzionato. Il problema è che non può funzionare, perché come dice Phastidio.net, nessuna cura in un singolo paese può avere successo:

"...questi elementi di negatività sistemica sono (per definizione) fuori dalla portata dei singoli paesi, e che quindi (come detto sino alla nausea) nessun paese ne uscirà da solo, con buona pace di chi passa le giornate a proporre soluzioni miracolose per l’Italia."
(phastidio.net)

Ma al di là delle cause della crisi, che sono monetarie e delle partite correnti sbilanciate all'interno della disomogenea zona euro, la situazione francese è molto più preoccupante di quanto appaia dai media main stream italici:

"Qualche numero. Da quando Francois Hollande è al potere, sembra che Oltralpe la giustizia sociale trionfi e il Paese prosperi. Sapete quanto porterà nelle casse dello Stato la demagogica tassa del 75% sui redditi milionari? Duecento milioni di euro. Vi sembra una cifra risolutiva? Direte voi, almeno è un segnale. Verissimo ma la Francia, i cuginetti spoccchiosi, hanno bisogno ben’altro che di un segnale.

Qualche dato, dal settore privato d’Oltralpe, reso qualche settimana fa. Un barometro dell’economia reale francese è la vendita di nuove automobili registrata attraverso l’immatricolazione: bene, a settembre si è registrato un crollo del 18,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, trend in accelerazione e che vede il dato year-to-date, ovvero da inizio anno ad oggi, in calo del 13,9%. Insomma, numeri peggiori del settembre 2008, quello maledetto del crollo Lehman e i peggiori in assoluto dall’inizio della crisi. Fiat va male? Certo ma PSA Peugeot Citroen, leader del mercato francese, come va? Un calo solo del 5% a settembre grazie all’introduzione del nuovo modello compatto Peugeot 208 ma year-to-date il dato ci dice che le vendite sono giù del 18,4%, mentre Renault fa peggio: -33,4% il dato di settembre, mentre quello da inizio anno ci dice -19,8%. E i competitor europei, come si comportano sul mercato francese? Volkswagen -17,4%, quasi stesso dato per Bmw e Mercedes mentre General Motors (Opel, Chevrolet) ha registrato un -20,8%, Ford -31,5% e Fiat -38,4%. Accipicchia, vuoi dire che c’è la crisi anche in Francia!? E i veicoli industriali, barometri dell’economia reale? I light utility, i furgoni per capirci, -12,5% mentre quelli sopra le 5 tonnellate -20,1%. Insomma, senza aiuti di Stato si affoga: peccato che gli aiuti non si sa da dove possano arrivare, stante la necessità del governo di ridurre i deficit o, quantomeno, evitare che si espandano a dismisura. Nel 2005, PSA e Renault assemblavano insieme qualcosa come 3,2 milioni di veicoli in Francia, lo scorso anno meno di 2 milioni e quest’anno andrà ancora peggio.

Ma andiamo oltre. L’indice manufatturiero MPM è crollato a 42,7 a settembre, peggior dato dall’aprile 2009: peggio ha fatto solo la Grecia, anche la Spagna è andata meglio di Parigi. Male anche l’export ma peggiore è il dato del mercato interno. I nuovi ordinativi sono al minimo dal marzo 2009 e questo pesa anche su un’altra voce: la disoccupazione. Il tasso è ormai al 10,6%, mentre quella giovanile è al 25,2% e in rapida ascesa, con più di 3 milioni di posti di lavoro bruciati dal 1999 ad oggi. ArcelorMittal, il più grande produttore di acciaio del mondo, chiuderà due fornaci nel Paese, nonostante proclami e minacce di Hollande. E la piccola e media impresa non sta meglio, visto che il dato della fiducia nel mese di settembre è crollato a 84, il peggior dato dal 1992: solo ad aprile era a 129. E questo tenendo conto che il settore privato conta solo per il 44% del’economia francese, mentre il 56 per cento è rappresentato da spesa pubblica."

(www.rischiocalcolato.it)

Mentre la tassa sui milionari con aliquota del 75% "... sta già innescando un bel crollo del mercato immobiliare di pregio, visto che i cittadini più abbienti stanno vendendo le case e monetizzando l’asset immobiliare, spostando se stessi e il loro denaro all’estero. ... Insomma, non solo i centri del business ma anche paradisi fiscali e del riciclaggio di denaro. Ma, colmo dell’Europa unita, anche Bruxelles, sede del Parlamento Ue, è molto appettita, grazie a una legge che rende la tassazione molto bassa per quanto riguarda la tassa di successione verso i figli attraverso un trust, ovviamente con il ricco genitore in vita e con conto corrente molto in salute , sottolinea Demeure, il quale conferma di ricevere ormai una richiesta al giorno di messa in vendita di abitazioni o residenze di lusso.

Bene, quale effetto ha già avuto questa fuga di massa, scatenata dalla politica fiscale di Hollande? Il prezzo medio degli appartamenti più grandi e di pregio a Parigi è già calato del 5%! ... Tanto più che se si innesca una bolla immbiliare al ribasso, colpisce a cascata tutti: comprese le abitazioni meno di pregio comprate con mille sacrifici da cittadini con redditi normali, gli stessi di cui Hollande vorrebbe essere il Robin Hood."

(www.rischiocalcolato.it)

In pratica l'economia francese si sta avvitando molto più in fretta di quel che presumevo. Ha un bel da dire il ministro dell'economia che la Francia è la quinta potenza economica mondiale, anche perché questa frase (quinta, quarta, sesta...) l'abbiamo già sentita innumerevoli volte in Italia. Come anche la frase che la ricchezza degli italiani vale 2 o 3 volte il debito pubblico. Sono frasi fatte che non dicono nulla e non risolvono alcun problema, perché è inutile essere la quinta potenza industriale del mondo se poi le nuove produzioni rimangono a prendere polvere nei piazzali delle fabbriche. Senza sbocchi, senza mercati, la potenza industriale scompare velocemente. E il Pil precipita. E le entrate fiscali calano.

L'economia francese si sta avvitando esattamente come quella italiana guidata dal merkeliano Monti. E questa è la miglior prova del fatto che non sono politiche di destra, sinistra o tecniche a cambiare le cosa. Ma piuttosto la situazione dell'architettura monetaria ed economica dell'euro. E' l'euro che non funziona.
Ma la Francia che va male, è una buona notizia per noi. Non ora con Monti, ma nel 2013 con un nuovo Parlamento la nostra politica ha la possibilità di cercare un alleato nella Francia per addomesticare la Germania, che non ha capito o non vuole capire qual'è il vero problema europeo.

mercoledì 21 novembre 2012

Fusione tra scienza e religione


Lo studio della fisica quantistica, a mio parere, non potrà che portare un giorno ad oltrepassare i confini fra le due filosofie dominanti il credo umano: quella religiosa e quella scientifico-materialistica. La fisica quantistica, con le sue leggi "contronatura", sforna continuamente teorie che vanno ad invadere campi religiosi e filosofici, proponendoci una cosmologia dove il singolo dipende dal tutto ed il tutto dal singolo.
Ora arriva questa interessante visione scientifica dell'anima, nientemeno che dal fisico inglese Penrose, che da anni si dedica a studi e teorie riguardanti il tempo:

"La fisica quantistica potrebbe spiegare l'esistenza dell'anima e le “Esperienze di premorte”. La Teoria Quantistica della Coscienza

Una teoria rivoluzionaria sostiene che l'anima umana è una delle strutture fondamentali dell'Universo e che la sua esistenza è dimostrabile grazie al funzionamento delle leggi della fisica quantistica. Con la morte fisica, le informazioni quantistiche che formano l'anima non vengono distrutte, ma lasciano il sistema nervoso per essere riconsegnate all'Universo.

Due fisici quantistici di fama mondiale, l'americano dott. Stuart Hameroff e l'inglese Sir Roger Penrose, hanno sviluppato una teoria che potrebbe dimostrare definitivamente l'esistenza dell'anima. Secondo la Teoria Quantistica della Coscienza elaborata dai due scienziati, le nostre anime sarebbero inserite all'interno di microstrutture chiamate “microtubuli”, contenute all'interno delle nostre cellule cerebrali. La loro idea nasce dal considerare il nostro cervello come una sorta di “computer biologico”, equipaggiato con una rete di informazione sinaptica composta da più di 100 miliardi di neuroni . Essi sostengono che la nostra esperienza di coscienza è il risultato dell'interazione tra le informazioni quantiche e i microtubuli, un processo che i due hanno definito “Orch-OR” (Orchestrated Objective Reduction).

Con la morte corporea, i microtubuli perdono il loro stato quantico, ma le informazioni in essi contenute non vengono distrutte. In parole povere, più legate ad un linguaggio tradizionale, l'anima non muore, ma torna alla sua sorgente. “Quando il cuore smette di battere e il sangue non scorre più, i microtubuli smettono di funzionare perdendo il loro stato quantico”, spiega il dott. Hameroff, professore emerito presso il Dipartimento di Anestesiologia e Psicologia e direttore del Centro di Studi sulla Coscienza presso l'Università dell'Arizona. “L'informazione quantistica all'interno dei microtubuli non è distrutta, non può essere distrutta, ma viene riconsegnata al cosmo”.

“Quando un paziente torna a vivere dopo una breve esperienza di morte, l'informazione quantistica torna a legarsi ai microtubuli, facendo sperimentare alla persona i famosi casi di premorte”, continua Hameroff. La grande portata di questa teoria è evidente: la coscienza umana, così intesa non si esaurisce nell'interazione tra i neuroni del nostro cervello, ma è un informazione quantistica in grado di esistere al di fuori del corpo a tempo indeterminato. Si tratta di quella che per secoli le religioni hanno definito “anima”.

Questa teoria scientifica si avvicina molto alla concezione religiosa orientale dell'anima. Secondo il credo buddista e induista, l'anima è parte integrante dell'Universo ed esiste al di fuori del tempo e dello spazio. L'esperienza corporea (o anche terrena, materiale), non sarebbe altro che una fase dell'evoluzione spirituale della coscienza umana. Ma anche le religioni del libro, quali l'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islam, insegnano l'immortalità dell'anima. Chissà che questa teoria non possa aprire una nuova stagione di confronto positivo tra la ragione e la fede, la religione e la scienza."


martedì 20 novembre 2012

Sgambetto all'austerità


Sentendo nell'intervista a Renzi la sicumera delle sue parole, su ciò che farà, su chi “non manderà” in Parlamento, su chi saranno gli alleati e come li disporrà come fossero pedine degli scacchi in suo potere, e avendo sentito interviste di altri protagonisti della politica italiana, sembra proprio che questi abbiano intenzione di fare un brutto scherzo alla finanza internazionale (finalmente!).

Mi pare che alla fine rimarrà il “Porcellum”, una legge elettorale sbagliata, poco democratica, ma che permette un forte bipolarismo. E quindi limita tantissimo i giochi dei partiti minori e del Presidente della Repubblica in Parlamento dopo le elezioni. Ci sarà una specie di accordo interpartitico per mettere il bastone nelle ruote nel meccanismo studiato dal duo Monti-Napolitano. Probabilmente per non scontentare del tutto Monti, gli si proporrà la presidenza della Repubblica, un modo gentile per metterlo da parte definitivamente.

Nel contempo, la politica tenta di rilanciarsi, con la faccia pulita delle primarie e il movimentismo. E' una scommessa di rilancio che può anche fallire, poiché la popolazione italiana è al limite della sopportazione. Siamo stati bombardati da scandali e delegittimazione della politica. Molti partiti sono stati erosi, dimezzati, o rischiano l'estinzione.

Con le primarie qualcosa la politica guadagnerà in popolarità. Ma purtroppo lo farà a livello molto superficiale, perché non mi pare che al centro dei dibattiti sia presente il nostro attuale problema centrale: l'euro e l'Europa. E se viene trattato, lo si fa in modo superficiale e dedicandogli la stessa importanza, lo stesso tempo di altri argomenti riguardanti la scuola, la società, la famiglia, la spesa pubblica... come fosse quasi un argomento marginale.

Anche perché Pd e Pdl temono, trattando il tema Europa, di essere irriguardosi verso la tecnocrazia internazionale e quindi di compromettere la loro stessa esistenza. Temono che si orchestri una campagna internazionale contro di loro. Questo timore, è una certezza per il Pdl, infatti molti suoi esponenti sono più realisti del re. Cioè Monti.
Ma anche nel Pd c'è questo timore: si vocifera che in ambienti esteri non si vorrebbe un governo Bersani-Vendola, troppo distante dall'agenda Monti.

C’è un mondo, più in particolare, che non ritiene che il prossimo esecutivo possa essere presieduto da un esponente del centrosinistra: peggio ancora se ex comunista. Non è una novità perché, fino alla caduta del Muro, questa era una regola non scritta (pur se talvolta perfino scritta...). Ma il Muro è crollato un quarto di secolo fa: e Pier Luigi Bersani - nonostante fosse rimasto colpito da alcuni segnali ricevuti fin dalla ripresa dopo la pausa estiva - davvero non immaginava che potesse esser riproposto una sorta di veto simile.”

Quindi, con tutti i limiti del caso, la politica tenta di affrancarsi da un anno di sospensione della democrazia con Monti, e liberarsi delle catene della sua maledetta agenda. I politici penso siano convinti, che dopo le elezioni, l'Europa sarà costretta a prendere atto della situazione e anche a piegarsi un pochino ai voleri dell'Italia. Che la Merkel potrà strillare quanto vuole, ma un compromesso anche con questi politici “inaffidabili” lo dovrà trovare, se non vorrà far saltare l'euro.

E' una posizione condivisibile, ma i politici italiani avrebbero dovuto giungere a queste posizioni prima. Ora la popolazione è incollerita e probabilmente il circo delle primarie non basta più.
E mantenere il “Porcellum” è anche un alto esercizio di equilibrismo, dal punto di vista dei vecchi partiti. E' già stato scritto che una vittoria del M5s non è per niente impossibile.

In questo caso la rivoluzione parlamentare sarebbe così profonda, che probabilmente lascerebbe interdetti tutti. Dai media istituzionali italiani, ai tecnocrati della finanza europea. La mediazione diverrebbe ancora più difficile, l'Italia rischierebbe l'isolamento (ma ci siamo abituati con Berlusconi) e l'Europa rischierebbe la sua esistenza così com'è ora. Già in Europa ci sono forze centrifughe come quella inglese che vorrebbero uscire, e forze centripete come per esempio quelle tedesche nei confronti della Grecia, se si aggiungesse un isolamento italiano, accanto ad un disincanto francese, di questa unione non resterebbe più nulla.

Per questo i partiti tradizionali sembrano dire alla Germania: è meglio se vi beccate ancora noi, altrimenti vi ritroverete Grillo, e con lui le mediazioni saranno ancora più complicate, forse impossibili.

lunedì 19 novembre 2012

La Francia resiste



Dopo il paranoico ministro tedesco Dr-Strangle-Schauble (“Default is non only possible... it is essental!”) che voleva scrivere la manovra della Francia, anche la “Perfida Albione” nei giorni scorsi ha messo in imbarazzo il Presidente ed il governo francese spiattellando su The Economist la “bomba francese” con tanto di baguette-tritolo pronte ad esplodere nel cuore dell'Europa.
Una Francia, che naturalmente come tutte le economie fortemente intrecciate d'Europa, risente negativamente della politica di austerità feroce nei paesi del sud.

Subito il governo francese ha replicato risentito alla ricerca di The Economist:

Il Ministero dell'Economia Pierre Moscovici ha espresso questa mattina su un altro istituto della stampa economica britannica, il Financial Times .
Il ministro risponde che "la Francia non è il malato d'Europa. La Francia è la quinta economia nel pieno possesso delle sue risorse, ma deve ritrovare la sua competitività ". Insolita ammissione, il ministro ha riconosciuto che "fino a 15 giorni fa, il discorso prevalente era che la Francia era il paese campione per le tasse. La gente ha detto che dobbiamo fuggire, via, via." Ma è meglio dire che "lo spirito è cambiato" dopo la presentazione del patto di competitività. "Ora lo spirito è più costruttivo, gli imprenditori dicono di voler investire e creare posti di lavoro" in Francia.

Pierre Moscovici ha detto che la Francia «non applica le stesse riforme della Spagna o dell'Italia perché non siamo nella stessa situazione, non abbiamo le stesse debolezze. Quindi dovremo riformare il paese alla “Francese” con le misure più ambiziose che nessun governo ha ancora applicato. " Il ministro insiste sul fatto che "la Francia ha un potenziale reale, non è un'economia indebolita e senza un soldo. La questione è se siamo in grado di mobilitare le nostre forze per riconquistare la nostra forza economica ".”

Nel video in alto la risposta dell'intellighenzia della sinistra francese (e forse dell'italiana censurata) su quali siano i pensieri che percorrono le teste pensanti dei vertici dello Stato francese.
L'idea dominante è quella di respingere la politica di austerità tedesca, e la politica di svalutazione competitiva interna (riduzioni dei salari) imposte all'Europa. Politiche sbagliate e nefaste. Su questi argomenti la Francia tenta una resistenza ad oltranza, che probabilmente la metterà sempre più in contrasto con la Germania.

Ma si riconosce anche una certa impossibilità e difficoltà a sfuggire da certi vincoli europei ereditati e dalla morsa della crisi, a cui la Francia reagisce con le stesse armi di Monti, cioè aumento della tassazione. Facendo rischiare anche alla Francia un pericoloso avvitamento in picchiata.
Insomma un bel inghippo da risolvere per Hollande, che proprio per queste contraddizioni e incapacità di trovare una vera strada alternativa, ha perso molto appeal sia dentro che fuori la Francia.

Ma la nostra speranza di italiani è anche riposta in una guerra economica franco-tedesca, che metta in tutta evidenza le contraddizioni ed i pericoli dell'austerità. Purtroppo non vedo in Hollande la forza necessaria per capeggiare un'alleanza di questo genere, a cui peraltro un governo Monti in perpetua adorazione della Germania, non aderirebbe mai. Monti non rinnega l'austerità, è solo alla ricerca di qualche modesta scappatoia che gli possa evitare la richiesta di aiuti e gli possa dare un minimo di crescita del Pil. 

domenica 18 novembre 2012

Israele prepara un casino mondiale


Non è tanto per gli attacchi su Gaza che può scatenare tutta una serie di prese di posizione in favore dei palestinesi, quanto per l'insieme del piano che credo stia attuando, in attesa del colpo grosso.

Credo che l'attacco a Gaza faccia parte del piano di intervento militare prossimo sull'Iran. Gli israeliani vogliono probabilmente essere certi di non avere armi iraniane puntate nel giardino di casa proprio mentre i loro caccia fanno migliaia di chilometri alla ricerca dell'atomica iraniana.

Non so se è veramente così, ma la sensazione e quella. Del resto Israele non aspettava altro che fossero chiuse le elezioni presidenziali americane, perché i loro maggiori protettori, gli avevano imposto di non compromettere la campagna con una guerra complicata in Medio Oriente.

"L'esercito israeliano si appresterebbe ad entrare a Gaza in questo fine settimana. Lo riporta il Times, citando alti ufficiali delle forze armate. Uno di questi - secondo il giornale - ha confermato l'ordine alle truppe di prepararsi «con il più alto grado di speditezza». Intanto nella notte sono proseguiti i bombardamenti al confine con la striscia di Gaza. In sei ore, «l'esercito israeliano ha colpito 85 nuovi siti terroristici»"
(www.corriere.it)

Così ora Israele bombarda le postazioni missilistiche della "Striscia di Gaza" e poi effettuerà anche un'occupazione temporanea dei territori palestinesi, per il tempo necessario a far volare i suoi caccia sulla Persia. Caccia che si sono già addestrati alcune settimane fa in Ciad del sud su batterie antimissile da quelle parti.

Quello che traspare fra le righe di un articolo del Telegraph inglese, non è del tutto chiaro. Da un lato si afferma che il regime iraniano ha utilizzato il combustibile nucleare per scopi civili, dall'altro che non tutto si sa dell'effettiva produzione d'uranio in Iran:

"L'Iran è pronto a espandere notevolmente il suo arricchimento di uranio in un impianto sotterraneo dopo aver installato tutte le centrifughe che il sito è in grado di contenere, secondo un nuovo rapporto degli osservatori nucleari delle Nazioni Unite.

Uno sviluppo che rischia di alimentare l'allarme occidentale su obiettivi nucleari di Teheran, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica ha detto che una serie completa di centrifughe in numero di quasi 2800 erano state installate a Fordow, sepolte in profondità all'interno di una montagna nei pressi della antica città di Qom.

Teheran potrebbe presto raddoppiare a 1.400 il numero di centrifughe in grado di produrre 
uranio arricchito al 20 per cento, che è prossimo al grado di raffinazione per armi nucleari.

Il rapporto dice che il regime islamico ha prodotto circa 233 kg di grado più elevato di uranio arricchito di Fordow dal 2010, appena meno della quantità necessaria per il nucleo di una testata nucleare.

Con l'installazione di tutte le centrifughe che possono stare a Fordow, gli iraniani hanno aumentato la loro capacità di correre verso il traguardo di costruire un'arma nucleare. Ha inoltre prodotto 43 kg di uranio arricchito al 20 per cento da agosto.

Ma Teheran non sembra anche aver deciso di fare il tratto finale per costruire una bomba, e sembra intenzionato a mandare segnali contrastanti sulle sue intenzioni.

Ha trasformato 96 kg di kg 233 in combustibile nucleare da utilizzare per un reattore di ricerca medica, aumentando considerevolmente il tempo che ci vuole per costruire una bomba.

Israele, pur riservandosi il diritto di fermare gli impianti nucleari iraniani, ha quindi messo in chiaro che un raid non è imminente, e Barack Obama, fresco di rielezione, questa settimana ha detto che crede ancora ci sia una "finestra di tempo" per trovare una soluzione pacifica al lungo braccio di ferro con l'Iran.

Il rapporto dell'AIEA ha evidenziato altre sfide però, dicendo che a causa delle "attività spot" in una base militare a Parchin, la "capacità di condurre una verifica efficace" 
dell'agenzia era stato "gravemente compromessa".

Teheran ha sempre insistito sul fatto che il suo programma nucleare ha solo scopi pacifici, anche se un punto di riferimento in una relazione 
AIEA di un anno fa, riferiva di elementi che avevano innegabilmente "dimensione militare", comprese le attività a Parchin."

Fordow o Parchin? credo che sui taccuini degli aviatori israeliani sia segnata la seconda località.

Quello che preoccupa di più è il silenzio assordante del regime iraniano. Cosa stanno preparando? E' impossibile che non reagiscano, anche se probabilmente non riusciranno a difendere pienamente le loro postazioni, centrali e basi atomiche. Ma anche questo non è nemmeno da escludersi, hanno avuto tutto il tempo per prepararsi all'eventualità. Ma la vera ritorsione potrebbe essere di tipo terroristico, e qui a farne le spese sarebbero cittadini americani, israeliani ed occidentali in genere sparsi in tutto il mondo.

Un prezzo in vite umane elevate che temo, sia già stato messo in conto dalle amministrazioni Usa e israeliane, pur di eliminare la minaccia nucleare in mano iraniana. Minaccia comunque ormai non più estirpabile, in quanto,  quando un paese ha raggiunto una certa tecnologia e l'ha sperimentata, anche se non la utilizzerà più, avrà sempre le capacità di riportarla in vita.

E' auspicabile che questa volta l'Italia se ne resti fuori da questo pantano mediorientale-statunitense.