martedì 3 dicembre 2013

Si moltiplicano gli allarmi

R. Shiller

Le cose vanno male, e lo sappiamo. Ma perlomeno non sembra così grave, visto che le borse crescono e gli immobili, in alcune nazioni (Germania, Inghilterra, Usa...), tornano a crescere di valore. Ma la paura di una nuova grande crisi persiste.
Nell'immediato gli esperti di economia e finanza cominciano ad avvisare che sarebbe meglio saltare giù dal treno in corsa, piuttosto che cadere giù nel burrone:

"Potrebbe "andare a finire male". Il premio Nobel per l'economia Robert Shiller, americano specializzato nel mercato del mattone, è convinto che un rialzo esagerato dei prezzi immobiliari e azionari potrebbe creare una "pericolosa bolla finanziaria".
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"È ancora presto per mandare il segnale di allarme. Ma in molti mercati finanziari i livelli di prezzo sono troppo elevati e vedo un rincaro pericoloso dei mercati immobiliari", si legge sullo Spiegel magazine. "Potrebbe andare a finire male".
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"Sono preoccputato in particolare dal boom del mercato azionario Usa. Anche perché in confronto l'economia reale è ancora debole e vulnerabile""

(www.wallstreetitalia.com)

Mentre ci stiamo nuovamente distraendo con crisi politiche caserecce, con personalismi arrembanti, con politici che ambiscono a raggiungere il vertice... delle macerie italiche, fuori da questo manicomio, incombono nuove pericolose crisi:

"... preferisco concentrarmi sull’ennesima tempesta in un bicchier d’acqua che prima o poi tornerà ad essere tempesta perfetta, l’ennesima brezza autunnale che si trasformerà in tornado estivo…Subprime is back! Subprime MBS With a Govenment Guarantee | Beat the Press

In America oggi è tutto subprime, dai prestiti degli studenti agli affitti, dai nuovi crediti al consumo sino alle nuove concessioni di mutuo, supportate dagli acquisti della Federal Reserve.
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… le ultime norme proposte legislative consentirebbero nuovamente alle banche di avere lo stesso incentivo, come negli anni della bolla immobiliare, a mettere la spazzatura residua o nuova dei mutui subprime nei pacchetti dei titoli MBS.
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Per comprendere quello che sta in realtà accadendo, basti pensare che per facilitare ulteriormente questo revival dei mutui subprime si sta assistendo allo sventramento della legge in questione che obbligava le banche a chiedere alla SEC di scegliere un’agenzia di rating per dare una valutazione alle nuove emissioni di titoli MBS
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l’emendamento è stato sostituito solo dall’incarico alla SEC di studiare il problema e dopo due anni e mezzo la SEC ha pubblicato il suo studio ed essenzialmente ha concluso che la questione eccede la propria competenza."

(icebergfinanza.finanza.com)

E poi i Simpson parlano male del nostro Parlamento...

"Avete capito bene ci hanno messo due anni e mezzo per far finta di comprendere che la questione non è di loro competenza mentre le banche hanno continuato ad impacchettare mutui subprime e la FED con il quantitative easing si è riempita mensilmente di spazzatura, dando liquidità in cambio di puro organico."
(icebergfinanza.finanza.com)

Ma se il mercato immobiliare preoccupa di nuovo il suo massimo studioso americano Shiller, quello azionario non preoccupa meno. Malgrado i continui quantitative easing della Fed, probabilmente si sta esaurendo, più dei dollari (sempre più carta straccia latente), la fiducia nella buona riuscita di queste politiche.

"La frase non lascia adito a interpretazioni soggettive. "Siamo alla vigilia di unoshock deflazionistico". A proferirla è Russell Napier, consulente presso CLSA-Asia Pacific Markets, tra i principali gruppi di servizi finanziari e broker indipendenti sull'azionario della regione Asia-Pacifico.

Tale shock, precisa Napier, "ridurrà probabilmente le valutazioni dell'azionario da livelli molto alti a livelli molto bassi. (...) Ogni investitore deve decidere per sé quando vorrà lasciare questo party particolare. Il consiglio è quello di lasciare ora, visto che è sempre più probabile che il presentarsi di un evento (ad hoc) sarà l'elemento catalizzatore che trasformerà le aspettative inflazionistiche in aspettative deflazionistiche".

Di fatto, "in un momento in cui i prezzi stanno già scendendo in tutto il mondo, bisogna attendersi il verificarsi prima o poi di un grande evento che colpirà il mercato del credito".
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Il punto è che "l'inflazione è scesa all'1,10% negli Stati Uniti e fino allo 0,7% in Eurozona (anche se i dati di novembre hanno messo in evidenza un recupero del tasso allo 0,9%), e noi siamo ora pericolosamente vicini alla deflazione (...). Gli investitori stanno guardando con favore all'impatto diretto del QE sulle valutazioni dei titoli, ma stanno ignorando il suo fallimento nel riuscire a produrre una crescita nominale del Pil
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"Quando l'inflazione americana scese sotto l'1% nel 1998, nel 2001-02 e nel 2008-09, gli investitori che puntano sull'azionario fecero pronte a perdite importanti. Se un simile shock deflazionistico ci dovesse colpire ora, quelle perdite sarebbero esacerbate, dal momento che le risposte monetarie a disposizione sono molto più limitate che in passato".

Il rapporto di CLSA consiglia agli investitori di focalizzarsi su tre "Superindici" che indicano l'arrivo di una deflazione: i prezzi del rame; le aspettative sull'inflazione misurate dalla differenza tra i rendimenti dei Treasuries a cinque anni e quelli protetti dall'inflazione (i TIPS); e lo spread sui corporate bond con rating BAA.

Di fatto, "con l'inflazione americana già pericolosamente bassa, una flessione significativa dei prezzi del rame indicherebbe un forte shock deflazionistico. Gli investitori dovrebbero vendere le azioni se il tasso di inflaione implicito dei TIPS a cinque anni scendesse dall'1,86% attuale all'1,50% o più in basso, o se lo spread sui corporate bond BAA salisse dall'attuale 262 a 300 punti base o oltre".

(www.wallstreetitalia.com)

Tutti continuano a dire che l'azionario è salito troppo, che i prezzi delle case stanno di nuovo salendo troppo, persino il Sole24ore di qualche giorno fa si poneva dei dubbi sulla durata della festa in borsa. E' molto probabile che la bolla salti, con effetti drammatici su tutta l'economia planetaria. Prendiamo il nostro paese per esempio, oggi stritolato dai trattati europei. Cosa accadrebbe nel caso scoppiasse una nuova devastante crisi subprime con ricadute sullo spread, sull'industria residua, sul Pil già martoriato? Altro che ritorno alla lira, si ritornerebbe ai dobloni, agli aurei romani. Qualunque carta moneta fiat varrebbe quanto quella del monopoli. Il dollaro in caduta si trascinerebbe dietro anche l'euro.

E per il futuro post bolla cosa dobbiamo aspettarci? altre bolle e altre cadute secondo L. Summers:

"le argomentazioni a favore di una "stagnazione secolare" ... sono state presentate di recente con grande foga in uno dei consessi più rispettabili che si possano concepire: la grande conferenza annuale del Fondo monetario internazionale.
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A illustrare queste argomentazioni è stato niente meno che Larry Summers.
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Summers ha esordito sottolineando un punto che dovrebbe essere ovvio, ma di cui di fatto spesso non si tiene conto: la crisi finanziaria che ha avuto inizio con la Grande Recessione è ormai acqua passata. In verità, in base alla maggior parte degli indicatori, è finita oltre quattro anni fa. Nonostante ciò, la nostra economia continua a essere depressa.

Summers ha poi illustrato un altro punto collegato a quello: prima della crisi abbiamo avuto una grossa bolla immobiliare e del debito. Eppure, nonostante quella grossa bolla abbia incrementato notevolmente la spesa, l'economia nel suo complesso andava soltanto così e così: il mercato del lavoro era ok, ma non eccellente. E il boom non è mai stato potente a tal punto da determinare una significativa pressione inflazionistica.
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abbiamo un'economia la cui condizione normale è di domanda inadeguata - quanto meno è di lieve depressione - e riesce ad avvicinarsi soltanto un po' alla piena occupazione quando è trainata dalle bolle.
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Si pensi all'indebitamento delle famiglie rispetto al loro reddito. Quel rapporto dal 1960 al 1985 è rimasto più o meno stabile, mentre è andato aumentando rapidamente e inesorabilmente dal 1985 al 2007, quando la crisi ha colpito.

Eppure, perfino quando le famiglie sprofondavano nei debiti, nel complesso la performance della nostra economia in quel periodo è rimasta mediocre nel migliore dei casi, e la domanda non ha dato segni di andare oltre l'offerta. Se guardiamo al futuro, ovviamente sappiamo di non poter tornare indietro ai tempi di un indebitamento in costante aumento. Tuttavia, ciò significa una più debole domanda dei consumi. Senza quest'ultima, come si immagina di poter tornare alla piena occupazione?

Di nuovo, l'evidenza suggerisce che noi abbiamo un'economia la cui condizione normale è di lieve depressione, e i cui brevi momenti di crescita si verificano soltanto grazie alle bolle e a un indebitamento insostenibile.

Perché mai accade ciò? Una delle risposte possibili è la lenta crescita della popolazione.
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Ormai, però, tutto ciò appartiene al passato. E gli effetti sono evidenti: perfino all'apice dellabolla immobiliare non abbiamo costruito neppure lontanamente il numero di case che furono costruite negli anni Settanta.
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Perché tutto ciò dovrebbe essere importante? Uno dei motivi è che i banchieri centrali devono smettere di parlare di "exit strategy". L'"easy money", il denaro facile, dovrebbe restare con noi - e probabilmente resterà - per molto tempo ancora.
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Più in generale, se la nostra economia ha una tendenza costante alla depressione, vivremo sotto le regole contrarie dell'economia
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nella quale i tentativi di risparmiare di più (compresi i tentativi di ridurre i deficit di bilancio) fanno stare peggio tutti quanti - per molto, molto tempo.
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So che molte persone detestano sentir parlare di queste cose, che colpiscono il loro senso di onestà, offendono il loro stesso senso etico."

(www.wallstreetitalia.com)

Maledetta domanda. E' sempre lei a mancare. I liberisti la snobbano ma la cercano anche sotto i sassi, i keynesiani la esorcizzano ma aspettano che scenda dal cielo come la manna di Mosè.
Forse sarà necessario compiere un'ulteriore rivoluzione: dopo aver abbattuto l'assolutismo regio e portato la democrazia negli Stati, è ora di fare lo stesso nelle aziende.

Un mio vecchio pallino, che ora ho scoperto avere anche una certa validità accademica.

"È anche piuttosto interessante andare a vedere quale sia la soluzione che Wolff propone per risolvere il problema. Dopo aver sacramentato per pagine e pagine contro Keynes, colpevole, a suo avviso, di aver aiutato il capitalismo a tenere insieme i propri cocci, l'amico Wolff giunge alla conclusione, alla proposta. E qual è, questa proposta? La transizione da un sistema "capitalista" (di Stato, cioè keynesiano, o privato, cioè neoclassico) sarebbe assicurata, "a livello microeconomico", dalla sostituzione dei tradizionali consigli di amministrazione con consigli di fabbrica. I lavoratori, diventando amministratori di se stessi, distribuirebbero il surplus (i guadagni di produttività, diciamo così - suscitando le ire dei puristi) in modo meno iniquo: cioè tirerebbero la coperta dalla parte loro (cosa giusta e sacrosanta). Naturalmente, se i lavoratori diventassero "their own board of directors", il tradizionale conflitto fra capitale e lavoro scomparirebbe, e questo sarebbe un passo decisivo verso una ulteriore democratizzazione della società. Tutto scritto qui, leggere per credere."
(goofynomics.blogspot.it)

Quando non ci sarà più grande differenza tra capitalista puro, manager e operaio/impiegato, allora gli interessi di tutti questi soggetti convergeranno, e anche le differenze di reddito andranno ad attenuarsi. Accanto ad un modo diverso di formarsi dell'offerta, ci sarà un rafforzamento della domanda.
Ma il professor Bagnai si pone degli interrogativi al riguardo dell'attuazione, che non comportano risposte semplici:

"La terapia mi lascia un po' perplesso, perché la vedo sottoposta a due ovvie obiezioni:

1) e se ci dicono di no?

2) e i soldi chi ce li mette?

Cioè, come funziona? Ci svegliamo un giorno, andiamo al lavoro, e diciamo agli amministratori: "Scusate, andatevene a casa, che ora decidiamo noi". Loro se ne vanno, e gli azionisti come la prendono? E le banche cosa fanno? Ah, certo, ma nel frattempo avremo fatto lo stesso anche nelle banche. In simultanea. Be', certo... Son quelle cose un po' così, come avere la luna in trigono con Venere, Mercurio in quadratura con Saturno e Giove in opposizione con Marte: opportunità che si presentano (se possibile) una volta nella vita, e che sarebbe in effetti stupido non sfruttare.

Ragazzi, non so come dirvelo: io vorrei tanto credere che sia possibile avere un mondo migliore... Ma se le proposte sono queste, alla fine preferisco rendere meno peggiore quello nel quale sono nato. Mi scuserete, oppure, deponendo linguaggio liturgico e puzza sotto il naso, mi direte dove sbaglio, e io cercherò di capirlo..."
(goofynomics.blogspot.it)

E certo non è uno scherzo. Comunque la rivoluzione per eccellenza l'hanno fatta per primi i francesi, non in simultanea in tutta Europa. Poi la moda si è diffusa. Non ce li vedo comunque gli operai Fiat montare la ghigliottina a Mirafiori e decapitare Marchionne. 

Penso piuttosto a nuove aziende (tipo startup) che nascono in un garage come fece con l'Apple ai suoi tempi Job giovane. Aziende che nascano con l'obiettivo di non avere dipendenti ma solo soci. Non avendo fra i piedi contratti sindacali, ma solo contratti societari fra lavoratori manuali ed intellettuali conditi da democrazia interna, potrebbero crescere velocemente superando la concorrenza di quelle a conduzione tradizionale imbalsamate in pastoie sindacali. 
Potrebbe accadere o è solo utopia? Io credo che prima o poi accadrà. Non c'è nemmeno bisogno di creare normative ad hoc, quelle societarie odierne vanno già più che bene.

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