lunedì 12 maggio 2014

I liberisti sfrenati cercano colpevoli ovunque...


Ma non vedono la causa principale della crisi e della somma di tutte le crisi. Così si guardano attorno e danno la colpa al debito (sempre solo pubblico però...), alla spesa pubblica o a qualsiasi cosa con la parola "pubblico" dentro. Per esempio Krugman svela cosa pensa il mondo finanziario dell'Italia: abbiamo avuto una politica fiscale allegra! Infatti paghiamo tasse come svedesi anche se otteniamo servizi come il Burundi.

"Matthew Yglesias ha scritto un post complessivamente molto buono sulla storia dell’euro fino a questo momento
...
Ma anche Yglesias si fa in qualche misura prendere dall’intensa propaganda che dipinge la crisi come una questione prevalentemente fiscale. Vale a dire, sostiene che l’introduzione dell’euro, e la conseguente riduzione del costo di finanziamento, avrebbe portato ad una “irresponsabilità fiscale” in Italia.

Mi dispiace ma non è così ... L’elevato debito pubblico italiano è un’eredità di politiche di molto tempo addietro:



La situazione del debito del paese è in realtà migliorata durante gli anni del boom dell’euro, ed è peggiorata di nuovo solo recentemente a causa della crisi finanziaria.

In realtà ecco qui di seguito la lista completa dei paesi per i quali la storia dell’irresponsabilità fiscale come spiegazione dell’eurocrisi può avere un qualche senso:

- Grecia"

(vocidallestero.blogspot.it)

Insomma lo Stato italiano non avrebbe incassato abbastanza tasse. Ah si è vero, c'è la mittica evasione fiscale, quella che sta recuperando Equitalia facendo fallire e suicidare gli imprenditori... ma questo non è recupero fiscale, questa è spogliazione, è fare bottino come in guerra.

E poi c'è il mito, mitologico della spesa pubblica che va tagliata perché se no non scendono le tasse.

"L'Italia che spreca troppo e che è troppo spendacciona rispetto agli altri paesi europei, è uno dei temi più ricorrenti nel misero dibattito politico e non solo. E magari chi lo sostiene ha anche ragione.


Ovviamente, a favorire l'accentuarsi della divergenza della spesa italiana rispetto a quella tedesca in rapporto al Pil, ha contribuito anche la crisi che si è abbattuta sull'Italia in questi ultimi anni, che ha impedito la crescita del PIL ... Ma la "sorpresa" (che sorpresa non è) arriva depurando la spesa per interessi dal confronto tra la spesa pubblica di Italia, Germania e UE27.


Dal grafico possiamo dedurre che la spesa pubblica italiana, al netto di quella per interessi, non solo si pone sistematicamente al disotto di quella della media UE27, ma anche rispetto alla Germania fino al 2006; mentre, nel periodo successivo, accorcia significativamente il differenziale nei confronti di quella tedesca: differenziale, ribadiamo, influenzato anche dalla dinamica del Pil tedesco estremamente più favorevole rispetto a quello italiano."
(www.vincitorievinti.com)

Ma in Europa la causa della crisi è sempre solo il debito pubblico. Non quello privato che ha visto rischiare il fallimento le banche tedesche e francesi, quelle si spendaccione. No il debito pubblico, quello che è servito a rimediare alla cattiva gestione delle banche centro-europee tamponando le loro enormi perdite. Basti pensare all'accelerazione pazzesca del debito greco, portoghese e spagnolo, che erano in un rapporto debito/Pil molto o abbastanza favorevole prima della crisi ed oggi superano o sono prossimi al 100%. Ora ci tallonano molto da vicino, per esempio la Spagna: 36% nel 2008, circa 100% oggi, ma per alcuni il debito non dichiarato per intero sarebbe già al 132%.

Visto che siamo colpevoli di debito, secondo Bruxelles, dobbiamo inghiottire una medicina amara: il fiscal compact per pagare a caro prezzo il debito che eccede il rapporto del 60% del Pil. Ma dato che non c'è fiducia nella capacità dei singoli Stati di rispettarlo (essendo un'evidente follia...) stanno pensando a una bella camicia di forza per farci inghiottire la pillola amara senza ribellarci con gesti inconsulti.

"Che nell’ideologia del rigore oggi dominante nel processo di costruzione europea ci fosse una componente “moralistica”, per non dire addirittura religiosa, l’avevamo capito da un pezzo. ... un’idea del debito come “colpa”, da espiare anche al costo di veri e propri supplizi (Grecia docet).
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Ne è dimostrazione il nuovo strumento che potrebbe essere adottato per il conseguimento degli obiettivi del Fiscal Compact, il cui nome da questo punto di vista è molto eloquente: Fondo Europeo di Redenzione (Erf).
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nel mese di gennaio del 2012 il Consiglio europeo approvava il nuovo Patto di bilancio, meglio conosciuto come Fiscal compact.
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esso dispone che gli Stati con debito superiore al 60% del prodotto lordo si impegnino a ridurlo a un ritmo soddisfacente, definito come una riduzione annua di 1/20 dell’eccedenza, registrata nel corso degli ultimi tre anni, tenendo conto dell’incidenza del ciclo economico.

C’è un dibattito aperto sull’entità delle manovre annue necessarie per rispettare tale impegno. In ogni caso, anche qualora non si trattasse dei 50 miliardi all’anno di cui spesso si è parlato, saremmo pur sempre in presenza di un marchingegno micidiale per la tenuta della nostra economia e dei nostri livelli di welfare.
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Ecco allora che già nel mese di luglio del 2012 (il 2 per la precisione), sulla base di una proposta elaborata del Consiglio degli esperti economici della Cancelleria tedesca Angel Merkel ... la Commissione europea incaricava un Comitato di esperti composto da 11 membri, tutti economisti, per valutare i requisiti legali e le conseguenze finanziarie della creazione di un fondo nel quale far confluire le eccedenze di debito dei paesi dell’Eurozona.
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Il meccanismo dovrebbe funzionare a grandi linee in questa maniera: gli stati che aderiranno al progetto andranno a conferire in un fondo unico europeo una quota del proprio debito corrispondente alla parte di esso eccedente il 60% del Pil. Il fondo, a sua volta, trasformerebbe i titoli nazionali in titoli europei, emettendo sul mercato nuove obbligazioni per una durata massima di 20-25 anni, che, con ogni probabilità, potranno godere di tassi più bassi rispetto a quelli di molti paesi della periferia.
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In cambio dell’alleggerimento del proprio debito, i paesi contraenti dovrebbero dare “in pegno” al nuovo fondo i propri asset nazionali, le loro riserve auree e valutarie, perfino una quota del proprio gettito fiscale, la cui esazione avverrebbe direttamente ad opera del fondo. Più precisamente dal gettito fiscale degli stati partecipanti ogni anno sarebbe effettuato un prelievo automatico pari a 1/20 del debito conferito al fondo di “redenzione”.[1]

Se finora in Italia, a proposito della nuova governance europea, abbiamo parlato di “cessione di quote di sovranità”, con accento negativo o positivo a seconda del tasso di europeismo che c’è in ciascuno di noi, con l’adesione ad un simile progetto consegneremmo direttamente il Paese nelle mani di strutture burocratiche slegate da qualsivoglia controllo democratico. Nel concreto, stando alla grandezza della nostra eccedenza di debito (circa 1.200 miliardi di euro, oltre il 70% del Pil), sia il prelievo fiscale (automatico), sia la liquidazione, anche parziale, degli asset messi a garanzia (es: le partecipazioni statali in Eni, Finmeccanica, Poste, Enel, ecc.) avrebbero proporzioni ed effetti insostenibili per il sistema paese.

Mediobanca ha stimato che nei primi anni di attività del fondo, circa l’8% delle nostre entrate fiscali verrebbe ad essere assoggettato al meccanismo di “redenzione”. Mentre il nostro patrimonio pubblico, a mo’ di pegno, rischierebbe di essere svenduto, senza controllo, in ogni momento."

(www.ilmoralista.it)

Questo è il progettino che la "democratica" Europa del XXI secolo sta preparando per noi Piigs. Speriamo che non vada in porto, ma la dice lunga su dove va sempre a battere il potere ultra liberista che ci sgoverna: pubblico cattivo, finanza pazzoide buona... E quindi bisogna accanirsi sul debito pubblico per curare il malato. Come nel medioevo con i salassi, fino alla morte del paziente per dissanguamento. Ed è quello che accadrà alla nostra economia se l'Erf entrerà in funzione.

Ed invece la causa di tutte le crisi è facilmente individuabile. Non è difficile, basta scendere dalle lussuose limousine su cui viaggiano tecnocrati, economisti strapagati del Fmi, grandi finazieri e banchieri ecc. e fare quattro passi in qualche quartiere popolare:

"Qui una volta era tutta domanda

Se volete la percezione diretta della peggior distruzione di ricchezza dai tempi di guerra e del crollo della domanda interna di un paese, andate per strada e contate i negozi chiusi della vostra città. Io l'ho fatto compiendo il solito tragitto che faccio tutti i giorni da casa al lavoro e ne ho contati almeno una quindicina, percorrendo solo un paio del corsi principali del centro.

Visto che qualche anima bella sostiene che la chiusura dei "negozietti" dei centri storici è dovuta all'avanzata inesorabile del progresso incarnato dalla grande distribuzione figlia della globalizzazione e quasi sta loro bene, ai bottegai, mi sono spinta fino ad un vicino centro commerciale che, porello, sarà nato disgraziato, nonostante sia costato 50 milioni di euro, ma ha già fatto strage di negozi.

Le immagini che ho scattato nel pomeriggio di un sabato primaverile da cani parlano da sole. Non è la tristezza dei negozi sfitti e abbandonati, delle saracinesche abbassate, e neppure a Cinaaa, perché pure i cinesi aprono e chiudono. E' soprattutto la mancanza dei compratori, il deserto delle vie dello shopping, l'atmosfera da post-catastrofe. Che cosa offri se non c'è domanda?"

(ilblogdilameduck.blogspot.it)

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