Avevo già denunciato la deriva finanziaria, economico e sociale mondiale in post precedenti (Povertà incipiente, Nuova frontiera), in cui scrivevo tra l’altro che “è veramente incomprensibile un’austerità che ti piomba addosso quando tutto prima andava bene: la gente era spinta a consumare e indebitarsi, i governi concedevano sempre nuovi servizi e aiuti fiscali. E’ logico che i popoli si sentano traditi, anche più di quando escono da un conflitto.
Il mondo è fortemente indebitato, soprattutto la parte di pianeta ritenuta la più sviluppata. Un libro inchiesta uscito nel 2010: ‘2012, la grande crisi” di A. Giannuli già prefigurava il sentiero accidentato che stiamo percorrendo oggi. E la profezia era dovuta sia all’analisi della crisi 2008 non risolta, sia alla previsione di finanziamento di immensi debiti pubblici.
Giannuli scrive: “…nel 2009 c’è stato un boom di emissioni di titoli di debito pubblico, le quali sommavano il rifinanziamento di quelli in scadenza con i nuovi debiti per assorbire i titoli tossici e sostenere le banche (2.000 miliardi di dollari gli Usa, 121 miliardi di sterline l’Inghilterra, 400 miliardi di dollari il Giappone, 350 miliardi di euro l’Eurozona)’”
E quindi…
“Sono tempi tristi e cupi quelli che stiamo vivendo, un periodo storico in cui non si intravvede un futuro migliore e salvifico. Penso che non sia mai accaduto nella storia dell’uomo (a meno che non siano esistite ere atlantidee e lemuriane…) in cui si avverte un senso così pesante di mancanza di avvenire.
E non è solo un sentimento italiano, o europeo. Persino gli americani dipinti spesso come persone scioccamente ottimiste, hanno perso la via dello spirito pionieristico, della conquista di sempre nuove frontiere.
E’ un sentimento che attanaglia soprattutto i popoli dell’”occidente”, ma anche di riflesso le nazioni più mature nell’ambito capitalistico come il Giappone. Queste nazioni sono affette da eccessivo debito pubblico che non consente loro di utilizzare incentivi statali per consolidare la crescita.
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Ma secondo me, il debito non è l’unico problema. Il vero problema è la crescita. Ma non quella che intendono oggi gli industriali, cioè un intervento dello Stato per agevolare, finanziare, detassare, ecc. La crescita quella vera, quella generata dalla produzione di beni e servizi che prima non c’erano: quando si sono espanse le città, sono stati costruiti milioni di alloggi; quando pochi avevano un’auto, un frigorifero, una lavatrice e sono state riempite tante caselle vuote.”
Il blog http://sollevazione.blogspot.com riporta un’analisi ancora più aggiornata, e forse meno allarmistica, ma comunque pessimistica, che si può riassumere nei dati forniti dai due grafici sopra riportati (MONTI E’ UNA BOLLA, SE NON ESPLODE SI SGONFIERA’ ).
“…due tabelle che rendono l'idea di come, il 2012, sia come un imbuto, una strozzatura per i debiti "sovrani", di converso per i mercati finanziari internazionali. Tutti in un botto, il grosso a partire dalla primavera prossima, scadono la bellezza di 7.609 miliardi di dollari di titoli.
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E' opinione diffusa, tra gli analisti (vedi il summit di Davos), che non tutti gli stati riusciranno ad onorare queste scadenze, ad essere solvibili. Per quanto le cifre assolute di giapponesi e americani siano pressoché doppie rispetto a quelle dell'eurozona, è proprio sulla capacità di rimborso dell'Unione europea che si addensano le più fosche nubi.
E questo per il solito e ripetuto motivo che il controllo monetario dell’euro è monco. Funziona per alcuni Stati e non funziona per le economie periferiche, che oltretutto non possono più svalutare ed emettere moneta.
“…lo spazio economico dell'euro è il più fragile a causa delle storture native gravissime che tutte convergono su due cause complementari: la moneta unica da una parte e, dall'altra, i Trattati di Maastricht e di Lisbona i quali, massima assurdità, non sono tanto trattati politici, ma trattati stringenti di politica economica, monetaristi e liberisti al tempo stesso
Dove sta l'assurdità? Nessun governo serio si impiccherebbe mai ad un dogma economicista, e nemmeno ad una data dottrina. L'economia conosce dei cicli, espansivi o recessivi ad esempio. Ogni economia è infine parte dell'economia mondiale, e deve adattarsi in maniera flessibile e repentina agli scambi, agli andamenti delle partite correnti. Può quindi vedersi obbligata, ad agire su più leve, tra cui ad esempio quelle della politica monetaria, della svalutazione competitiva, del credito, del mercato del lavoro ecc., per far fronte ai mutamenti, spesso repentini.
La prussiana costruzione dell'euro, in un mondo competitivo che corre a velocità forsennate, solo per questa sua estrema rigidità, è destinata a sfracellarsi.
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Come si vede americani ed inglesi non commettono lo stesso errore, anzi, da paesi leader del liberismo, sono stati lesti nell'adottare misure di tipo keynesiano, ovvero non di austerity ma di quantitive easing, di sostegno ampio al ciclo economico depresso.
Sono i due modelli filosofico-economici che prendevo in esame nel post “Quale modello?”: quello germanico, attento al debito e portato all’austerità per evitare sprechi inutili, e quello anglo-nippo-latino orientato al debito, anche se in modi e per ragioni differenti da nazione a nazione.
Il guaio dell’Italia è che è stata scaraventata (assieme a Spagna, Grecia, Irlanda, Francia …) dal modello a debito, al modello teutonico dieci anni fa. Da allora non siamo riusciti a convertire l’economia da un modello all’altro. E se ci abbiamo provato, abbiamo comunque fallito.
Per questo ora “L'eurozona sembra una gabbia di matti, di dogmatici, di sacerdoti dell'ortodossia liberista e monetarista, ciò malgrado le loro dottrine abbiano fatto evidente fiasco. Se questi ierocrati si ostinano nella loro posizione, è anche perché gran parte delle sinistre europee li sostengono de facto, non vogliono prendere atto che l'Euro è stata sì una scommessa ambiziosa, ma una scommessa già persa. Solo la miopia o il servilismo verso le oligarchie bancarie (anti) europeiste può spiegare tale atteggiamento suicida.”
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… una politica economica d'austerità, recessiva e monetarista, si spiega solo a patto di ritenere che la Germania da l'euro per morto e che per Berlino si tratta solo di salvare il salvabile, ovvero, anzitutto, gli interessi del capitalismo tedesco.
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E' oramai evidente che gli interessi del capitalismo tedesco e quelli della maggior parte dei paesi eurozona divergono, che queste divergenze diventeranno più forti in futuro. Nei prossimi mesi, se ci saranno altre scosse nei mercati finanziari (crack bancari e default degli stati), esse potrebbero esplodere in maniera fragorosa.
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Chi ha interesse a difendere la dittatura tedesca sull'eurozona? Non certi i popoli europei, anzitutto quelli dei cosiddetti "paesi periferici", tra cui quello italiano. L'interesse dei popoli va in direzione opposta: abbattere questa dittatura. Dovrebbero capirlo anche quelli che si ostinano a difendere un morto che cammina, l'euro. E' grottesco che il governo Monti-Quisling e i suoi principali sostenitori (Confindustria, Pd anzitutto), i quali sono sodali della Merkel e difensori dell'Unione-Quarto-Reich, si spaccino per i più decisi paladini dell'euro.
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Monti e i suoi accoliti stanno preparando la corda con cui saranno impiccati.
…. Questo appiccicoso ragioniere, questo "curatore fallimentare" potrebbe essere disarcionato dalla tigre che pensa di poter cavalcare, una tigre troppo forte per lui: la tigre della crisi sistemica.”
E se ciò avviene, non sarà sufficiente la soddisfazione di aver detto “lo sapevo che finiva così! Ve l’avevo detto!”; perché assieme al “primo ragioniere d’Italia” saremo tirati giù tutti.
“Le sue misure antipopolari crudeli, le sue manovre tecniche, non eviteranno la burrasca che si approssima. La burrasca dei debiti sovrani, la burrasca che si abbatterà sull'eurozona nei prossimi mesi, con annessi default bancari a grappolo. A questo si aggiunga che solo in primavera il popolo lavoratore comincerà a sentire sulla carne l'effetto delle misure adottate nell'ultimo periodo.”
Già si sentono voci provenienti dagli studi dei commercialisti preoccupati per le cattive notizie che provengono dall’austerità montiana tradotta in cifre. Le prime simulazioni appaiono traumatiche per l’economia del paese. E’ probabile una recessione, così come pronosticata dalle agenzie di rating.
“La caduta di Berlusconi, per quanto avvenuta per un golpe degli oligarchi, ha avuto il salutare effetto che, almeno, si discute di cose serie. Ma le cose sono serie, intendiamo le tendenze obiettive, non tanto perché se ne parla, ma perché sono inesorabili. Dalla discussione sulle cose serie si passerà alle cose serie. Tutto è possibile.”
Berlusconi appare sempre di più una sfinge. Da personaggio ciarliero e gaffeur è diventato enigmatico e taciturno. Lui dice per responsabilità verso l’Italia. Io invece trovo il suo occultarsi abbastanza inquietante: di chi e che cosa ha improvvisamente paura?