Il vantaggio che potranno dare le liberalizzazioni alla crescita del Pil, è difficilmente valutabile. Aprire il mercato, togliere dei vincoli all’accesso al lavoro, è sempre una pratica utile. Il problema è valutare l’entità di queste aperture e deregolamentazioni.
Avevo già commentato le prime indiscrezioni qui: “Eppur qualcosa si muove…” - Link
Ora il testo legislativo, in divenire, pare essere stato ulteriormente modificato.
Per le farmacie si è provveduto alla modifica della parte che consentiva la vendita dei farmaci di fascia C anche nelle parafarmacie. Si consentirà un aumento dell’apertura di nuovi esercizi commerciali. Quindi con un aumento di occupazione e un miglioramento del servizio al cittadino, forse a scapito della redditività delle vecchie farmacie. Quindi un’operazione che non dovrebbe avere molto impatto sul prodotto interno.
Per i taxi, ammesso che la riforma arrivi in porto, si profila una liberalizzazione che incrementerà il servizio, ma difficilmente potrà portare un vantaggio all’utente, in quanto le tariffe rimangono fissate a livello comunale. Essendo quindi la torta sempre la stessa, e aumentando i commensali, c’è il rischio di mandare sul lastrico chi ha acquistato una carissima licenza fino ad oggi. Per i nuovi entrati che potranno accedere alla licenza con minori costi, ci potrebbe essere un cospicuo vantaggio rispetto ai tassisti attuali gravati da mutui e ipoteche.
Anche in questo caso il vantaggio per l’economia nazionale non sembra così alto, come sostiene P. Caldarola su Linkiesta: “Il braccio di ferro con i tassisti è inutile: meglio lasciar perdere”
Però è anche vero che se non si comincia mai, il meccanismo della vendita della licenza si ripeterà in eterno. E l’esborso di una grande cifra di denaro per accedere ad un’attività e anch’esso un vincolo all’accesso.
Per i professionisti si prevede l’abolizione delle tariffe, sia massime che minime, lasciando al mercato la facoltà di trovare un prezzo secondo la legge di domanda e offerta. Per esperienza personale posso dire che in campo professionale le cose sono così già da tempo, anche se probabilmente non in tutta Italia. Di fatto il cliente ha preso l’abitudine di chiedere un preventivo e di rivolgersi al professionista più conveniente. Il problema per il professionista è trovare il giusto equilibrio per riuscire a fornire un servizio decente, e per pagarsi le spese dello studio. Questa norma infatti contrasta con le pretese degli studi di settore che si basano ancora sulle tariffe ufficiali.
Anche per i Notai valgono le stesse considerazioni sulle farmacie (oltre che sui professionisti). Si prevede un loro aumento di numero. Ma non tale da creare particolari aspettative sull’occupazione giovanile, anche perché vi si accede con concorso. Io penso che una vera liberalizzazione sarebbe stata quella di consentire di effettuare certi atti più semplici, direttamente all’Ufficio del Registro di fronte ad un funzionario pubblico. Questa sarebbe stata una deregolamentazione a vantaggio dell’utenza.
Si prevedono anche piccole concessioni e liberalizzazioni sulle edicole, che possono decidere più liberamente cosa vendere e a che prezzo.
Mentre scrivo non è però ancora chiaro se il testo definitivo conterrà le norme su citate. Inoltre il testo conterrebbe anche norme che non sono liberalizzazioni ma facilitazioni, come gli sconti Imu sugli immobili invenduti. E alcune norme forse un po’ assurde come quella che prevede che un’agenzia assicurativa fornisca preventivi anche di altre assicurazioni.
Alla fine comunque sembrerebbe che i vantaggi apportati all’economia, da queste liberalizzazioni (minori) siano ancora modesti. Probabilmente sono più necessarie delle liberalizzazioni nei grandi servizi ed infrastrutture: viabilità, ferrovie, energia, comunicazioni... ecc. anche se nutro alcuni dubbi che queste possano portare dei vantaggi economici agli utenti finali.
In un’intervista a Giornale Radio Parlamento, il responsabile economico del Pd, Fassina, pur affermando che le liberalizzazioni sono cosa giusta, esprime dubbi sulla loro incisività sulla crisi attuale. Fassina, come ormai molti commentatori economici ripetono come un “mantra”, la crisi è a livello europeo ed li che vanno trovate le soluzioni. La liberalizzazioni possono essere un aiuto, non la risposta.
Anche sul blog di E. Zanetti, ospitato da Linkiesta.it si esprimono dei dubbi sull’utilità finale delle liberalizzazioni:
“Senza controllare la spesa pubblica le liberalizzazioni servono a poco”
“Le liberalizzazioni sono un moltiplicatore di crescita, da sole non bastano.
È in contesti come questo che le liberalizzazioni potrebbero davvero esplicare i propri positivi effetti, non certo in un contesto recessivo in cui, pur di evitare allo Stato di dimagrire come dovrebbe, si eleva la pressione fiscale dal 42,5% al 45,1% da un anno per l’altro. Le liberalizzazioni, infatti, non sono un fattore di crescita, ma un moltiplicatore di crescita. Se si creano i presupposti per la crescita dell’economia, le liberalizzazioni amplificano gli effetti positivi. Se però le liberalizzazioni si innestano in un contesto recessivo o di crescita prossimo allo zero, poco importa se si tratta di liberalizzazioni a forza dieci o cento, perché dieci o cento per zero dà comunque zero.”
Per quanto mi riguarda penso che liberalizzare l’economia sia un dovere, ma non basta. Anche lo Stato deve “liberalizzarsi”, cioè è necessaria una massiccia deregolamentazione normativa: la burocrazia è diventata eccessiva. Ogni nuova normativa (anche soprattutto europea) invece di armonizzarsi con la precedente, tende a creare nuovi iter burocratici, nuove figure professionali, nuove autorizzazioni ecc. Così diventerà sempre più complesso e difficile lavorare.
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Intanto continuano le buone notizie sullo spread tra Btp e Bund decennali. Oggi la differenza è scesa a 432 punti base. Sperando che questa discesa non sia provocata da un aumento dei tassi tedeschi, invece che da una discesa di quelli italiani.
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