Alla fine, quando l'euro andrà a gambe all'aria, a qualcuno la colpa la si dovrà appioppare. Meglio se questo qualcuno ha fatto qualche imbroglio per aiutare per esempio un paese come l'Italia ad entrare nell'euro, malgrado non avesse la capacità di reggere una moneta così forte.
E allora chi meglio di Draghi. Mentre il mega governatore della Bce sotto tutela germanica rinnova le sue buone intenzioni: "siamo pronti ad agire di nuovo se necessario", qualcuno tira fuori una presunta spada di Damocle derivati pronta a caderci in testa. Contratti derivati firmati con l'avallo dell'allora governatore di Banca d'Italia. Otto miliardi di passività causati da derivati non sono molti, ma nella situazione italiana, dove non si riescono a reperire i fondi per fermare l'aumento Iva e per togliere l'Imu sulla prima casa, sono tantissimi.
Draghi potrebbe essere quindi additato quale responsabile per un dissesto improvviso del bilancio italiano? Come se i 50 miliardi del fiscal compact per il prossimo anno, pur previsti, non fossero il vero evento catastrofico pronto ad affondarci definitivamente...
"Un trappolone lobbistico contro Mario Draghi, “reo” - agli occhi dei tedeschi oltranzisti, ma non solo – di star difendendo “troppo bene” la stabilità dell'Unione europea. E' questa la lettura più diffusa, tra gli addetti ai lavori, sullo “scoop” del Financial Times circa gli 8 miliardi di perdite teoriche sommerse nei conti dello Stato italiano a causa di una serie di operazioni in titoli derivati fatte tra il '97 e il '99, in concomitanza con le trattative per l'ingresso dell'Italia nell'euro sin dalla prima fase. “Hanno messo i derivati nel ventilatore per gettare un'ombra contro Draghi, ma anche contro i suoi uomini che oggi, in Italia, sono ancora tutti in posizione chiave, come il direttore generale attuale del Tesoro Vincenzo La Via o la responsabile del debito pubblico Maria Cannata”.
D'altronde la speculazione mediatica – ammesso che di questo si tratti – trova nel caso italiano un facile appiglio, ed anche una chiarissima e duplice concomitanza. L'appiglio va riletto nella storia faticosissima dell'”aggancio” dell'Italia all'euro. Nessun altro Paese europeo come il nostro riuscì a migliorare i parametri della propria finanza pubblica. Ancora nel '97 l'Italia, nonostante la pace salariale e le privatizzazioni, era molto perplessa sull'opportunità di conferire la lira all'euro da subito rispetto a quella di posticipare la sfida. “Prodi andò da Aznar a Madrid, sperando di trovare nel premier spagnolo un compagno di sventura e invece lo trovò determinatissimo a entrare subito con la sua peseta”, racconta un altro che “c'era”. “Capimmo di doverlo fare anche noi, ma era un gran problema perché il parametro del rapporto tra debito pubblico e Pil era già oltre il 100. Dovemmo farcelo perdonare offrendo in cambio il rispetto dell'altro parametro-chiave, cioè il rispetto del rapporto del 3% tra deficit e Pil. Tutta la strategia di governo dell'economia pubblica fu dunque rivolta a quello scopo. Anche a costo di imporre la famosa Eurotassa. Non lesinammo operazioni spericolate di window dressing, insomma di maquillage finanziario: per esempio quella sulle riserve auree della Banca d'Italia che furono passate all'Ufficio italiano dei cambi con plusvalenze favolose... E secondo alcuni esagerammo con i derivati”."
(www.affaritaliani.it)
"Il punto di svolta è settembre con le elezioni in Germania e il pronunciamento della corte costituzionale tedesca sull’ammissibilità di meccanismi europei che passano completamente sulla testa dei cittadini e offendono la democrazia.
Non lo dico io, lo dice il presidente della corte suprema tedesca, Andreas Vosskuhle per il quale è quanto meno improprio che “le decisioni più importanti a livello europeo vengano negoziate nei corridoi anonimi della burocrazia di Bruxelles, o nelle riunioni del Consiglio d’Europa, o in qualche altro posto senza un’adeguata discussione pubblica e senza che i cittadini europei abbiano alcun potere di influenzare queste decisioni. Sarebbe davvero tragico se dovessimo perdere la democrazia per risolvere i problemi dell’euro o per raggiungere una maggiore integrazione europea”.
E’ abbastanza chiaro che siamo di fronte a radicali mutamenti di umori e pensieri che fatalmente finiscono per avere come oggetto Draghi, vale a dire l’uomo simbolo dell’euro e del governo finanziario. Non a caso gli attacchi al presidente della Bce non si contano in Germania. E adesso questo siluro tutto italiano partito fra l’altro tra un giornale come Repubblica fino a ieri tra i più osannanti. Si potrebbe anche pensare che si cominci ad attaccare il contesto e gli uomini che hanno portato all’ingresso nella moneta unica come per preparare un cambiamento di posizione, rendendo più agevole il giro di valzer, del resto inevitabile vista la situazione insostenibile e senza uscita nella quale ci si trova.
...
Non è nemmeno un caso che adesso si rammenti come Kohl conoscesse la vera situazione finanziaria dell’Italia, ma non disse nulla per non creare difficoltà all’entrata nella moneta unica. Insomma la sensazione è che con la scoperta degli altarini dell’operazione euro, si voglia cominciare a prendere le distanze dalla moneta stessa. Anzi quasi quasi mi figuro plasticamente gli “io l’avevo detto” di economisti e di opinionisti, di responsabili economici di partito e belle firme che invece hanno ostinatamente detto il contrario. comincia l’ammaina banderuola."
(ilsimplicissimus2.wordpress.com)
"Un trappolone lobbistico contro Mario Draghi, “reo” - agli occhi dei tedeschi oltranzisti, ma non solo – di star difendendo “troppo bene” la stabilità dell'Unione europea. E' questa la lettura più diffusa, tra gli addetti ai lavori, sullo “scoop” del Financial Times circa gli 8 miliardi di perdite teoriche sommerse nei conti dello Stato italiano a causa di una serie di operazioni in titoli derivati fatte tra il '97 e il '99, in concomitanza con le trattative per l'ingresso dell'Italia nell'euro sin dalla prima fase. “Hanno messo i derivati nel ventilatore per gettare un'ombra contro Draghi, ma anche contro i suoi uomini che oggi, in Italia, sono ancora tutti in posizione chiave, come il direttore generale attuale del Tesoro Vincenzo La Via o la responsabile del debito pubblico Maria Cannata”.
D'altronde la speculazione mediatica – ammesso che di questo si tratti – trova nel caso italiano un facile appiglio, ed anche una chiarissima e duplice concomitanza. L'appiglio va riletto nella storia faticosissima dell'”aggancio” dell'Italia all'euro. Nessun altro Paese europeo come il nostro riuscì a migliorare i parametri della propria finanza pubblica. Ancora nel '97 l'Italia, nonostante la pace salariale e le privatizzazioni, era molto perplessa sull'opportunità di conferire la lira all'euro da subito rispetto a quella di posticipare la sfida. “Prodi andò da Aznar a Madrid, sperando di trovare nel premier spagnolo un compagno di sventura e invece lo trovò determinatissimo a entrare subito con la sua peseta”, racconta un altro che “c'era”. “Capimmo di doverlo fare anche noi, ma era un gran problema perché il parametro del rapporto tra debito pubblico e Pil era già oltre il 100. Dovemmo farcelo perdonare offrendo in cambio il rispetto dell'altro parametro-chiave, cioè il rispetto del rapporto del 3% tra deficit e Pil. Tutta la strategia di governo dell'economia pubblica fu dunque rivolta a quello scopo. Anche a costo di imporre la famosa Eurotassa. Non lesinammo operazioni spericolate di window dressing, insomma di maquillage finanziario: per esempio quella sulle riserve auree della Banca d'Italia che furono passate all'Ufficio italiano dei cambi con plusvalenze favolose... E secondo alcuni esagerammo con i derivati”."
(www.affaritaliani.it)
Solo un "gomblottone" dei perfidi "teteschi" o forse c'è qualcosa di più? Forse un po' alla volta viene fuori quello che è ormai lampante per i blogger più svegli: l'euro non è una moneta adatta all'Italia (e nemmeno alla Spagna poveretta...) e quindi bisogna cominciare le manovre d'uscita. La strategia è abbastanza chiara: non volevamo entrare nell'euro, diranno i partitoni e gli espertoni, ma qualcuno ci ha cacciati nel casino a tutti i costi falsificando i bilanci. Quel qualcuno è stato Draghi.
"Il punto di svolta è settembre con le elezioni in Germania e il pronunciamento della corte costituzionale tedesca sull’ammissibilità di meccanismi europei che passano completamente sulla testa dei cittadini e offendono la democrazia.
Non lo dico io, lo dice il presidente della corte suprema tedesca, Andreas Vosskuhle per il quale è quanto meno improprio che “le decisioni più importanti a livello europeo vengano negoziate nei corridoi anonimi della burocrazia di Bruxelles, o nelle riunioni del Consiglio d’Europa, o in qualche altro posto senza un’adeguata discussione pubblica e senza che i cittadini europei abbiano alcun potere di influenzare queste decisioni. Sarebbe davvero tragico se dovessimo perdere la democrazia per risolvere i problemi dell’euro o per raggiungere una maggiore integrazione europea”.
E’ abbastanza chiaro che siamo di fronte a radicali mutamenti di umori e pensieri che fatalmente finiscono per avere come oggetto Draghi, vale a dire l’uomo simbolo dell’euro e del governo finanziario. Non a caso gli attacchi al presidente della Bce non si contano in Germania. E adesso questo siluro tutto italiano partito fra l’altro tra un giornale come Repubblica fino a ieri tra i più osannanti. Si potrebbe anche pensare che si cominci ad attaccare il contesto e gli uomini che hanno portato all’ingresso nella moneta unica come per preparare un cambiamento di posizione, rendendo più agevole il giro di valzer, del resto inevitabile vista la situazione insostenibile e senza uscita nella quale ci si trova.
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Non è nemmeno un caso che adesso si rammenti come Kohl conoscesse la vera situazione finanziaria dell’Italia, ma non disse nulla per non creare difficoltà all’entrata nella moneta unica. Insomma la sensazione è che con la scoperta degli altarini dell’operazione euro, si voglia cominciare a prendere le distanze dalla moneta stessa. Anzi quasi quasi mi figuro plasticamente gli “io l’avevo detto” di economisti e di opinionisti, di responsabili economici di partito e belle firme che invece hanno ostinatamente detto il contrario. comincia l’ammaina banderuola."
(ilsimplicissimus2.wordpress.com)
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