lunedì 24 giugno 2013

Homo ciberneticus


« Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi,navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo
come lacrime nella pioggia.
È tempo di morire. »


(dal film "Blade runner")

Quelli di Blade runner erano droidi, cioè umani creati artifcialmente. Non è detto che un domani questa tecnologia non diventi disponibile e permetta di coronare  il sogno dei generali: costruire in fabbrica sia i carri armati che i soldati...

Ma ora i protagonisti del celebre film di fantascienza di R. Scott, mi sono tornati in mente a causa dell'evoluzione tecnologica, e degli studi più avveniristici che permetteranno in futuro una connessione diretta tra cervello e sistemi informatici.
Ormai ci siamo quasi: l'homo sapiens si sta evolvendo in homo ciberneticus. Le probabilità di una tale evoluzione sono alte. Se è improbabile che verranno mai realizzati (ma poi chi lo può sapere...) robot o droidi umani, è quasi certo che avremo a che fare con congegni elettronici che ci consentiranno di diventare in parte droidi. Mezzi umani e mezzi macchina.

E potrebbe avvenire anche abbastanza in fretta. Le cose con la tecnologia corrono in fretta. Negli anni '80 ci siamo trovati per casa dei computer giocattolo (i vari Commodor 64, Sinclair Zx ecc.) e in poco tempo si sono trasformati in oggetti sempre più potenti e pervasivi. Ora li ritroviamo ovunque: nel mondo del lavoro non se ne può più fare a meno. Negli uffici, la dove si utilizzavano matite, penne, calcolatrici, moduli, carta, oggi impera il calcolatore ed il software. Ma anche nelle officine i macchinari non sono più controllati manualmente, ma da computer. Il cambiamento epocale è avvenuto durante gli anni '90.

Oggi si studiano sempre più il cervello e le implicazioni che questo ha con la tecnologia. Dai primi rudimentali macchinari per tracciare encefalogrammi, alle moderne tecniche che utilizzano la Tac, oggi si riesce già a tracciare in modo abbastanza preciso l'attività di un cervello umano. Gli attuali macchinari verranno migliorati e poi come è avvenuto per tutto il resto, miniaturizzati sempre più. Un giorno potremmo comunicare telepaticamente con il nostro smartphone e considerare la cosa del tutto ovvia.
Per esempio, dieci anni fa, chi l'avrebbe mai detto che sarebbero arrivati in commercio dei telefonini con tasti virtuali, solo disegnati su uno schermo?

La ricerca nel campo del cervello e della tecnologia si fa sempre più importante. Si sta allineando, per volume e per intensità di ricerca, a quella militare e spaziale. Da quest'anno, sono nati due progetti di ricerca sul cervello umano piuttosto importanti: uno finanziato dall'Europa (vedi "Cervello artificiale europeo") e uno dagli Stati Uniti (vedi "Mappatura del cervello"). L'intento di entrambi è si nobile, cioè cercare delle cure per le malattie celebrali, ma anche commerciale e strategico. E probabilmente avrà anche ricadute militari.

"Tra circa 30 anni, saremo in grado di poter caricare il nostro cervello su dei computer e divenire immortali, digitalmente parlando. Entro il 2100, poi, le parti biologiche del nostro corpo verranno interamente rimpiazzate da quelle meccaniche....
Durante il congresso internazionale Global Futures 2045, svoltosi a New York e incentrato sui modi in cui il mondo può cambiare nel futuro, Kurzwell ha cercato di spiegare cosa intende: "Avremo una sorta di immortalità digitale, perché il cervello e l'intelligenza di una persona verranno memorizzati digitalmente per sempre, anche dopo la morte e questo sarà possibile attraverso l'ingegneria neurale, che negli ultimi anni ha fatto grandi passi avanti".
...
"A noi serve un corpo", conclude Kurzwell. "Questo potrà diventare meno fragile in futuro e saremo in grado di espandere la 'portata' della nostra intelligenza di un miliardo di volte"."
(www.wallstreetitalia.com)

Le implicazioni per le possibili implementazioni del corpo umano con parti artificiali possono essere molto rilevanti per la nostra evoluzione. Soprattutto l'implementazione dei poteri di calcolo e memorizzazione del cervello. Si tratterà di una rivoluzione pari, o forse superiore a quella avvenuta con l'introduzione su larga scala dell'informatica.

I passaggi chiave sono già tracciati, e a pensarci ora un po' tremano i polsi. Il primo passaggio è già in piena sperimentazione e potrebbe trovare a breve delle applicazioni commerciali. Si tratta di trasmettere comandi dalla nostra mente a un sistema informatico. Sarà utile per consentire ai disabili che non possono più usare gli arti a comandarne di artificiali solo con il pensiero. Sono già stati prodotti vari prototipi funzionanti.

Il secondo passaggio sarà l'inverso: da un computer verso la mente umana. Per ora questo obiettivo non è stato ancora raggiunto, almeno ufficialmente. Ma non ci sono motivi particolari perché non si possa fare. E' necessario che il computer riproduca onde cerebrali che siano comprensibili ai nostri neuroni. Qualche esperimento semplice è stato fatto, ma fino a quando non si comprenderà più a fondo il funzionamento della nostra materia grigia non si potrà raggiungere il risultato voluto.

Il terzo passaggio è la diretta conseguenza dei primi due. E quando i primi due saranno ben funzionanti e collaudati, si potrà avere il doppio passaggio mente umana "A" verso sistema informatico, verso mente umana "B". Sarà in pratica una sorta di telepatia wifi che consentirà di scambiare dati di qualsiasi tipo, in modo veloce portando con se un oggetto simile a un cellulare. I dati passeranno di mente in mente, probabilmente anche fra sconosciuti, e probabilmente i nostri pensieri più segreti potrebbero essere rubati e resi pubblici. Ogni nuova tecnologia porta con se grandi vantaggi e naturalmente nuovi pericoli.

Questi sistemi porteranno a una nuova evoluzione dei nostri cervelli. Già oggi nella sperimentazione della prima fase si sta constatando come il sistema neurale delle cavie tenda ad adattarsi agli stimoli artificiali:

"Macchine dirette dal pensiero: cosa cambia nel cervello

Per imparare a controllare con il pensiero un cursore o un dispositivo meccanico il cervello segue gli stessi schemi di apprendimento necessari a impadronirsi di qualsiasi altra abilità motoria, ovvero all'iniziale impegno intenzionale e cognitivo subentra un automatismo. La mappatura dei circuiti cerebrali coinvolti in questi schemi permetterà di realizzare interfacce sempre più complesse per il controllo di arti artificiali sempre più realistici

Un importante passo avanti verso l'evoluzione di interfacce cervello-macchina sempre più sofisticate e agevoli da utilizzare è stato compiuto da un gruppo di ricerca interdisciplinare dell'Università di Washington a Seattle, che ha mappato le aree cerebrali impegnate in questo tipo di compito. I risultati dello studio – descritti in un articolo pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” ­- indicano in particolare che l'apprendimento dell'abilità di controllo di un dispositivo meccanico con il pensiero segue gli stessi schemi di apprendimento di altre abilità motorie, come andare in bicicletta.

La ricerca è stata realizzata grazie alla collaborazione di sette pazienti in attesa di un intervento chirurgico per curare gravi forme di epilessia, ai quali era stata impiantata una serie di elettrodi per monitorarne l'attività cerebrale. Jeremiah D. Wander e colleghi hanno sfruttato uno di questi elettrodi in modo da consentire ai pazienti di controllare il movimento di un cursore su un monitor, mentre gli altri elettrodi proseguivano nel monitoraggio della corteccia motoria primaria, e di quelle somatosensoriale primaria, prefrontale dorsolaterale e premotoria.

Si è così scoperto che, via via che i partecipanti diventavano più abili nel controllo, diminuiva l'attività cerebrale in alcune delle aree coinvolte, in particolare della corteccia premotoria, di quella prefrontale e di quella parietale posteriore. Contemporaneamente, si registrava un aumento dell'attività neurale in altre parti differenti del cervello coinvolte nella pianificazione e nell'esecuzione dei movimenti, come la corteccia motoria primaria, corteccia somatosensoriale primaria, corteccia prefrontale dorsolaterale.

Questo slittamento dell'attività cerebrale, osservano Wander e colleghi, riflette il passaggio da un iniziale impegno mentale intenzionale e prevalentemente cognitivo, a un'elaborazione sempre più automatica, esattamente come avviene quando ci si impadronisce gradualmente del complesso coordinamento motorio necessario ad andare in bici.

Un aspetto abbastanza sorprendente della scoperta è che, a differenza dell'apprendimento di altre abilità motorie, come imparare a digitare su una tastiera, il controllo del movimento del cursore con l'interfaccia cervello-macchina non implica il movimento muscolare di alcun arto, e che l'unico feedback ricevuto dal soggetto proviene dagli occhi, ma non dagli altri sensi o parti del corpo.

Questi risultati, conclude Wander, saranno preziosi per migliorare le possibilità di controllo del paziente di interfacce sempre più complesse, come quelle che controllano gli arti artificiali: "Sviluppando la nostra conoscenza di come il cervello impara e si adatta all'uso di una di queste interfacce, saremo in grado di progettare sistemi che addestrino gli utenti nel modo più efficace possibile, aggiungendo lentamente la complessità, mentre si sviluppano abilità."

(www.lescienze.it)

Saremo quindi interfacciati a sistemi elettronici, potenzieremo le nostre capacità mentali, ma naturalmente saremo incatenati a una nuova forma di schiavitù. Inoltre questi sistemi, sviluppandosi nelle regioni più ricche del pianeta, contribuiranno ad amplificare le differenze sociali fra chi potrà permetterseli e chi no. Chi potrà ampliare le sue facoltà mentali avrà indubbiamente un vantaggio su chi dovrà continuare a fare affidamento su madre natura.

In compenso ci sarà un fiorire di nuove invenzioni, tecnologie, studi scientifici perché sarà più facile riordinare i pensieri e simulare, grazie a software gestiti mentalmente, situazioni nuove, nuove teorie ecc. Si inventeranno nuove forme di arte e di intrattenimento. Qualcuno troverà poi il modo di rincitrullirci più di quanto non faccia oggi la Tv. Saremo sempre raggiungibili da "trasmissioni" di dati di ogni genere, fino ad inviarci sensazioni artificiali che ci faranno credere di vivere situazioni ed esistenze diverse dalla nostra. Meglio di una droga, e senza le implicazioni sulla salute. Almeno non quella mentale.

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