lunedì 10 giugno 2013
L'agonia delle nazioni
Alcune stanno morendo nel sangue. E' accaduto altre volte nella storia. La Siria è un esempio di morte violenta di una nazione. Una consunzione interna che si trasforma in una rivolta armata, in guerra civile. La Tunisia, l'Egitto, ma perfino la Libia sono state più fortunate: sono riuscite a superare la fase drammatica acuta. La Siria difficilmente lo farà. Non è detto che questa volta l'occidente abbia veramente voglia di essere coinvolto nelle questioni mediorientali. Di "liberare" i siriani e rischiare lo scontro con l'Iran, andando a rimescolare antiche rivalità che hanno come epicentro Israele. Lo Stato inventato nel novecento che sarebbe stato meglio non inventare.
Ora a queste nazioni infiammate da proteste e ondate di violenza si è unita la Turchia. Una caduta improvvisa nel caos che ha stupito un po' tutti. La Turchia non entrando nell'euro, anche perché non voluta dalla Germania, si è risparmiata la crisi che ha coinvolto tutti i paesi del sud Europa. Evidentemente il piccolo benessere economico che ha risparmiato alla Turchia le nostre inutili disgrazie non è stato sufficiente. Quella turca è una società dilaniata da opposte tendenze, la modernità contrapposta alla tradizione. Con la particolarità che li la modernità è quella antica di Ataturk (1881-1938) e la tradizione islamica è quella attuale del premier Erdogan.
La Turchia forse è l'unico paese islamico che nella sua storia, fatta anche di successi e di orgogliosa supremazia, ha subito una notevole attrazione verso l'occidente invece di demonizzarlo, anzi invidiandolo. Tanto da abbandonare addirittura il proprio alfabeto arabeggiante ed adottare quello latino. Probabilmente nella consapevolezza di avere in se sia la tradizione dei sultani ottomani (a volte figli di occidentali), sia la tradizione di Bisanzio e dell'impero romano.
Mi ha colpito molto il fatto che le piazze di Istambul si sono infiammate per un parco cittadino, ma forse non per il parco in se stesso e per i suoi alberi. Ma per la simbologia che manifesta: si vuole spostare la statua di Ataturk posta fra alberi secolari, l'eroe della modernità, per far posto ad una moschea con annesso centro commerciale. Tradizione ed affari, contro un'idea di nazione turca laica e repubblicana inserita nella complessità della storia occidentale.
Ma mentre in altre nazioni del mondo mediterraneo assistiamo a tragedie e proteste, qui in Italia tutto sembra tacere. Gli italiani non si recano più nemmeno a votare, come se attendessero l'imminenza di qualche cambiamento che comunque ci sarà lo stesso. Non reputano possibile un cambiamento dall'interno delle istituzioni attuali. Si attende che il frutto marcio cada dall'albero della politica?
Non so se è l'atteggiamento giusto, ma in Italia le cose sono spesso cambiate molto bruscamente, dopo lunga attesa. Ho letto di recente "Piccolo mondo antico" quasi per caso (ogni tanto si devono recuperare i classici non letti) e mentre leggevo pensavo quanto riflettesse un po' la situazione di oggi. Un paese immobile, in quel caso il Lombardo-Veneto sotto gli austriaci, attendeva spasmodicamente che il nord Italia venisse liberato dalle truppe patriottiche. Ogni anno si attendeva la guerra con il Piemonte, ed ogni volta si rimandava a quello successivo. Poi di colpo tutto precipita all'improvviso, e il piccolo mondo antico scompare.
Il nostro è un piccolo mondo antico in attesa che qualcosa dall'esterno arrivi a spazzarlo via. Una fortezza Bastiani, per fare un altro esempio romanzesco, in un'estenuante attesa che arrivino i tartari dal deserto ad espugnarla.
Che cosa possa provocare la fine effettiva della "seconda repubblica" è difficile da individuare. Ma è possibile che nel caso di uno scoppio delle bolle finanziarie mondiali il nostro paese si ritrovi nella tempesta della speculazione. Nel 2011 abbiamo in qualche modo evitato la resa dei conti resistendo e ottenendo l'aiuto necessario di Draghi. Ma la prossima volta potrebbe essere molto peggio. Per la Bce potrebbe essere molto difficile intervenire senza "disubbidire" alla Bundesbank e non è detto che ne abbia la forza. Il presidente della Bundesbank ha già detto, qualche giorno fa, che gli Stati vanno lasciati fallire: quindi sarà questa la (miope e folle) strategia della Germania di fronte ad un crollo economico mondiale?
I tedeschi ne sono capaci. Nella storia hanno già dimostrato ampiamente di essere in preda al genio lucido della pazzia. Ottanta anni fa per seguire la loro follia di conquista abbiamo compromesso gravemente la nostra nazione. Seguiremo la stessa strada anche oggi? Negli anni '40 il cambio di regime è stato salutare, probabilmente lo sarà anche questa volta. Almeno si spera, anche se molte speranze del dopoguerra sono state deluse. Lo Stato fascista non è stato completamente smontato, in molte sue parti è stato ricoperto con la carta da parati della democrazia, ma ci siamo portati dietro le corporazioni, codici civili e penali, a volte lo stesse persone che hanno solo cambiato casacca...
Quanto dell'attuale ceto politico si riciclerà quando gli attuali partiti filo euristi verranno travolti dal crollo dell'Europa? Cosa accadrà quando tutto si sarà fermato, dalle banche alle fabbriche, dalla pubblica amministrazione all'erogazione delle pensioni? Quando il debito pubblico non potrà essere più onorato?
Io spero vivamente che nel segreto degli uffici ministeriali e della Banca d'Italia si sia steso un piano "B" per l'emergenza post euro che potrebbe coglierci all'improvviso. Solo in quel caso gli attuali politici avranno la possibilità di salvarsi in parte e le forze politiche di superare la seconda repubblica. Altrimenti verranno travolti come la repubblica di Salò lo è stata dagli eventi bellici e politici.
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