M. Adinolfi sul suo canale tv livestream pone 5 domande al suo ex segretario di partito, P. Bersani del Pd. Evidentemente lo fa un po’ per ripicca verso un partito che lo ha visto allontanare, e che non ha nemmeno cercato di trattenerlo, pur avendo partecipato come candidato alle primarie. Un po’ per vocazione giornalistica della ricerca della verità.
Si tratta di domande poste alla dirigenza di un partito in particolare, ma io credo che si potrebbero indirizzare a tutti i dirigenti dei partiti italiani. Perché ci sono molti interrogativi sul funzionamento di queste “aziende politiche” che andrebbero chiariti. E’ evidente ormai anche ai sassi che se proprio non sono comitati di malaffare, i partiti sono entità che nel corso del tempo hanno subito una degenerazione. Da comitati ideali sono diventati comitati economici.
E’ vero che la politica ha dei costi, ma avrebbe anche bisogno di chiarezza e sincerità. A tal proposito condivido l’idea dei “grillini” di pubblicare i bilanci dei partiti e di rendere pubblici i finanziatori, magari con possibilità di detrazione Irpef.
Ecco qui sotto il riassunto del pensiero di M. Adinolfi, in merito alle 5 domande che pone egli stesso all’indirizzo del segretario del Pd:
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1) Per farti eleggere alle primarie la tua campagna è costata più o meno di 250.000 euro come limite imposto?
2) Perché hai scelto Penati come coordinatore del tuo comitato alle primarie e poi come capo segreteria?
3) Perché Lusi non è stato ascoltato dai garanti che lo hanno espulso, mentre Penati si?
4) Come giudichi che alle votazioni regionali il Pd abbia avuto 52 milioni di euro di rimborsi a fronte di una spesa di 14?
5) Quanto pesano i soldi anche gestiti dalle fondazioni nella determinazione degli equilibri politici del Pd?
Le domande sono state inoltrate via Twitter e Adinolfi non avendo avuto risposta prova a darne alcune dal suo canale di web tv, secondo quanto evidentemente è di sua conoscenza all’interno del Pd. Bersani invece preferisce lasciare la materia in mano agli avvocati.
1) la risposta è si, la campagna per le primarie è costata più di 250.000 euro. Chiunque abbia vissuto le vicende dall’interno, ma anche dall’esterno del partito sa che è così. La campagna di affissioni che è partita il 4 agosto 2009, solo quella non costava meno di 250.000 euro. Ne sono seguite altre. La cosa venne denunciata da Adinolfi all’epoca e anche da altri come Franceschini, Rosato, Marino ed altri che oggi tacciono. In qualsiasi paese al mondo la fonte di legittimazione è l’onestà e la veridicità dei politici: in questo caso si è travalicato il limite dei 250.000 euro, truccando però a posteriori i bilanci (Adinolfi cita Misiani) mentendo bellamente. Se si mente già nella fase di elezione si perde di credibilità: in qualsiasi paese al mondo un leader non potrebbe essere in carica avendo questo limite di credibilità.
2) F. Penati è il garante di un certo equilibrio politico-economico, o meglio economico-politico. Equilibrio costruito in anni. Bersani ha costruito nel tempo la sua leadership, a partire dal Pci, ed ha avuto sempre al fianco Penati. Quest’ultimo può aver compiuto i reati che gli sono contestati senza che Bersani non ne fosse a conoscenza? Chiaramente no. Come a Lusi non possono essere messe in conto operazioni contabili non conosciute dal vertice della Margherita. Adinolfi invita gli iscritti al Pd a non farsi raccontare “cavolate” dai dirigenti in merito ai temi suddetti. Non è possibili che le cose fatte da persone vicine ad un vertice politico, siano una sorpresa per il vertice politico stesso. E’ una leggenda quella dei “cattivi” che fanno le ruberie all’insaputa dei vertici di partito. Anche se Adinolfi non le considera dal punto di vista del reato (ruberie), ma dal punto di vista della lotta politica. Si tratta di equilibri politici governati dal denaro. Il problema è l’influenza del denaro sui meccanismi democratici: è una cosa di una gravità estrema per la legittimazione democratica.
3) Per evitare l’imbarazzo di un Lusi che era pronto ad esprime il suo punto di vista di fronti ai garanti. Lusi ha già minacciato una chiamata in correità attraverso i giornali. Adinolfi afferma di essere “intenerito” per l’isolamento a cui è stato sottoposto Lusi, mentre prima era blandito in ogni modo. Lusi non è stato nemmeno chiamato al contradditorio previsto per obbligo all’interno delle procedure disciplinari del Pd. I vertici Pd affermano di non averlo convocato poiché il senatore si era autosospeso. In realtà lo fece anche Penati. Ma Lusi è stato automaticamente espulso, invece Penati è stato sospeso. E’ stato anche affermato che i provvedimenti per Lusi sono dovuti perché reo confesso: in realtà Lusi contesta le accuse. La verità è che Lusi non è stato udito perché probabilmente avrebbe parlato, mentre il compagno Penati, abituato al sacrificio e alla disciplina per il partito non ha parlato. E non parlerà.
4) Adinolfi esprime un giudizio totalmente negativo sul caso. Abolirebbe il sistema di finanziamento ai partiti, da sostituire con un sistema trasparente all’americana con un limite, per non finire preda di lobby. Per il Pd il rimborso in questione è normale. E’ male spendere 14 milioni ed incassarne 52 e chiamare tutto questo “rimborso”. Ci vorrebbe un’iniziativa referendaria per l’abolizione di questi rimborsi elettorali e Adinolfi sembra volersene fare carico.
5) Questa, per Adinolfi, è una domanda chiave. Tralasciando le connotazioni giudiziarie, gli equilibri interni al Pd si poggiano su potentati economici. Questa è la vicenda che riguarda Lusi e la Margherita , le correnti della stessa, e riguarda i vertici del Pd. In questa legislatura il Pd ha gestito 170 milioni di euro di finanziamento pubblico. Poi c’è il denaro che finisce nelle fondazioni: perché per esempio la fondazione Italini&Europei rifiuta di rendere pubblico il suo bilancio? Si sa che all’interno dei suoi finanziatori ci sono società come Finmeccanica, e fa sorridere pensare che spendano tali somme per la pubblicità sulla rivista della fondazione. I soldi determinano in questo momento gli equilibri politici dentro il Pd. La campagna del 2009 doveva far vedere il segretario uscente del Pd, Franceschini come sopravanzato all’interno del Pd, con una campagna economica, che facesse vedere a tutti chi comandava. E in quel momento comandava Bersani, appoggiato anche da D’Alema con la fondazione Italiani&Europei. Non c’è più un confronto tra idee, ma un confronto tra clan che hanno raggiunto un equilibrio. Ed è l’equilibrio attuale con tutti i poteri di spartizione e nomina tipici dei partiti. L’equilibrio non deve saltare, per questo Lusi deve diventare un capro espiatorio. Un passaggio mortificante per la storia del Pd che sarebbe potuta essere diversa.
La sua esternazione, conferma Adinolfi, avrà dei costi pesanti, ma era necessario dare ai cittadini elementi in più di riflessione. Il sistema mediatico istituzionale non ha il coraggio di porre certe domande: è sintomatico che M. Sorgi non sia riuscito a fare domande dirette a Bersani, in merito a tutto questo, ma ha utilizzato Adinolfi come tramite per chiedere un chiarimento. Secondo Adinolfi il ricorrere agli avvocati è stato un avvertimento mediatico perché nessuno vada a toccare certi temi.
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