Sul sito sollevazione.blogspot.it è in corso una specie di crociata anti Bagnai (vedi "A braccetto con Soros"), accusato addirittura di essere passato da una posizione di critica all'euro, ad una favorevole all'euro ed a una certa continuità con una cricca capitalista disposta a tutto per salvarsi. L'accusa è dovuta al fatto che il professore avrebbe "contaminato" la sua purezza di nemico giurato dell'euro, firmando un Manifesto europeo assieme a personaggi vicini ai centri finanziari internazionale: un Manifesto antieuro ritenuto troppo blando e confuso.
Il prof. Bagnai, molto piacevole da ascoltare in conferenza, è molto spesso piuttosto antipatico e sproloquiante sul suo blog (goofynomics.blogspot.it), ma questo non deve sminuire la sua lucida analisi sulle nefaste conseguenze dell'introduzione dell'euro.
Il fatto che però il Manifesto dal poco indovinato titolo di "Manifesto di solidarietà europea" raccoglie personalità effettivamente critiche della moneta unica, è comprovato anche dal contributo del cofirmatario prof. Borghi. Si tratta del suo intervento alla presentazione a Bruxelles dell'iniziativa che si può leggere tradotto qui (blog Voci dall'estero).
Comunque è vero che questo Manifesto contiene più possibili soluzioni per superare l'attuale euro, compresa forse quella di salvare in parte la stessa moneta unica. E' in molti punti un po' confuso. Ma meglio di niente. Probabilmente è la sintesi tra il pensiero dei vari firmatari, tra cui anche economisti del nord Europa, che è possibile che siano influenzati da una visione un po' stereotipata dell'Europa del sud.
"La creazione dell’Unione Europea e del Mercato Comune Europeo si colloca fra le maggiori conquiste dell’Europa post-bellica in campo politico ed economico. Il notevole successo dell’integrazione europea è scaturito da un modello di cooperazione che beneficiava tutti gli stati membri, senza minacciarne alcuno.
Si era ritenuto che l’euro potesse essere un altro importante passo avanti sulla strada di una maggiore prosperità in Europa. Invece l’Eurozona, nella sua forma attuale, è diventata una seria minaccia al progetto di integrazione europea."
Dall'incipit del Manifesto si capisce che non è intenzione dei firmatari mettere in dubbio la vecchia Comunità Europea. Si dice che fino all'introduzione dell'euro aveva funzionato benone. In effetti un mercato europeo più grande e privo di barriere protezionistiche è stato un successo epocale. Oggi è messo in discussione dalla moneta unica, in quanto il mercato comune europeo, sebbene sia stato un beneficio per tutti, non è un'area valutaria omogenea. E' sempre stato soltanto un grande e proficuo accordo commerciale, non uno Stato e nemmeno un'economia unica.
"Una strategia nel segno della solidarietà europea
"Una strategia nel segno della solidarietà europea
Nell'immaginare una strategia di uscita dalla crisi dell'euro si è fatto un calderone di più proposte. Innanzi tutto si è deciso un punto fermo: devono essere i più forti (Germania &C.) ad uscire dall'euro e non paesi come il nostro. Credo che questo punto tenga in considerazione i costi che si affronterebbero nell'uscire dall'euro: essendo una dipartita dispendiosa, è meglio che a farlo siano quelli ancora in buona salute e con le spalle larghe.
Questo punto contraddice fra l'altro il pensiero di uno dei firmatari del Manifesto, il francese J. Sapir. Il quale sostiene che mai i tedeschi opteranno per un'uscita dall'euro, perché è un'opzione che non gli conviene (vedi "Due visioni d'Europa lungo le rive del Reno"). I firmatari considerano quindi implicitamente che dovrebbe arrivare dai paesi periferici una pressione sui paesi "core" per convincerli a fare il primo passo. Vedo un po' difficile il concretizzarsi sia di un'uscita della Germania, sia una possibile alleanza dei Piigs.
Poi il Manifesto parla di una auspicabile segmentazione dell'area euro. E qui ci sono un tot di proposte diverse: c'è la proposta euro-sud, euro-nord; la proposta euro temporaneo; la proposta di uscire tutti dall'euro o solo chi vuole.
La proposta euro-sud per noi italiani potrebbe essere allettante, a patto che però ci siano determinate condizioni. Un euro-sud, che rimanesse ancora sotto il controllo della Bce (solo per l'inflazione e monetariamente restrittivo) potrebbe portare dei vantaggi, ma non è detto che sarebbero per tutti.
In un euro-sud sostenuto dalla Bce, da cui fosse esclusa la Francia, il nostro paese si ritroverebbe nelle stesse condizioni della Germania nell'euro attuale. Cioè la nuova moneta si svaluterebbe di una media proporzionale alla forza delle economie di Portogallo, Spagna, Italia, Grecia, Slovenia, Cipro e Malta. Quindi ci ritroveremmo con una moneta molto più svalutata rispetto alla nostra forza produttiva, ed avremmo grandi vantaggi nell'export grazie ad una industria manifatturiera più sviluppata che potrebbe giovarsi di un'improvvisa ripresa. Tutto bene? per niente, perché nei paesi più poveri come Grecia e Portogallo le cose non migliorerebbero di molto. Gli squilibri in questa mini zona euro-sud continuerebbero ad aversi con le stesse modalità attuali.
Se nell'euro-sud entrasse poi la Francia, sarebbe questa nazione a prendere il posto attuale della Germania. La nostra economia sarebbe messa a dura prova dalla concorrenza francese. Potremmo in definitiva cavarcela un po' meglio rispetto ad oggi, in quanto la nostra economia non è così distante, come forza propulsiva, rispetto a quella francese. Ma gli squilibri anche qui continuerebbero.
Le cose potrebbero invece cambiare in modo determinante, se la nuova zona euro-sud (con Francia o meno) si dotasse anche di una Bce-sud autonoma dall'attuale Banca Centrale Europea. In questo caso è probabile che sulla nuova banca centrale si concentrerebbero enormi pressioni dei "sudisti" per attuare politiche monetarie espansive alla Fed o BoJ, abbandonando completamente l'austerità. In questo caso la zona euro-sud potrebbe vedere un inaspettato sviluppo più o meno nella sua interezza, senza troppe differenze da paese a paese. Questa espansione monetaria implicherebbe in definitiva la fine della crisi del debito sovrano, che verrebbe in modo palese (eurobond) o nascosto (stampa di moneta) messo in comune.
Con un euro-sud strutturato così, l'economia dei paesi "core" come la Germania verrebbe messa in serio pericolo: l'euro-sud beneficerebbe di tremende svalutazioni competitive come lo yen oggi, i produttori dentro l'euro-nord non riuscirebbero più ad esportare. La Germania per questo motivo, non permetterà mai la nascita di una Bce-sud in concorrenza con la Banca Centrale attuale.
L'euro temporaneo proposto dal Manifesto non lo comprendo molto. Probabilmente è una possibilità strategica in cui prima di fare il passo successivo si valutano gli effetti dell'uscita della Germania dall'euro. L'euro temporaneo potrebbe essere un modo per la Germania di controllare il cambio tra euro e nuovo marco. Per evitare che il nuovo marco sopravvalutandosi troppo, riduca troppo in fretta i vantaggi tedeschi sulle partite correnti che sono stati acquisiti nell'era euro.
Ma il Manifesto contiene anche la proposta più estrema, e probabilmente più giusta, di ritorno a nuove valute nazionali. Del resto, le singole nazioni europee, sono la miglior rappresentazione delle aree valutarie omogenee. Anzi, per dirla tutta, non è nemmeno vero questo, più avanti si vedrà perché.
"La solidarietà europea sarebbe ulteriormente sostenuta trovando un accordo su un nuovo sistema di coordinamento delle valute europee, volto alla prevenzione di guerre valutarie e di eccessive fluttuazioni dei cambi fra i paesi Europei."
Il sito sollevazione.blogspot.it in base a queste affermazioni, ne deduce che i firmatari sarebbero propensi alla reintroduzione dello Sme. E' vero che il vecchio sistema monetario ci creò molti problemi nel '92. E' anche vero che questo punto contraddice gli studi di Bagnai e la sua critica ai cambi valutari troppo rigidi. Ma è altrettanto vero che se in Europa si vuole conservare una certa pace valutaria, economica e geopolitica, come non è giusto punire i Piigs, non è altrettanto giusto emarginare eccessivamente la Germania. Ci vuole un minimo di coordinamento fra le nuove valute nazionali o di area. Si potrà poi discutere eventualmente sull'ampiezza della banda di oscillazione, ed eventualmente le regole per modificarla.
Il Manifesto ha anche una proposta per i debiti:
"Naturalmente sarebbe necessario, in almeno alcuni dei paesi meridionali, un abbuono (haircut) dei debiti. La dimensione di questi tagli e il loro costo per i creditori,tuttavia, sarebbero inferiori rispetto al caso in cui questi paesi restassero nell’Eurozona, e le loro economie continuassero a crescere al disotto del proprio potenziale, soffrendo una elevata disoccupazione."Questo è un punto che condivido poco. Tagliare il debito, se l'economia nazionale ritorna a crescere, mi pare controproducente. Si potrebbe pensare ad una rimodulazione concordata degli interessi da ripagare, ma il taglio è una pratica che mina la fiducia fra creditore e debitore. Se non si rispettano i patti una volta, poi si viene bollati come poco affidabili, come "Stato canaglia". Sarebbe meglio invece, una volta ottenuta la sovranità monetaria, o comunque condizioni migliori, ricercare politiche per la crescita economica, proprio per rendere più stabile e sostenibile il debito sovrano.
Il Manifesto firmato da tutte queste personalità europee, in piena contraddizione (secondo il mio parere) della sua evidente natura transnazionale, non contiene nessuna opzione di "più Europa". In questa assenza il Manifesto è perfettamente coerente con il pensiero di Bagnai e Borghi. Avevo immediatamente colto questo aspetto, che per me è molto triste perché non ammette nessun futuro politico per il continente, nel post: Manifesto paneuropeo antieuro.
Ed in verità, l'Unione politica ed economica dell'Europa potrebbe risolvere solo in parte i problemi generati dalle aree valutarie non omogenee accorpate dall'euro. Un progetto del genere è comunque "fumo negli occhi" per la Germania, che è ostile a tale progetto tanto quanto, se non di più del progetto di una Bce-sud autonoma.
I tedeschi sanno bene che un'unione politica effettiva, gli Stati Uniti d'Europa, significa la creazione di sistemi di trasferimenti fiscali da nord a sud. In pratica parte della ricchezza generata in Germania dovrebbe essere trasferita alle zone povere del sud: Grecia, Portogallo, in parte in Spagna ed Italia ecc.
Borghi spiega questo fenomeno con lo stesso esempio che avevo proposto qui, e qui. Cioè l'esito e le conseguenze dell'Unità d'Italia alla fine dell'ottocento. Naturalmente il professore è molto più chiaro ed incisivo:
"...uno sguardo a ciò che l'esempio dell'Italia ci può raccontare sull'integrazione forzata di aree economicamente differenti.
L'Italia è un caso di studio estremamente interessante sull'integrazione, perché comprende aree estremamente diverse in termini di potenza economica. Possiamo dire che la moneta unica "Lira" ha unificato un Nord Italia Tedesco, un Centro Francese e un Meridione Greco, con il vantaggio di una lingua comune. Com'è stato ottenuto l'equilibrio? Nel solo modo possibile in un'area valutaria non ottimale, cioè via importanti trasferimenti fiscali interni. Ciò significa che per poter replicare il "modello italiano" la Germania dovrebbe pagare per gli altri nello stesso modo in cui il Nord Italia fa per il resto del paese, ma anche se questa situazione fosse politicamente gestibile (ed io sospetto che non lo sia), non sarebbe affatto desiderabile, ed esattamente per via di ciò che è andato storto in Italia.
Per rendere l'idea: immaginate che la forza economica e industriale del Nord Italia sia "10" e che lo stesso valore debba essere dato ad un'ipotetica valuta del Nord, mentre il valore per il Sud è "2". La valuta "Lira" sarebbe scambiata a una media delle due aree, diciamo "6". Il risultato è che il Nord ottiene una valuta più debole rispetto alla sua forza, mentre il Sud ne ha una più forte. Le industrie del nord diventano così molto competitive ed esportano con successo sul mercato mondiale ed anche sul mercato interno, mentre nel giro di poco tempo le fabbriche del Sud chiudono e rimangono in vita solo i settori al riparo dalla competizione (turismo, cibo di qualità), non abbastanza per essere autosufficienti. Ben presto è risultato evidente che la situazione del Sud era insostenibile e che i programmi per "rilanciare" l'economia del sud drenavano soldi dal Nord, portandosi via molto del suo surplus commerciale. La pressione fiscale ha cominciato a salire in modo rapido e progressivo, mirando a colpire le industrie di successo del Nord e raccogliere risorse per finanziare le necessità di un Sud alla fame, e così l'equilibrio è stato ripristinato.
...
Cosa è accaduto del denaro mandato al Sud? Sono stati fatti molti tentativi di creare industrie, con forti incentivi ad avviare attività commerciali, ma se non c'è un "reale" interesse economico a mantenere un impianto aperto e l'unica ragione sono i finanziamenti pubblici, il risultato è che non viene fatto nessun serio investimento, perché il flusso di denaro che arriva dallo Stato potrebbe interrompersi in qualsiasi momento, ed è stabilito anno per anno con la legge finanziaria.
In molti casi la risposta è stata semplicemente quella di creare lavoro dal nulla, con un numero sproporzionato di dipendenti pubblici.
...
La sgradita conseguenza di avere un flusso costante di denaro (circa cinquanta miliardi all'anno in media, ma anche di più se si considerano i servizi) intermediato dallo Stato dal Nord al Sud, è la creazione di una rete di corruzione di politici e manager pubblici che mirano ad ottenere profitti dall'immenso potere di decidere l'allocazione delle risorse."
In sostanza i firmatari del Manifesto non danno alcuna chance ad una possibile unione politica europea. Eppure se guardiamo agli Usa, anche li ci sono Stati più ricchi che sostengono Stati più poveri. Ma evidentemente il fatto che ci sia una lingua ed una cultura comune nel nord America rende il paragone impreciso. Eppure un'unione politica europea, penso potrebbe portare un valore aggiunto che le singole nazioni da sole non hanno. Fosse anche solo il prestigio internazionale.
La storia non si fa con i "se" o i "ma", però mi chiedo, che ne sarebbe oggi di un Regno borbonico, di uno Stato della Chiesa, di un Granducato toscano, di un principato di Savoia ecc. Vi si vivrebbe meglio di quanto si faccia oggi in Italia, oppure le rispettive economie sarebbero troppo piccole e spesso depresse, senza la forza necessaria per confrontarsi con il mondo? Anche queste sono domande da "porci" (cioè da Piigs...).