Ci sono molti motivi per cui non possiamo imitare la società tedesca. Il più intuitivo è che secoli di storia non si possono rinnegare all'improvviso. Non possiamo in batter di ciglia passare dalla morale cattolica a quella calvinista, come non possiamo acquisire con un tocco di bacchetta magica il senso civico dei popoli del nord. Siamo italiani e non tedeschi, molto semplice.
Se guardiamo all'economia comunque, sul perché è impossibile fare quel che fa la Germania, viene spiegato in bell'articolo sul blog "Le Cosmiconomiche" de Linkiesta:
"Dobbiamo, e non possiamo, essere la Germania
La Germania è oggi il centro dell'impero, il modello da seguire per ogni politica economica che voglia aspirare a dichiararsi vincente in questo tuttora traumatico scenario europeo. Eppure, il successo economico delle Germania non ha portato a un generale benessere in Europa, ha anzi acuito le disparità tra i paesi dell'unione monetaria. Essere tutti tedeschi non è una possibilità proprio perchè, di mezzo, c'è la Germania. Risolvere la crisi europea richiede dunque di riconoscere le semplici ragioni economiche di questo fatto, traendone le dovute conseguenze.
Dobbiamo essere un po' più tedeschi. Bisogna fare come la Germania. Ah, se avessimo anche noi quel rigoroso spirito teutonico temprato nei gelidi inverni mitteleuropei!
Ecco uno dei refrain più ascoltati degli ultimi anni, gettonatissimo da commentatori e da economisti di varia estrazione in cerca di idee di successo.
Riforme strutturali per esportare di più, aumentando la flessibilità e riducendo i costi di produzione. Austerità fiscale per dare fiducia ai mercati, rendendo i debiti pubblici sostenibili agli occhi degli investitori privati.
Peccato che essere tutti come la Germania non sia possibile, visto che la Germania è proprio uno dei principali fattori per cui ciò non può accadere. E' una storia, questa, che inizia con l'integrazione monetaria europea.
La nascita dell'eurozona ha infatti condotto a un robusto flusso di capitali verso i paesi del sud Europa (in particolare Grecia, Spagna e Portogallo, ma anche Italia e Iranda). In pratica, gli investitori internazionali, rassicurate dall'introduzione moneta comune, prestavano alla Grecia comprandone i titoli di stato, senza badare minimamente ai cosiddetti fondamentali dell'economia.
Con i prestiti ricevuti, la Grecia comprava le Volkswagen prodotte in Germania, ottenendo un saldo negativo nella differenza tra esportazioni e importazioni, e accumulando così crescenti deficit di conto corrente. Questo meccanismo vale anche per gli altri GIPS che, a partire dai primi anni 2000, hanno visto un netto peggioramento nella propria bilancia dei pagamenti.
Ma in un'economia aperta vige l'identità per cui:
Y = C + I + G + X - F
dove Y=reddito nazionale, C=consumo, I=investimento, G=spesa pubblica, X=esportazioni e F=importazioni. Da questo si deduce che:
Y - C - G - I = X - F
Dove (Y - C - G) è il risparmio nazionale, che equivale alla somma del risparmio privato (Y - T - C) e del risparmio pubbico (T - G ), una volta considerate le tasse, T. Da ciò si ricava che:
(Y-T-C) + (T-G) = X - F
Il che significa che i passivi della bilancia dei pagamenti si riflettono o in deficit pubblici o in deficit del settore privato, o entrambi. Insomma, il deficit nei conti correnti dei paesi GIPS, alimentato dai prestiti esteri, non ha fatto altro che rendere sempre più difficile risolvere i problemi di indebitamento di questi paesi.
Dall'altro lato della medaglia, per la stessa equazione, i surplus commerciali che la Germania accumulava le permettevano di consolidare i propri conti pubblici senza troppi sforzi e di portare avanti il suo aggiutamento strutturale, uscendo definitivamente dai problemi di competitività che caratterizzavano il Paese tedesco dalla fine degli anni '90
Ora, che cosa chiede la Germania al resto dell'eurozona? Di seguire la sua strada di successo. Ma questo è impossibile, proprio perchè per ogni esportatore ci devono essere importatori, e viceversa, mentre risulta molto difficile trovare sbocchi commerciali esterni rispetto a quelli già presenti in un mercato fortemente integrato come quello europeo. Il che è molto facile da vedere quando, sovrapponendo i due grafici precedenti, si nota quanto spiegato sino ad ora: i deficit nei GIPS corrispondono quasi esattamente ai surplus tedeschi.
Come spiegato da molti economisti, perchè l'eurozona possa dunque uscire dai propri squilibri strutturali si devono fare due cose, molto diverse da quelle oggi richieste da Frau Merkel:
a) è necessaria una redistribuzione della spesa, per cui i creditori devono spendere di più e i debitori devono spendere meno.
b) è necessario un deprezzamento reale nei paesi debitori e un apprezzamento reale nei paesi creditori - essenzialmente, è necessario che i salari e i prezzi dei GIPS si riducano relativamente a quelli tedeschi.
Ma, citando sempre Krugman,
La politica ufficiale dei leader dell'eurozona è che l'aggiustamento deve venire solo da una parte. La spesa deve diminuire nei paesi debitori, ma non c'è nessun riequilibrio in termini di politiche espansive nei paesi creditori - una ricetta di politica economica depressiva per tutta l'area euro. Allo stesso tempo, la BCE ha l'obiettivo di mantenere l'inflazione molto bassa a livello aggregato, il che significa che l'aggiustamento nel cambio reale deve avere luogo solo attraverso la deflazione nei GIPS, il che è molto difficile e ha l'effetto di aumentare il peso del debito rispetto al PIL.
Queste politiche pongono l'economia europea sotto una forte spinta contrattiva.
Come uscire dalla crisi europea, allora? Si potrebbe iniziare a farlo domani. La Germania potrebbe allentare il rigore di bilancio a tutti i costi e potrebbe in particolare diminuire la compressione salariale che sta attuando da anni. La BCE potrebbe emettere eurobond muovendosi verso una mutualizzazione del debito, come proposto da Soros. In terzo luogo, dal momento che l'abbassamento dei tassi di interesse recentemente decretato da Draghi avrà solamente effetti marginali sul sistema economico, sarà necessario ideare nuovi strumenti per finanziare il commercio reale (in opposizione ai movimenti speculativi) e quindi dare fiato alle impese. La Banca d'Inghilterra ha recentemente (ma con scarso successo) provato a intraprendere questa strada. Una possibilità potrebbe essere l'istituzione di un Target 3, argomento su cui tornerò in futuro.
Questi non sono sostitutivi, ma passi necessariamente complementari al consolidamento dei conti pubblici nei paesi come Italia e Grecia, dove il livello di debito è molto elevato rispetto al PIL, e all'inizio di un percorso di unificazione fiscale tra i paesi dell'eurozona.
Non è detto che questo possa bastare, ma la teoria della expansionary austerity, l'idea cioè che l'austerità farà ripartire l'economia europea, smentita ormai nel dibattito accademico essendo "caduti" i papers che più fortemente la sostenevano (Alesina/Ardagna, Reinhart/Rogoff), fino adesso non sta affatto funzionando.
Sta anzi creando mostri di fronte ai quali un giorno potremmo dover rimpiangere la nostra miopia."
(www.linkiesta.it)
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