giovedì 30 maggio 2013
La Corte dei Conti ha nostalgia di Berlusconi
Si stava meglio quando si stava peggio. Questa è la sintesi del pensiero del Presidente Giampaolino della Corte dei Conti, che nella sua relazione sostiene in pratica che la cacciata del governo Berlusconi e l'arrivo di Monti è stato più un costo che un vantaggio. Anzi ci fossimo tenuti la politica economica del vecchio governo oggi avremmo forse 230 miliardi di euro in più nelle nostre tasche. Perché questo è stato il prezzo dell'austerità montiana sul prodotto interno lordo degli italiani. Volgarmente ciò che guadagniamo.
La cosa non mi stupisce. Facendo semplici conti della serva avevo dimostrato anche su questo blog che il governo Monti non ci stava salvando, ma anzi era un costo supplementare rispetto al periodo di bassa crescita berlusconiana (vedi per esempio: ""Nuovo patto politico"... ci risiamo." "La strategia del Cavaliere (2)"). Il governo Monti è stato un danno economico, sia per il privato che per lo Stato.
"Il rapporto, di elevata qualità e interesse alla pari degli scorsi anni, rappresenta in realtà un bilancio dei risultati non conseguiti dalla nostra finanza pubblica e della crescita economica mancata nell’intero quinquennio della XVI legislatura (2008-201 3): “Il 2012 è stato l’ultimo anno di una legislatura che, misurandosi con una crisi economico-finanziaria internazionale ed interna di intensità mai sperimentata, ne ha registrato i pesanti riflessi sulla gestione delle politiche di bilancio.... L’adozione di una linea severa di austerità - oggi oggetto di critiche e ripensamenti - non ha, peraltro, impedito che gli obiettivi programmatici assunti all’inizio della legislatura fossero mancati”.
La Corte evidenzia anzi come “alla luce dei risultati, l’intensità delle politiche di rigore adottate dalla generalità dei paesi europei (sia) stata, essa stessa, una rilevante concausa dell’avvitamento verso la
recessione”."
(www.ilsussidiario.net)
Ecco come sono andate le cose nel 2012:
"A questo punto ritorniamo al rapporto della Corte dei Conti e vediamo quali sono le conseguenze dell’ottusità fiscale sulla finanza pubblica italiana, efficacemente sintetizzate in queste poche frasi tratte dall’introduzione.
“In Italia, nel periodo 2009-2013 la mancata crescita nominale del Pil ha superato i 230 miliardi: un dato sintetico che fornisce una immediata percezione delle difficoltà di gestione del bilancio pubblico mentre l’economia non cresce più. Nell’arco della legislatura, la perdita permanente di prodotto si è tradotta in una caduta del gettito fiscale anche superiore alle attese (quasi 90 miliardi meno della proiezione di inizio periodo), ma non in una riduzione della pressione fiscale, che anzi è aumentata rispetto al 2009 di oltre un punto in termini di Pil.
Le ripetute manovre correttive hanno, invece, consentito importanti risparmi di spesa, il cui livello è risultato nel 2012 inferiore di oltre 40 miliardi alle stime iniziali. Anche in questo caso, tuttavia, il cedimento del prodotto non ha permesso alcuna riduzione dell’incidenza delle spese sul Pil passata, nel triennio, dal 47,8 al 51,2 per cento. Il consuntivo di legislatura ha, dunque, mancato il conseguimento del programmato pareggio di bilancio, con un indebitamento netto risultato alla fine di quasi 50 miliardi più elevato dell’obiettivo originario”.
Proviamo a spiegarlo in maniera più semplice: secondo uno scenario ragionevole delineato all’inizio della legislatura, il quale prevedeva semplici interventi di manutenzione dei conti pubblici senza drastici interventi, il Pil nominale avrebbe dovuto attestarsi a fine quinquennio su un livello più elevato di circa 230 miliardi rispetto ai 1.566 effettivi, dunque un valore superiore del 15%. Questo maggior valore del Pil avrebbe apportato un maggior gettito fiscale di circa 90 miliardi, pari a 5,5 punti di Pil, che avrebbe tra l’altro permesso il conseguimento del pareggio di bilancio.
Anziché il pareggio di bilancio abbiamo invece un disavanzo di 48 miliardi, corrispondenti a tre punti di Pil. La differenza tra il minor gettito fiscale rispetto al pareggio e il disavanzo effettivo, corrispondente a circa 40 miliardi, è stata coperta da risparmi di spesa rispetto alle previsioni dello scenario di inizio legislatura di cui esattamente metà sono stati posti a carico dei dipendenti pubblici. In sostanza, nello scenario con maggior Pil, maggior gettito e bilancio in pareggio potevamo anche permetterci una spesa pubblica più elevata per 40 miliardi.
Che fine hanno fatto allora i 110 miliardi di manovre totali attuate dal 2008 al 2012, destinati a divenire 140 entro il prossimo anno? Si può fare un calcolo approssimativo e provvisorio, che necessità tuttavia di approfondimento. Se i 110 miliardi di effetti già previsti al 2012 includono con esattezza i 40 miliardi di risparmio di spesa appena ricordati, il maggior gettito fiscale atteso dalle manovre è quantificabile in 70 miliardi. Tuttavia la Corte dei Conti ci dice che il gettito fiscale è stato inferiore alle attese per 90 miliardi. Vi sarebbe stato dunque un effetto netto riduttivo di 20 miliardi: l’insieme degli inasprimenti fiscali della XVI legislatura avrebbe portato a una perdita di gettito di 20 miliardi. (che risultato impressionante! direbbe la cancelliera Merkel... nda)
Se così fosse vorrebbe dire che siamo in presenza di una elasticità degli imponibili rispetto alle aliquote superiore all’unità: aumentare le aliquote dell’1 % (non, sia chiaro, di un punto percentuale) farebbe ridurre gli imponibili di più dell’1 %, portando a una riduzione del gettito. Saremmo in sostanza in un tratto discendente di una curva di Laffer."
(www.ilsussidiario.net)
Cioè ormai siamo in una situazione in cui più aumenta la percentuale di tassazione, più si contrae la base imponibile, e quindi il gettito complessivo. Ci troviamo in pieno effetto discendente della curva Laffer.
(vedi "Laffer è tra noi", "Le tasse sono bellissime")
Detto in soldoni, se ci tenevamo Berlusconi e Tremonti e non facevamo mettere le mani al meccanico Monti in una macchina statale ed economica già molto in affanno, senza fare praticamente nulla, avevamo 230 miliardi in più in tasca, lo Stato avrebbe avuto 90 miliardi di euro in più in cassa e ci saremmo evitati inutili inasprimenti fiscali. Inutili suicidi, tensioni sociali ecc. Un'ennesima certificazione del fallimento del governo Monti e dell'austerità imposta dalla Germania.
Un'ennesima dimostrazione che la stupidità economica non paga: contrarre il bilancio statale, inasprire le tasse in tempo di crisi oltre che stupido è proprio criminale (vedi "L'austerità che uccide" - www.ilfattoquotidiano.it in cui si spiega che invece si sarebbe dovuto aumentare la spesa pubblica in investimenti sociali e produttivi).
Del resto vale sempre il detto che quando ci si trova nella merda, è essenziale muoversi con cautela, per evitare di formare l'onda. Purtroppo l'ondata di merda il governo Monti ce l'ha fatta inghiottire tutta. Peccato che nei telegiornali la prima notizia sia sempre o la fava di Berlusconi o il vaffa di Grillo: le cose importanti da dire vengono furbescamente taciute. E' meglio non far sapere quanti denari ci ha sottratti un governo di sedicenti esperti (in disastri epocali...).
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