sabato 25 maggio 2013

Futuro nero, primavera triste


Non so se dipenda da questa primavera fredda e triste, ma leggo continuamente di profezie pessimistiche e nere. Di default in arrivo già in estate.
Ha cominciato Grillo dicendo che a settembre-ottobre ci ritroveremo come alla fine del 2011. Ma anche altri si uniscono a lui nel vedere un futuro nero. In effetti Grillo mi pare riprenda le argomentazioni dell'economista francese Sapir.

"Più che mai, si pone la questione della sopravvivenza dell'eurozona. Le tendenze alla sua frammentazione stanno ormai aumentando. Vediamo che i problemi dei paesi molto diversi come la Grecia, il Portogallo, la Spagna e l'Italia convergeranno a breve termine, probabilmente nel corso dell'estate 2013. In questi paesi la crisi fiscale (Grecia, Italia), la crisi economica, la crisi bancaria (Spagna, Italia) si stanno ormai sviluppando in parallelo. Pertanto è altamente probabile che avremo una violenta crisi nell'estate del 2013, o all'inizio dell'autunno. È il momento di regolare i conti."
(vocidallestero.blogspot.it)

Le aspettative negative del capo del M5s, guidano perciò le sue strategie:

"Grillo è convinto di tre cose:

a. che la crisi finanziaria internazionale stia per portare a breve l’Italia al crollo (la sua previsione è che già a novembre il governo non sarà in grado di pagare le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici);

b. di conseguenza, che la crisi del sistema dei partiti sia sul punto di precipitare fragorosamente;

c. che, quindi, la scelta che si impone è fra l’affermazione del suo movimento politico e quella di una soluzione autoritaria come un regime militare (anche nel recente comizio a Corato, in Puglia, ha sostenuto che il M5s è quello che trattiene la gente dal fare barricate);
...
Sicuramente l’analisi di Grillo sulla crisi parte da dati di fatto su cui si può concordate:

a- più o meno a giugno avrà fine la tregua dei mercati finanziari verso l’Italia (come ha detto Soros 13.5.13) e lo spread riprenderà a salire a salti, probabilmente sino a tutto l’autunno;

b- a luglio si inizierà a constatare che il gettito fiscale sarà inferiore all’anno scorso e non solo per la probabile sospensione della rata Imu, ma anche e soprattutto per l’effetto della recessione causata proprio dai rincari fiscali decisi da Monti fra fine 2011 e primi 2012. Con il risultato di un ulteriore disavanzo e di una crescita sensibile del peso del debito sul bilancio statale e sul Pil (facile prevedere che sfonderemo a passo di bersagliere il 130% avviandoci al 140% sul Pil) e questo non farà che rilanciare lo spread;

c- Dopo la pausa estiva è plausibile che una fetta di aziende non riapriranno i battenti o chiederanno la Cassa Integrazione."

(www.comedonchisciotte.org)

Intanto alla Bundesbank ci hanno già liquidati: "Per Weidmann, <le nazioni devono rispettare le regole dell’unione monetaria e chiedere alla Bce di calmare i mercati crea un’Europa debole> ma, soprattutto, <nell’area euro devono essere possibili insolvenze di Stati>.
...
Attenzione, la tregua sui mercati è finita. Anche per l’Italia, temo, come dimostra questo grafico di Diapason su dati Bloomberg. Compara la crescita delle sofferenze bancarie italiane (linea nera) con lo spread tra Btp e Bund tedeschi (linea rossa), ultimamente molto basso e totalmente assente da scossoni.




Bene, negli ulitmi giorni invece sia il vostro spread che quello portoghese e spagnolo, i cosiddetti “periferici”, hanno conosciuto aumenti nell’ordine di una decine di punti base e il trend sembra proseguire. Come mai, forse gli acquisti giapponesi sono rallentati? No, non sono mai iniziati. I fondi nipponici stanno comprando in lira turca, pesos messicano e real brasiliano, non nell’eurozona. I fondi pensione spagnoli, invece, non possono più acquistare, perché sono all-in al 100% nel debito del loro Paese. Sta accadendo ciò che è normale, ovvero con un ritardo di 6-8 settimane, dovuto all’esuberanza da ricerca del rendimento che ha drogato i mercati (grazie alla Fed e non alla Bank of Japan), gli investitori cominciano a prezzare l’aumento delle sofferenze bancarie, tramutando gli istituti di credito europei – vedi Bankia di cui abbiamo parlato prima – nel cosiddetto elefante nella stanza. Come vedete dal grafico, finora i due andamenti sono stati più o meno regolari, ovvero hanno conosciuto una medesima traiettoria. Poi, da metà del 2012, le traiettorie sono divenute nettamente divergenti: le sofferenze crescevano, lo spread si comprimeva grazie ai soldi della Bce che permettevano alle banche europee di comprare titoli di Stato, alla liquidità nel sistema e alle riserve della Fed per le filiali Usa delle banche europee che facevano lo stesso, alla promessa di Draghi di difendere l’euro a ogni costo e in ultimo all’operazione di stimolo del Giappone, leva psicologica per portare tutti a comprare qualsiasi cosa, purché garantisse un rendimento.
...
...le vostre banche, che a fine febbraio avevano in pancia la cifra record di 351,6 miliardi di titoli di Stato italiani (cifra destinata a salire, visto lo spread fermo di questi ultimi tre mesi che significa acquisti senza fine), rischiano di dover scontare a bilancio perdite di valore di quei bond che possono portare al dimezzamento del prezzo pagato. Vuol dire la fine."

(www.rischiocalcolato.it)

Fare previsioni pessimistiche di questi tempi è sempre più facile. Non si vedono luci in fondo al tunnel. E forse in Giappone come alla Fed si stanno cominciando ad avere ripensamenti. Più alla Fed che alla Banca centrale giapponese che ha appena cominciato la politica di Qe. Si comincia comunque a stendere, o almeno a pensare ad un piano per uscire da una situazione di squilibrio finanziario sempre più evidente. Ma uscire dai Qe significa far crollare un enorme castello di carte che può cadere con un soffio. Si è visto cosa è successo a Tokio solo l'altro giorno (-7,3%) non appena Bernanke ha ventilato l'ipotesi di ridurre un po' i Qe della Fed.

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