Le interconnessioni fra particelle di Garret Lisi
Più sappiamo e più siamo coscienti di non sapere. Cosa conosciamo dell'universo in cui viviamo, siamo coscienti del posto che occupiamo in questo mondo?
A volte pensiamo di aver raggiunto alte vette di sapere, e se ci guardiamo indietro effettivamente la strada percorsa è molta: dalla teoria teologica di un universo costruito a sfere celesti attorno alla Terra, alla cosmologia moderna del Big Bang sono stati compiuti passi enormi.
In questi anni da un certo punto di vista l'universo si è però ristretto e nel contempo è divenuto esageratamente grande. Quello di vecchia concezione, dopo averci fatto lasciare gli spazi angusti del nostro sistema solare, e averci portato a raggiungere le galassie più lontane, ora è di nuovo superato da qualcosa di ancora più grandioso; Oltre ciò che vediamo, l'universo ha allargato i suoi confini a dismisura.
L'universo fisico oggi conosciuto dovrebbe avere un diametro di 13 miliardi di anni luce, che coincide con la sua età stimata in seguito alla sua nascita con il Big Bang.
Ma potrebbe essere una visione limitata o sbagliata. Da alcuni anni, una ventina, la fisica classica è messa in crisi da nuove scoperte cosmologiche:
- primo, la materia osservata e stimata nelle galassie non sembra sufficiente a garantire la stabilità dell'universo stesso;
- secondo, si sapeva dal dopoguerra che l'universo si espande, oggi si sa che tale espansione è in accelerazione.
Il primo punto è legato alla teoria gravitazionale newtoniana e la successiva teoria relativistica di Einstein. Le galassie, con la materia osservata dai telescopi, non potrebbero formarsi e nemmeno stare insieme. E la materia mancante non è nemmeno poca, circa il 80% (ma forse di più) di quella che sarebbe richiesta dai calcoli teorici (it.wikipedia.org).
Qui si pone un dubbio molto serio, e ancora irrisolto: non riusciamo a vedere o trovare questa materia impalpabile (tipo neutrini imprendibili), oppure è sbagliata la teoria alla base della fisica classica? La seconda ipotesi non è un affronto ai grandi scienziati del XX secolo e precedenti, ma potrebbe essere la conseguenza del mancato matrimonio tra fisica classica e quantistica. La prima finisce in pratica con Einstein, la seconda nata per definire il funzionamento della materia a livello atomico, ci sta portando in territori inaspettati e incredibili: il paese delle meraviglie di Alice al confronto è un posto ordinario.
La scoperta dell'espansione dell'universo fece dire ad Einstein che la "costante universale", un numeretto inventato per non far collassare l'universo nei suoi modelli relativistici, era stato il più grande errore della sua vita. Chissà cosa direbbe oggi che invece questo numeretto è stato reintrodotto, ma con funzione diversa, per tener conto dell'accelerazione dell'espansione.
La scoperta dell'accelerazione dell'espansione universale è stato l'ultimo choc della fisica classica. Se l'espansione dell'universo iniziata con il Big Bang poteva essere assimilata ad un'esplosione, intuitivamente c'era da aspettarsi un progressivo rallentamento dell'espansione. Invece si assiste al contrario, ad una continua accelerazione. C'è quindi un'energia sconosciuta, di dimensioni straordinariamente grandi, che risucchia sempre più velocemente l'universo verso un confine esterno ignoto.
E' stato calcolato che la fine dell'universo, se non cambia nulla nelle attuali scoperte cosmologiche, sarà molto triste: ad un certo punto le galassie saranno così lontane che non saranno più visibili tra loro; poi scompariranno le stelle più vicine a noi; poi inevitabilmente comincerà a disgregarsi la materia frazionandosi in particelle sempre più piccole. L'energia oscura diventerà predominante superando anche la forza fisica più potente, quella che tiene assieme la materia.
Si arriva così all'assurdo che l'universo osservato da telescopi ed altri mezzi tecnici, è inferiore al 5% di ciò che dovrebbe esistere. La maggiore entità sconosciuta è proprio l'energia che promette di distruggere l'universo. E' logico che alcuni scienziati siano alla ricerca di un eventuale errore nelle moderne teorie fisiche, per molti non è accettabile che l'universo si riduca a così poco.
E pensare che la più grande energia universale, l'inafferrabile energia oscura, potrebbe essere fatta di nulla. Cioè di quel vuoto quantistico che in realtà non è per niente vuoto. Ma è ripieno di particelle virtuali che appaiono e scompaiono in un tempo così breve che non è misurabile. Particelle che non si palesano come reali perché non hanno sufficiente probabilità di esistere (una delle tante bizzarrie della fisica quantistica), ma che comunque sarebbero in grado di produrre una sorta di forza antigravitazionale che risucchia (o respinge?) l'universo sempre più velocemente verso l'esterno.
A questo punto, si comincia ad avere le vertigini: è già decisamente difficile immaginarsi un universo largo 13 miliardi di anni luce, ma se poi anche tutto questo non è nemmeno il 5% di quanto esiste, allora diventa complicato avere un concetto razionale del nostro universo.
Ma non finisce qui. Perché esistono varie teorie che preconizzano l'esistenza di più universi o di universi infiniti. O di universi dentro universi. Si tratta di teorie che per quanto siano da molti considerate folli, in realtà sono supportate da idee scientifiche perfettamente coerenti. Ne esistono molte di queste teorie, su wikipedia c'è un elenco piuttosto lungo: it.wikipedia.org
Ma ancora una volta le teorie del "multiverso" si incrociano con le teorie quantistiche, da quelle classiche e riconosciute, a quelle più eretiche delle "stringhe" e delle "brame" vibranti al posto di onde e particelle.
Ma se quindi l'universo rischia di allargarsi nella sfera del molto grande fino a considerare la possibilità del "multiverso", rischia ora anche di espandere i suoi confini in modo incontrollato nell'infinitamente piccolo.
La meccanica quantistica ci pone di fronte a molte bizzarrie, una piuttosto incredibile è il fenomeno dell'etanglement (it.wikipedia.org). Gli scienziato lo definiscono un fenomeno "non locale", che in definitiva significa che due o più particelle possono scambiarsi informazioni indifferentemente dalla distanza fra loro. Dal punto di vista classico, questa è un'eresia, perché comunque il messaggio e il messaggero più veloce, non possono viaggiare più veloce della luce: per la fisica classica c'è una bella differenza tra due interlocutori nella stessa stanza, o in due continenti diversi, o in due galassie diverse. Per la fisica quantistica invece è del tutto indifferente.
Questo porta a fare delle considerazioni, che forse non sono nuove nelle religioni orientali: tutto è interconnesso; la singola parte comunica con il tutto, il tutto come somma delle parti assume una propria capacità di influenza sulle singole parti.
"Il potenziale quantico non opera come i campi elettromagnetici classici ma agisce in maniera istantanea e solo come pura "forma". La particella si comporta in pratica come una nave che arriva al porto grazie alla potenza dei suoi motori (vale a dire all’azione dei campi classici che conosciamo) ma sotto la guida di un radar (vale a dire il potenziale quantico) che le indica la strada da seguire. Nell’ambito della teoria di Bohm, è proprio il potenziale quantico a determinare la non località dei processi microscopici, la comunicazione istantanea tra le particelle subatomiche: il potenziale quantico informa ogni particella sul dove andare – come se dietro alla realtà fenomenica spazio-temporale fatta di materia ed energia, esistesse un piano nascosto che guida la particella e la unisce a tutte le altre particelle in un’unica simbiosi cosmica."
(www.altrogiornale.org)
Quindi ciò che percepiamo della realtà deve essere solo una minima parte dell'esistente. Esiste un livello nascosto, in cui le particelle di materia sono legate, e che sfugge alla nostra vista.
"Secondo Bohm è possibile individuare nella meccanica quantistica due diversi livelli di descrizione della realtà: l’interpretazione standard e il suo formalismo ci permettono di rendere conto del foreground, dell’ordine esplicito del mondo macroscopico così come ci appare dalle nostre misure, e che è caratterizzato da manifestazioni locali e frammentarie Quello che avviene nell’ordine esplicito rappresenta tuttavia una proiezione del livello fondamentale, nascosto, cioè il livello del background e dell’ordine implicito, caratterizzato da non località e non separabilità.
...
...una nuova concezione di totalità indivisa che nega l’idea classica della possibilità di analizzare il mondo in parti esistenti in maniera separata e indipendente: la realtà fondamentale è l’inseparabile connessione quantistica di tutto l’universo e le parti che hanno un comportamento relativamente indipendente sono solo forme particolari e contingenti dentro questo tutto”.
...
è lecito pensare che, al livello fondamentale, sia uno spazio atemporale a trasmettere l’informazione tra due particelle subatomiche, ... Quando si prende in considerazione un processo subatomico ... lo spazio atemporale assume lo stato speciale rappresentato dal potenziale quantico e questo determina una comunicazione istantanea tra le particelle in esame. In questo quadro, lo spazio-tempo relativistico (la nostra realtà ndr) può essere visto come una struttura che emerge da questa arena fondamentale di natura atemporale."
(www.altrogiornale.org)
In pratica l'universo che misuriamo, composto di spazio e tempo, sarebbe un sottoprodotto di un livello sconosciuto privo di tempo. Sono in effetti affermazioni scientifiche che confinano sempre più con i concetti religiosi, come per esempio quello di eternità. In effetti, già altri scienziati hanno proposto la non esistenza del tempo; per esempio Penrose, afferma che il tempo non sarebbe altro che una specie di degenerazione di un tipo di distanza, o dimensione geometrica.
In effetti, anche le ricerche di Garret Lisi, altro scienziato stravagante, vanno nella direzione di una interconnessione della materia profonda. Le sue figure geometriche simili a mandala tibetani, ci mostrano l'interconnessione tra i vari tipi di particelle subtomiche. Si tratta di figure ricavate da strani solidi complessi (vedi figura in alto), che a seconda del punto di vista cambiano forma. Le linee che uniscono le varie particelle, possono essere interpretate come linee di una specie di albero genealogico che unisce le particelle più antiche a quelle più recenti, ma anche come linee di interdipendenza fra le varie componenti della materia.
A questo punto, se le varie teorie che si vanno affastellando sono vere, diventa anche difficile affermare qual'è la percentuale di universo che percepiamo, rispetto alla totalità che dovrebbe esistere. Quanto è grande il livello profondo che interconnette il tutto? Se poi l'universo dovesse essere infinito, in dimensioni che non percepiamo nemmeno, allora sarebbe del tutto inutile porsi la domanda.
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