sabato 9 giugno 2012

Se gli industriali perdono la pazienza



I numeri dello stato di salute del manifatturiero italiano sono tragici.

“L’Italia che arretra, che soffoca, che arranca. E in più la “botta micidiale” del terremoto in Emilia Romagna. Il centro studi di Confindustria fotografa un Paese in difficoltà profonda.  La recessione, un “feroce” credit crunch, la bassa redditività mettono in ginocchio il paese.
Le imprese italiane denunciano un “alto grado di inerzia”: tra il 2000 ed il 2010 la quota di aziende che non ha accresciuto la propria dimensione è stato pari al 66% del complesso. Soltanto il 16% infatti è riuscito ad ingrandirsi mentre la crisi ha costretto ad un ridimensionamento il 18%.
Gli altri paesi invece vanno avanti, c’è una “scalata degli emergenti” e nella classifica per produzione manifatturiera il nostro paese con una quota che scende dal 4,5 al 3,3% dal 2007 al 2011, passa dalla quinta all’ottava posizione, superata appunto da India, Brasile e Corea del Sud’’.
”La specializzazione merceologica del made in Italy cambia”. Quello che è sempre stato il simbolo del made in Italy, i “beni legati alla moda”, dal 1991 al 2011 perde quota dal 21,5% al 13,9% dell’export. Mentre, per esempio, “i prodotti con maggiore intensità tecnologica ed economie di scala sono saliti dal 60,8 al 66,9%”,
Nel manifatturiero cuore pulsante dell’economia “servono massicci investimenti“. Serve una politica industriale moderna, dunque, come quella messa in campo ,dicono ancora gli economisti di Confindustria, dai paesi avanzati ma anche da quelli emergenti “dotati di una visione chiara e di un disegno coerente nel tempo”.

Tutto questo rende sempre più incerta la fiducia dei “poteri forti” verso questo governo tecnico. La crisi sta incidendo in maniera pesante, e forse prima del previsto, sul mondo economico.
E’ pur vero che il precedente governo non ha concluso nulla di buono sul lato economico, ma il manifatturiero non ha subito l’arretramento che subisce ora. Il Pil era a zero e la situazione statica.

Ora le misure di Monti sono eccessivamente recessive. Non è completamente vero, come hanno scritto i giornali, che la diminuzione di gettito fiscale riscontrata dalla Corte dei Conti dipende dall’evasione fiscale. Forse in parte si, ma la responsabilità maggiore va al governo.

In particolare la diminuzione del gettito Iva è un segno che c’è stata una diminuzione degli scambi commerciali. La diminuzione dell’Irap, è dovuta ad un arretramento del mondo produttivo: chiusure, fallimenti, difficoltà di credito ecc.

Per ora la crisi morde sui più piccoli, le piccole e medie imprese. Queste sono praticamente prive di liquidità e ordini, un po’ alla volta soccombono. Ma se la crisi raggiunge le imprese maggiori e i rubinetti delle banche si dovessero prosciugare anche per queste, il mondo dell’imprenditoria confindustriale potrebbe porre il problema della permanenza nell'euro. E come minimo dell'adeguatezza del governo Monti.

Se la grande industria, quella ancora rimasta in Italia, dovesse valutare non più conveniente l’euro, potremmo assistere ad un terremoto istituzionale. I difensori dell’euro ad ogni costo verrebbero messi all’angolo e sui quotidiani più legati al mondo produttivo (Corriere e Sole24ore) comincerebbero a comparire editoriali stroncanti la moneta unica, l'Europa, il ruolo di Monti e “l'egoismo” tedesco. L'articolo recente di Giavazzi ("La direzione è sbagliata" che tra l'altro è quasi parte del governo - commissione spendig review) è un antipasto delle "bastonate" sul governo Monti.

Probabilmente ora si sta valutando di concedere al governo Monti ancora tutto il mese di giugno. A luglio però i nodi potrebbero venire al pettine: se Monti al vertice di fine giugno non riuscirà a convincere i tedeschi a concedere politiche economiche pro crescita e di abbattimento dello spread, il governo potrebbe perdere pezzi rilevanti di maggioranza, sia dal Pdl che dal Pd. I partiti sono già in campagna elettorale e in fase di costruzione delle alleanze (Bersani si candida alla premiership "Patto con i moderati e primarie aperte"). Inoltre i partiti hanno scelto deliberatamente di rimandare il voto del Fiscal Compact: questo è un atto significativo di sfiducia verso una soluzione europea (vedi "Monti è finito (4)").

A questo punto si potrebbero aprire scenari completamente nuovi e divergenti: o il ritorno alla lira, o lo sblocco delle politiche di difesa dell’euro da parte tedesca per paura che salti tutta l’Europa.
Le elezioni potrebbero allora avvenire in autunno, in un clima completamente fuori controllo. La Bce sarebbe costretta ad un intervento di sostegno dei titoli italiani, nel caso di permanenza nell’euro.
Dalle urne potrebbe uscire poi un Parlamento ingovernabile, in cui l’attuale maggioranza contro natura, sarebbe costretta ad una nuova alleanza e un nuovo governo di emergenza. Con all’opposizione un nutrito gruppo di Savonarola grillini pronti a contestare e fare le pulci su ogni provvedimento.

Solo se l’economia darà segni di ripresa, farà lo stesso la politica, stabilizzandosi in due schieramenti antagonisti. E ci potrebbero volere ancora alcuni anni.

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