lunedì 17 marzo 2014
La guerra come via d'uscita
Alla fine la Crimea ha votato per la riunificazione con la Russia.
"Dunque parrebbe che il 93% dei votanti al referendum per il ritorno della Crimea alla Russia abbia detto si, I votanti sono stati il 81,7% secondo i primi dati trapelati.
Non pare ci siano stati particolari pressioni e tutto si è svolto in assoluta tranquillità.
...
Il ‘premier’ filo-russo della Crimea, Serghei Aksyonov ha annunciato che gia’ domani sara’ a Mosca nel pomeriggio con una delegazione per presentare alle autorita’ russe il risultato del referendum con cui la netta maggioranza (93%) degli abitanti della penisola ucraina ha chiesto l’annessione alla Russia. Lo riferisce l’agenzia Ria Novosti ."
(www.rischiocalcolato.it)
Non è chiaro quali conseguenza porterà questa mobilitazione politica e popolare (e militare?). Di certo sarà sempre più difficile affermare che la consultazione referendaria è illegittima di fronte alla volontà popolare e democratica. La stessa democrazia che gli Usa sostengono spesso di esportare, forse anche a Kiev.
Non so se la crisi si fermerà alla Crimea, o Putin visto che sta "vincendo facile" ci prenda gusto e si prenderà altre parti dell'Ucraina annettendole alla Russia. In ogni caso mi viene il sospetto che l'impuntamento degli Usa nasconda un desiderio recondito ed inconfessabile. Quello di provocare una crisi internazionale molto intensa, ma non pericolosa.
La debolezza finanziaria dell'Occidente ha avuto il suo apice nel 2008, (con anticipazioni nel 2000 e nel settembre 2001), ma la crisi non è stata mai risolta malgrado vari tentativi di correre in soccorso delle banche con i quantitative easing miliardari. Anzi questa politica di salvataggio non ha risolto nessuna contraddizione finanziaria, ma se vogliamo ha acuito questi problemi grazie ai "dollari facili" della Fed. La situazione è così instabile che le borse sono salite malgrado l'andamento dell'economia reale sia peggiorata di anno in anno. La patologia è simile a quella della tossicodipendenza: non si riesce più a fare a meno della droga finanziaria.
Infatti non appena la Fed ha paventato una frenata del quantitative easing, cioè il famoso tapering, sono cominciati gli scossoni e il panico si stava diffondendo a Wall Street. Un vero e proprio principio di "crisi d'astinenza" tipica di un tossicodipendente.
Oggi abbiamo una crisi diplomatica prebellica, ai confini dell'Europa. Gli Usa non si fanno spaventare da Putin e con energia si oppongono alle mire della Russia, anche se in questa storia sono loro i veri "invasori". L'Europa come al solito si defila e cerca di stare alla larga dai conflitti, o perlomeno rimanere alle spalle degli Usa. L'Europa si comporta così (a parte poche parentesi tardo coloniali: Angola, Algeria, Falkland ecc.) dalla fine della seconda guerra mondiale.
Quante volte si sente e si è sentito dire nei bar: "ci vorrebbe una guerra per risolvere la crisi". Quando sento questa frase, la prima cosa a cui penso è che in guerra dovrebbe andarci prima di tutto chi la proferisce. Tanto per vedere se è proprio un'idea così geniale. Comunque effettivamente è vero che dopo una guerra quasi sempre, ma non sempre, si ha un aumento della produttività e del Pil a causa della ricostruzione postbellica.
Ma senza arrivare alle estreme conseguenze di distruzioni, bombardamenti, vittime e tragedie ecc., per gli Usa una grave crisi internazionale potrebbe essere l'occasione per risolvere una volta per tutte gli irrisolti squilibri finanziari. Visto che la Fed non ha il coraggio di fermare la stampa di dollari e provocare la caduta dei mercati finanziari, l'ideale sarebbe avere un potente agente esterno in grado di fermare questa "macchina fabbrica soldi". Senza che il governo Usa debba sporcarsi le mani ed essere ritenuto responsabile.
Gli Usa hanno bisogno di fare esplodere le immani bolle finanziarie di cui sono il centro, e far tornare l'economia reale il centro degli interessi degli attori economici. E' chiaro che la distruzione della finanza parassitaria provocherà un'immane perdita di ricchezza. Ma si tratta di ricchezza di carta, una ricchezza fasulla, che oggi sta diventando anche pericolosa. Se venisse setacciata tutta questa finanza creativa, per separare ciò che non funziona da ciò che è funzionale all'economia reale, si potrebbe veramente ricominciare da capo. Chiaramente tutto questo provocherebbe lo sprofondamento degli indici azionari, il fallimento di molte banche d'affari, probabilmente il fallimento di interi Stati. Ma giunti in questa situazione, forse una acuta crisi internazionale, sperando non sfoci in vera crisi bellica, potrebbe essere l'unica soluzione per azzerare tutto e correggere le storture del turbo capitalismo moderno.
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