giovedì 13 novembre 2014

Un cigno nero come il petrolio



"Non è nelle praterie del North Dakota, ma sul mercato del credito che si stanno manifestando i primi segnali di crisi dello shale oil americano. Il petrolio «made in Usa» continua infatti a scorrere sempre più abbondante, nonostante il crollo del barile a 80 dollari, il minimo da 4 anni. Ma lo stesso non si può dire dei flussi di denaro indispensabili per le dispendiose operazioni di fracking. 

Finanziarsi sta diventando sempre più caro e più difficile per gli operatori dello shale oil: società quasi tutte di piccole o al massimo medie dimensioni, molto spesso costruite dal nulla e con fortissimi livelli di indebitamento, tanto che persino con il barile a 100 dollari faticavano in molti casi a pagare gli interessi. Un'analisi di Bloomberg sui bilanci di 60 di queste società quotate negli Usa ha evidenziato che a fine giugno i debiti ammontavano a 190,2 miliardi di $, in crescita di 50 miliardi dalla fine del 2011. Negli ultimi quattro anni il fardello è quasi raddoppiato, mentre le entrate sono aumentate di appena il 5,6%. 
Una dozzina di queste società, sempre secondo Bloomberg, mesi fa spendeva già almeno il 10% del fatturato solo per pagare gli interessi sul debito, che nella maggior parte dei casi è classificato dalle principali agenzie di rating a livello «junk», letteralmente spazzatura, per gli alti rischi di insolvenza.
...
Standard & Poors' e Moody's fanno ricadere in questa categoria addirittura due terzi delle società Usa attive nell'esplorazione e produzione di petrolio e gas.
...
Il mese scorso il segmento aveva perso l'1,3%, la peggiore performance di tutto il mercato high-yield
...
Molte società non stanno più ricorrendo a prestiti per finanziare l'espansione. Lo fanno per ripagare i debiti o per rifinanziarli. E cercano di farlo il più in fretta possibile»
Il problema non ha dimensioni trascurabili. Il settore energia, proprio a causa dell'impetuoso sviluppo di shale oil e shale gas negli Usa, secondo Barclays rappresenta oggi il 15,7% del mercato dei junk bond, che a sua volta vale 1.300 miliardi di $. Dieci anni fa pesava solo per il 4,3%.

...
Qualche analista è già in allarme per la possibilità che l'intero mercato high yield – minacciato anche dalla risalita dei tassi di interesse Usa – possa finire travolto, se nel settore dello shale oil si scatenerà un'ondata di ristrutturazioni del debito. Una possibilità non certo peregrina, quest'ultima, considerato che il prezzo del petrolio minaccia di continuare a scendere
...
la vita produttiva di questi pozzi è tuttora brevissima, tanto che l'output crolla del 65-90% dopo il primo anno. Anche solo per mantere stabile la produzione bisogna quindi trivellare continuamente nuovi pozzi, spendendo ogni volta milioni di dollari. Il che molto spesso significa contrarre nuovi debiti: un meccanismo perverso, che ha spinto alcuni osservatori a paragonare lo shale a un gigantesco schema Ponzi. 
...
«Lo shale oil è molto costoso – aveva detto un anno fa al Sole 24 Ore – Anche se le compagnie petrolifere si sono protette con l'hedging da eventuali ribassi del greggio, resta il fatto che molte per finanziare le trivellazioni si sono fortemente indebitate. Il che può anche andare bene, finché i tassi di interesse sono bassi e finché le prospettive di sviluppo sono buone». Entrambe le condizioni oggi non sono più per scontate."
(www.ilsole24ore.com)

C'è in corso una guerra comerciale delle compagnie petrolifere oppure no? Non si sa, ma quel che potrebbe accadere con lo shale oil, con il petrolio da fracking, è un rapidissimo raggiungimento dei livelli di picco, dovuto non all'esaurirsi dei giacimenti, ma al costo sempre più proibitivo per raggiungere l'ultima goccia di petrolio. Un ciclo molto più rapido di quel che accade normalmente con i giacimenti tradizionali.

Il problema di questo tipo di petrolio è che è sempre più costosa la sua estrazione mentre il mondo rallenta e richiede sempre meno oro nero. Non solo per lo sviluppo avuto dalle fonti rinnovabili degli ultimi decenni, per il continuo efficientamento dei motori, ma perché paesi che crescevano intensamente come la Cina lo stanno facendo più lentamente. Mentre l'occidente che è sempre stato un grande consumatore di petrolio è in piena stagnazione. Se è una guerra commerciale, sta facendo del male a tutti.

"Buone notizie per i consumatori ma cattive per i produttori di petrolio in Medioriente e Russia.
...
Ai timori sul versante della domanda si sono aggiunte le incertezze sul fronte scorte. Dopo la pubblicazione delle cifre macro cinesi deludenti, i contratti sul Brent hanno perso ancora terreno attestandosi a $79,38 il barile.
La paura è che il mondo potrebbe sperimentare un periodo di petrolio in eccesso. Dopo che l'Amministrazione per l'Informazione Energetica Usa (AIEA) ha abbassato la sua previsione sulla produzione di greggio, prevedendo che anche l'Arabia Saudita farà lo stesso e ridurrà l'offerta sul mercato, i prezzi sono scesi sotto l'area degli 80 dollari per la prima volta da settembre 2012.

La notizia secondo cui la produzione industriale cinese è cresciuta a un ritmo più blando in ottobre rispetto al mese precedente non ha aiutato l'andamento del greggio sui mercati. La domanda è fiacca e la paura è che rimangano barili inutilizzati.  

...
Il ministro saudita del Petrolio Ali al-Naimi ha provato a calmierare gli animi, dopo che una guerra dei prezzi nel mercato energetico.
Le voci di una guerra dei prezzi in corso sono prive di fondamento, secondo il ministro. "Vogliamo mercati petroliferi stabili e prezzi giusti, perché è l'unica cosa positiva sia per i produttori, sia per i consumatori, sia per gli investitori"."

(www.wallstreetitalia.com)

Il petrolio da fracking potrebbe essere l'innesco della nuova crisi mondiale, la nuova Lehman brothers?

Nessun commento:

Posta un commento