venerdì 10 gennaio 2014

Draghi nell'era della deflazione



Era il novembre 2013 quando prendevo coscienza del fatto che il nuovo pericolo per l'Italia non era più lo spread, ma la deflazione. Anche Draghi, spero ben prima, ha preso coscienza del nuovo pericolo che sta aggredendo i paesi periferici. Per ora sono entrati effettivamente in deflazione Grecia e Cipro, ma l'Italia non è lontana.

Ma malgrado ciò ieri non ha fatto nulla smentendo i rumors di quantitative easing europei, che avevano causato la discesa degli spread. Infatti da ieri lo spread di Italia e Spagna sono tornati nell'incertezza e forse torneranno a crescere.

Comunque Draghi ha sicuramente chiari i pericoli deflattivi, anche se tenta di dissimularne la preoccupazione:

"La Banca centrale europea (Bce) ha lasciato il tasso di riferimento dell'area dell'euro al livello invariato dello 0,25%, minimo storico 
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Mario Draghi ha sottolineato gli accresciuti rischi sulla ripresa e anche quelli sull'inflazione, che resterà debole e ampiamente al di sotto del target del 2% annuo ancora a lungo. 
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Non siamo come il Giappone, ma pronti a tutto contro la deflazione È però in relazione alla dinamica dell'inflazione che Draghi ha utilizzato oggi, per sua stessa ammissione, una retorica più «determinata». Pur sottolineando che il calo dell'inflazione a dicembre è stato determinato da cambiamenti nel calcolo dei fattori di destagionalizzazione tedeschi, cioè da un effetto una-tantum, Draghi ha ammesso che le prospettive sui prezzi sono «peggiorate». 
Il tasso di crescita è infatti destinato a mantenersi sui bassi livelli attuali per almeno due anni: l'Eurozona andrà quindi incontro probabilmente a «un periodo prolungato di bassa inflazione» 
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Draghi non vede «una deflazione in stile Giappone anni Novanta soprattutto perché la Bce ha varato azioni decise sin all'inizio e poi perché le banche dell'Eurozona stanno meglio». Per evitare un ulteriore peggioramento (cioè un indebolimento) delle prospettive sui prezzi o un eventuale inasprimento delle condizioni del mercato monetario, il board è tuttavia pronto all'azione utilizzando «tutti gli strumenti a propria disposizione»."
(www.ilsole24ore.com)

Insomma, ancora una volta nulla di fatto dalla Bce. Solo promesse per evitare di scontentare la solita Bundesbank. Purtroppo pare che Draghi abbia di nuovo le mani legate, adesso che la cancelliera Merkel è tornata saldamente in sella. La Bce deve essere indipendente solo quando rischia di assecondare i paesi del sud, ma invece deve stare attenta nell'ascoltare i suggerimenti provenienti dalla Germania. La quale non può soffrire l'inflazione sia per motivi storici che per motivi contingenti. E' un paese creditore (rispetto alle partite correnti e alle banche) per cui mal sopporta l'inflazione che erode i debiti.

Per l'Italia invece l'inflazione sarebbe un aiutino fondamentale:

"<<Gli sforzi e sacrifici lacrime e sangue dell'austerità sono ora spazzati via dal calo dell'inflazione (da un 2,7% due anni fa allo 0,7% attuale), perchè equivale in pratica ad un aumento del 2% punti della spread.

IL CALO DELL'INFLAZIONE EQUIVALE AD UN AUMENTO DELLA SPREAD.
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I politici da mesi gongolano perchè la spread dal 4,4% è scesa man mano al 2,4%, ma se l'inflazione scende anche lei di un 2% la distruzione dell'economia operata da Monti e soci è stata inutile. Qui nessuno sembra capire l'economia monetaria.

Da qualche giorno, da quando è uscito il dato che l'inflazione nell'eurozona è scesa quasi a zero (0,7 o 0,8%) e in Spagna in particolare a 0% ormai, l'euro e un poco le borse dei paesi in crisi come la Spagna e l'Italia, stanno perdendo, perchè sul mercato tutti sanno che questa "deflazione" è letale per paesi indebitati.>>
(www.cobraf.com)

Quando lo spread ha sfiorato i 500 punti, in realtà la situazione non era così irrecuperabile. Togliendo i 270 punti di inflazione (2,7 %), lo spread reale era a 230 punti. O detto meglio, un interesse del debito di 5,5% equivaleva con l'inflazione ad un interesse del 2,8%. L'inflazione è un tarlo che erode i guadagni dell'investitore, ma una manna per lo Stato.
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Come aveva già spiegato Zibordi, l'inflazione normalmente erode il debito pubblico, cioè gli interessi che si pagano su di esso. Non in termini assoluti, ma in percentuale sul Pil. Giocandosi bene la carta inflattiva si possono ottenere degli interessi negativi sul debito, ed è possibile vederlo evaporare come neve al sole, senza fare quasi nulla.

La deflazione agisce al contrario: fa aumentare gli interessi sul debito. Oggi ci troviamo su un crinale, siamo in una posizione con inflazione zero. Se non si farà nulla, o troppo poco per arginare la deflazione, gli effetti sul debito saranno ancora più deleteri di quelli prodotti dall'austerità. Il suo sarà un effetto di amplificazione degli effetti negativi della recessione.
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Non vedo in Germania prendere coscienza della reale situazione dell'euro e dei pericoli della deflazione. Probabilmente se ne accorgeranno troppo tardi, quando l'euro salterà. In quel frangente si spera che gli altri partner europei, con un colpo di destrezza, tolgano dalle mani della Merkel il telecomando dell'economia europea.

Draghi ha capito che l'euro è sempre più vicino alla deflagrazione. Fatica dalla Bce a controllare la situazione. La contrazione delle economie continentali non tedesche sta giungendo ad un punto di non ritorno, la deflazione può essere il colpo di grazia di debiti e spread. "

Questo quanto scrivevo a inizio novembre 2013 quando Draghi abbassò i tassi Bce allo 0,25%. Per ora i tassi dei bond periferici sono discesi, forse seguendo la discesa dei tassi ufficiali Bce, ma come ho scritto sopra l'assenza di inflazione potrebbe azzerare tutti i vantaggi. Se poi a seguito della delusione per l'inazione di Draghi, gli spread ricominceranno a salire in una situazione deflattiva, per i conti dello Stato italiano la situazione potrebbe diventare molto critica. Vedremo nei prossimi giorni se la speculazione si farà intimorire dalle minacce di Draghi o si scatenerà contro i Piigs. 

Ma è anche probabile che le armi degli speculatori siano ormai spuntate. Probabilmente ormai i titoli di Stato italiano (e spagnolo) sono in maggioranza sotto controllo in mano a entità istituzionali (banche e fondi) che vengono in qualche modo "guidati" dalla Bce.
Draghi si sarà tutelato o spera che il mondo si faccia convincere dalle sue minacce di sfracelli che non arrivano mai? Ho l'impressione che delle sorti di milioni di europei triturati dalla crisi lassù ai piani alti europei non importa nulla. Ho l'impressione che si vada spavaldi ed euforici verso il disastro. Seguendo i tedeschi si rischia spesso di concludere l'avventura in malo modo...

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