martedì 28 gennaio 2014

Fanta-geopolitica


E se tutta questa crisi finanziaria, se tutta questa austerità avesse un fine geopolitico ben preciso? Probabilmente è solo fanta-geopolitica, ma è facile constatare alcune cose avvenute in questi ultimi decenni.

Nel 1989 cadeva il muro di Berlino, decretando di fatto la fine della "guerra fredda" e la vittoria del blocco occidentale, cioè in definitiva degli Stati Uniti. Che con le sue tredici flotte con portaerei nucleari rimaneva di fatto l'unica super potenza militare ed economica al mondo. Gli Usa vinsero la guerra fredda praticamente senza sparare un solo colpo verso la ex Unione Sovietica, ma praticamente costringendo i paesi dell'est al fallimento economico e sociale.

Per quasi vent'anni successivi gli Stati Uniti hanno avuto una indiscussa supremazia sul mondo, facendo guerra a chiunque ritenessero mettere in forse tale situazione. Ma da un po' di tempo c'è una nuova è più insidiosa potenza a contendere la supremazia degli Usa. E' una nazione che pur non essendo una democrazia, come non lo era l'Urss, ha saputo astutamente adattarsi al nuovo ordine mondiale per sopravvivere, anzi per svilupparsi economicamente molto bene. Cosa che l'Urss non seppe mai fare. Si tratta della Cina. Gli Usa con questa nuova potenza mondiale non possono pensare di adottare la stessa strategia utilizzata con l'Unione Sovietica.

Cioè spingerla ad armarsi fino all'inverosimile, fino al punto di provocare il fallimento dell'economia civile, facendo emergere l'incapacità di sostenere le esigenze della popolazione. La Cina non si incaponisce nella corsa al riarmo, acquisisce la sua forza sullo stesso terreno degli Usa: l'economia di mercato.

Ecco che allora la nuova strategia americana, potrebbe essere quella di prosciugare i propri pozzi per fermare l'avanzata del nemico. E tutto ciò consiste nel contrarre fino al limite estremo l'economia occidentale, fino a rendere impossibile alla Cina prosperare con la sua politica mercantilista. Una nazione che fa dipendere il proprio benessere solo dalle esportazioni, è di fatto schiava dell'estero. Se non riesce più a collocare i suoi beni, le contraddizioni della sua economia esplodono: sovrapproduzione, crisi di credito, fallimenti, chiusure e mancanza di lavoro, contrasti sociali crescenti... fino al cambio politico che potrà essere guidato dall'unica super potenza rimasta.

"Oh oh, che succede?
Nulla di che, se non che l’indice anticipatore Pmi cinese di HSBC, riferito al settore manifatturiero, ci dice che il gigante asiatico è entrato in territorio di contrazione.
Ovvero, in parole povere, recessione. ... quel 49,6 è il livello più basso dal luglio 2013 e indica un calo protratto mese-su-mese come non si vedeva dal maggio dello scorso anno.
E non si tratta solo di un raffreddamento della domanda interna, anche i nuovi ordinativi per l’export sono crollati a un ritmo sempre in aumento, così come l’occupazione.
Detto fatto, appena uscita la notizia i futures sull’indice S&P’s a Wall Street sono calati di sei punti.

Dobbiamo preoccuparci? Beh, stare tranquilli sarebbe un po’ azzardato.
La Cina sta camminando su un filo ma senza la rete di protezione sotto, sta affrontando una contrazione del contante molto seria e il credito comincia ad avere costi molto alti, troppo.
Tanto è vero che acquirenti stranieri molto liquidi stanno comprando interi palazzi da costruttori alla canna del gas a prezzo di saldo.
D’altronde, il governo ha una missione: sgonfiare il sistema bancario ombra che ha intossicato le dinamiche del credito, un gigante passato dal 20% al 30% dell’intero mercato dei prestiti in meno di un anno - ma qualcuno parla del 50% e in parecchi gli danno ragione - ...

Il credito si sta esaurendo.
E lo dimostrano due dati.
Primo, nella città di Yancheng, alcune filiali della co-operative mutual fund societies degli agricoltori, di fatto non-banche che operano come tali, hanno chiuso le porte e bloccato l’operatività. Motivo?
Non hanno soldi, la gente cerca di prelevare dai propri depositi, ma non c’è denaro.
... ormai le banche cinesi siano così a corto di liquidità che sono disposte a pagare penali, qualcosa come 250 punti base, per trasformare i contratti repo da 7 in 14 giorni.
...
E ancora: «Il mercato azionario cinese non è un vero mercato. È completamente controllato dal governo, anche in base alla nuove riforme che sono allo studio. Il problema è che stanno tentando così tanto di contenere la speculazione che alla fine stanno causandone sempre di più.
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Una cosa è certa: quando le autorità cinesi apriranno al capital account e renderanno convertibile il renmibi, ci sarà un diluvio di liquidità all’estero, con il forte rischio di un crollo disordinato - ad esempio - nei prezzi del mercato immobiliare ma non solo.
Per questo non lo faranno. Almeno non a breve.
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Inoltre, gli ultimi dati disponibili parlano di creazione di massa monetaria M2 scesa al 13,6% in dicembre dal 14,2% di novembre, a causa della contrazione del credito imposta dalle autorità per cercare di sgonfiare la bolla del sistema bancario ombra.

E la creazione di moneta in Cina ha implicazioni a livello globale, visto che è pari al 200% del Pil, uno volta e mezzo il livello in termini assoluti degli Usa: e la deflazione sta già mettendo un piede in casa.
...
Questo impone ulteriore capacità in eccesso, quindi impulsi deflazionari in tutto il mondo.
Come confermato da Fitch, in Cina è in atto una crescita senza precedenti della ratio credito/Pil, come mai accaduto in grandi Paesi nei tempi moderni.

Certo, la natura stessa del sistema cinese ci dice che questa situazione non finirà in una crisi bancaria di stile occidentale, poiché in Cina il sistema finanziario è un braccio dello Stato.
Finirà in maniera diversa, ma potrebbe comunque trasformarsi in qualcosa di spiacevole per chi vedeva nel 2014 l’anno della grande ripresa globale, visto che già oggi il livello di credito cinese è pari a quello statunitense e giapponese insieme come controvalore in dollari."

(www.ilgrandebluff.info)

"in Cina il sistema finanziario è un braccio dello Stato". Questa è una frase importante: se fallisce il sistema finanziario si trascina dietro lo Stato. E forse non basterà stampare moneta come se non ci fosse un domani come hanno fatto Usa, Giappone ed altri. La mancanza di credito genera deflazione che uccide economia e Stato. Ma stampando moneta in volumi così ampi si rischia un'iper inflazione in stile argentino da cui è difficile uscire. Soprattutto se le esportazioni diventano molto difficili in un mondo la cui domanda è stata raffreddata artificiosamente.

Sarà fanta-geopolitica? Forse si. Qualcuno potrà rispondere che così l'occidente si comporterebbe come quel tale che si tagliò gli attributi per far dispetto alla moglie... Può anche essere, ma in realtà quegli 85 "semidei" che detengono le sorti economiche del mondo, in fondo non hanno da patire alcuna privazione. L'austerità e il crollo della domanda non li tange minimamente.

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