martedì 22 ottobre 2013

No Tav = crescita


Un'equivalenza forse pretestuosa, ma il titolo del post inverte l'equivalenza "Si Tav = decrescita (infelice)" a sua volta titolo di un interessante articolo su www.leoniblog.it.
Tale sito è quello che maggiormente rappresenta i liberisti italiani. Spesso ha ospitato articoli di Giannino. Non si può di sicuro annoverare tale sito alla galassia antagonista, e di sicuro non rappresenta i "No Tav".
Per questo l'analisi che ne esce fuori è molto interessante.

In effetti non mi sarei aspettato una posizione del genere da tale area economico-politica, ma ripensandoci è perfettamente ragionevole. Bisogna premettere che i liberisti sono da sempre allergici alla spesa statale. Poi se la spesa statale è anche inutile, lo sono ancora di più. In effetti basta usare un po' di logica e considerare le cose da un punto di vista esterno e lungimirante.

"E’ stato pubblicato ieri un appello promosso dal senatore del Pd Stefano Esposito e firmato da 30 personalità della comunicazione dell’imprenditoria per sostenere la Torino-Lione.

La premessa da cui trae spunto il documento è del tutto condivisibile: la “cultura del no” è diventata in Italia uno degli ostacoli principali allo sviluppo, alla crescita economica ed alla modernizzazione.

Ma è completamente fuori bersaglio il caso assunto come esemplificazione della tesi generale.

Una nuova infrastruttura può contribuire alla crescita se: a) la capacità dell’infrastruttura esistente, sia essa una strada o una ferrovia, è sfruttata quasi interamente e si è in presenza di un fenomeno di congestione; b) la nuova infrastruttura comporta un miglioramento del servizio offerto rispetto alla migliore alternativa disponibile.

Nessuna di queste condizioni è verificata nel caso della TAV.

Gli attuali collegamenti stradali e ferroviari sul versante nord-occidentale delle Alpi hanno una capacità complessiva pari a circa 100 milioni di tonnellate per anno. I flussi di traffico si attestano intorno ai 20 milioni di t. La nuova linea porterebbe la capacità complessiva ad almeno 140 milioni di t. E’ come se, nel caso di un’autostrada come la Torino – Milano, con un livello di traffico tale da occupare approssimativamente due corsie per senso di marcia, si proponesse un ampliamento a ventotto. Una follia.

Non vi è alcun fenomeno di congestione in atto né è prevedibile che ve ne siano per i prossimi decenni. Una decina di anni fa, quando il traforo del Monte Bianco venne chiuso al transito a seguito di un gravissimo incidente, tutto il traffico pesante si riversò sul Fréjus senza che si registrasse alcuna difficoltà nella circolazione; nel 2007, prima del declino degli ultimi anni, il traffico pesante al Brennero era pari al doppio di quello attuale complessivo del Fréjus e del Monte Bianco.

Inoltre, qualora la nuova linea venisse realizzata, il trasporto su ferro continuerebbe a non essere competitivo con la gomma. Da alcuni anni è stata completata la rete AV-AC sulla direttrici Torino – Milano e Milano – Roma – Napoli: questa nuova infrastruttura non ha ridotto di una sola unità il traffico pesante sulla rete autostradale.

L’incapacità della ferrovia, seppur ammodernata, di competere “nel mercato” con la strada, è risaputa anche da molti sostenitori dell’opera come, ad esempio, il Presidente della Provincia di Torino, Antonio Saitta, il quale, poco più di un mese fa, dichiarava fa al Sole 24 Ore che: “Toccherà al Governo mettere in campo, così come è accaduto già in altri Paesi, dalla Svizzera all’Austria, politiche di disincentivo economico del trasporto su gomma a favore di un trasferimento modale, specie delle merci, verso il ferro”. Politiche di disincentivo economico significano un incremento artificiale dei costi del trasporto: è come se un’impresa incapace di contrastare un concorrente di maggior successo chiedesse al Governo di incrementare il livello di tassazione che grava sui servizi prodotti da quest’ultimo per metterlo fuori mercato. Quale crescita potrebbe scaturire da un tale provvedimento?

A livello più generale, è facilmente dimostrabile che la realizzazione di estese reti ferroviarie ad alta velocità non è condizione né sufficiente né necessaria per la crescita: Spagna e Francia dispongono attualmente di una rete AV superiore ai 2.000 km , la Germania ne ha 1.200 e la Gran Bretagna solo 113 (con un accesissimo dibattito in corso, a suon di numeri e non di generici appelli alla “strategicità” dell’opera, se costruire o meno la linea AV da Londra a Birminghan, l’equivalente della nostra Milano – Roma).

Costruire la TAV significa nient’altro che fare un altro passo lungo quella strada dell’incremento della spesa pubblica improduttiva e dell’aumento della pressione fiscale e/o del debito pubblico che, nell’arco di qualche decennio, ci ha portato, se non ancora alla decrescita, ad azzerare – non molto felicemente parrebbe – la crescita.
..."
(www.leoniblog.it)

L'articolo continua con tesi tipicamente liberiste, come per esempio: "Le opere che servono davvero per la crescita si ripagano da sé.". Frase che non condivido assolutamente, in quanto lo Stato è tenuto anche a fare spese sociali del tutto improduttive. O che a prima vista appaiono improduttive, ma in realtà spendere per mantenere la pace sociale non è mai spesa improduttiva. Una nazione attraversata da tensioni sociali mette in pericolo anche la crescita economica. 

Ma non è il caso oggetto dell'articolo. E il Tav non rientra nemmeno nelle opere improduttive ma utili. E' infatti un'infrastruttura costruita dove esiste già una ferrovia con potenzialità non sfruttate in pieno. E in un'epoca di austerty pesante, è anche una spesa enorme non giustificabile ed ingiusta.
Si potrebbero fare altre spese "improduttive" molto più utili per garantire la pace sociale. Per esempio in questi giorni si è parlato di indulto: e se invece di costruire ferrovie inutili si costruissero nuove carceri modello? Si spenderebbe meno con un risultato migliore. 
Fra poco anche la casa diventerà un problema grave per gli italiani. Sempre meno persone avranno un lavoro sicuro e quindi accesso ai mutui o alla locazione. Lo Stato dovrà prima o poi incrementare la costruzione di edilizia popolare pubblica se non vorrà veder crescere baraccopoli o tante persone che dormono in strada: non sarebbe il caso di dirottare la spesa pubblica dal Tav ad altre "spese improduttive" ma utili?

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