mercoledì 31 luglio 2013
Che palle Berlusconi!
Ieri tutti i giornalisti e le tv erano davanti ai gradini del palazzaccio ad aspettare chissà quale evento dalle aule della Cassazione. Ancora una volta tutta l'Italia si inchina al cospetto di Berlusconi, chi con la schiuma rabbiosa alla bocca, chi con la lacrimuccia pronta a solcare le gote... ma chi se ne frega del Cavaliere.
Sinceramente spero lo condannino all'ergastolo, o direttamente alla fucilazione sui gradini del palazzaccio. Ma non per odio alla sua persona, ma per vedere finalmente un po' di casino in questo paese di m... (meraviglie?). Vorrei vedere veramente la gente con i forconi in strada tirare su barricate, Guelfi contro Ghibellini, in un duello all'ultimo sangue. Vorrei vedere il Pdl squagliarsi, il Pd scindersi in nove correnti, il M5s arrivare al governo con il 55%. Vorrei vedere la zona euro frantumarsi, le banche schiantarsi ed essere nazionalizzate, le fabbriche e le scuole occupate. Vorrei delle piazze vocianti, arrabbiate, scatenate e i prefetti atterriti ed incapaci di reagire.
Non se ne può più di questa pax europea sorvegliata dal governo Letta, che sta li solo per garantire i soliti garantiti della casta, che non decide nulla e rinvia tutto.
E i media continuano a seguire ossessivamente sempre gli stessi temi: berlusconismo e anti berlusconismo. L'Italia è congelata da vent'anni sulle solite questioni fritte e rifritte. Ci vorrebbe un bel detonatore per far esplodere la rabbia popolare, l'indignazione, il risentimento, perché dopo vent'anni è giunto il momento di regolare definitivamente i conti. E poi dopo la tempesta finalmente si potrà voltare pagina e pensare ai problemi veri degli italiani.
Nel mondo scarseggiano mercati buoni
Tutti a cercare la ripresa in casa degli altri. La Germania vuole esportare più di quanto importa e per difendere la sua politica mercantilista è disposta a stritolare il resto d'Europa con l'austerità. Il Giappone fa il contrario, stampa yen a manetta per svalutarlo ed esportare di più. Gli Usa sperano nella crescita della Cina e vedono la propria classe media impoverirsi sempre più.
Tutti vogliono produrre e vendere all'estero. Con il risultato che per essere competitivi riducono i costi del lavoro e del welfare interni. Così alla fine nessun luogo del mondo è oggi un buon mercato dove vendere i propri prodotti. Tutti i paesi del mondo si strutturano per diventare esportatori e non acquirenti.
"Spiacevoli effetti collaterali di un mondo senza crescita
Oggi in Giappone sono stati pubblicati alcuni dati macroeconomici piuttosto deboli.
...
Il Giappone, come noto, sta cercando di risollevare la propria economia attraverso una combinazione di politiche monetarie non convenzionali molto aggressive, e di espansione fiscale molto tradizionale. La conseguenza della prima è stato un poderoso deprezzamento del cambio dello yen, sulla scorta di aspettative di un gigantesco riposizionamento degli investitori domestici, in uscita dallo yen ed in direzione di attivi esteri.
...
il Giappone si trova oggi a cercare di capire che accadrà dopo aver monetizzato sontuosamente il deprezzamento dello yen degli ultimi mesi, in caso apparisse chiaro che il mondo non cresce o cresce assai poco, e la Cina sta rallentando vistosamente. Non è che ci vogliano competenze accademiche per arrivarci: se il mondo non cresce ed il Giappone sgomita, accadrà che i suoi esportatori accetteranno di sacrificare parte dei propri margini e di ribassare i prezzi, attingendo a parte del deprezzamento dello yen. Detto in altri termini: in un mondo a somma zero, indotta dalla bassa crescita globale, il Giappone esporterà deflazione. Lo stesso accadrebbe per qualsiasi altro paese cercasse di manovrare il cambio in modo più o meno aggressivo, per finalità di stimolo."
(phastidio.net)
Una rincorsa a chi fa lo sconto maggiore, porterà a rendere le produzioni industriali poco convenienti, oppure sussidiate con vendite in dumping che equivale a stampare denaro dal nulla.
C'è qualcosa che non va nel capitalismo 2.0 di questo inizio millennio. Eppure il difetto è così evidente che non ci vuole un grande scienziato per stanarlo, basterebbe riuscire ad ammettere quello che non si ha il coraggio di dire.
Cioè che il mercato mondiale ormai è squilibratissimo: c'è tanta offerta e comincia a scarseggiare sempre più la domanda.
In occidente il motore dell'economia era la classe media. Quella che guadagnava un indegno stipendio con il quale un solo componente per famiglia era in grado di provvedere ai bisogni della medesima. Quella dove l'individuo era garantito da uno scandaloso sistema di welfare fonte di mille sprechi. Oggi per fortuna si è messo un tetto agli stipendi degli "inferiori" come direbbe Fantozzi, e il welfare è sulla strada della rottamazione. Malgrado questi brillanti risultati ottenuti dai geni della classe dominante, l'economia arranca sempre più.
Ma le teste d'uovo frequentatrici dei vari Bilderberg ed affini facevano affidamento sulla globalizzazione e sui nuovi mercati dei paesi emergenti. Ed è vero che la Cina, che tutti li rappresenta, è cresciuta moltissimo. E' stata la nuova frontiera, il nuovo far west. Ma forse oggi che rallenta ci si accorge che è stata una grande illusione: la classe media cinese non è come quella europea ed americane che tra gli anni sessanta e novanta trainavano l'economia in modo impetuoso acquistando beni costosi. Cioè case, arredi, automobili, vacanze e tutto quello che comporta una spendacciona vita in stile occidentale. La classe media cinese, dopo essere stata massacrata sul nascere dalle bolle immobiliari, si accontenta di cambiare lo smartphone, per di più made in China.
Scarseggiano mercati decenti: quelli occidentali sono stati massacrati e depotenziati, con la complicità dei governi che invece li avrebbero dovuti proteggere e coccolare. Quelli emergenti non sono mai nati veramente e non hanno mai assunto le potenzialità occidentali.
Che fare? Siamo ancora in tempo a smettere con l'austerità, ma anche con i Quantitative easing rivolti alla finanziarizzazione dell'economia. E' ora di stampare denaro per finanziare la classe media occidentale e farla tornare soggetto centrale del capitalismo. Non mi pare ci siano tante altre soluzioni.
martedì 30 luglio 2013
Welfare e burocrazia: ma che c'azzecca?
Rischio Calcolato è un sito economico di "destra pentita", nel senso che non avalla le politiche di sinistra di investimenti pubblici e lotte sindacali, ma comunque si scaglia molto spesso contro il berlusconismo. Il punto forte del sito sono le sue analisi economico-politiche, anche se ora sono in parte migrate su Scenarieconomici.it.
Ma a volte i redattori si fanno prendere da un isterismo tipicamente destraiolo e se ne escono con articoli di questo tipo:
"GB. Ripresa duratura in atto. Bastava ridurre Burocrazia e Welfare: Semplice, no?
Il Governo Cameron ha ridotto in modo consistente la burocrazia ed il welfare, riportandolo ad una dimensione più ragionevole, anche se ancora del tutto spropositata, e la risposta é evidente: é il secondo trimestre consecutivo che il Pil aumenta.
Si potrebbe dire che non sarebbe servita una grande perspicacia per comprendere un concetto così banale. Ma mica tutti ci arrivano."
(www.rischiocalcolato.it)
Ok per la burocrazia ma il welfare inglese cosa c'entra con l'inesistente o quasi welfare italiano? E poi i due "mostri" nemici della libera iniziativa privata, messi così paiono complementari. Sembra che welfare e burocrazia vadano a braccetto, l'eliminazione di uno comporta la cancellazione dell'altro. In realtà si tratta di entità diverse: la Svezia ha un welfare imponente e una burocrazia snella, tanto per fare un esempio. L'Italia ha un welfare smilzo, e una burocrazia imponente. In Italia servirebbe molto di più un bel taglio alla burocrazia che al welfare.
Semmai il welfare italiano risulta troppo costoso rispetto ai servizi erogati. E la burocrazia esasperata rientra nel novero dei costi eccessivi.
Anche perché se poi si legge l'articolo citato da Rischio Calcolato ci si accorge che le cose fatte in Inghilterra non sono ripetibili in Italia. Li Cameron ha ridotto i sussidi di disoccupazione che nella forma inglese, in Italia non sono mai esistiti. Quindi questo taglio al welfare in Italia è stato fatto da sempre:
"La riforma prevede quindi una più attenta redistribuzione degli assegni per i disoccupati e le famiglie a basso reddito, criteri più ristretti e un conseguente risparmio per lo stato."
E poi altro che riduzione della burocrazia, Cameron sembra piuttosto emulare Monti o Tremonti con i tagli pubblici attraverso il "patto di stabilità", però eseguiti a Londra con più incisività e secondo me con maggior diseguaglianza sociale:
"Cambia radicalmente anche il sistema sanitario nazionale. I Primary Care Trust – strutture sanitarie pubbliche analoghe alle ASL italiane che gestiscono i servizi di cure primarie e assorbono circa l’80 per cento dei fondi disponibili – verranno sostituiti da consorzi privati di medici, infermieri e professionisti, che gestiranno le risorse dello stato per comprare farmaci, macchinari e garantire i servizi e le cure ai pazienti. Sarà possibile comprare da qualsiasi fornitore, a patto che siano rispettati gli standard e i costi stabiliti dal sistema sanitario nazionale."
(www.ilpost.it)
Forse il pezzo di riforma inglese che esalta i vendicativi destrofili italiani è questo:
"I licenziamenti nel settore pubblico permetteranno allo Stato di risparmiare circa 5 miliardi di sterline da qui al 2015.
...
Una seconda tranche di riforme entrerà in vigore lunedì prossimo, 8 aprile. Tra queste c’è il Personal Independence Payment, un nuovo modo di calcolare i sussidi per le persone disabili: non più in base alla malattia ma in base al modo e alle conseguenze in cui la persona ne viene limitata e danneggiata. Per ottenerlo non basteranno documenti scritti ma saranno necessarie verifiche fatte di persona."
(www.ilpost.it)
Che poi questo taglio ai sussidi dei disabili sembra invece smentire clamorosamente il titolo del post di RischioCalcolato. Infatti non basteranno più i certificati ma si dovranno effettuare nuove visite mediche. Quindi nuovi iter burocratici e perdite di tempo.
E poi ancora tagli in Monti-style:
"L’ultima importante misura entrerà in vigore il 28 aprile. È il cosiddetto credito universale, un unico sussidio che accorpa quelle che finora erano sei diverse fonti di reddito per i disoccupati. L’obiettivo è offrire incentivi a cercare lavoro ai disoccupati e spingere i lavoratori part time e coprire più ore."
"Cambia radicalmente anche il sistema sanitario nazionale. I Primary Care Trust – strutture sanitarie pubbliche analoghe alle ASL italiane che gestiscono i servizi di cure primarie e assorbono circa l’80 per cento dei fondi disponibili – verranno sostituiti da consorzi privati di medici, infermieri e professionisti, che gestiranno le risorse dello stato per comprare farmaci, macchinari e garantire i servizi e le cure ai pazienti. Sarà possibile comprare da qualsiasi fornitore, a patto che siano rispettati gli standard e i costi stabiliti dal sistema sanitario nazionale."
(www.ilpost.it)
Forse il pezzo di riforma inglese che esalta i vendicativi destrofili italiani è questo:
"I licenziamenti nel settore pubblico permetteranno allo Stato di risparmiare circa 5 miliardi di sterline da qui al 2015.
...
Una seconda tranche di riforme entrerà in vigore lunedì prossimo, 8 aprile. Tra queste c’è il Personal Independence Payment, un nuovo modo di calcolare i sussidi per le persone disabili: non più in base alla malattia ma in base al modo e alle conseguenze in cui la persona ne viene limitata e danneggiata. Per ottenerlo non basteranno documenti scritti ma saranno necessarie verifiche fatte di persona."
(www.ilpost.it)
Che poi questo taglio ai sussidi dei disabili sembra invece smentire clamorosamente il titolo del post di RischioCalcolato. Infatti non basteranno più i certificati ma si dovranno effettuare nuove visite mediche. Quindi nuovi iter burocratici e perdite di tempo.
E poi ancora tagli in Monti-style:
"L’ultima importante misura entrerà in vigore il 28 aprile. È il cosiddetto credito universale, un unico sussidio che accorpa quelle che finora erano sei diverse fonti di reddito per i disoccupati. L’obiettivo è offrire incentivi a cercare lavoro ai disoccupati e spingere i lavoratori part time e coprire più ore."
Il welfare italiano è impostato in modo diverso. Tende a sostenere chi ha già un lavoro o ha lavorato di recente. In passato non sono mancati comunque coloro che ne hanno approfittato: per esempio nel settore turistico, guide alpine e maestri di sci, o chi lavorava nel settore alberghiero stagionalmente con stipendi molto alti, poi nel corso degli altri mesi in cui era disoccupato percepiva assegni di disoccupazione a volte molto cospicui. Oggi non è più possibile.
Probabilmente il welfare italiano dovrebbe essere modificato nella direzione inglese. Anzi se proprio si va a verificare da dove arrivano i soldi, si può affermare che lo Stato nel campo della disoccupazione non spende quasi nulla. La Cassa integrazione è a carico dell'Inps, cioè a carico dei lavoratori.
E dove lo Stato spende molto, come nella Sanità, lo fa malissimo, o addirittura lo fa in malafede sostenendo situazione poco chiare se non malavitose. Qui l'introduzione dei costi standard pensati dalla Lega, sarebbe un toccasana. Andrebbe però chiaramente a intaccare degli interessi poco limpidi, dove politici, industrie farmaceutiche ed intermediari si spartiscono una torta miliardaria.
Ma il vero mostro in Italia è la burocrazia. La burocrazia italiana non è nemmeno immaginabile da un inglese. Infatti:
...
“Abbiamo dovuto chiamare l’ambasciata inglese e discutere con dei diplomatici”, ha detto il cantante in un’intervista col tabloid The Sun, spiegando che “quando vuoi fare una cosa simile e sei lontano da casa è una cosa grossa. Molto costoso. A dirla tutta, è incredibile quanto sia costoso”.
Per ottenere i permessi bisogna seguire una lunga trafila burocratica, e per questo la band si è affidata ad avvocati e commercialisti inviati sul posto in avanscoperta per trattare con le autorità locali. ”Ci sono problemi dovunque si va”, ha ammesso Bellamy, spiegando che per questo “abbiamo commercialisti e avvocati che discutono con ogni genere di amministrazione locale, con la polizia, con i promoter”."
(www.ilfattoquotidiano.it)
Per noi che ci siamo immersi, ormai ci pare tutto normale. Ma non è così. La burocrazia italiana sta diventando follia pura. E una follia che ci costa anche parecchi punti di percentuale di Pil.
lunedì 29 luglio 2013
Il momento sbagliato per il ritorno alla lira?
grafico svalutazione rupia indiana rispetto all'euro
Da sempre ho sostenuto su questo blog che sarebbe meglio la disintegrazione dell'area euro, se non si vuole giungere a creare un nuovo vero stato federale europeo. E in effetti non si vogliono gli Stati Uniti d'Europa, soprattutto in Germania, Francia e Inghilterra, le tre nazioni europee fondamentali di questa potenziale nuova unione supernazionale.
Però questo non significa che il ritorno alla lira non presenti numerosi pericoli. E' vero che in una situazione simile come quella del 1992 le cose sono andate meglio di quanto ci si aspettasse all'epoca:
"L’esperienza del passato ci serve per capire cosa avverrà del nostro Paese. Nel decennio 1982 – 1992 il rapporto debito/PIL quasi raddoppiò: dal 60% al 110%, questo perché nel 1981 Tesoro e Banca d’Italia divorziarono. Da allora lo Stato non ha più potuto contare su un prestatore interno con cui indebitarsi e ha dovuto offrire rendimenti sempre più elevati per vendere il debito.
...
Oggi come allora sarà il mercato ad imporci una decisione: allora si trattò di abbandonare lo SME e svalutare, oggi si tratterà di decidere se ristrutturare il debito restando nell’euro o tornare alla lira.
Solo così l’Italia tornerà a vedere la luce. Una prova? Usciti dallo SME nel 1992, svalutata la lira di quasi il 20% e riguadagnata la sovranità monetaria, il rapporto debito / PIL scese dal 120% del 1992 al 103% del 2003."
(www.beppegrillo.it)
"Ma andiamo a vedere cosa accadde esattamente nel fatidico 1992. Tra agosto e dicembre la lira si svalutò di circa il 28% sul dollaro passando da un cambio medio mensile di 1102,6 a 1415,2 mentre si svalutò del 17,5% contro il marco passando da 759,7 a 894 (dati Banca d’Italia). L’inflazione (rilevata su indici medi) passò dal 5% del 1992 al 4,5% nel 1993. Queste cifre hanno solidificato la vulgata secondo la quale abbandonando la moneta unica si ripeterà la magia: una svalutazione della Bungalira del 30% porterebbe qualche punto di inflazione in più, ma ristabilirebbe la competitività del sistema Italia in pochi mesi.
...
Se allarghiamo l’orizzonte temporale notiamo ad esempio che la lira si svalutò del 38% contro il dollaro tra agosto 1992 e dicembre 1996
...
L’aumento cumulato dei prezzi al consumo ... nello stesso periodo fu circa il 20%. Quindi è vero che la svalutazione non si scaricò completamente sui prezzi, ma il motivo è che vi furono allo stesso tempo degli aggiustamenti reali. In primo luogo per evitare il collasso oltre alla moneta si svalutarono anche i salari reali. Le retribuzioni contrattuali orarie lorde infatti aumentarono negli anni tra il 1993 ed 1996 tra il 3% ed il 3,5%, mentre il Pil nominale per unità di lavoro aumentava di oltre il 6%.
...
Ma non è tutto. Un secondo ordine di fattori fu legato ai prezzi delle materie prime. L’indice dei prezzi del petrolio (fonte Fondo Monetario Internazionale) passò da circa 37 ad agosto 1992 ad un minimo di circa 25 a dicembre 1993, con una caduta di oltre il 40%. I prezzi dei metalli diminuirono di circa il 28% nello stesso periodo.
Ecco spiegata il mojo della svalutazione: nella fase critica le nostre imprese nonostante l’impennata del dollaro, pagarono di meno (anche in lire svalutate) le materie prime, sopratutto quelle energetiche, mentre i prodotti finiti, venduti in dollari e marchi, gonfiavano i profitti. "
(www.ilfattoquotidiano.it)
Come scrive Scacciavillani non è sufficiente valutare se una certa decisione è giusta in se, ma vanno anche osservate le situazioni econometriche al contorno. Ed oggi la situazione al contorno è pessima. Anzi vi sono moltissimi esempi di nazioni con monete sovrane deboli che rischiano il collasso opposto a quello dell'austerità, cioè quello dell'iper inflazione e svalutazione galoppante. Non è nemmeno detto che gli Stati Uniti riescano a sottrarsi a questo destino:
Aggiorniamo il nostro recente articolo “La guerra civile globale” illustrando i recenti sviluppi dell’instabilità planetaria e illustrando una nostra autonoma previsione sul possibile effetto anticipatore del mercato valutario, su rivolte e rivoluzioni.
...
Egitto: la transizione post-golpe rimane molto difficile, scontri e morti sono all’ordine del giorno e nella giornata di ieri ci sono state decine di vittime nelle violenze fra pro-Morsi e anti-Morsi."
grafico svalutazione sterlina egizia rispetto all'euro
"E sperabile che l'Egitto risolva i suoi problemi istituzionali, che in definitiva sono causati dalla profonda crisi economica. Notizia questa che trapela pochissimo a livello ufficiale.
"L’autocensura è stata quella di non aver mai detto chiaramente e non solo di sfuggita che i cambiamenti sono stati messi in moto dalla crisi economica che colpisce l’Egitto con la stessa forza che altrove e che devasta le pochissime sicurezze acquisite sotto i regimi precedenti. Non era possibile equivocare: solo quest’anno in Egitto vi sono state una quarantina di grandi manifestazioni al giorno, quasi tutte per protestare contro le condizioni economiche e le mancate risposte del governo Morsi, ci sono stati circa 4000 scioperi e sono nati non meno 50 nuovi sindacati e centinaia di nuovi movimenti. Cancellare tutto tutto questo e ridurlo alla battaglia tra laici, esercito e Fratelli mussulmani, tra democrazia formale e vecchie tentazioni, significa semplicemente aver tolto l’humus nel quale crescono i cambiamenti."
(ilsimplicissimus2.wordpress.com)
(vedi: Egitto abbandonato a se stesso)
"La valuta turca continua il suo inesorabile crollo. Abbiamo già visto come sia già presente in Turchia una forte instabilità dovuta allo scontro frontale tra il movimento di protesta popolare e il governo islamista e se la valuta continuasse a crollare e l’economia a peggiorare a nostro avviso questo autunno si rischia seriamente un golpe turco. Se il rapporto con l’Euro supererà la resistenza intorno a 2.6 dobbiamo attenderci una nuova ondata di scontri e manifestazioni.
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Il crollo del Real [brasiliano ndr] sembra aver superato la linea di resistenza del trend. Un ritorno rapido in area 3.4, secondo questa nostra teoria, porterà a una fase più intensa di rivolte sociali.
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Tragica la situazione della rupia indiana [vedi grafico in testa ndr] che nonostante la mossa disperata della salita dei tassi di interesse al 10,25%, non accenna ad esserci un’inversione di tendenza e la moneta del secondo paese più popolato al mondo continua a rimanere a livelli pericolosamente bassi. Se a questo dobbiamo aggiungere un’economia che inizia a rallentare e un’Occidente che consuma sempre meno, se nei prossimi mesi si supererà il livello di 80 nel rapporto con l’Euro penso che l’India si unirà alla lista dei paesi emergenti in rivolta.
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Il Rand Sudafricano dopo i continui crolli degli scorsi mesi ha momentaneamente frenato la sua caduta. Se dopo questo momentaneo stop, la caduta dovesse ricominciare, il paese sudafricano già scosse da scioperi, rivolte e da una criminalità altissima potrebbe precipitare in una nuova fase di instabilità che potrà essere accentuata dalle sempre presenti divisioni etniche e dalla morte di Nelson Mandela.
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Dopo i deludenti dati economici, il Rublo continua a svalutarsi. Ora siamo vicini ad una resistenza importante a quota 43-43,5 Eur/Rub. Se questa resistenza dovesse essere sfondata sicuramente sarà necessario interrogarsi sull’effettiva salute dell’economia del paese più grande al mondo.
...
Il Rial Iraniano è praticamente carta straccia. Se il nuovo governo non riuscirà a trovare un accordo per ridurre le sanzioni, con USA e UE, l’esplosione sociale è una certezza e una guerra vera e propria non è da escludersi per sfogare le tensioni interne sull’esterno.
Abbiamo dato una panoramica valutaria dei paesi più importanti dove sono in atto forti svalutazioni, senza mostrare grafici vogliamo anche ricordare come stiano crollando le valute dei seguenti paesi: Argentina, Bielorussia, Etiopia, Ghana, Gambia, Honduras, Giamaica, Kirghizistan, Sri Lanka, Birmania, Mongolia, Mauritania, Namibia, Nicaragua, Nepal, Perù, Filippine, Paraguay, Thailandia, Tunisia, Uruguay, Uzbekistan, Venezuela, Zambia.
Discorso a parte merita la Cina, dove attualmente la valuta rimane intorno a 8 nel rapporto con l’Euro. Se ci dovesse essere una svalutazione sarà segno dell’inizio dello sgretolamento dell’economia cinese."
Un quadro impressionante e desolante dei paesi deboli o in via di sviluppo da lasciare se non preoccupati, alquanto interdetti. La situazione monetaria internazionale risulta molto destabilizzata e squilibrata: se da un lato i paesi deboli non riescono a sostenere il valore delle loro monete, quelli forti devono fare i conti con la situazione opposta, la rivalutazione delle loro monete.
I paesi forti (Usa, Inghilterra, Giappone, e solo in parte Europa) sono perciò obbligati a praticare politiche espansive di Quantitative easing, di gigantesca stampa di moneta, per mantenerne il valore delle loro monete basso. Gli esempi sono numerosi: vanno dalla Svizzera che lotta disperatamente per non far rivalutare troppo il franco rispetto all'euro al Giappone che cerca di svalutare lo yen per competere con Cina e Corea:
"Il Giappone, invece, sta giocando con il fuoco, svalutando e stampando senza alcun timore. A nostro avviso questo non è che un sintomo delle debolezza dell’economia giapponese e gli attuali benefici di questa strategia economica sono come gli improvvisi miglioramenti del malato prima di morire."
L'Euro è forse l'unica moneta che continua gradualmente a rivalutarsi, senza che la Bce si preoccupi troppo di mantenerne il valore basso. In realtà l'euro si sarebbe rivalutato molto di più se non esistessero nell'Europa stessa i famosi Piigs o paesi periferici che contribuiscono a svalutarne in automatico il valore. Per questo la Germania ne beneficia: usa una moneta molto meno rivalutata rispetto alle sue potenzialità economiche e le sue esportazioni si mantengono su livelli impressionanti.
In conclusione, nella considerazione di un'eventuale uscita dell'Italia dall'euro, è necessario anche verificare dove andrebbe a collocarsi il nostro paese. Se si collocasse nel club dei paesi forti, non ci sarebbero problemi. Anzi una massiccia stampa di nuove lire sarebbe salutare per la crescita economica italiana. Come pioggia nel deserto, molto di questo denaro non toccherebbe terra, ma evaporerebbe all'istante, tanta è l'arsura economica della nostra economia. Prima di ottenere allagamenti inflattivi passerebbe un bel po di tempo.
Se il nostro paese andasse invece a collocarsi nel club dei paesi deboli, allora il nostro destino sarebbe quello di cadere dalla "padella dell'austerità" alla "brace dell'iperinflazione". E' pertanto necessario fare una adeguata valutazione della nostra forza economica, ed uscendo dall'euro è necessario investire in un massiccio piano di sviluppo economico in ogni campo produttivo, ma anche nell'istruzione, anche nella semplificazione normativa ecc.
Rimango convinto sia meglio per l'Italia abbandonare l'euro, ma nello stesso tempo non si possono non vedere o sottovalutare i pericoli di una tale azione. Anche i fans più fanatici di Borghi-Bagnai, ne dovrebbero tener conto e considerarne attentamente i pericoli.
domenica 28 luglio 2013
Stratega superiore
Perché Berlusconi sembra sempre al tramonto e poi o vince, o se è in difficoltà resisteste benissimo? Perché è il più formidabile stratega politico degli ultimi vent'anni. Come lui non c'è stato mai nessuno prima. Il paragone con Craxi non regge, perché Bettino era a capo di un piccolo partito che poteva al massimo influire pesantemente su quelli più grandi come Dc e Pci. Ma non aveva la possibilità di trascinare con se grandi masse. Anche il paragone con Mussolini non regge come avevo già scritto:
"Mussolini ha governato per vent'anni ininterrotti, ma va detto che vinse le elezioni una sola volta, poi abrogò la democrazia. Così è facile. Berlusconi è in scena da vent'anni, in un sistema democratico, e presentandosi come protagonista ben sei volte alle elezioni. Io non so veramente come facciano molti italiani a dargli ancora fiducia, ma è impressionante il successo che riscuote ogni volta."
(Un altro mirabolante risultato del governo Monti-Merkel)
Berlusconi invece vince perché ci "mette la faccia". Che lo si ami o lo si odi è così. E' uno che rischia di suo e non si tira mai indietro, anche quando sembra in difficoltà impossibili da superare. Sbaglia chi pensa che condannandolo nei tribunali verrà fatto fuori definitivamente. Con lui temo che il "giochino" di mani pulite non funzionerà:
"«Non farò l'esule, come fu costretto a fare Bettino Craxi. Né accetterò di essere affidato ai servizi sociali, come un criminale che deve essere rieducato. Ho quasi 78 anni e avrei diritto ai domiciliari, ma se mi condannano, se si assumono questa responsabilità, andrò in carcere». Sono parole di Silvio Berlusconi
...
Nella tarda mattinata di domenica, però, lo stesso leader del Pdl fa retromarcia.
«Il Presidente Berlusconi non ha rilasciato alcuna intervista. Il direttore Belpietro ha liberamente interpretato il senso di un colloquio in cui sono state confermate l'assoluta infondatezza delle accuse rivolte al Presidente Berlusconi e la sua precisa volontà di continuare a offrire il suo contributo al popolo dei moderati» si legge in un comunicato diffuso da Palazzo Grazioli
...
Quindi il quotidiano di Belpietro, riporta anche alcuni dettagli sullo stato d'animo del leader pdl: «Non ho dormito per un mese. La notte mi svegliavo e guardavo il soffitto, ripensando a quello che mi hanno fatto» ha raccontato Berlusconi. «In pochi mesi otto pronunciamenti contro di me. I diritti Mediaset, Ruby, la telefonata Fassino-Consorte, gli alimenti alla mia ex moglie, le richieste dei pm di Napoli e Bari, la decisione della Consulta sul legittimo impedimento, il respingimento della richiesta di trasferire a Brescia il processo per le cene di Arcore, l'abnorme risarcimento a De Benedetti»."
(www.corriere.it)
E' il solito stile berlusconiano di dire e poi smentire dopo 5 minuti... ma nella sostanza il messaggio è molto pesante e molto diretto. E' un messaggio rivolto a tre protagonisti politici: ai magistrati, agli avversari politici ed ai suoi sonnacchiosi elettori.
In pratica sta dicendo ai giudici che in caso di sua condanna la loro vittoria sarà mutilata dalla strategia del vittimismo, che rischiano una forte impopolarità e di ottenere un risultato opposto a quello che vorrebbero. Se con mani pulite Di Pietro, Davigo e gli altri magistrati vennero portati in trionfo dall'opinione pubblica in contrasto alle monetine lanciate a Craxi, questa volta i magistrati rischiano di passare come persecutori, come aguzzini politici. Berlusconi invece si ricaverà un ruolo di vittima dell'inquisizione giudiziaria italiana.
Questo significa che i magistrati rischiano, nel caso poi il berlusconismo tornasse a vincere di prepotenza, di veder disintegrata la loro casta con una riforma parlamentare, e questa volta definitivamente.
E poi si rivolge ai protagonisti politici. Un Berlusconi incarcerato potrebbe essere il detonatore per riportare in massa i suoi elettori alle urne. Probabilmente senza di lui come candidato a premier, forse con una persona molto fidata come la figlia Marina (così sostengono al Giornale) al suo posto, ma con la possibilità di scatenare una rabbiosa campagna elettorale contro i giudici politicizzati, contro gli avversari politici del Pd e con toni molto estremi anche contro l'Europa e l'euro. Il governo, il Presidente della Repubblica e i vecchi dirigenti piddini garanti dell'Europa sono avvisati!
Se Berlusconi tornasse nuovamente al centro della vita politica italiana come vittima dei "poteri forti", non ci sarebbe movimento grillino in grado di tenergli testa. Come si è visto recentemente, la maggior parte degli ex elettori di centro destra preferisce stare a casa, piuttosto che votare M5s.
Chi farebbe le spese di una campagna elettorale violenta tra centro destra arrabbiato, e M5s con il vento in poppa vista la velenosa opposizione messa in mostra recentemente, sarebbe il sempre più scialbo centro sinistra, ormai ridotto ad una specie di Lega-centro-Italia, che non scalda più i cuori e che non partorisce più un'idea decente da anni.
sabato 27 luglio 2013
Santa Merkel ci concederà la grazia...
Non sono del tutto convinto del ragionamento di Zibordi (alias Cobraf.com), ma è comunque un possibile scenario futuro. In effetti sono molti i commentatori che si chiedono perché la decisioni sul destino d'Europa sono state di fatto congelate fino alle elezioni tedesche. Perché certi partiti europei come il Pd in Italia o Syriza in Grecia, si stanno umiliando ed annientando pur di garantire l'appoggio a governi fantoccio che hanno l'unico compito di traghettare riottosi parlamenti fino a settembre, alle elezioni tedesche.
In effetti in un post precedente ho valutato la possibilità che tutto ciò avvenga per un accordo internazionale a noi occulto:
"... noi comuni mortali non ne sappiamo molto: può essere che la Cancelliera Merkel abbia chiesto ai partner europei un accordo per non mettere in discussione ora i paradigmi dell'austerità in modo da essere rieletta. Dopo la sua rielezione potrebbe aver promesso di cambiare in parte idea. La cosa è possibile ma mi sembrerebbe alquanto improbabile: perché mai la Merkel dovrebbe cambiare il programma che l'ha fatta vincere?"
Zibordi crede in questa tesi, anzi pare averne conferma:
"Ora che la Merkel Viene Eletta Fanno Uscire Dall'euro
Oggi uno dei top consiglieri economici della Merkel, il tremendo prof Hans-Werner Sinn, appena dopo che sono usciti questi dati industriali mensili per l'Eurozona stamattina migliori del previsto, è apparso sul Financial Times con un editoriale stasera dedicato a spiegare che la Grecia e altri paesi possono ora uscire dall'Euro e che è meglio che escano rispetto agli Eurobonds o altre forme di sostegno e che per i paesi in difficoltà CHE NON ESCANO DALL'EURO UNA RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO E' NECESSARIA (qui parla dell'Italia...)
"...Greece would benefit from orderly exit followed by devaluation. Exit should be accompanied by haircuts that convert debt into national currencies and an option to re-enter at a later date would strengthen the country’s zest for reform. A common debt moratorium for overly indebted countries not exiting the euro may also be needed....
Come mai ora getta la maschera ? Perchè ormai mancano solo pochi giorni all'elezione della Merkel (se leggi i commenti all'articolo ...)
Scrive che l'Euro è come il vecchio sistema di Bretton Woods e che si può anche uscirne e poi eventualmente tornarci, ma il succo se guardi i commenti che sul ft.com sono sempre acuti è: "hanno solo aspettato che finalmente arrivasse l'elezione per la Merkel, (a settembre) e poi faranno uscire finalmente dall'euro la Grecia e forse anche il Portogallo..."
Il prof Hans-Werner Sinn, incoraggiato dal dato di oggi e dato che ormai manca poco all'elezione è finalmente molto chiaro, l'austerità è necessaria e deve continuare, ma alcuni paesi possono uscire dall'Euro. Hanno solo aspettato che la Merkel vengas eletta di nuovo a settembre e ora che mancano poche settimane cominciano a mettere le mani avanti"
Ma attenzione. L'intenzione sarebbe solo quella di eliminare Grecia e Portogallo dall'euro, avvertiti dall'opinione pubblica tedesca come "palle al piede". Non si parla di Italia, Spagna e men che meno Francia. La Germania gioca sul filo della lama di un rasoio: per quanto se ne dica, finora con l'euro s'è avvantaggiata alle spalle di queste tre grandi nazioni europee, che se venissero slegate improvvisamente dai vincoli della moneta unica, riguadagnerebbero tutti i vantaggi che oggi ha acquisito la Germania. I cui prodotti in poco tempo aumenterebbero il loro prezzo di un buon 30% mediamente, se non di più. Francia e soprattutto Spagna vedrebbero il loro Pil tornare a schizzare verso l'alto. L'Italia seguirebbe da più distanza, ma indubbiamente tornerebbe a respirare anche la nostra economia.
Non so se sono queste le intenzioni della Merkel. Ma pretendere di far uscire dall'euro solo poche nazioni, senza rischiare lo schianto di tutta la zona euro, mi pare velleitario. Quando il Portogallo uscirà dall'euro, come reagiranno i vicini iberici? Non cominceranno a nascere movimenti d'opinione antieuro anche in Spagna? E se finora si detto che uscire dall'euro è impossibile, poi come si farà a negare questa possibilità come si è fatto in ogni dibattito in Italia? Credo che difficilmente la Germania "concederà" l'uscita dall'euro ad alcuni. Il rischio è troppo grande. Ma è anche vero che i tedeschi per ora non hanno dimostrato di essere quei gran geni che tutti pensavano: stanno distruggendo ancora una volta mezza Europa, autoinfliggendosi inesorabilmente loro stessi dei danni irreparabili. Come settant'anni fa. Quindi da loro possiamo aspettarci anche comportamenti ancora più assurdi e stupidi.
venerdì 26 luglio 2013
Petrus romanus
La mia religiosità è piuttosto blanda. Anzi quasi inesistente. Per questo quello che scriverò qui sul Papa ha una valenza maggiore. Più ascolto e vedo all'opera Papa Francesco, il suo stile di pontificato, più mi torna in mente la profezia di Malachia. Non so se queste profezie si possano banalmente catalogare fra le tante leggende non provate dell'esoterismo. Per quanto mi riguarda, le trovo semplici, dirette e per questo ancora più incisive di quelle confuse ed ampollose di molti così detti veggenti.
"Intorno al 1140 il vescovo Irlandese Malachia profetizzò le successioni papali, sino al tempo in cui Pietro sarebbe ritornato sulla terra per riprendere le chiavi della Chiesa; secondo alcuni queste profezie sono state scritte con la collaborazione ispirata di San Bernardo. Furono pubblicate per la prima volta dal benedettino dom Arnold Wion nel 1595 nel suo libro "Lignum Vitae". Quello che è strano è che, finora, la stragrande maggioranza di queste profezie si è avverata. Le profezie di Malachia si riferiscono per lo più al luogo di provenienza dei pontefici, allo stemma della famiglia o anche a eventi storici che caratterizzeranno il suo pontificato. Esse sono costituite da 111 motti latini che descrivono in maniera impressionante i 111 papi che si sarebbero avvicendati sul trono di Pietro dal 1143 fino alla fine dei tempi. Che pensare di questo singolare elenco di profezie? Siamo di fronte al divertissement di un monaco o, come suggerisce Vittorio Messori, siamo di fronte a qualche enigmatico "segnale" dall'alto? La maggioranza della critica è schierata ovviamente con l'ipotesi della mistificazione: nel sito del CICAP, per esempio, si legge che « il documento è considerato falso anche da molte fonti ecclesiastiche, perché è molto dubbia l'autenticità della sua datazione. Il fatto che per quattrocento anni nessuno ne parli, compreso San Bernardo, che scrisse la Vita di Malachia, è molto sospetto. Anche il fatto che l'elenco include degli antipapi sembrerebbe porre dubbi sull'autenticità del documento. » Tutto vero, ma la questione è ben lungi dall'essere risolta e, probabilmente, non lo sarà mai."
(www.fmboschetto.it)
Alcuni di questi papi profetizzati, identificati con un nome latino in stile "nikname", lasciano perplessi anche i non credenti. Sembra che queste profezie si adattino abbastanza bene al carattere ed alle opere di papi veramente esistiti. Per esempio gli ultimi, i più mediaticamente esposti in questi anni, sembrano essere stati veramente previsti dal sedicente profeta Malachia:
"107 Pastor et nauta - Giovanni XXIII (1958-1963)
Angelo Roncalli era di umili origini (pastor), fu Patriarca di Venezia (nauta) e traghettò la Chiesa nel mare ignoto della modernità attraverso il Concilio Vaticano II. Una curiosità: tra i papabili del Conclave del 1958 c'era il cardinale francoarmeno Agagianian, il quale sullo stemma aveva un pastore e un'ancora. Se fosse stato eletto lui, la profezia si sarebbe realizzata davvero in modo clamoroso!
108 Flos florum - Paolo VI (1963-1978)
"Flos Florum", cioè fiore dei fiori, secondo il simbolismo floreale è il giglio. Nello stemma di Giovanbattista Montini appaiono difatti tre gigli.
109 De medietate lunae - Giovanni Paolo I (1978)
Il pontificato di Albino Luciani, già Patriarca di Venezia, è definito "il tempo di una luna" con riferimento al mese lunare. Infatti il suo pontificato durò dal 26 agosto al 28 Settembre 1978: solo 33 giorni! Alcuni però hanno contestato quest'attribuzione, essendo la durata di mezzo mese lunare di soli 14 giorni. Forse il "medietate" del motto va invece inteso come "mediazione", nel senso di un pontificato di transizione data la sua brevità. Anche il nome al secolo del pontefice dà adito a suggestive speculazioni, alludendo a "luce albina", cioè bianca, ovvero al pallido candore della Luna.
110 De labore solis - Giovanni Paolo II (1978 - 2005)
Karol Wojtyla verrà ricordato come il papa polacco, e molto probabilmente Malachia si riferisce al fatto che egli proviene da un paese dell'est (levante del sole); ma c'è anche chi ha appuntato l'attenzione sull'enorme lavoro di diffusione della fede intrapreso durante il suo pontificato: egli è il Papa che in assoluto ha visitato più paesi del mondo, ed ha portato la Chiesa a possedere un "regno" su cui sembra non tramontare mai il sole. Meno probabile appare invece l'interpretazione secondo cui Giovanni Paolo II veniva da quella Cracovia in cui Copernico "faticò" per dimostrare la validità del suo sistema eliocentrico.
111 De gloria olivae - Benedetto XVI (2005 - 2013)
Il successore di Giovanni Paolo II, il cardinale tedesco Joseph Ratzinger, viene indicato attraverso il segno dell'ulivo, simbolo di pace: egli stesso nella sua prima Udienza Generale del 27 aprile 2005 ha voluto richiamarsi a Benedetto XV, il Papa che tentò in ogni modo di porre fine alla prima guerra mondiale: "egli", ha detto Ratzinger, "fu coraggioso e autentico profeta di pace, e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra, e poi per limitarne le conseguenze nefaste. Sulle sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell'armonia tra gli uomini e i popoli, profondamente convinto che il grande bene della pace è innanzitutto dono di Dio".
Ma, come è stato segnalato, Benedetto XVI presenta altre sorprendenti attinenze con il motto di Malachia. Innanzitutto i membri dell'ordine benedettino sono noti anche come "olivetani". Ancor più impressionante è il fatto che Ratzinger sia nato nel Sabato Santo del 1927, il 16 aprile, al culmine del periodo pasquale. Tutto il periodo è difatti sotto il segno dell'Ulivo, anche in considerazione del fatto che Gesù e i discepoli risiedettero per tutto il tempo proprio presso il Monte degli Ulivi, dall'ingresso in Gerusalemme fino all'arresto!"
Da non credente e scettico ammetto che l'accostamento di Benedetto XVI con "De gloria olivae" mi risulta il più ostico. A meno che ci siano questioni che non sono ancora pubblicamente note che riguardano l'ex Papa ancora vivente. Potrebbe aver contribuito a mantenere la pace in qualche landa del mondo? Viste le vicende libiche a pochi chilometri dall'Italia sembrerebbe di no, ma tutto è possibile.
E Papa Francesco come dovrebbe essere identificato secondo il veggente Malachia?
L'ultimo papa prima della fine del mondo. Il nome è quanto mai suggestivo: mentre Pietro I fu il primo pastore della Chiesa cattolica, detentore delle chiavi del cielo, Pietro II dovrà restituire il mandato e chiudere per sempre le porte del mondo. A quest'ultimo papa che chiude la profezia, Malachia ha voluto dedicare non un solo motto, ma alcuni versi latini:
"In persecutione extrema sacrae romanae ecclesiae sedebit Petrus romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibi transactis, civitas septis collis diruetur, ed Judex tremendus judicabit populum suum. Amen."
La traduzione è la seguente: "Durante l'ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa, siederà Pietro il romano, che pascerà il suo gregge tra molte tribolazioni; quando queste saranno terminate, la città dai sette colli sarà distrutta, ed il temibile giudice giudicherà il suo popolo. E così sia.""
L'attuale Papa in carica non si chiama Pietro e non è neppure romano:
Osservando però il Papa salire la scaletta dell'aereo per il Brasile portandosi la valigia a mano, come un viaggiatore qualsiasi, ho immediatamente pensato: questo è un uomo semplice, un uomo umile ed onesto, questo è un uomo, non un potente, non un "divo".
Tutto il suo pontificato sembra improntato alla semplicità, all'umanità e alla vicinanza con i più umili.
Non mette barriere fra la figura del pontefice e i fedeli che si avvicinano a lui. Non teme le folle, anzi le cerca e non lesina abbracci e strette di mano. Non cerca gli agi a cui dovrebbe avere diritto quale ultimo sovrano sul trono Vaticano. Sta cercando di mettere ordine nelle opache vicende dello Ior, la banca vaticana: non è detto che ci riesca ma è la prima volta che un Papa in pratica denuncia le trame oscure nel Vaticano e dei suoi "papi neri" od occulti.
Forse, anche se il suo nome Francesco è ispirato dal santo patrono d'Italia, uno dei più ammirati anche dai non credenti, non è sbagliato accostare la sua figura anche al Pietro apostolo ritenuto primo vescovo di Roma.
Si sa che in realtà è più probabile che l'organizzazione della Chiesa sia da far risalire a Paolo. Un apostolo postumo che vide Gesù solo in visione. Questi non fece mai della povertà e semplicità la sua arma vincente, ma piuttosto adoperò l'eloquenza e la testardaggine. Paolo non era povero ed usò la sua ricchezza per viaggiare e fare proselitismo. Luca, uno dei quattro evangelisti, era probabilmente il suo medico personale. Paolo era un po' "figlio di papà", cioè figlio di un "industriale" dell'epoca che aveva commesse importanti per l'esercito romano. Il fatto di appartenere ad una casta elevata lo salvò molte volte dalla morte che spettava a chi professava la nuova religione cristiana.
Dell'apostolo Pietro non si sa molto al di la di quanto narrano i vangeli. Pietro, cioè Simone detto "Cefa" (Sasso) era un uomo semplice di professione pescatore. Per i detrattori dei vangeli il rude soprannome Cefa sta a significare che Gesù era effettivamente circondato da rivoluzionari dediti anche ad azioni violente. Ma potrebbe anche essere un soprannome che nasconde una certa durezza di carattere, di un uomo abituato ad essere fedele alle proprie idee di giustizia e duro con chi si comportava ingiustamente. Con chi commetteva soprusi verso i più deboli.
Non è del tutto provato che Pietro si sia mai recato a Roma e che abbia fondato li una comunità cristiana. Ma se è vera la tradizione secondo cui fu lo stesso Gesù a nominarlo suo erede, allora dobbiamo pensare che fosse fra i discepoli, la persona più simile al personaggio Gesù. La persona più vicina alle idee, alla filosofia di vita, al modo di interpretare la religiosità che intendeva il fondatore del cristianesimo.
La stessa filosofia di vita, le stesse idee di giustizia e pace che nel medioevo tentò di interpretare con tutta le sua persona San Francesco, un santo un po' hippie, stravagante, controcorrente, ma sicuramente semplice, coraggioso e fedele alla idee di giustizia alla base del cristianesimo.
Il nuovo Papa non potrà spogliarsi delle ricchezze come fece San Francesco e nemmeno del potere pontificio. Può invece, come sta facendo, ripudiare ricchezze opache e i simboli del potere che aumentano la distanza fra la Chiesa e i suoi fedeli. E forse potrà meglio di S. Francesco, assomigliare a Pietro, il primo apostolo di Gesù, il suo erede. In questo senso mi pare che Papa Francesco si adatti alla perfezione alla profezia di Malachia: è un nuovo Pietro, un nuovo ri-fondatore della Chiesa, un uomo semplice, forse duro come "Cefa" ma pronto a difendere la giustizia cristiana anche con la vicinanza verso chi subisce più soprusi, chi è più sfortunato. Questo è un Papa umile, vicino ai poveri, probabilmente come lo era il pescatore Pietro.
Il nuovo Papa non potrà spogliarsi delle ricchezze come fece San Francesco e nemmeno del potere pontificio. Può invece, come sta facendo, ripudiare ricchezze opache e i simboli del potere che aumentano la distanza fra la Chiesa e i suoi fedeli. E forse potrà meglio di S. Francesco, assomigliare a Pietro, il primo apostolo di Gesù, il suo erede. In questo senso mi pare che Papa Francesco si adatti alla perfezione alla profezia di Malachia: è un nuovo Pietro, un nuovo ri-fondatore della Chiesa, un uomo semplice, forse duro come "Cefa" ma pronto a difendere la giustizia cristiana anche con la vicinanza verso chi subisce più soprusi, chi è più sfortunato. Questo è un Papa umile, vicino ai poveri, probabilmente come lo era il pescatore Pietro.
Se Malachia ci ha veramente azzeccato, allora è meglio cominciare a preoccuparsi. Petrus romanus è l'ultimo dell'elenco. La profezia non preannuncia nulla di buono per i prossimi anni.
giovedì 25 luglio 2013
Sarà troppo tardi
Bagnai sul suo blog celebra il risultato di 5 milioni di contatti. E' una notizia molto bella. Ma i contatti non sono automaticamente lettori, sono molto più facilmente lettori assidui che si collegano spesso al suo sito. In ogni caso è un gran numero di lettori. E' una discreta esposizione mediatica, malgrado i media ufficiali siano costantemente e militarmente occupati dal Pud€ (partito unico dell'euro). Così spiega il successo Bagnai:
"Siamo riusciti a portare una parola di verità in roccaforti che fino a due anni or sono sembravano inespugnabili (ieri sul blog di Grillo, regno finora incontrastato della desinenza in 'azzo e della rima in demenza, oggi, credo, sul Messaggero, domani... non ve lo dico!), e ci siamo riusciti perché siamo quello che siamo e crediamo in quello che facciamo. Il vero consenso si costruisce sul mondo dell'informazione mainstream, e noi siamo riusciti ad arrivarci con la forza del nostro messaggio, e con la credibilità della nostra integrità morale, della nostra palese e totale indisponibilità ai compromessi politici, con il nostro disprezzo più assoluto per quelli che "la verità non si può dire perché fa comodo a Berlusconi", che mi sembrano tanto parenti di quelli che "la verità non si può dire perché i 'nostri' non sono ancora pronti", ma anche parenti di quelli che "sapevamo che ci sarebbe stata una crisi ma abbiamo iniziato lo stesso dalla moneta perché la crisi avrebbe costretto le persone a fare la cosa giusta".
... ci siamo messi a parlare al "popolo", ognuno al suo, e poi anche a quello dell'altro. E scoprivamo che il popolo aveva già capito! Ma questo i fini politici non lo capiranno mai, perché loro appartengono a quella ristretta ma potente frangia di imbecilli intellettuali che in nome di un astratto furore ideologico, e con le chiappe al riparo, continuano a difendere un progetto fallimentare e fascista.
...
Certo, non ci illudiamo che sia solo merito nostro. Anzi: il nostro merito è minimo. Il merito principale va a personaggi come Rehn e Dijsselbloem, che tanto hanno fatto per far capire a tutti i cittadini della periferia che lo scopo dell'euro, da quello (che alcuni potevano ritenere sacrosanto) di "disciplinare" prima i lavoratori e poi gli imprenditori, era diventato quello di depredare intere nazioni ... quando i ceti medio alti hanno capito che toccava anche a loro, è stato relativamente facile trovare la strada verso megafoni più potenti "
(goofynomics.blogspot.it)
Alla fine il professor Bagnai è riuscito a domare gli "ortotteri" che si lanciavano con cieco furore contro il debito pubblico. E' riuscito a portare il M5s oltre il ragionamento populistico del debito brutto&cattivo, del debito causato dal mangia-mangia dei politici corrotti ecc. Perché la corruzione e gli scandali ci sono in ogni epoca ed in ogni paese, ma di solito se l'economia va bene non costituiscono un problema tale da portare la nazione al default. Oggi tali pratiche sono ritenute ancora più spregevoli a causa della crisi, ma non sono il motivo principale del rischio default dell'Italia.
"L’esperienza del passato ci serve per capire cosa avverrà del nostro Paese. Nel decennio 1982 – 1992 il rapporto debito/PIL quasi raddoppiò: dal 60% al 110%, questo perché nel 1981 Tesoro e Banca d’Italia divorziarono. Da allora lo Stato non ha più potuto contare su un prestatore interno con cui indebitarsi e ha dovuto offrire rendimenti sempre più elevati per vendere il debito. Se nel 1982 l’Italia pagava un interesse reale vicino a 0 per indebitarsi, nel decennio successivo raggiunse una media del 5.5% con picchi dell’8%. E’ quindi l’esplosione degli interessi sul debito cumulato ad aver portato il debito a livelli insostenibili. Un immenso schema Ponzi in cui gli interessi in assenza di crescita sono pagati emettendo nuovo debito. In sostanza, come analizza Alberto Bagnai nel suo "Tramonto dell’Euro", il risultato è stato un trasferimento netto di reddito nazionale dai servizi primari ai contribuenti, sanità, scuola, sicurezza, ai detentori del debito, soprattutto alle banche italiane e estere. Ma perché questo divorzio assurdo? Perché ce lo chiedeva l’Europa dello SME nel quale eravamo entrati nel 1978 legandoci mani e piedi ad un cambio rigido penalizzante che ci fece rinunciare alla leva della svalutazione. Nulla di diverso rispetto a oggi.
- Allora fu lo SME a legarci le mani, oggi l’Euro
- Allora emettevamo debito in una valuta nazionale di cui non controllavamo il valore rigidamente fissato nello SME. Oggi è peggio perché ci indebitiamo in una valuta estera (tale è l’Euro per aver rinunciato alla nostra sovranità monetaria) non potendo usare la leva del cambio
- Oggi come allora i rendimenti che l’Italia dovrà offrire per rendere appetibile il suo debito non potranno che salire
- Oggi come allora sarà il mercato ad imporci una decisione: allora si trattò di abbandonare lo SME e svalutare, oggi si tratterà di decidere se ristrutturare il debito restando nell’euro o tornare alla lira.
Solo così l’Italia tornerà a vedere la luce. Una prova? Usciti dallo SME nel 1992, svalutata la lira di quasi il 20% e riguadagnata la sovranità monetaria, il rapporto debito / PIL scese dal 120% del 1992 al 103% del 2003. Nel primo trimestre del 2013 abbiamo raggiunto il 130,3% nel rapporto debito/PIL, secondi solo alla Grecia."
(www.beppegrillo.it)
In realtà non è così automatico il ripetersi della stessa vicenda storica come spiega Scacciavillani qui.
"Il credito della Germania verso l’Europa è il lato oscuro della medaglia del debito di Italia e Spagna. Invece di prestare ai PIGS il Nord Europa preferisce prestare alla BCE che a sua volta fornisce liquidità ai PIGS. Con tale sistema, chiamato "Target 2", la Germania ha accumulato 600 miliardi di euro di crediti verso la periferia dell’Europa via BCE. La tutela di tali crediti è l’unico criterio che la guida. Non importa che i 600 miliardi siano stati costituiti da parte della Germania violando gli stessi accordi europei che oggi essa impone agli altri. Infatti sforando ampiamente il 3% di deficit nel 2003 la Germania ha finanziato riforme strutturali che nel decennio successivo le hanno dato un vantaggio competitivo grazie ad un'inflazione minore dei partner europei e ad un basso costo del lavoro ottenuto grazie alla forza lavoro della Germania dell’Est. Ciò si è tradotto in vantaggi di prezzo e nel boom delle esportazioni verso l'Europa..
Sarebbe bastato imporre il pareggio della bilancia commerciale invece del pareggio di bilancio per avere una storia completamente diversa che avrebbe tarpato le ali alle politiche mercantiliste del Nord Europa.
...
Se non sarà l’Italia a reagire lo farà per lei il mercato con il suo linguaggio universale, ci sarà un prossimo rialzo degli interessi richiesti fino a rendere insostenibile il nostro debito."
(www.beppegrillo.it)
Ed infatti sarà il mercato a decidere il nostro futuro. Perché per quanto siano confortanti i numeri fatti dai blog di Grillo e Bagnai, la consapevolezza degli errori commessi dalla politica italiana, arriverà troppo tardi presso il "popolo" e soprattutto il "popolino" che si nutre di telegiornali preconfezionati con notizie surgelate, di Amici di Maria ed altra paccottiglia, di soap-opera e altra tv spazzatura.
Quando qualche potente politico di turno dirà la fatidica frase: "ci siamo sbagliati, contrordine compagni!", la frittata sarà già fatta e la maggior parte degli italiani imparerà la lezione a posteriori (cioè rimettendoci le chiappe), malgrado studi e studiosi da un paio d'anni abbiano ampiamente preconizzato il prevedibile andamento futuro di questa crisi monetaria europea.
mercoledì 24 luglio 2013
Rivolte e rivoluzioni rimandate
(tassi Btp in discesa a 4,37%)
Si continua a ripetere che tutto dove crollare con effetti sociali devastanti fra estate ed autunno. L'aveva predetto Grillo e in effetti osservando i dati dell'economia e la situazione dei conti pubblici è inequivocabile la nostra corsa verso il default. Lo ha ripetuto di recente anche il guru bis del Movimento Casaleggio:
"Io penso che il Paese avrà nei prossimi mesi, non so quanti, uno shock economico. Uno shock che potrebbe portare a una ridefinizione della rappresentanza politica, cioè non quella attuale, oppure a uno spostamento della politica da problemi politici a problemi di carattere sociale: disordini, rivolte. Quindi qualcosa che non può essere dominato dalla politica", dice Gianroberto Casaleggio in un'intervista a Gianluigi Nuzzi per la rassegna letteraria Ponza d'autore, pubblicata sul blog di Beppe Grillo."
(www.rainews24.it)
Persino il ministro Delrio da manforte ai grillini:
...
l'eventuale eliminazione dell'Imu (o un suo ridimensionamento) "non muoveranno di una virgola il Pil del paese".
I problemi sono ben altri, tra cui il saldo dei debiti della Pubblica Amministrazione con le imprese e lo sblocco del patto di stabilità almeno per le opere strategiche."
(www.wallstreetitalia.com)
E' vero che la situazione dell'Italia rimane difficile come ormai sempre più i dati economici evidenziano di giorno in giorno:
"Oplà, debito pubblico record in Italia nel primo trimestre del 2013.
Secondo Eurostat, il rapporto debito/pil ha raggiunto quota 130,3%, contro il 127% dell’ultimo trimestre del 2012 ed il 123,8% del primo trimestre dello scorso anno. In termini assoluti, il debito pubblico italiano nei primi tre mesi del 2013 e’ stato di 2.034.763 miliardi.
...
Fra i Paesi membri, il debito piu’ alto e’ stato registrato in Grecia (160,5%), Italia (130,3%), Portogallo (127,2%) e Irlanda (125,1%)"
(www.finanzaelambrusco.it)
Ciò non di meno non è detto che la situazione politico-economica e sociale in Italia precipiti dall'oggi al domani. Malgrado tutti strillino al crollo imminente, comincio a pensare invece che la rivoluzione sarà rimandata ancora, e la casta prolungherà la sua esistenza dorata.
Su Rischio Calcolato ci si chiedeva: "Sarà Bancarotta o un Lenta Agonia?"
Mi perdonerete se tolgo dal novero delle possibilità un ritorno dell’Italia alla crescita economica e al risanamento dei conti pubblici in condizioni di solvibilità.
L’unico dubbio che ho è se ci aspettano 10-20 anni di inesorabile declino, oppure si arrivi ad un punto di svolta traumatico che faccia pulizia anche se ad un costo immediato altissimo e spesso ingiusto.
In altre parole dobbiamo chiederci quanto spazio abbia lo Stato Parassitario Italiano per alzare ancora la pressione fiscale ed andare avanti senza distruggere completamente l’economia e il tessuto sociale italiano.
I primi dati sulle entrate fiscali del 2013 suggeriscono che siamo arrivati senza dubbio ad una reale difficoltà per lo Stato ad aumentare le entrate fiscali, nei primi 5 mesi dell’anno le entrate sono aumentate in valore assoluto si solo lo 0,7% in termini reali, cioè contando l’inflazione, si tratta di una diminuzione di risorse drenate dal fisco. E per ben 2 mesi su 5 le entrate sono effettivamente diminuite rispetto allo stesso mese dell’anno precedente."
(www.rischiocalcolato.it)
In effetti pensavo anche io ad un rapido deterioramento e quindi alla caduta improvvisa del sistema. Ma potrebbe esserci una terza possibilità. Il governo Letta rimandando e non facendo potrebbe portare a questo risultato: nessun aumento sensibile di imposte e crescita sempre latitante. Cioè una specie di stasi, quindi il prolungamento dell'agonia prospettata su RischioCalcolato.
Questa sensazione mi deriva dalle vicende internazionali che da un lato vedono continuare l'euforia (anche se un po' titubante) nella borsa Usa e dall'altra hanno visto la vittoria di Abe in Giappone, cioè la vittoria della filosofia economica del Quantitative easing. Questo significa che per l'estate e per l'autunno continueranno le politiche di espansione monetaria internazionali. Questo clima dovrebbe dare una certa tregua ai mercati e quindi anche ai titoli di Stato italiano e relativo spread. Il primo intoppo potrebbe esserci a settembre quando pare la Fed comincerà a "tirare i remi in barca", anche se sarà solo un ridimensionamento dei Qe e non una cessazione di tale politica economica.
Il Giappone comunque è importante. I suoi Qe sono stati alla base della discesa dello spread dei Piigs dei mesi scorsi.
"Assoluto vincitore delle elezioni di ieri, il primo ministro conservatore Shinzo Abe ha ormai nelle sue mani il controllo totale del parlamento bicamerale del Giappone.
...
Libero da qualsiasi vioncolo elettorale per i prossimi tre anni, Shinzo Abe, il cui paese ha mostrato i primi timidi segni di ripresa economica, punterà tutto sulla sua "Abenomics", un mix di spesa pubblica massiccia, di deregulation e di politica monetaria morbida."
(www.wallstreetitalia.com)
Tre capisaldi della nuova politica economica del Giappone: stampa di denaro per acquisto di titoli di Stato e per svalutare lo yen (in tipico stile Fed); aumento della spesa pubblica, che provoca aumento di Pil ed è una vera forma di politica Keynesiana, che negli Usa invece non viene praticata; una politica di semplificazioni, speriamo vera e non all'italiana...
Pertanto continueranno ad arrivare dall'estero afflussi di capitali in cerca di rendimenti che manterranno ancora gli interessi sul nostro debito ad un livello accettabile, malgrado da noi la crescita sarà sempre inesistente. Il grafico in testa al post sembra provare un inizio di discesa dei tassi di interesse dei Btp verso il 4%, cioè la quota raggiunta con i Qe del Giappone nei mesi scorsi.
Il nostro destino, comunque sia, è tutto nelle mani del governo ora, più che in passato. Se sarà inasprita la pressione fiscale, si farà un ulteriore passa verso la voragine. Se invece Letta continuerà a "tirare a campare" come fatto finora, probabilmente il collasso dell'Italia verrà rimandato.
In certe situazioni è meglio non fare nulla che fare cose pessime, come ha dimostrato sbagliando il governo Monti. Forse i continui rimandi di decisioni del governo servono proprio a questo, evitare di peggiorare una situazione già pessima, pur avendo le mani legate dall'Europa.
In certe situazioni è meglio non fare nulla che fare cose pessime, come ha dimostrato sbagliando il governo Monti. Forse i continui rimandi di decisioni del governo servono proprio a questo, evitare di peggiorare una situazione già pessima, pur avendo le mani legate dall'Europa.
Se tutto rimane bloccato a livello governativo, se l'"Abenomic" continuerà a macinare record e gonfiare bolle, l'Italia è destinata a rimanere ancora per un po' fra il galleggiare e l'affondare, in una situazione di attesa snervate da fortezza Bastiani, dell'arrivo dal deserto dell'esercito dei Tartari. Nella scomoda situazione della Concordia all'isola del Giglio: ne su ne giù.
Questo permetterà alla casta politica di non perdere ulteriore consenso e quindi di mantenere il potere contro i movimenti alla Grillo che si troveranno ad annunciare pericoli che poi non arriveranno. Almeno per ora.
La rivoluzione è di nuovo rimandata.
Questo permetterà alla casta politica di non perdere ulteriore consenso e quindi di mantenere il potere contro i movimenti alla Grillo che si troveranno ad annunciare pericoli che poi non arriveranno. Almeno per ora.
La rivoluzione è di nuovo rimandata.
martedì 23 luglio 2013
Riforma del Catasto e imposizione fiscale
Alla base di questa riforma naturalmente c'è l'esigenza di fare cassa. E' inutile girare attorno ad argomenti pregevoli come l'individuazione dei valori reali degli immobili per perseguire una certa giustizia fiscale, perché l'obiettivo dell'abbandono dei vani per i metri quadri provocherà un aumento del gettito. O il definitivo crollo del valore degli immobili e la bancarotta di molti cittadini.
"... l'impianto di fondo, cioè la nascita di due diversi dati, un valore patrimoniale e una rendita catastale, determinabili attraverso un algoritmo basato su funzioni statistiche, ma spunta di nuovo il "federalismo catastale" tramontato tre anni fa.
Nella "vecchia" delega tutto il lavoro avrebbe dovuto essere scaricato sull'ex agenzia del Territorio ma c'erano delle perplessità come sarebbe stato possibile effettuare una ricognizione su 60 milioni di unità immobiliari, anche potendo utilizzare professionisti esterni ma con un budget molto risicato di circa 500mila euro. Del resto si tratta un'opera impegnativa: cancellare i "vani", la categorie e le classi (ridotte a poche unità) e sostituire il sistema con i metri quadrati. Si tratterà, anzitutto di «definire gli ambiti territoriali del mercato immobiliare di riferimento» (volendo ci sono già le microzone, che erano state individuate proprio a questo scopo). Poi si procederà a individuare due valori, approssimati alle medie dell'ultimo triennio: quello patrimoniale e la rendita (si veda l'articolo qui sotto).
L'aiuto dovrebbe venire dai Comuni, che dovrebbero comunicare gli aspetti presenti nell'algoritmo che verrà utilizzato per calcolare il «valore patrimoniale» degli immobili di categoria A, B e C che gli uffici del Territorio si trovano nell'impossibilità di verificare. Come l'affaccio, allo stato di manutenzione, all'esposizione, che in un progetto edilizio sono facilmente riscontrabili ma in una mappa catastale no.
...
si è deciso di ridare corpo alle funzioni catastali dei Comuni, un progetto complesso partito con il Dpcm del 14 giugno 2007, che dava concretezza al progetto del passaggio ai Comuni delle funzioni catastali (legge 296/2006). ... Proprio quando già si stavano già individuando i dipendenti del Territorio da trasferire ai Comuni, un ricorso al Tar Lazio di Confedilizia aveva bloccato il 3 giugno 2008 il Dpcm.
...
Ora, comunque, nella delega fiscale l'intenzione è di tornare in qualche modo sulla questione, ..., ridando corpo all'ipotesi del decentramento per facilitare la fornitura dei dati necessari per la revisione delle rendite e valorizzando le esperienze positive sin qui realizzate, soprattutto in Comuni come Torino e Genova. Qui, tra l'altro, i controlli sulle mancate comunicazioni di variazioni al Catasto per immobili ristrutturati (che avrebbero dovuto passare di categoria e quindi aumentare la base imponibile) avevano già dato ottimi frutti."
(www.ilsole24ore.com)
"... la revisione del catasto, che, se riceverà l’approvazione delle Camere, farà salire il valore [quello catastale ovviamente ndr] degli immobili di più della metà (per la precisione del 60%). Con i nuovi criteri di determinazione dei valori catastali, l’acquisto d’immobili (soprattutto per i titolari di mutui) potrebbe, quindi, diventare un investimento ancora più oneroso di quanto già non lo sia ora.
...
I nuovi criteri determineranno, inoltre, una rivalutazione media più alta del 60%, con un forte incremento delle imposte a carico dei proprietari (mutuatari inclusi).
Non mancheranno, però, i meccanismi di tutela qualora l’Agenzia delle Entrate dovesse stabilire un valore troppo elevato in considerazione dei fattori sopra elencati. Nel caso in cui quest’eventualità si verifichi, il contribuente si vedrà comunque riconosciuta la possibilità di presentare ricorso al Tar o, in alternativa, alle commissioni tributarie competenti."
(www.wallstreetitalia.com)
Tanti auguri a coloro che presenteranno ricorso.
In realtà la problematica dell'aumento della rendita e valore catastale non è l'unica. Passare la verifica degli atti catastali dagli uffici provinciali del Catasto a quelli comunali, non significa che questa venga velocizzata, semplificata e soprattutto non esclude errori. I comuni potrebbero non impegnarsi troppo in queste verifiche, nel caso non ne ricavassero molto a livello fiscale. Attualmente con l'Imu lo Stato fa la parte del leone, ai comuni rimangono le briciole. Ora rimarranno anche le grane...
Anche perché se i dipendenti provinciali del Catasto attualmente sono impegnati nella sua normale gestione quotidiana, trasferendo tali funzioni di controllo ai comuni, questi dovrebbero dedicare una parte del loro personale alla verifica dei dati catastali, sottraendoli ad altre funzioni. Difficilmente i comuni presi nella morsa del patto di stabilità potranno assumere nuovo personale. Insomma la normativa presenta molte ombre sull'effettiva capacità di gestione del catasto a livello comunale.
Sul Sole24ore i capisaldi della riforma fino al momento.
La vera speranza dei cittadini tartassati è che il passaggio da vani a metri quadri prosegua lentamente e fra mille difficoltà. Perché ovviamente questa bella pensata giunge nel momento più sbagliato. Gli immobili stanno vigorosamente perdendo valore, non certo per l'Imu, ma piuttosto perché le banche hanno smesso di erogare mutui al 110% del valore immobiliare. Anzi hanno proprio smesso di erogare mutui. Inoltre questa riforma non aiuterà sicuramente l'industria edilizia.
"Che l'IMU fosse solo un "assaggino" delle ramazzate in arrivo sulla Casa....i più svegli l'avevano già capito da tempo...Questa Italia ormai è FALLITA...
STRITOLATA
...
Cosa rimane dunque da fare?
Ma naturalmente FARE CASSA per tenere in piedi una situazione ormai insostenibile.
E mentre nel Mondo TUTTI stanno sostenendo i prezzi delle Case perfino in modo esagerato (ovvero rigonfiando Bolle) ma con il conseguente effetto wealth nei bilanci delle banche e delle famiglie
noi qui in Italia cosa facciamo?
Disintegriamo in pochi anni il principale asset sul quale si basa il credito alle imprese, sul quale sono concentrati i risparmiatori italiani (anche quelli piccoli)
senza SOSTITUIRLO CON UN CAZZO ovvero senza la contropartita di profonde riforme che ci aprano delle alternative percorribili
ma solo PER FARE CASSA nel modo più rapido e semplice possibile.
...
Se si realizzerà il BOMBARDAMENTO A TAPPETO della Riforma del Catasto
(che tra parentesi offrirebbe ad uno Stato Fallito&inefficiente e ad un Fisco "da esproprio" l'ENNESIMO "algoritmo" ARBITRARIO...)
io posso solo suggeririvi soluzioni PERSONALI e darvi alcuni consigli PRAGMATICI (infatti purtroppo sul contesto generale non possiamo più influire, visto che comanda saldamente una Casta Oligarchica ed autoreferenziale)
1- Vendete tutte le case che avete in Italia, SUBITO!
...
2- Chi compra Casa di questi tempi pensando di fare un affare...è un PIRLA oppure sta scialando i soldi di papà che non ha sudato.
...
E' inutile continuare a fingersi un Mondo che ormai non c'è più: l'Italia sta camminando in modo spedito sulla Greek Way senza che nessuna forza politica stia facendo nulla per bloccare ed invertire la tendenza (anzi...fanno l'esatto contrario...).
Dunque ci stiamo IMPOVERENDO
ed in un Paese Povero comprarsi la Prima Casa non è più una priorità primaria
ma è un LUSSO che non tutti possono permettersi...
e le priorità diventano BEN ALTRE.
...
penso che se l'80% dei Berlinesi se ne sta in affitto (anche quelli benestanti), possiamo benissimo adattarci anche noi italiani...alla faccia della nostra mania nazionale della casa di proprietà.
Le casette COME INVESTIMENTO ormai vanno comprate ALTROVE, in giro per il Mondo...nei Paesi dov'è c'è CRESCITA
e NON in Un Paese in fase di DECLINO ed impoverimento."
(www.ilgrandebluff.info)
Ma forse ormai vendere non è più il consiglio giusto. Si rischia di rimetterci o comunque di metterci troppo tempo. Gli investimenti immobiliari sono una trappola, non si possono spostare a piacimento e disfarsene facilmente. Ma sono una trappola anche per lo Stato, perché le tasse su di essi (dette patrimoniali) in realtà si ripercuotono sulle rendite da lavoro. Superato un certo limite molti proprietari non avranno più risorse per pagare. Allo Stato non rimane che rivalersi sull'immobile stesso confiscandolo, che svenduto in asta perderà valore e trascinerà al ribasso tutti i valori immobiliari. In un continuo precipitare verso il basso.
Fino ad oggi abbiamo avuto sostanzialmente valori reali di gran lunga superiori a quelli catastali. Dopo la riforma potremmo ritrovarci invece con valori catastali sopravvalutati rispetto a quelli reali in caduta libera. Una situazione per cui banche e Stato potranno affermare ipocritamente che la ricchezza degli italiani assomma 3 o 4 volte il debito pubblico e quindi non ci sono problemi. I conti torneranno per l'Europa, per Saccomanni, per Letta, ma non per i cittadini italiani.
Ma forse ormai vendere non è più il consiglio giusto. Si rischia di rimetterci o comunque di metterci troppo tempo. Gli investimenti immobiliari sono una trappola, non si possono spostare a piacimento e disfarsene facilmente. Ma sono una trappola anche per lo Stato, perché le tasse su di essi (dette patrimoniali) in realtà si ripercuotono sulle rendite da lavoro. Superato un certo limite molti proprietari non avranno più risorse per pagare. Allo Stato non rimane che rivalersi sull'immobile stesso confiscandolo, che svenduto in asta perderà valore e trascinerà al ribasso tutti i valori immobiliari. In un continuo precipitare verso il basso.
Fino ad oggi abbiamo avuto sostanzialmente valori reali di gran lunga superiori a quelli catastali. Dopo la riforma potremmo ritrovarci invece con valori catastali sopravvalutati rispetto a quelli reali in caduta libera. Una situazione per cui banche e Stato potranno affermare ipocritamente che la ricchezza degli italiani assomma 3 o 4 volte il debito pubblico e quindi non ci sono problemi. I conti torneranno per l'Europa, per Saccomanni, per Letta, ma non per i cittadini italiani.
lunedì 22 luglio 2013
Decretini del fare pasticci
Nel 2012 avevano un governo di tecnici che malgrado la qualifica si è dimostrato un governo di incapaci che ha peggiorato qualsiasi conto dell'economia pubblica e privata. Nel 2013 all'interno del governo Letta sono presenti sia tecnici che politici. Mi pare si siano divisi i compiti: i politici rinviano i problemi, mentre i tecnici ne creano di nuovi.
E ' quello che è successo con la digitalizzazione tramite Wi-fi pubblico. Lo racconta G. Scorza su ilfattoquotidiano.it.
"La cialtroneria analogica ammazza l’Italia digitale
In Italia abbiamo un Dipartimento delle Comunicazioni presso il Ministero dello Sviluppo economico con tanto di viceministro per le comunicazioni, due Commissioni parlamentari – una per ciascun ramo del Parlamento – con una specifica competenza in materia di comunicazioni, una neonata Agenzia per l’Italia digitale, una Cabina di regia per l’agenda digitale italiana, un’Auorità per le garanzie nelle comunicazioni e una per la tutela dei dati personali e la riservatezza, la Fondazione Ugo Bordoni, Istituzione di Alta cultura e ricerca soggetta alla vigilanza del Ministero dello Sviluppo economico e specializzata nel settore delle telecomunicazioni e, infine, da qualche mese, un Mr. Agenda con uno staff di vicemister.
Una pletora di soggetti – cui ne vanno aggiunti, certamente, tanti altri meno noti (o che sto dimenticando) – che, a vario titolo, si occupano o dovrebbero occuparsi di regole, telecomunicazioni e sviluppo digitale del Paese.
È per questo che la vicenda della nuova – ma già vecchia – disciplina sul wifi pubblico lascia senza parole e non può essere archiviata come uno dei tanti pasticciacci digitali dei quali, purtroppo, la storia degli ultimi anni è piena zeppa come conferma – ammesso che non sia sufficientemente palese – la pietosa condizione nella quale versa il nostro Paese in termini di diffusione di Internet e attuazione dell’agenda digitale europea.
È una di quelle vicende nelle quali i fatti, nudi e crudi, valgono più di un fiume di opinioni.
Nelle scorse settimane, a sorpresa, il ministro per lo Sviluppo economico, Flavio Zanonato infila in un provvedimento d’urgenza – l’ormai famoso decreto del fare (non è chiaro che cosa) – una norma che, a suo dire, dovrebbe liberalizzare il c.d. wifi pubblico ovvero semplificare la vita agli esercenti commerciali che intendano consentire ai loro clienti di accedere a Internet in modalità wifi.
Il ministro non lo sa e, nessuno glielo dice, ma, in realtà il wifi – per usare le sue stesse parole – è già liberalizzato da anni, ovvero da quando, faticosamente, sono state abrogate le disposizioni contenute nel vecchio decreto legge antiterrorismo che porta il nome dell’allora ministro dell’interno,Giuseppe Pisanu."
(www.ilfattoquotidiano.it)
Interrompo l'articolo, perché questa cosa è fantastica! Nel casino delle nostre leggi "fatte bene" dove si infilano commi che riguardano l'edilizia, o l'informatizzazione, o l'emigrazione in leggi che riguardano tasse e finanza pubblica, qualche burocrate si è dimenticato di aver già liberalizzato il settore. Questo accade in una nazione giuridicamente disordinata come l'Italia, dove purtroppo le leggi vengono scritte in "giurisprudese", una lingua parlata da pochi avvocati incartapecoriti e che nel linguaggio comune risulta incomprensibile ai più.
Vale la pena di leggere quello che scrive Panebianco sul Corriere al riguardo della burocrazia alimenta da leggi farraginose scritte da legislatori fermi ancora alla primissima repubblica (forse quella Cisalpina):
"Ad alimentare la burocratizzazione che colpisce e avvolge nelle sue spire imprese, università, professioni, eccetera, ci sono interessi e mentalità. Gli interessi sono tanti.
... più complesse sono regole e procedure, più contenziosi ci sono e più lavoro c'è per ogni tipo di mediatori professionali ... E ci sono, soprattutto, gli interessi dei burocrati e dei loro uffici che dimostrano così di essere vivi e indispensabili
...
Oltre agli interessi, ci sono le mentalità, forgiate da competenze e esperienze. Nessuno ne avrà mai la forza politica ma sarebbe vitale eliminare il predominio dei giuristi nell'amministrazione. Occorrerebbe impedire a chiunque di accedere ai livelli medio-superiori di una qualsivoglia amministrazione pubblica nazionale o locale (e anche delle magistrature amministrative, dal Consiglio di Stato alla Corte dei conti) se dotato solo di una formazione giuridica. Servirebbero invece specialisti addestrati a valutare l'impatto - effetti e costi economici e sociali - di qualunque norma e procedura. Specialisti nel semplificare anziché nel complicare. Meglio se potessero anche vantare lunghi soggiorni di formazione presso altre amministrazioni pubbliche europee e occidentali."
(www.corriere.it)
Come mi piace questo pezzo di Panebianco sulla burocrazia. Sulle modalità che si dovrebbero adottare per produrre e verificare il funzionamento del corpo legislativo la penso esattamente allo stesso modo.
Può proseguire ora l'articolo di Scorza sui mirabolanti risultati nel campo della digitalizzazione inserita nel Decreto del Fare (pasticci).
"Il risultato è paradossole: si liberalizza – con decreto legge e, quindi, d’urgenza – un’attività già “liberalizzata” e, peraltro, lo si fa con una norma scritta così male che sembra persino reintrodurre alcuni dei vecchi obblighi ormai abrogati, contenuti nella vecchia disciplina antiterrorismo.
Nessuno della pletora di soggetti che dovrebbero occuparsi di comunicazioni e digitale nel nostro Paese viene consultato tanto che il Garante della Privacy, Antonello Soro, nei giorni scorsi è costretto a prendere carta e penna (purtroppo non solo per modo di dire) e scrivere al Governo dicendosi preoccupato per l’iniziativa che avrebbe, addirittura, dei profili di illegittimità in relazione alla disciplina europea.
In uno scenario di questo tipo, in qualsiasi Paese normale, Governo e Parlamento correrebbero ai ripari e si precipiterebbero a chiedere a tutti gli enti e le autorità con competenza in materia – per inciso pagati con risorse pubbliche – suggerimenti per “mettere una toppa”, in sede di conversione in Legge del decreto, alla cialtronata uscita da qualche burocrate del Ministero dello Sviluppo economico.
Ma non in Italia. Non una sola telefonata – inutile pensare all’invio di una mail – parte all’indirizzo dei tanti che, certamente, in materia, ne sanno di più.
La conseguenza è che una situazione già paradossale minaccia di diventare grottesca.
La Commissione Comunicazioni del Senato della Repubblica, infatti, ha approvato un emendamento alle disposizioni pseudoliberalizzatorie del ministro Zanonato, trasformandole in norme di contro-liberalizzazione ovvero restauratrici di un insieme di obblighi addirittura più stringenti ed onerosi per gli esercenti commerciali che vogliano condividere le proprie risorse wifi di quelle vigenti ai tempi dell’abrogato decreto Pisanu.
Sono disposizioni di legge che se varate in via definitiva condannerebbero all’estinzione il wifi pubblico in Italia.
Si tratta, peraltro, di norme con uno straordinario impatto sulla disciplina della privacy, ancora una volta, varate senza nulla chiedere alla competente Autorità Garante e ignorando la posizione da quest’ultima già manifestata.
Vale la pena lasciare sintesi e conclusioni ai fatti.
Il Governo vara per mano del ministro dello Sviluppo economico – in via d’urgenza – una norma in materia, tra l’altro, di pubblica sicurezza, telecomunicazioni e privacy senza sentire né il ministro dell’Interno, né il proprio Dipartimento delle Comunicazioni che pure è guidato da un autorevole viceministro, né l’Autoritá garante per le Comunicazioni, né il Garante Privacy né nessun altro tra i tanti enti che pure avrebbero potuto dare qualche prezioso suggerimento.
Il Parlamento, dal canto suo, anziché rimediare alla “frittata”, minaccia di far peggio perché, con altrettanta cialtroneria, si mette a giocare ad emendare la norma, senza consultare nessuno dei soggetti di cui sopra.
Un’attività faticosamente liberalizzata e centrale nella digitalizzazione del Paese, rischia ora l’estinzione.
La cialtroneria analogica di governanti, parlamentari e burocrati, minaccia di ammazzare il futuro digitale del Paese."
(www.ilfattoquotidiano.it)
Vale la pena di leggere quello che scrive Panebianco sul Corriere al riguardo della burocrazia alimenta da leggi farraginose scritte da legislatori fermi ancora alla primissima repubblica (forse quella Cisalpina):
"Ad alimentare la burocratizzazione che colpisce e avvolge nelle sue spire imprese, università, professioni, eccetera, ci sono interessi e mentalità. Gli interessi sono tanti.
... più complesse sono regole e procedure, più contenziosi ci sono e più lavoro c'è per ogni tipo di mediatori professionali ... E ci sono, soprattutto, gli interessi dei burocrati e dei loro uffici che dimostrano così di essere vivi e indispensabili
...
Oltre agli interessi, ci sono le mentalità, forgiate da competenze e esperienze. Nessuno ne avrà mai la forza politica ma sarebbe vitale eliminare il predominio dei giuristi nell'amministrazione. Occorrerebbe impedire a chiunque di accedere ai livelli medio-superiori di una qualsivoglia amministrazione pubblica nazionale o locale (e anche delle magistrature amministrative, dal Consiglio di Stato alla Corte dei conti) se dotato solo di una formazione giuridica. Servirebbero invece specialisti addestrati a valutare l'impatto - effetti e costi economici e sociali - di qualunque norma e procedura. Specialisti nel semplificare anziché nel complicare. Meglio se potessero anche vantare lunghi soggiorni di formazione presso altre amministrazioni pubbliche europee e occidentali."
(www.corriere.it)
Come mi piace questo pezzo di Panebianco sulla burocrazia. Sulle modalità che si dovrebbero adottare per produrre e verificare il funzionamento del corpo legislativo la penso esattamente allo stesso modo.
Può proseguire ora l'articolo di Scorza sui mirabolanti risultati nel campo della digitalizzazione inserita nel Decreto del Fare (pasticci).
"Il risultato è paradossole: si liberalizza – con decreto legge e, quindi, d’urgenza – un’attività già “liberalizzata” e, peraltro, lo si fa con una norma scritta così male che sembra persino reintrodurre alcuni dei vecchi obblighi ormai abrogati, contenuti nella vecchia disciplina antiterrorismo.
Nessuno della pletora di soggetti che dovrebbero occuparsi di comunicazioni e digitale nel nostro Paese viene consultato tanto che il Garante della Privacy, Antonello Soro, nei giorni scorsi è costretto a prendere carta e penna (purtroppo non solo per modo di dire) e scrivere al Governo dicendosi preoccupato per l’iniziativa che avrebbe, addirittura, dei profili di illegittimità in relazione alla disciplina europea.
In uno scenario di questo tipo, in qualsiasi Paese normale, Governo e Parlamento correrebbero ai ripari e si precipiterebbero a chiedere a tutti gli enti e le autorità con competenza in materia – per inciso pagati con risorse pubbliche – suggerimenti per “mettere una toppa”, in sede di conversione in Legge del decreto, alla cialtronata uscita da qualche burocrate del Ministero dello Sviluppo economico.
Ma non in Italia. Non una sola telefonata – inutile pensare all’invio di una mail – parte all’indirizzo dei tanti che, certamente, in materia, ne sanno di più.
La conseguenza è che una situazione già paradossale minaccia di diventare grottesca.
La Commissione Comunicazioni del Senato della Repubblica, infatti, ha approvato un emendamento alle disposizioni pseudoliberalizzatorie del ministro Zanonato, trasformandole in norme di contro-liberalizzazione ovvero restauratrici di un insieme di obblighi addirittura più stringenti ed onerosi per gli esercenti commerciali che vogliano condividere le proprie risorse wifi di quelle vigenti ai tempi dell’abrogato decreto Pisanu.
Sono disposizioni di legge che se varate in via definitiva condannerebbero all’estinzione il wifi pubblico in Italia.
Si tratta, peraltro, di norme con uno straordinario impatto sulla disciplina della privacy, ancora una volta, varate senza nulla chiedere alla competente Autorità Garante e ignorando la posizione da quest’ultima già manifestata.
Vale la pena lasciare sintesi e conclusioni ai fatti.
Il Governo vara per mano del ministro dello Sviluppo economico – in via d’urgenza – una norma in materia, tra l’altro, di pubblica sicurezza, telecomunicazioni e privacy senza sentire né il ministro dell’Interno, né il proprio Dipartimento delle Comunicazioni che pure è guidato da un autorevole viceministro, né l’Autoritá garante per le Comunicazioni, né il Garante Privacy né nessun altro tra i tanti enti che pure avrebbero potuto dare qualche prezioso suggerimento.
Il Parlamento, dal canto suo, anziché rimediare alla “frittata”, minaccia di far peggio perché, con altrettanta cialtroneria, si mette a giocare ad emendare la norma, senza consultare nessuno dei soggetti di cui sopra.
Un’attività faticosamente liberalizzata e centrale nella digitalizzazione del Paese, rischia ora l’estinzione.
La cialtroneria analogica di governanti, parlamentari e burocrati, minaccia di ammazzare il futuro digitale del Paese."
(www.ilfattoquotidiano.it)
domenica 21 luglio 2013
Non governare rinviando
Rinvia a domani quel che non puoi fare ne oggi ne poi. Questo è il motto del governo Letta. Qualche giorno fa non so quale ministro ottimista aveva detto che in agosto (presumo del 2013...) si sarebbero risolti i nodi Imu e Iva. Evidentemente non si era accorto che agosto arriverà fra una settimana.
Ci pensa Zanonato a mettere a posto le cose esercitando la nobile arte del rinvio (forse fanno a turno):
"Iva e Imu sulla prima casa? Si rimanda tutto in autunno. In serata è intervenuto il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato a puntellare la roadmap del Governo. «Penso che all'inizio dell'autunno sarà possibile annunciare che non ci sarà un punto di Iva in più e non ci sarà l'Imu sulla prima casa». Il governo, ha aggiunto il ministro al Tg1, sta lavorando per «stabilizzare» le misure prese prima dell'estate.
...
«Nessun rimpasto all'orizzonte», ha dichiarato Franceschini aggiungendo: «In molti, a cominciare dal segretario del Pd Epifani hanno giustamente parlato di un'esigenza di rafforzare il governo. Questo lo vogliamo soprattutto noi che ne facciamo parte ma l'obiettivo si raggiunge lavorando sui punti programmatici che governo e maggioranza insieme si sono dati, a cominciare dalla conversione dei 6 decreti legge già in parlamento e dalle norme in preparazione su Imu, Iva, ammortizzatori sociali e esodati»."
(www.ilsole24ore.com)
Chi visse sperando...
Perché il governo Letta non avendo più nessun strumento per guidare l'economia, si affida ormai alla speranza. La speranza europea, cioè che dopo le elezioni in Germania accada qualcosa a livello politico che permetta di archiviare in parte l'austerità. In effetti noi comuni mortali non ne sappiamo molto: può essere che la Cancelliera Merkel abbia chiesto ai partner europei un accordo per non mettere in discussione ora i paradigmi dell'austerità in modo da essere rieletta. Dopo la sua rielezione potrebbe aver promesso di cambiare in parte idea. La cosa è possibile ma mi sembrerebbe alquanto improbabile: perché mai la Merkel dovrebbe cambiare il programma che l'ha fatta vincere?
Oppure Letta e gli altri premier europei sperano non vinca la Merkel, oppure che non vinca nessuno, per avere un governo tedesco indebolito. Anche questa sarebbe una strategia incomprensibile, visto che potrebbero già ora indebolire il governo tedesco alleandosi contro le politiche di austerità. Invece i primi ministri dei Piigs piuttosto di incontrarsi fra loro per una linea comune, vanno spesso in pellegrinaggio a Berlino per ricevere indirizzi programmatici.
C'è poi la speranza economica, cioè dell'arrivo da non si sa quale pianeta, della crescita. Una crescita naturalmente a gratis. Che scende biblicamente dal cielo come la manna. Infatti nessun governante europeo pensa minimamente a fare investimenti in infrastrutture, istruzione e apparati produttivi. E nemmeno oltre oceano ed oltre-oltre oceano: entrambi, americani e giapponesi, continuano a buttare soldi nel casinò finanza&borsa, senza averne un ritorno all'altezza dell'investimento.
Che la crescita si aspetti come un evento soprannaturale si evince dalle parole di Saccomanni:
"L'Italia meriterebbe uno spread «molto inferiore» a quello attuale. «La situazione non è preoccupante», ha assicurato il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, parlando con la stampa italiana a conclusione del G20 Finanze e Lavoro a Mosca. «Complessivamente - ha ricordato il responsabile del Tesoro - lo spread italiano è rimasto su livelli a cui era prima e le aste dei titoli di stato sono andate bene».
...
Resta il fatto che comunque l'Italia meriterebbe uno spread inferiore, a 100, come Saccomanni aveva già sottolineato in aprile, quando era a Bankitalia come direttore generale: «Un Paese che è uscito dalla procedura di deficit eccessivo e che ha tali cifre di finanza pubblica e prospettive di ripresa dell'attività economica, probabilmente se confrontato con altri Paesi dell'area dell'euro, potrebbe avere uno spread molto inferiore a quello che ha attualmente».
E «sicuramente» non ha aiutato la decisione della Standard & Poor's di tagliare il rating italiano."
(www.ilsole24ore.com)
Capito, lo spread è alto in modo innaturale. Non dovrebbe esserlo in un paese che è uscito dalla procedura di deficit. Già, ma la crescita che è diventata depressione, dove la mettiamo signor ministro? Che senso ha per un investitore straniero investire i suoi soldi in un paese con un debito altissimo, un Pil in costante calo e i conti dello Stato relativamente a posto? Forse l'investitore si preoccupa e si chiede come potremo continuare a pagare gli interessi sul debito visto che incassiamo sempre meno di anno in anno. Cosa gliene importa dei conti dello Stato apparentemente a posto?
Ma se arriva la fata della crescita, l'Italia sarà la prima ad essere gratificata: come Cenerentola le zucche diventeranno carrozze e i topi bianchi destrieri. Forse non sarà il caso, signor ministro, di stimolare la crescita ad ogni costo (tipo a deficit), piuttosto che continuare a strozzare l'economia con tasse e con il rinvio del modesto ossigeno rappresentato da Imu prima casa e un punto percentuali di Iva?
So già la risposta: non serve stimolare perché la crescita è prevista nell'ultimo trimestre del 2013 (qualcuno l'ha vista partire alla stazione?), altrimenti è rinviata alla prima metà del 2014, e tuttalpiù al secondo semestre 2014, inizio 2015... come del resto si continua ad annunciare dalla fine del 2011.
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