lunedì 29 luglio 2013

Il momento sbagliato per il ritorno alla lira?

grafico svalutazione rupia indiana rispetto all'euro

Da sempre ho sostenuto su questo blog che sarebbe meglio la disintegrazione dell'area euro, se non si vuole giungere a creare un nuovo vero stato federale europeo. E in effetti non si vogliono gli Stati Uniti d'Europa, soprattutto in Germania, Francia e Inghilterra, le tre nazioni europee fondamentali di questa potenziale nuova unione supernazionale.

Però questo non significa che il ritorno alla lira non presenti numerosi pericoli. E' vero che in una situazione simile come quella del 1992 le cose sono andate meglio di quanto ci si aspettasse all'epoca:

"L’esperienza del passato ci serve per capire cosa avverrà del nostro Paese. Nel decennio 1982 – 1992 il rapporto debito/PIL quasi raddoppiò: dal 60% al 110%, questo perché nel 1981 Tesoro e Banca d’Italia divorziarono. Da allora lo Stato non ha più potuto contare su un prestatore interno con cui indebitarsi e ha dovuto offrire rendimenti sempre più elevati per vendere il debito.
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Oggi come allora sarà il mercato ad imporci una decisione: allora si trattò di abbandonare lo SME e svalutare, oggi si tratterà di decidere se ristrutturare il debito restando nell’euro o tornare alla lira.
Solo così l’Italia tornerà a vedere la luce. Una prova? Usciti dallo SME nel 1992, svalutata la lira di quasi il 20% e riguadagnata la sovranità monetaria, il rapporto debito / PIL scese dal 120% del 1992 al 103% del 2003."

(www.beppegrillo.it)

"Ma andiamo a vedere cosa accadde esattamente nel fatidico 1992. Tra agosto e dicembre la lira si svalutò di circa il 28% sul dollaro passando da un cambio medio mensile di 1102,6 a 1415,2 mentre si svalutò del 17,5% contro il marco passando da 759,7 a 894 (dati Banca d’Italia). L’inflazione (rilevata su indici medi) passò dal 5% del 1992 al 4,5% nel 1993. Queste cifre hanno solidificato la vulgata secondo la quale abbandonando la moneta unica si ripeterà la magia: una svalutazione della Bungalira del 30% porterebbe qualche punto di inflazione in più, ma ristabilirebbe la competitività del sistema Italia in pochi mesi.
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Se allarghiamo l’orizzonte temporale notiamo ad esempio che la lira si svalutò del 38% contro il dollaro tra agosto 1992 e dicembre 1996
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L’aumento cumulato dei prezzi al consumo ... nello stesso periodo fu circa il 20%. Quindi è vero che la svalutazione non si scaricò completamente sui prezzi, ma il motivo è che vi furono allo stesso tempo degli aggiustamenti reali. In primo luogo per evitare il collasso oltre alla moneta si svalutarono anche i salari reali. Le retribuzioni contrattuali orarie lorde infatti aumentarono negli anni tra il 1993 ed 1996 tra il 3% ed il 3,5%, mentre il Pil nominale per unità di lavoro aumentava di oltre il 6%.
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Ma non è tutto. Un secondo ordine di fattori fu legato ai prezzi delle materie prime. L’indice dei prezzi del petrolio (fonte Fondo Monetario Internazionale) passò da circa 37 ad agosto 1992 ad un minimo di circa 25 a dicembre 1993, con una caduta di oltre il 40%. I prezzi dei metalli diminuirono di circa il 28% nello stesso periodo.

Ecco spiegata il mojo della svalutazione: nella fase critica le nostre imprese nonostante l’impennata del dollaro, pagarono di meno (anche in lire svalutate) le materie prime, sopratutto quelle energetiche, mentre i prodotti finiti, venduti in dollari e marchi, gonfiavano i profitti. "

(www.ilfattoquotidiano.it)

Come scrive Scacciavillani non è sufficiente valutare se una certa decisione è giusta in se, ma vanno anche osservate le situazioni econometriche al contorno. Ed oggi la situazione al contorno è pessima. Anzi vi sono moltissimi esempi di nazioni con monete sovrane deboli che rischiano il collasso opposto a quello dell'austerità, cioè quello dell'iper inflazione e svalutazione galoppante. Non è nemmeno detto che gli Stati Uniti riescano a sottrarsi a questo destino:

"“Quando la moneta muore, il sangue scorre per le strade”, Francesco Carbone

Aggiorniamo il nostro recente articolo “La guerra civile globale” illustrando i recenti sviluppi dell’instabilità planetaria e illustrando una nostra autonoma previsione sul possibile effetto anticipatore del mercato valutario, su rivolte e rivoluzioni.
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Egitto: la transizione post-golpe rimane molto difficile, scontri e morti sono all’ordine del giorno e nella giornata di ieri ci sono state decine di vittime nelle violenze fra pro-Morsi e anti-Morsi."


grafico svalutazione sterlina egizia rispetto all'euro

"E sperabile che l'Egitto risolva i suoi problemi istituzionali, che in definitiva sono causati dalla profonda crisi economica. Notizia questa che trapela pochissimo a livello ufficiale.

"L’autocensura è stata quella di non aver mai detto chiaramente e non solo di sfuggita che i cambiamenti sono stati messi in moto dalla crisi economica che colpisce l’Egitto con la stessa forza che altrove e che devasta le pochissime sicurezze acquisite sotto i regimi precedenti. Non era possibile equivocare: solo quest’anno in Egitto vi sono state una quarantina di grandi manifestazioni al giorno, quasi tutte per protestare contro le condizioni economiche e le mancate risposte del governo Morsi, ci sono stati circa 4000 scioperi e sono nati non meno 50 nuovi sindacati e centinaia di nuovi movimenti. Cancellare tutto tutto questo e ridurlo alla battaglia tra laici, esercito e Fratelli mussulmani, tra democrazia formale e vecchie tentazioni, significa semplicemente aver tolto l’humus nel quale crescono i cambiamenti."

(ilsimplicissimus2.wordpress.com)
(vedi: Egitto abbandonato a se stesso)

"La valuta turca continua il suo inesorabile crollo. Abbiamo già visto come sia già presente in Turchia una forte instabilità dovuta allo scontro frontale tra il movimento di protesta popolare e il governo islamista e se la valuta continuasse a crollare e l’economia a peggiorare a nostro avviso questo autunno si rischia seriamente un golpe turco. Se il rapporto con l’Euro supererà la resistenza intorno a 2.6 dobbiamo attenderci una nuova ondata di scontri e manifestazioni.
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Il crollo del Real [brasiliano ndr] sembra aver superato la linea di resistenza del trend. Un ritorno rapido in area 3.4, secondo questa nostra teoria, porterà a una fase più intensa di rivolte sociali.
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Tragica la situazione della rupia indiana [vedi grafico in testa ndr] che nonostante la mossa disperata della salita dei tassi di interesse al 10,25%, non accenna ad esserci un’inversione di tendenza e la moneta del secondo paese più popolato al mondo continua a rimanere a livelli pericolosamente bassi. Se a questo dobbiamo aggiungere un’economia che inizia a rallentare e un’Occidente che consuma sempre meno, se nei prossimi mesi si supererà il livello di 80 nel rapporto con l’Euro penso che l’India si unirà alla lista dei paesi emergenti in rivolta.
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Il Rand Sudafricano dopo i continui crolli degli scorsi mesi ha momentaneamente frenato la sua caduta. Se dopo questo momentaneo stop, la caduta dovesse ricominciare, il paese sudafricano già scosse da scioperi, rivolte e da una criminalità altissima potrebbe precipitare in una nuova fase di instabilità che potrà essere accentuata dalle sempre presenti divisioni etniche e dalla morte di Nelson Mandela.
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Dopo i deludenti dati economici, il Rublo continua a svalutarsi. Ora siamo vicini ad una resistenza importante a quota 43-43,5 Eur/Rub. Se questa resistenza dovesse essere sfondata sicuramente sarà necessario interrogarsi sull’effettiva salute dell’economia del paese più grande al mondo.
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Il Rial Iraniano è praticamente carta straccia. Se il nuovo governo non riuscirà a trovare un accordo per ridurre le sanzioni, con USA e UE, l’esplosione sociale è una certezza e una guerra vera e propria non è da escludersi per sfogare le tensioni interne sull’esterno.

Abbiamo dato una panoramica valutaria dei paesi più importanti dove sono in atto forti svalutazioni, senza mostrare grafici vogliamo anche ricordare come stiano crollando le valute dei seguenti paesi: Argentina, Bielorussia, Etiopia, Ghana, Gambia, Honduras, Giamaica, Kirghizistan, Sri Lanka, Birmania, Mongolia, Mauritania, Namibia, Nicaragua, Nepal, Perù, Filippine, Paraguay, Thailandia, Tunisia, Uruguay, Uzbekistan, Venezuela, Zambia.
Discorso a parte merita la Cina, dove attualmente la valuta rimane intorno a 8 nel rapporto con l’Euro. Se ci dovesse essere una svalutazione sarà segno dell’inizio dello sgretolamento dell’economia cinese."


Un quadro impressionante e desolante dei paesi deboli o in via di sviluppo da lasciare se non preoccupati, alquanto interdetti. La situazione monetaria internazionale risulta molto destabilizzata e squilibrata: se da un lato i paesi deboli non riescono a sostenere il valore delle loro monete, quelli forti devono fare i conti con la situazione opposta, la rivalutazione delle loro monete. 
I paesi forti (Usa, Inghilterra, Giappone, e solo in parte Europa) sono perciò obbligati a praticare politiche espansive di Quantitative easing, di gigantesca stampa di moneta, per mantenerne il valore delle loro monete basso. Gli esempi sono numerosi: vanno dalla Svizzera che lotta disperatamente per non far rivalutare troppo il franco rispetto all'euro al Giappone che cerca di svalutare lo yen per competere con Cina e Corea:

"Il Giappone, invece, sta giocando con il fuoco, svalutando e stampando senza alcun timore. A nostro avviso questo non è che un sintomo delle debolezza dell’economia giapponese e gli attuali benefici di questa strategia economica sono come gli improvvisi miglioramenti del malato prima di morire."

L'Euro è forse l'unica moneta che continua gradualmente a rivalutarsi, senza che la Bce si preoccupi troppo di mantenerne il valore basso. In realtà l'euro si sarebbe rivalutato molto di più se non esistessero nell'Europa stessa i famosi Piigs o paesi periferici che contribuiscono a svalutarne in automatico il valore. Per questo la Germania ne beneficia: usa una moneta molto meno rivalutata rispetto alle sue potenzialità economiche e le sue esportazioni si mantengono su livelli impressionanti.

In conclusione, nella considerazione di un'eventuale uscita dell'Italia dall'euro, è necessario anche verificare dove andrebbe a collocarsi il nostro paese. Se si collocasse nel club dei paesi forti, non ci sarebbero problemi. Anzi una massiccia stampa di nuove lire sarebbe salutare per la crescita economica italiana. Come pioggia nel deserto, molto di questo denaro non toccherebbe terra, ma evaporerebbe all'istante, tanta è l'arsura economica della nostra economia. Prima di ottenere allagamenti inflattivi passerebbe un bel po di tempo.

Se il nostro paese andasse invece a collocarsi nel club dei paesi deboli, allora il nostro destino sarebbe quello di cadere dalla "padella dell'austerità" alla "brace dell'iperinflazione". E' pertanto necessario fare una adeguata valutazione della nostra forza economica, ed uscendo dall'euro è necessario investire in un massiccio piano di sviluppo economico in ogni campo produttivo, ma anche nell'istruzione, anche nella semplificazione normativa ecc.

Rimango convinto sia meglio per l'Italia abbandonare l'euro, ma nello stesso tempo non si possono non vedere o sottovalutare i pericoli di una tale azione. Anche i fans più fanatici di Borghi-Bagnai, ne dovrebbero tener conto e considerarne attentamente i pericoli.

2 commenti:

  1. mi annovero tra i fans di Bagnai, Borghi e Rinaldi come di Savona, Krugman, Stiglitz, Myrta etc, loro stessi dicono che abbandonare l'euro non sarà una passeggiata anzi ma tra una sicura e lenta fine meglio cambiare rotta prendendo in mano il timone e dirigersi seppur nel mare in tempesta verso mari più calmi confidando sullo scafo forte della propria nave. L'iperinflazione da noi è IMPOSSIBILE, i fondamentali economici del paese sono fortissimi (anche in questa situazione il nostro sistema industriale è sempre il secondo d'europa)e continuiamo ad essere l'ottavo mondiale. I fantasmi dell'iperinflazione sono puramente terroristici. Scacciavillani poi non è da prendere a riferimento e pensare che stati uniti e giappone possano arrivare addirittura ad iperinflazione è da folli senza nessun dato numerico a sostegno! il giappone viene da 20 anni di deflazione e stagnazione e Abe sta provando ad inondare il gippone (e il mondo) di yen con obiettivo 2015 di raggiungere una insperata inflazione del 2% (immagina che iperinflazione).Scacciavillani dovrebbe capire che svalutazione non è = a inflazione ma solo una parte viene a scaricarsi sui "prodotti" ..Una leggera inflazione se affiancata da una crescita elevata è molto più salutare che una deflazione insistente. con la sovranità si ha la possibilità di controllarla di gestirla cosa che adesso non possiamo fare. siamo su una nave in balia delle onde con la vela bloccata assieme al timone e difronte a noi ci sono gli scogli.

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  2. Devo dire che ho sopravvalutato Scacciavillani. Se il post qui citato mi aveva in parte convinto, l'ultimo pubblicato su http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/29/ritorno-alla-lira-per-dj-keynes/670068/ è veramente molto brutto. Con diversi passaggi dove secondo me si nega l'evdenza e si utilizza il solito nomignolo denigratorio (Bungalire) come unico mezzo per sostenere le sue tesi. Come si fa a negare che la riforma Andreatta non ha inciso sul debito? Come si fa a negare il fatto che la svalutazione monetaria rende competitivo un paese? E poi la tirata sulle tasse... certo che in Italia sono più alte, ma proprio perché non possiamo stampare moneta o beneficiare dell'euro come fa la Germania! E poi ancora sulla spesa pubblica e sul costo del lavoro... i soliti mantra liberisti che non sono nemmeno del tutto veri.

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