venerdì 20 luglio 2012

Fiscal compact delirium



"Poche ore fa, l’Assemblea ha approvato la ratifica del cosiddetto fiscal compact, ossia il trattato che introduce i meccanismi di stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria, e che mira – così si dice – «a salvaguardare la stabilità di tutta la zona Euro».
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In Italia, invece, si è assistito ad un “allineamento” non solo degli organi di stampa – che evitano quasi di dare notizia dell’avvenuta approvazione – ma dello stesso Parlamento, il quale ha ratificato, senza discussione, senza neppure che sia stato necessario al Governo porre la questione di fiducia, il Trattato: maggioranza bulgara oggi alla Camera, 368 sì contro 65 no. In Italia tutto accade ormai in un’atmosfera grigia e silenziosa, quasi spettrale.
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prevede che i Paesi che detengono un debito pubblico superiore al 60% del PIL di rientrare entro tale soglia nell'arco di 20 anni, ad un ritmo pari ad un ventesimo dell'eccedenza in ciascuna annualità. Gli Stati si obbligano a mantenere il deficit pubblico sempre sotto al 3% del PIL, a pena di sanzioni."

( www.byoblu.com )

Bene bene, siamo in piena follia da spread e crisi dell'euro. Invece di guarire l'influenza, stampando quel poco di denaro per domare gli spread, si pratica un altro po' di salasso al paziente. La tecnica economica europea, è all'avanguardia come la medicina nel Medioevo. Sinceramente non riesco a capire fin dove potrà spingersi questa situazione ai limiti dell'assurdo.
Fino a quando, il popolo avrà la pazienza di sopportare tanti sacrifici? Dove scoppierà la prima rivolta? In Grecia, in Spagna, in Italia? Non so cosa pensare, non so nemmeno se i cittadini investiti da un'onda di miseria sapranno ribellarsi, o continueranno a rassegnarsi.

Per noi italiani, il Fiscal Compact è una mazzata. Il Nostro debito è di circa 1960 miliardi complessivamente. Dato che rappresenta il 120% e più del Pil nazionale, riportarlo al 60% significa in pratica ridurre il debito pubblico della metà in 20 anni:
1960 mld/ 2 /20 anni = 49 miliardi di manovra all'anno per 20 anni. Capisco ora la preoccupazione e la proposta del ministro Grilli per la riduzione del debito vendendo asset pubblici e proprietà demaniali. Certo dovremo fare uno sforzo di fantasia enorme per quest'impresa commerciale, soprattutto per evitare di svalutare i valori immobiliari del demanio, visto che si prevede di metterne sul mercato una quantità incredibile.

"Vendere beni pubblici per 15-20 miliardi l’anno per frenare il debito pubblico e portarlo sotto quota 100 del Pil nell’arco di cinque anni. È l’obiettivo annunciato dal neo ministro all’Economia, Vittorio Grilli, in un’intervista a Ferruccio de Bortoli. Un’idea non nuova, quella di mettere in vendita parte di un patrimonio (quello pubblico) che comprende 543mila unità immobiliari e vale 300 miliardi di euro.

Peccato che lo sforzo rischia di essere vanificato, ancora una volta, da quell’incubo chiamato spread che restando fra i 400 e i 500 punti ci viene a costare 10 miliardi l’anno in più. Un incubo che non avrebbe ragion d’essere considerando il patrimonio reale delle famiglie italiane – 8.500 miliardi di euro, pari a quattro volte il debito pubblico (che a maggio ha toccato un nuovo record, a 1.966 miliardi) – e una ricchezza finanziaria (la terza più alta d’Europa) che corrisponde a quasi due volte il Pil.

Il Sole ha calcolato che dalle 10 manovre fatte da inizio legislatura per frenare il debito pubblico nelle casse dello Stato sono entrati 330 miliardi, di cui ben 180 di nuove tasse e 151 di tagli alla spesa. Dal momento che il debito è sempre alto sono evidentemente servite a poco. Così come a poco rischia di servire anche la vendita dei gioielli di famiglia se prima non si ferma quel mostro avido che risponde al nome di speculazione finanziaria."


Già, perchè non c'è solo la guerra contro il debito, ma anche quella contro il suo interesse, cioè contro lo spread (che continua ad essere molto alto).
Quindi la vendita dei beni pubblici può aiutare, ma non è sufficiente a coprire il 60% del debito da ripagare. Il resto arriverà dalla solita spremitura, quindi ancora tasse, tanto siamo solo ad un carico fiscale del 55% sul reddito. Sempre che la vendita di immobili e aziende pubbliche venga fatta realmente e non si areni di nuovo tutto. Ho sentito che il governo avrebbe intenzione di vendere le aziende municipalizzate: in mano privata, per diventare remunerative, dovrebbero di sicuro aumentare le tariffe. Sarebbe quindi un'altra forma subdola per sottrarre reddito agli italiani.

Un'altro modo per reperire fondi per rientrare dal debito, saranno ancora maggiori tagli alla spesa pubblica. Ulteriori tagli saranno depressivi quanto se non di più all'aumento dell'imposizione fiscale. 
Siete pronti ad una depressione ventennale? a perdere il lavoro e vivere di espedienti per vent'anni? a rinunciare al superfluo e anche al necessario per vent'anni? Cioè a non vivere e rischiare ogni giorno per vent'anni di finire sotto i ponti?

"Rispettare parametri fiscali sempre più rigidi e stringenti, rinunziando ad ogni spazio possibile di manovra, vorrà dire dover imporre agli italiani, per i prossimi vent’anni, un regime di austerità radicale: si colpiranno ancora salari, stipendi e prestazioni del Welfare, si aggraveranno le condizioni di vita delle classi sociale medio-basse, si assisterà a nuove tasse. Gli italiani devono sapere che il prezzo imposto dall’Europa è una macelleria sociale: tagli dappertutto, dalla sanità alla scuola, dall’università ai trasporti."


Sono sbalordito da queste decisioni folli imposte dall'alto, dal governo, dall'Europa, dalla finanza internazionale ecc. Non capisco come si possa fare un piano di massacro sociale ventennale. Come se grillini o altri movimenti (pacifici e non) rimanessero quieti, quieti per tutti questi anni fino al 2032. Per me qui non ci vogliono degli economisti premi nobel, come quelli invitati da Berlusconi a casa sua, ma una squadra di psicanalisti ben preparati, per capire cosa hanno in testa (di sbagliato) i nostri cari leader e tecnici.

"Siamo passati senza accorgercene da un sistema politico democratico ad un sistema oligarchico, in cui il Governo è nelle mani di un gruppo di “tecnici” che rappresentano interessi esterni. Il Parlamento obbedisce, senza neppure un minimo accenno di protesta. Il Paese è stato “pacificato”: niente più aspri scontri politici, disinteresse diffuso per la politica, tensione sociale apparentemente sotto controllo. Eppure si annuncia, per i prossimi vent’anni, una sanguinosa e violenta “economia di guerra”: la guerra senza guerra, ossia la più terrificante delle possibilità."

Addio democrazia.

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