martedì 31 luglio 2012

Uscita dall'euro da destra


Finora le analisi più accurate sulle ragioni per uscire volontariamente dall'euro, e sulle eventuali conseguenze, sono arrivate da studiosi dell'area di sinistra. Il primo è stato P. Barnard, giornalista, portatore in Italia delle idee della Modern Money Theory e delle relative idee di ritorno alla sovranità nazionale e della spesa a deficit senza creare nuovo debito.

Contemporaneamente dal suo blog Goofynomic il prof. Bagnai, dichiaratamente appartenente all'area di sinistra, pur critico verso la MMT, è comunque un sostenitore dell'uscita dall'euro e del "meno Europa". Bagnai tenta di spronare la sinistra a comprendere meglio i processi economici e ad abbandonare il credo liberista che si adatta meglio a una politica di destra.

Recentemente è uscito su Micromega un e-book con diverse firme di studiosi progressisti (fra i quali Bagnai), che si schierano per l'abbandono delle politiche di austerità, chiaramente fallimentari, e velatamente ma non troppo propendono per l'abbandono dell'euro.

Tra gli studiosi progressisti, o almeno non nell'area propriamente del centro-destra, sostenitori dell'uscita dall'euro, collocherei anche il prof. C. Borghi intervistato recentemente da Messora (Byoblu).

In ambito politico, ha posto dei dubbi sull'euro il Movimento 5 stelle, e anche Berlusconi, ma entrambi non hanno fornito delle analisi sufficientemente approfondite. Del resto il metodo della politica, consiste nel comunicare con slogan semplificati, per raggiungere più facilmente il proprio pubblico. Ed inoltre si è trattato di dichiarazioni non del tutto sostenute con convinzione, o addirittura in parte smentite.

Poi ci sono naturalmente dei blogger schierati sull'uscita dall'euro e/o sul ritorno alla sovranità monetaria. Il più autorevole, quello che ha prodotto le analisi più accurate, ritengo sia Cobraf. Non mi pare sia schierato politicamente, ma sicuramente non condivide le scelte di Monti. Ha proposto per esempio l'affiancamento lira/euro e il ritorno alla sovranità monetaria nazionale per il controllo dello spread e del debito.

Ora è apparsa sul Giornale berlusconiano un'analisi economico-politica dell'on. R. Brunetta, che sembra riprendere molti dei temi già esposti dagli autori sopra citati. Segno che in Italia si sta formando un partito trasversale di coloro che sono contrari all'euro e alle (inutili) politiche austeriche montiane. A dire la verità, appartiene al campo dei moderati anche il prof. Savona, il quale è propositore di un piano per uscire dall'euro. Ma quando una proposta del genere arriva da un ex ministro, assume tutta un'altra autorevolezza.

Naturalmente Brunetta approfitta subito della situazione, ma anche dell'evidente impasse del governo Monti, per difendere le scelte dell'esecutivo di cui faceva parte:

"Come volevasi dimostrare: quello che è successo il pomeriggio del 26 luglio, con Mario Draghi a tutto campo in un convegno a Londra, è molto chiaro, fin troppo: per la prima volta la Bce ha fatto, anche se solo a parole, il suo mestiere di banca centrale. E l'effetto è stato immediato: 62 punti di spread in meno in 2 giorni.
...
...è soprattutto la dimostrazione della follia, della stupidità, della dabbenaggine di quanto è accaduto in Europa nell'ultimo anno, della teoria dei compiti a casa, delle misure sangue, sudore e lacrime, del presunto miracolo dei governi tecnici.Tutto affonda le basi nell'architettura imperfetta della moneta unica..."


Quindi, anche se non lo scrive, tutta la propaganda sul governo Berlusconi inadatto perchè impresentabile o perchè non ha ubbidito subito alla lettera della Bce, è qualcosa che attiene allo scontro politico ma la sua uscita di scena non era la soluzione alla crisi.

"Il pomeriggio londinese del 26 luglio ha dimostrato come l'unico vero leader in Europa sia Mario Draghi mentre gli altri attuali capi di governo non sono stati in grado di svelare da subito l'imbroglio degli spread, che solo per 2/5 è dipeso (e dipende ancora) dalle politiche economiche dei singoli Stati mentre per gli altri 3/5 è collegato alla mancanza di decisioni (e istituzioni) forti in Europa.Fino a oggi, l'atteggiamento miope ed egoistico della Germania, che ha usato lo spread per imporre misure di rigore agli Stati più deboli dell'Eurozona, ha prodotto l'effetto inverso a quello desiderato, generando recessione a catena in tutta Europa
...
Occorre dire basta. Basta con atteggiamenti logoranti e ansiogeni, basta con le corse all'impazzata verso il precipizio con frenata a l'ultimo millimetro dal baratro. Giochi pericolosi, tuttora in corso.
...
la Banca centrale europea può fare molto, più di quanto si creda, ma purché sia supportata dalla politica e dalle istituzioni e purché il messaggio sia trasmesso chiaramente ai mercati. "


Poi accusa l'istituzione Bce di non essere sufficientemente trasparente, come la Fed. Di lasciare incertezza nei mercati sulle proprie scelte.

Quindi per Brunetta è necessario portare avanti le riforme delle istituzioni europee di cui si è già parlato:
"... la soluzione è lì a portata di mano. Già scritta. È contenuta nel report Verso una vera unione economica e monetaria, presentato dai presidenti Herman Van Rompuy, José Manuel Barroso, Jean-Claude Juncker e Mario Draghi ai capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles il 28-29 giugno. Il report propone una visione di lungo periodo per l'Europa basata su quattro pilastri fondamentali: unione bancaria; unione fiscale; unione economica; unione politica.A tutto ciò dovrà aggiungersi l'attribuzione alla Banca centrale europea, attraverso opportune modifiche dei Trattati, di un nuovo mandato che preveda il ruolo di prestatore di ultima istanza, al pari delle altre banche centrali (inglese, svizzera, giapponese) e in particolare della Federal Reserve americana"

Secondo il mio punto di vista questa revisione delle istituzioni comunitarie è ancora molto carente, manca soprattutto di una visione democratica. Non per nulla l'"unione politica" è l'ultima opzione. Prima di tutto pone l'attenzione sull'economia e la finanza. Dovrebbe essere esattamente il contrario.

Quindi, analizzata la situazione e riportando in pratica le critiche ormai note alle scelte politiche imposta dalla Germania all'Europa del sud, giunge alla consequenziale conclusione. Quella che a questo punto è l'unica logica per uscire dalla crisi o per tentare di far cambiare atteggiamento ai paesi del nord:

"In mancanza di risposte concrete, invece, per i paesi sotto attacco speculativo diventerà sempre più necessario iniziare a valutare la possibilità di un'uscita volontaria dall'euro. Si tratta di un'opzione di cui si è parlato troppo poco, che si è spesso demonizzata, che mai è stata messa nel novero delle soluzioni razionali alla crisi, ma che deve iniziare, invece, ad essere presa in considerazione, anche come strumento di pressione negoziale, per acquisire consapevolezza dell'urgenza di prendere le decisioni più sagge: più Europa e più solidarietà. Subito. Altrimenti meglio uscire. E a pagare il conto più salato sarebbe la Germania e i paesi del nord. Un'analisi costi-benefici di tale ipotesi non è un invito ai paesi dell'area euro, soprattutto i più deboli, sotto attacco speculativo, ad abbandonare la moneta unica, bensì uno stimolo per i leader europei a considerare anche quest'ultima opzione, sia pur semplicemente come arma negoziale. In tal modo, la consapevolezza dello scenario della fine dell'euro diventa dunque elemento di serietà e di responsabilità per prendere in queste ore e in questi giorni le decisioni necessarie e giuste.
...
Per adesso l'appuntamento è alla riunione del Consiglio direttivo della Bce del 2 agosto. Riunione in cui prevarrà la linea Draghi del fare di tutto, con relative innovazioni e forzature statutarie oppure, dopo aspro dibattito, finirà per prevalere il solito compromesso di dare mandato temporaneo alla Bce di comprare sul mercato secondario titoli di Stato dei paesi sotto pressione, con relativa calma apparente sui mercati, in preparazione della tempesta perfetta, che potrebbe scatenarsi con le prime significative aste sul mercato primario. Nel frattempo recessione, pessimismo, calo dei consumi, angoscia. Ma questo poco importa ai falchi dell'eurozona. E a poco serviranno le pressioni americane. In fondo, è tutto così chiaro, così facile. O banalmente tragico." 

(www.ilgiornale.it)

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