domenica 8 luglio 2012

MMT inevitabile


Da un po’ ci penso, e in altri post l’ho già scritto, anche se in modo meno approfondito. La teoria della Modern Money o qualcosa di molto simile, sarà inevitabilmente applicata in futuro. Non c’è alternativa alla creazione di denaro dal nulla se si vuole far progredire l’economia in modo ordinato.
Già nel post "Moto perpetuo economico", molto cliccato perchè molti pensano parli di qualche diavoleria per produrre energia gratis, valutavo come in ambito economico e politico si è da sempre "alla ricerca di un "moto perpetuo economico", una formula matematico-sociale in grado di far funzionare l'economia mondiale o nazionale senza strappi, e continuamente auto alimentata. La formula dell'eterna crescita economica e dell'eterno arricchimento.".

Nella storia economica e sociale umana, si sono riscontrati periodi di floridezza e periodi crisi, che si alternano costruendo o distruggendo i destini di intere civiltà. Da cosa dipendono queste ciclicità? alcuni studiosi pensano che dipendano da una cattiva costruzione del sistema socio-economico umano (l'ultimo, il capitalismo ormai diffuso in tutto il mondo), mentre altri sostengono che le cause sono esterne, di tipo climatico-geologico (Sole e freddo), su cui purtroppo non possiamo avere nessun controllo.

Quindi l'unica cosa su cui possiamo agire, è il sistema socio-economico che ci siamo costruiti, per far funzionare bene la società umana. Fin da quando si è capito che dividendosi i compiti, le società sono più efficienti, ci si è anche resi conto che l'equilibrio fra i vari contributi umani è difficile da valutare: come correlare il lavoro dell'agricoltore, con quello dell'allevatore, con quello dell'artigiano, con quello dell'amministratore ecc.? Per fortuna l'invenzione del denaro risolse in parte questo problema, permettendo di scambiare i vari beni e servizi prodotti dietro un prezzo. Ma non risolse il problema di fondo: come valutare l'apporto di un lavoro rispetto ad un altro? Infatti le rivendicazioni sindacali nacquero per questo.
Ma il denaro è anche un "bene" che può essere scarso, sufficiente o abbondante, e per questo motivo comportare impoverimenti, aumenti di valore, difficoltà o semplicità negli scambi, inflazione ecc.

Alcuni sostengono che la quantità di denaro, cioè la facilità o meno di accedere ai finanziamenti, non sia così importante. L'importante è il lavoro, la fiducia nel futuro, il progresso tecnico e scientifico che permette di creare nuova ricchezza e creare cicli economici favorevoli. Non dico sia sbagliato, ma credo che i fattori vadano invertiti: una grande mole di investimenti, genera lavoro, fiducia, studi e investimenti tecnologici. E chi può fare investimenti notevoli senza problemi se non gli Stati nazionali?

Si dice spesso che un’invenzione, una nuova tecnologia può di per se creare sviluppo: è avvenuto durante la rivoluzione industriale con la macchina a vapore, poi sempre in occidente con la motorizzazione popolare, poi dopo la seconda guerra mondiale con l’applicazione su larga scala delle migliori invenzioni meccaniche ed elettroniche in tutto l’occidente e poi in tutto il mondo. E poi con l'incremento dell'estrazione petrolifera è stato possibile produrre energia a basso costo. L’ultima grande invenzione a generare o implementare lo sviluppo è stata quella della micro elettronica che ha prodotto il computer, e la rete a suo supporto.

Ma a ben vedere, queste invenzioni non si sono sviluppate per magia. Sono state il prodotto a volte di scoperte casuali, ma anche di ben precisi programmi di investimento. Programmi in cui si intravedeva una grande convenienza economica in ambito privato, supportata da un forte intervento dello Stato.

La rivoluzione industriale nasce in Inghilterra  in conseguenza alla creazione dell’impero britannico,  grazie quindi all'approvvigionamento dell’Inghilterra di materie prime a basso costo. E questo non è altro che un intervento statale (militare) che in questo caso è consistito nella conquista ed amministrazione di enormi colonie, che poi venivano sfruttate delle loro risorse umane e naturali. Grandi quantità di prodotti semilavorati arrivavano ai porti inglesi, e li venivano trasformati in prodotti finiti da una industria in tumultuosa crescita. Per produrre di più si passò dalle macchine azionate idraulicamente con mulini a quelle azionate dalle macchine a vapore che finalmente ebbero una applicazione generalizzata. Nello stesso periodo, a Napoleone Bonaparte fu presentato un battello a vapore con l’idea di munire le navi da guerra francesi di tale invenzione. L’imperatore non ne colse l’importanza e il progetto rimase nelle forme di prototipo. Se non ci fosse stata la rivoluzione industriale, le sue convenienze economiche, e i relativi investimenti militari britannici, probabilmente la macchina a vapore sarebbe rimasta a livello di giocattolo per ricchi eccentrici.

La prima motorizzazione nasce grazie alla diffusione del motore a scoppio in seguito alla prima guerra mondiale, la prima guerra moderna condotta con l'ausilio delle macchine. La quale diede un impulso all'industrializzazione meccanica. Grazie a questa grande produzione bellica, quindi un intervento statale, fu possibile trasformare un prodotto elitario, di un’industria di nicchia, in un prodotto popolare ad alta diffusione. Prima della grande guerra l’automobile esisteva già. Ma venivano prodotti pochi modelli il cui costo era alla portata solo dei benestanti. Pertanto l’industria dell’automobile era un’industria artigianale, che concorreva al prodotto interno lordo in modo modesto. Quando scoppiò la prima guerra mondiale, le commesse statali poterono trasformare un’industria artigianale in un’industria per produzioni di massa. Fu un notevole salto di scala. L'economia continuò a crescere in maniera esponenziale, fino a quando il modello liberista andò a sbattere contro la crisi del '29. Si posero le basi per un nuovo intervento statale: la seconda guerra mondiale.

Dopo la seconda guerra mondiale, lo sviluppo economico fu ancora maggiore, perché vennero utilizzate tutte quelle innovazioni e miglioramenti tecnici messi a punto durante la guerra. Una guerra che vide un'uso delle macchine ancora più massiccio e determinante. Se nella prima guerra mondiale, carri armati e aerei erano episodici rispetto alla lunga e sfinente guerra di trincea, nella seconda, unità corazzate e bombardamenti determinarono la vittoria o la sconfitta in battaglia.
Alla fine della guerra vennero ripristinati tutti quegli stabilimenti in gran parte finanziati per motivi bellici, e riconvertiti a produzioni civili. Furono anche incrementate le ricerche di giacimenti petroliferi che erano stati essenziali per far camminare le macchine belliche motorizzate, con grande dispendio di energie.
Dopo la guerra, gli statunitensi fecero man bassa di tutte le geniali invenzioni della Germania nazista: dai missili, al motore a reazione, alle scoperte dell’industria chimica… ecc. Nel campo alleato invece ci furono progressi in campo elettronico (radar), meccanico, avionico ecc. Tutte queste invenzioni belliche vennero messe a fruttare economicamente dopo la guerra.

Sia nel caso della prima, che della seconda guerra mondiale, lo sviluppo tecnologico successivo fu dovuto agli investimenti bellici (statali). In Italia, tanto per fare un esempio, la grande produzione di scooter degli anni ’50 e ’60 (la prima motorizzazione degli italiani) fu possibile grazie agli investimenti bellici precedenti: il motore della vespa era utilizzato nei motori degli aerei militari per l'avviamento. Ma anche altre industrie italiane, benché danneggiate dagli eventi bellici, si erano potute sviluppare grazie alle commesse statali pre belliche e agli aiuti di Stato (americano) sotto forma di Piano Marshall.

Anche l’industria elettronica moderna, deve moltissimo ai grandi investimenti statali nel campo della difesa. Lo sviluppo dell’industria micro-elettronica, da cui è nato il computer di casa, è stato finanziato dalle grandi potenze ed economie mondiali durante la guerra fredda. Si dovevano costruire armi sempre più precise e complesse, e sistemi difensivi sempre al passo delle armi più recenti. La stessa internet è stata creata per i militari. Solo quando è divenuta obsoleta ne è stato permesso l’uso ai privati cittadini. Oggi la rete civile è molto più potente di quella militare iniziale, ma deve il suo stato attuale ad investimenti statali americani degli anni sessanta.

Quindi, non è vero che lo sviluppo economico dipende dalla nascita di nuove tecnologia, di nuove scoperte scientifiche. Sono semmai gli investimenti che generano nuove scoperte e miglioramenti tecnologici. E si tratta quasi sempre di investimenti statali a fondo perduto, come quelli bellici o post bellici.

Oggi si è assistito ad un ritorno a livello mondiale, agli assunti della teoria economica liberista, che si contrappone alla spesa pubblica, e quindi rinnega anche gli investimenti pubblici del passato. Non li considera fondamentali alla creazione di sviluppo e benessere, malgrado l’evidenza dei fatti. Per estensione, non viene accettata quindi anche la teoria MMT.

La teoria economica liberale prevede che l’intervento statale sia minimo, il mercato si deve autoregolamentare. Vige la legge della domanda e dell’offerta. Tutto ciò di cui ha bisogno la società viene prodotto nella forma più vantaggiosa, quando c’è un’adeguata domanda di un certo prodotto o servizio. Il prezzo da pagare tende a diventare sempre più conveniente, poiché i produttori cercheranno di organizzare la produzione in modo sempre migliore e saranno stimolati a farlo a causa della libera concorrenza. I produttori e i consumatori devono essere lasciati liberi nelle loro scelte, lo Stato deve evitare il più possibile di intervenire ed influenzare l’economia.

In un sistema del genere è previsto che le banche finanzino i produttori in cambio di un interesse. I quali si rivolgono sul mercato di libera concorrenza piazzando i loro prodotti. Se il prodotto non funziona, il produttore fallisce, il fallimento diviene un danno per le banche. Ma queste potranno rifarsi con i finanziamenti andati a buon fine.
Sembra tutto molto funzionale ed economicamente giusto, ma la teoria parte dalla presunzione che le risorse fisiche e finanziaria siano illimitate. Non viene chiarito come funziona il circuito economico a livello generale. In realtà si tratta di un sistema chiuso, il denaro che vi circola è sempre il medesimo, o almeno quasi il medesimo. La nuova creazione di ricchezza avviene a discapito di chi si impoverisce. Quindi non è nuova, ma solo un trasferimento.

L’unico modo di incrementarlo è la leva bancaria, in pratica le banche prestano più denaro di quanto ne hanno in deposito. Questo genera aumento di ricchezza che a sua volta genera aumento dei depositi, in un circolo virtuoso. Ma questo meccanismo non era previsto in origine, quando venne redatta la teoria liberista, in quanto all’epoca la moneta era in quantità limitata in dipendenza della convertibilità in oro. Inoltre, la produzione di beni in libera concorrenza, con il supporto finanziario delle banche,  è un meccanismo delicato basato sulla fiducia, basta poco per interromperlo. La fiducia è un bene molto costoso, solo un’organizzazione statale può acquistarne e devolverne a sufficienza. Una banca o un gruppo di banche da sole non possono generare un clima di fiducia. Soprattutto in tempi incerti come i nostri.

La teoria liberista potrebbe funzionare in un mercato teorico veramente libero, dove non si formino oligopoli, dove il cittadino possa effettivamente trovare tutto ciò di cui ha bisogno attraverso il libero mercato, dove il produttore riesca sempre a reperire le risorse di cui ha bisogno, dove le banche nutrano fiducia illimitata nei loro clienti. Ma i mercati per quanto liberi sono sempre in parte regolamentati. E malgrado ciò, quando si formano gli oligopoli o i monopoli, molto spesso lo si viene a sapere tardi e lo Stato non interviene o interviene poco. Inoltre non tutti i servizi possono essere privatizzati in regime di libero mercato. La sanità e la previdenza degli Usa, che sono privati, non tutelano in modo completo la popolazione, ed inoltre il sistema assicurativo privato è già stato soccorso economicamente dallo Stato perché è sempre a rischio fallimento. Lasciare che l’economia e tutte le attività umane vengano regolamentate unicamente dalla “legge della giungla” non è salutare: in natura il più debole soccombe, il più forte sopravvive e procrea. In economia sono maggiori i danni provati da chi soccombe che i vantaggi generati da chi sopravvive. Se muore un’industria automobilistica, non c’è né un’altra pronta a soppiantarla e ad assorbire l’occupazione. Anzi è probabile che anche le altre industrie vengano a soffrire per la sparizione della concorrente, in quanto viene a mancare domanda di mercato (operai ed impiegati licenziati non consumano più).

La domanda, è un altro punto debole della teoria liberista. Forse il più debole, in quanto la storia ha sempre dimostrato che la domanda in economia non si genera magicamente dal nulla. Ci deve essere una spinta regolamentata o meglio generata direttamente da un’organizzazione statale.
In un mercato ci può essere un’elevata domanda di beni, ma nello stesso tempo zero offerta in quanto i consumatori sono sprovvisti di risorse che renda conveniente la produzione dei beni.
Perché ci sia uno scambio è necessario ci sia fiducia. Il produttore e il suo finanziatore devono aver fiducia nei consumatori, cioè devono essere sicuri che siano in grado di acquistare i prodotti.

Inoltre il finanziatore, cioè le banche, vogliono avere una certezza sul ritorno dei loro investimenti. Per questo, quando il garante è lo Stato, le banche investono più volentieri, la loro fiducia è ben supportata.
Questo genera un circuito virtuoso: le banche investono perché garantite (per esempio dalla spesa bellica), i produttori producono beni e danno lavoro, contribuendo a formare in questo modo sia il mercato dell’offerta che il mercato della domanda.
Il generatore di tutto sta a monte, cioè è l’investimento statale.

Oggi il mondo si trova in una situazione tale per cui si dovrà pervenire ad un nuovo sistema. Un tempo, l’economia occidentale era una specie di isola nel mondo: una gran parte di esso era sotto l’influenza di regimi sovietici, quindi non partecipanti al mercato mondiale. Oggi di questi regimi sono rimasti dei residuati storici senza grande importanza: Cuba, la Corea del Nord… e non so chi altri.
Inoltre, in quell’epoca un’altra grande parte del mondo era in una situazione economica arretrata a livelli medievali, il così detto terzo mondo. Queste popolazioni erano sfruttate, assieme alle loro ricchezze naturali, a tutto vantaggio dell’isola occidentale che poteva prosperare con energia a buon mercato e bassi debiti.

A lungo andare i bassi debiti, sono diventati in molti casi debiti devastanti, pesi insopportabili. Inoltre l’occidente non è più un’isola economica in mezzo al nulla, ma una parte sempre più piccola di una enorme economia mondiale, strutturatasi sulle regole occidentali.
Questa situazione provocherà in futuro il collasso dei sistemi economici.

Molti liberisti attuali prendono ad esempio la Germania fra le nazioni occidentali, che sembra non soffrire più di tanto la crisi economica di questi anni. La Germaniasta ottenendo un risultato illusorio, di scarsa durata. La crescita tedesca si fonda sul principio della bilancia commerciale in attivo: esportare più di quanto si consuma.

Ma se la Germania fosse l’unica nazione del pianeta, a chi esporterebbe i suoi prodotti? Può sembrare una domanda cretina, ma il dramma è che ci si sta avviando a livello mondiale ad una situazione del genere. In “MMT– Schema di funzionamento...” scrivevo:

“ ...Barnard afferma: “esiste a dire il vero un altro contenitore esterno a NON-GOV. e che in effetti può riversare beni finanziari al netto in esso. E’ il contenitore delle nazioni straniere, che se compra da noi più di quanto noi compriamo da loro, ci lascia nei libri contabili valuta al netto che ci arricchisce”:



6) In questo caso, le “nazioni straniere” possono sostituirsi allo Stato con sovranità monetaria … e immettere ricchezza nel sistema nazione, se si ha una bilancia commerciale positiva. E’ il caso della Germania oggi. Ma come è ovvio, per un gruppo di nazioni che si avvantaggiano, c’è un gruppo di nazioni che è in passivo. Il numero di nazioni non è infinito, le bilance commerciali si devono equilibrare:




7) E da dove prendono la ricchezza le nazioni con bilancia commerciale in passivo? La risposta è ovvia: si impoveriscono (caso di Italia, Spagna, Grecia, forse Francia ecc.) o creandola attraverso il deficit di bilancio (caso macroscopico degli Usa). Perché tutte le nazioni del mondo possano avere una bilancia commerciale attiva, dovrebbero esportare su Marte! Il deficit di bilancio è l’unico vero motore per produrre ricchezza.”


La globalizzazione del mondo significa anche questo. Fra poco all’Onu qualcuno dovrà allestire una specie di sorteggio come negli abbinamenti dei mondiali, per stabilire quale nazioni si indebiteranno a vantaggio di quelle produttrici ed esportatrici. E’ chiaro che è un sistema che non regge, e reggerà sempre meno in futuro.

Finora gli Usa, attraverso il debito hanno di fatto finanziato l’industria cinese. Lo stesso hanno fatto i Piigs e la Francia finanziando l’industria tedesca. L’agonia dei Piigs, provocherà una contrazione economica in Germania, la quale non saprà come creare nuova domanda sostitutiva utilizzando solo le basi della teoria liberista. La Cina sta già rallentando sia a causa dell’impossibilità di ulteriore indebitamento Usa, sia a causa della crisi europea che ha raffreddato la domanda internazionale.

Per questo penso che alla fine non ci sarà altro da fare che affidarsi alla teoria MMT. Utilizzare il meccanismo attuale non è più possibile: creare sempre nuovo debito per generare sviluppo diventa sempre più insostenibile. Anche rivolgersi in toto alla teoria liberista non risolve nulla, in quanto il mercato da solo non è in grado di generare uno sviluppo vero. Basti vedere quali mostri ha generato il mercato finanziario in questi anni, credendo si di creare  attraversi i derivati e simili il regno di “Bengodi”, al contrario di quanto affermano i liberisti riferendosi all’intervento statale diretto. E questo vale anche per invalidare l’assunto che il mercato si auto regola. Non è vero, il mercato da solo genera caos, e quando fa pasticci, non segue per niente le leggi liberiste che prevedono il fallimento di chi sbaglia, anzi, bussa alla porta dello Stato e gli chiede aiuto…

Non possiamo più pensare di creare sviluppo attraverso guerre coloniali, mondiali, fredde o calde, perché quest’epoca è finita. La MMT risolve il problema nello stesso modo, ma senza essere cruenta come una guerra. Inoltre presuppone di creare deficit di bilancio senza produrre nuovo debito. Le tecniche per annullare il debito contabilmente ci sono, ci sono sempre state. Il debito è solo un numero in un computer. Quel che conta è invece investire per creare sviluppo ed occupazione. Solo così si genera domanda. La domanda genera nuovo sviluppo in un circolo virtuoso.

A meno che il progetto Seti non scopra a breve un pianeta extrasolare bisognoso dei nostri prodotti, non potremo più pensare di fare affidamento su una bilancia commerciale in attivo per incamerare ricchezza. Perché ben presto tutte le nazioni del mondo vorranno raggiungere questo obiettivo, ed è impossibile. Anche se metà delle nazioni soccombessero diventando meri importatori di prodotti delle altre, il sistema non durerebbe a lungo. Gli importatori ad un certo punto si indebitano in modo eccessivo e falliscono. Il fallimento degli importatori provoca il fallimento degli esportatori. Il meccanismo non funziona, è destinato ad incepparsi.


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