venerdì 31 gennaio 2014

Pericoloso rapporto elettorale a tre


C’è il serio rischio che Renzi e Berlusconi stiano facendo un clamoroso errore sulla legge elettorale. Non tanto per il pericolo che anche il “renzusconellum” sia incostituzionale e possa incontrare gli strali della Consulta.
Ma l’errore è dovuto al fatto che questa legge elettorale trasforma l’attuale panorama parlamentare molto frammentato in una partita a tre: centro sinistra, centro destra e M5s.

Ovviamente sia Renzi che Berlusconi hanno pensato immediatamente di impossessarsi golosamente dei voti delle piccole formazioni. Renzi intende far fuori Sel; Berlusconi spera di far fuori Ncd e premiare la Lega (e probabilmente ci riuscirà).

Sia il Pd renziano che Forza Italia non vedono l’ora di impossessarsi dell’Italia, o almeno di metà d’essa. Ma avranno fatto i conti giusti?

Il M5s in questi giorni ha dimostrato di fare opposizione dura, netta, irrevocabile. Malgrado sui media sussidiati sia tutto uno scandalizzarsi per i comportamenti aggressivi, violenti e sessisti dei grillino, credo che a molti italiani questa contrapposizione anche fisica alla “casta” faccia piacere.

Quindi mi chiedo se il movimento cinquestelle non è forse destinato ad incrementare i suoi consensi, al contrario di quanto pensino nelle alte sfere.

Questi erano i primi titoli sul corriere on line:

Boldrini: «Violenti, presto sanzioni»

Insulti sessisti,
le 7 deputate Pd
che denunciano
De Rosa (M5S)

Il gesto volgare
del deputato grillino Segoni

Credo si stia sbagliando strategia. La stessa che ha utilizzato per anni La Repubblica contro Berlusconi, che non lo ha danneggiato per nulla, anzi. Questo è il classico metodo per portare voti a chi si vorrebbe attaccare.

Probabilmente i cinquestelle sono eccessivamente aggressivi, ma gli italiani capiscono che la loro è una difesa appassionata dei diritti basilari e della Costituzione repubblicana. Questo atteggiamento fa molta presa sugli italiani, che in modo del tutto naturale si schierano a prescindere contro le scelte della “casta”.

Anche la presentazione della messa in stato d'accusa di Napolitano benché non abbia nessuna possibilità di successo, è un modo che permetterà ai cinque stelle di mettersi in luce presso l'elettorato più critico verso la politica inconcludente e dannosa portata avanti dal Presidente da Monti in avanti. Ha più un valore elettorale che ai fini giuridici.

E’ anche vero che nello stesso tempo gli italiani premiano (per il 71%) le scelte decisioniste di Renzi (e Berlusconi). Ma fra chi da consenso a questa nuova legge elettorale, quanti sono i votanti del M5s? Credo ce ne siano parecchi.

Molti di loro pensano che la trovata di Renzi e Berlusconi avvantaggi anche il M5s. Io mi annovero fra questi, e penso che questo rapporto elettorale a tre sia parecchio pericoloso, forse mortale per il Pd e Forza Italia.

Mettiamo il caso, neppure troppo remoto, che il M5s riesca a raggiungere il secondo posto (o magari il primo) nello scontro a tre, e riescano ad accedere al ballottaggio previsto dal nuovo “renzusconellum”. Cosa accadrebbe alla malcapitata coalizione che si scontrerebbe con il M5s?

Molto semplice: nel caso di scontro tra Berlusconi e cinquestelle, non c’è nemmeno bisogno di dire che l’odio verso il Caimano farebbe affluire i voti di centro sinistra sul M5s.
Nel caso di scontro tra Renzi e cinquestelle, se conosco un poco la natura umana (e quella italica), molti elettori berlusconiani solo per fare un dispetto al centro sinistra affluirebbero alle urne per votare contro questa parte, malgrado siano molto distanti dal M5s.

Il 51% invocato da Grillo potrebbe non essere così impossibile come credono i vecchi esponenti politici. A quel punto per Pd e Forza Italia la partita potrebbe diventare mortale, e un po’ di più per il Pd che non ha un miliardario alle spalle. Il M5s con la maggioranza assoluta non perderebbe tempo a staccare definitivamente la spina al finanziamento pubblico dei partiti. E non verrebbero chiusi solo gli afflussi leciti di denaro, ma anche quelli piuttosto sospetti. 

E’ abbastanza probabile che il M5s cambierebbe i poteri delle fondazioni nelle banche, togliendo questi istituti dalle grinfie dei partiti. Le fondazioni consentono alla politica un certo controllo economico.
Ed è abbastanza certo che i cinquestelle darebbero un taglio a progetti come Tav, Mose, Expò ecc. e ad acquisti contestati come quelli militari degli F35. E tutte queste molto probabilmente sono fonti illecite di arricchimento della politica.

Cosa succederebbe al Pd e a Forza Italia ridotti ai minimi termini senza liquidi? Il Pd diventerà ancora più Renziano e dipendente dai finanziamenti leopoldini della grande finanza delle Cayman. Forza Italia non potrà che diventare ancora più un dependance di Mediaset e proprietà della famiglia Berlusconi. Ma senza accesso agli enormi attuali finanziamenti (leciti ed illeciti) questi grandi partiti sono destinati a ridimensionarsi parecchio.

La terza repubblica sarà maggioritaria, ma anche giacobina ed antieuropea?
Si potrebbe prospettare un nuovo assetto repubblicano piuttosto traumatico per i poteri forti (oggi non più tanto). Potrebbero rischiare di perdere tutto: il controllo dei centri nevralgici della politica, della burocrazia e probabilmente anche dell’economia. Renzi e Berlusconi se la sentono di rischiare così tanto?

giovedì 30 gennaio 2014

Il "renzusconellum" come da previsioni



Alla fine Berlusconi e Renzi hanno archiviato il porcellum e il proporzionale della Consulta, con un nuovo e più distorsivo porcellum. Eppure il nuovo accordo in qualche modo rispetta le prescrizioni della Consulta, pur dribblando i suoi paletti meglio di Alberto Tomba ai tempi d'oro.

La Consulta aveva chiesto un premio di maggioranza non distorsivo e una soglia minima di applicazione. Ecco accontentata: premio del "solo" 15% e soglia minima del 37%. Con queste richieste la Consulta aveva probabilmente immaginato di introdurre nuovamente una legge elettorale proporzionale in stile prima repubblica. Ma il duo Renzi/Berlusconi ha pensato bene di mettere nel sacco la Consulta. Ad ogni modo non ci sarà un sistema proporzionale, ma maggioritario. Se nessuno raggiunge la soglia minima ci sarà un bello spareggio con il secondo turno di ballottaggio e quindi un vincente certo. Il governo non potrà più essere concordato in Parlamento come è avvenuto con Monti e Letta: come farà l'Europa la prossima volta ad eteroguidarci?

"la Consulta ha trasformato l'attuale Porcellum in un proporzionale con indicazione delle preferenze. Quindi in realtà già oggi esiste una legge elettorale utilizzabile. Non ha posto un veto assoluto per l'adozione in futuro di un nuovo premio di maggioranza. Ma ha richiesto che questo diventi ragionevole con una soglia minima prima di essere applicato.
...
Oggi il sogno di Renzi è una legge elettorale qualsiasi con premio di maggioranza uniforme fra Camera e Senato che gli consenta di vincere con maggioranza relativa. Anche con circa il 30% dei voti della coalizione di centro sinistra.

La Consulta in pratica gli ha detto di no, che il premio di maggioranza deve essere ragionevole, non distorsivo del voto. Quindi se lo scordi di vincere le elezioni con il 30%.

Se fossero state già applicate le soglie minime studiate nella scorsa legislatura, che fosse il 40 o il 43% già questo Parlamento sarebbe stato eletto in pratica con il proporzionale. Già oggi il centro sinistra non avrebbe una vasta maggioranza nemmeno alla Camera."

(Consulta proporzionale - 15 gennaio 2014)

Avevo già previsto come sarebbe andata a finire. Cioè i due riformatori (il pregiudicato e lo spregiudicato) si sarebbero accordati sulle parti in cui la Consulta non si era espressa:

"La Consulta non ha dato comunque indicazioni sulla soglia di sbarramento. Ora credo che l'unico modo che ha Renzi (e Berlusconi o erede) per incrementare i propri parlamentari è inserire una soglia di sbarramento molto alta per coalizioni e singoli partiti. In modo per esempio di sbranare e spartirsi le spoglie dei centristi, da Casini a Monti.

A quel punto con una soglia minima di applicazione del premio fra 35 e 40%, (centro destra permettendo) combinato con uno sbarramento d'ingresso alto, Renzi può pensare di governate con una maggioranza coesa ed autosufficiente, non dipendente da qualche responsabile/ribaltonista."

(Consulta proporzionale - 15 gennaio 2014)

La Consulta aveva forse in mente un tipo di legge elettorale proporzionale alla tedesca. Ma non ha considerato che aveva a che fare con i politici italiani, pronti a sgusciare come anguille dalle situazione più complesse. Sono gli stessi politici che se ne sono fregati del referendum che aboliva i finanziamenti ai partiti e con la faccia come il lato B, gli hanno semplicemente cambiato nome grottescamente in "rimborsi".

Ed infatti ecco che i riformatori renzusconiani hanno fissato una soglia minima di applicazione del premio (37%), proprio bassa come avevo previsto. Esattamente a metà della mia previsione. E hanno anche fissato delle soglie di sbarramento molto alte per spartirsi i voti delle piccole formazioni: 4,5% per i partiti in coalizione, 8% per i partiti non coalizzati, 12% per le coalizioni.

Si avverte in queste percentuali la mano vendicativa di Berlusconi e la volontà prevaricatrice di Renzi. Basta osservare gli ultimi sondaggi per osservare l'ecatombe di partitini a destra come a sinistra, che si avrà con il "renzusconellum".

Berlusconi con la soglia al 4,5% per i partiti in coalizione si vendica dello sgarbo di Alfano&C., ma si tiene la fedele Lega Nord. Ma verranno travolti anche i poco inquadrabili Fratelli d'Italia e altri micro partiti come La Destra ecc.

Ma anche Renzi non scherza, è pronto ad asfaltare il partito di Vendola senza remore. 
Il centro neodemocristiano/popolare poi verrebbe annientato completamente: addio Montiani, Casini, Mauro ed altri velleitari partitini di centro. Spianati!

Il M5s ha definito questo accordo un accordo criminale. Ma sotto sotto ne è soddisfatto. Perché oltre Forza Italia e Pd è l'unico altro partito sicuro di passare le forche caudine degli sbarramenti. E magari potrebbe anche ambire ad un ballottaggio. Forse addirittura contro Berlusconi. Infatti oggi il centro sinistra sembra stare in testa, anche se di pochissimo, ma attenzione sempre ai trend ed alle sopravvalutazioni storiche nei sondaggi del centro sinistra. Ma nello stesso tempo questa volta contro un Berlusconi virtuale (forse Toti?) ci sarà... un Berlusconi 2, tutto può succedere. In ogni caso il berlusconismo non tramonta mai. 

mercoledì 29 gennaio 2014

Ogni giorno ha la sua pena


Ieri andava di nuovo tutto bene, ma questo 2014 sarà un anno di ripensamenti e quindi di mercati volatili. E quando questo succede certi volatili, come l'uccello "padulo", volano bassi.

Nasce la nuova industria automobilistica italo-americana scegliendo un nome evocativo per gli italiani: F(i)CA. Forse così si spera di incrementare le vendite almeno in Italia. Ma la borsa non si fida, anche perché i bilanci mettono in luce tutto lo sforzo fatto dalla pulce Fiat per acquistare l'elefante Crysler.

"... tonfo Fiat dopo i conti 2013, -5,70%. L'amministratore delegato del gruppo Fiat Chrysler ha annunciato che entro la fine del 2014 avverrà il completamento del processo di riorganizzazione che darà vita a Fiat Chrysler Automobiles. "
(www.wallstreetitalia.com)

La nuova FCA ha scelto il giorno sbagliato per presentarsi ai mercati. Ma in generale continuano i movimenti al ribasso dovuti alla paura del tapering e quindi al venir meno del clima di fiducia in un continuo incremento degli indici. L'azionario non può crescere all'infinito. La liquidità comincerà a calare e quindi non si avrà l'effetto trascinamento su qualsiasi investimento, dovuto essenzialmente ai massicci acquisti di questi anni. Si tornerà a vagliare tra investimenti buoni e cattivi. I paesi emergenti non stanno quasi mai nella prima categoria.

"Torna la paura sui mercati emergenti, sell off sulla lira turca e il rand sudafricano; i sell off colpiscono anche il lev bulgaro. Le tre valute perdono posizione nei confronti del dollaro americano. Il SudAfrica è diventato la terza economia emergente, questa settimana, ad aver alzato i tassi, al fine di frenare l'emorragia dalla sua valuta. Ma il rand è sceso al minimo degli ultimi cinque anni.

Le vendite si abbattono sull'azionario europeo, Dax in calo di quasi -2%, Parigi -1,7%, Ftse Mib a Milano scivola -1,40%, sui minimi di seduta."

(www.wallstreetitalia.com)

Vista la situazione e la crisi che sta investendo certe monete sovrane, forzando molto le mie convinzioni, sono costretto a rivalutare l'importanza dell'euro. Moneta forte che ci impedisce di arricchirci facilmente, ma quei pochi euro che abbiamo in tasca in questi momenti non si svalutano pesantemente, consentendoci una certa stabilità (seppur cimiteriale...).

Con la lira molto facilmente ora ci troveremo nella tempesta. Ma comunque un po' più forti di quanto lo siamo oggi, con un'industria manifatturiera meno disastrata di quanto lo sia attualmente. Con l'euro siamo deboli internamente ma protetti dai colpi esterni come in una corazza. Con la lira saremmo più forti internamente ma dovremmo fare grandi sforzi per parare i fendenti che proverrebbero dalla speculazione internazionale.

"Potete anche non Crederci, ma L’Euro è Destinato a Tornare Simpatico (l’Ondata “si ma…”)

Guardiamoci intorno, intendo intorno alle valute considerate forti:
Dollaro
Euro
Yen
Yuan
Franco Svizzero e poco altro-

Finita la festa dei dollari facili, il resto del mondo è totalmente destabilizzato e per carità di Dio non si tratta di “svalutazioni competitive” se non in minima parte.

Contemporaneamente, specie nei paesi periferici europei l’Euro vive il suo minimo assoluto di popolarità (e aggiungerei l’Europa, finalmente).
...
l’Euro non si adatta all’economia italiana, favorisce i tedeschi, è un complotto per renderci schiavi… etc etc, SI MA, guarda che succede ad usarla male la “moneta sovrana” forse per ora è meglio starcene buoni e aspettare che la tempesta passi.

Ed è un bene che sia accaduto adesso all’Argentina, Venezuela, Sud Africa, Egitto, India, Indonesia, e non a noi.

Perchè almeno possiamo imparare una cosa in tempo reale (visto che il passato si usa solo per le convenienze di propaganda):

NON BASTA STAMPARE MONETA SENZA DISCIPLINA DI BILANCIO PUBBLICO e aggiungerei sommessamente, tasse basse, burocrazia efficiente, livelli di corruzione accettabili, giustizia decente.

Perché nel mondo globalizzato la “moneta sovrana” è solo uno dei fattori, che ti si può rivoltare contro se la usi per finanziare deficit di bilancio.

Lo ribadisco io non ho nulla in contrario a tornare alla lira (anche alle conchiglie per quello), cioè a cambi flessibili, purchè alla base ci siano politiche che rendano credibile la nostra valuta sui mercati internazionali. E cioè politiche che facciano tornare il nostro paese un luogo che produce qualcosa di desiderabile per il resto del mondo al prezzo giusto.

Comunque adesso è un tantinello piu’ difficile dimostrare le virtu’ della moneta sovrana e della “svalutazione competitiva” anche perchè alcuni diversamente preparati in tempi recenti ci hanno indicato quei paesi che stanno crollando come fulgidi esempi da seguire.

Quindi io prenderei come esempio l’Inghilterra, hanno svalutato (ora hanno recuperato), hanno stampato ma hanno fatto qualche altra cosuccia che credo andrebbe studiata (link dal fatto quotidiano)

Il governo di David Cameron taglia la spesa pubblica. E il morale dei dipendenti pubblici va sempre più giù. Negli ultimi 18 mesi ben 54mila lavoratori del pubblico sono stati licenziati – ben più di quanto riuscì a fare Margaret Thatcher, tanto criticata per il suo taglio al budget britannico, negli ultimi quattro anni di governo ..."

Ma anche no. Qualche problema forse alberga anche nella sovrana e regale terra della Sterlina.

"Banche di tutto il mondo sempre più in difficoltà e sempre più terrorizzate dalla minaccia incombente della corsa agli sportelli.
Alcuni clienti di HSBC, stando a quanto ha riportato la BBC, non sono riusciti - senza che ne fossero stati informati - a prelevare grandi somme di denaro, in quanto non hanno addotto motivazioni ritenute sufficienti dalla banca.

Ovvero: ora per effettuare prelievi bisogna anche informare il proprio istituto di credito riguardo al motivo. Immediate le proteste, con un cliente che ha scritto subito: "non dovete spiegare alla vostra banca la ragione per cui volete quel denaro. E' vostro, non della banca".

Ridicole le spiegazioni di HSBC: "Chiediamo ai nostri clienti il motivo dei grandi prelievi di denaro nel momento in cui sono insoliti...e la ragione è nel nostro obbligo di proteggere i clienti, al fine di minimizzare il rischio di crimini finanziari".
...
Il tentativo di lanciare un vero e proprio controllo di capitali è stato poco dopo seguito da un'altra notizia che ha allarmato i consumatori.

Sky ha reso noto infatti che i clienti di Lloys e TSB, così come quelli di Halifax, hanno incontrato non poche difficoltà nel prelevare denaro dai bancomat. Lloysd/TSB ha ammesso di fatto che ci sono stati problemi nei pagamenti con le carte di debito e nelle operazioni di prelievo di contanti."

(www.wallstreetitalia.com)

A quanto pare anche la solida e sovrana Inghilterra sta effettuando un minimo controllo sui movimenti di capitale in questo turbolento periodo di svalutazioni monetarie dovute alla massiccia vendita di valute ritenute più deboli. Più deboli naturalmente di dollaro, yen ed euro (cioè marco...).

Usare la moneta sovrana e il debito pubblico diventa un esercizio sempre più complicato. Non basta stampare tanto per stampare come giustamente afferma Fannyking. Bisogna aver ben chiaro cosa si compra, anzi come si investe, il denaro fresco di rotativa. Stampare lire per pagare pensioni d'oro o il suv di "Batman" non credo farebbe rivalutare la lira agli occhi di un investitore estero.

martedì 28 gennaio 2014

Fanta-geopolitica


E se tutta questa crisi finanziaria, se tutta questa austerità avesse un fine geopolitico ben preciso? Probabilmente è solo fanta-geopolitica, ma è facile constatare alcune cose avvenute in questi ultimi decenni.

Nel 1989 cadeva il muro di Berlino, decretando di fatto la fine della "guerra fredda" e la vittoria del blocco occidentale, cioè in definitiva degli Stati Uniti. Che con le sue tredici flotte con portaerei nucleari rimaneva di fatto l'unica super potenza militare ed economica al mondo. Gli Usa vinsero la guerra fredda praticamente senza sparare un solo colpo verso la ex Unione Sovietica, ma praticamente costringendo i paesi dell'est al fallimento economico e sociale.

Per quasi vent'anni successivi gli Stati Uniti hanno avuto una indiscussa supremazia sul mondo, facendo guerra a chiunque ritenessero mettere in forse tale situazione. Ma da un po' di tempo c'è una nuova è più insidiosa potenza a contendere la supremazia degli Usa. E' una nazione che pur non essendo una democrazia, come non lo era l'Urss, ha saputo astutamente adattarsi al nuovo ordine mondiale per sopravvivere, anzi per svilupparsi economicamente molto bene. Cosa che l'Urss non seppe mai fare. Si tratta della Cina. Gli Usa con questa nuova potenza mondiale non possono pensare di adottare la stessa strategia utilizzata con l'Unione Sovietica.

Cioè spingerla ad armarsi fino all'inverosimile, fino al punto di provocare il fallimento dell'economia civile, facendo emergere l'incapacità di sostenere le esigenze della popolazione. La Cina non si incaponisce nella corsa al riarmo, acquisisce la sua forza sullo stesso terreno degli Usa: l'economia di mercato.

Ecco che allora la nuova strategia americana, potrebbe essere quella di prosciugare i propri pozzi per fermare l'avanzata del nemico. E tutto ciò consiste nel contrarre fino al limite estremo l'economia occidentale, fino a rendere impossibile alla Cina prosperare con la sua politica mercantilista. Una nazione che fa dipendere il proprio benessere solo dalle esportazioni, è di fatto schiava dell'estero. Se non riesce più a collocare i suoi beni, le contraddizioni della sua economia esplodono: sovrapproduzione, crisi di credito, fallimenti, chiusure e mancanza di lavoro, contrasti sociali crescenti... fino al cambio politico che potrà essere guidato dall'unica super potenza rimasta.

"Oh oh, che succede?
Nulla di che, se non che l’indice anticipatore Pmi cinese di HSBC, riferito al settore manifatturiero, ci dice che il gigante asiatico è entrato in territorio di contrazione.
Ovvero, in parole povere, recessione. ... quel 49,6 è il livello più basso dal luglio 2013 e indica un calo protratto mese-su-mese come non si vedeva dal maggio dello scorso anno.
E non si tratta solo di un raffreddamento della domanda interna, anche i nuovi ordinativi per l’export sono crollati a un ritmo sempre in aumento, così come l’occupazione.
Detto fatto, appena uscita la notizia i futures sull’indice S&P’s a Wall Street sono calati di sei punti.

Dobbiamo preoccuparci? Beh, stare tranquilli sarebbe un po’ azzardato.
La Cina sta camminando su un filo ma senza la rete di protezione sotto, sta affrontando una contrazione del contante molto seria e il credito comincia ad avere costi molto alti, troppo.
Tanto è vero che acquirenti stranieri molto liquidi stanno comprando interi palazzi da costruttori alla canna del gas a prezzo di saldo.
D’altronde, il governo ha una missione: sgonfiare il sistema bancario ombra che ha intossicato le dinamiche del credito, un gigante passato dal 20% al 30% dell’intero mercato dei prestiti in meno di un anno - ma qualcuno parla del 50% e in parecchi gli danno ragione - ...

Il credito si sta esaurendo.
E lo dimostrano due dati.
Primo, nella città di Yancheng, alcune filiali della co-operative mutual fund societies degli agricoltori, di fatto non-banche che operano come tali, hanno chiuso le porte e bloccato l’operatività. Motivo?
Non hanno soldi, la gente cerca di prelevare dai propri depositi, ma non c’è denaro.
... ormai le banche cinesi siano così a corto di liquidità che sono disposte a pagare penali, qualcosa come 250 punti base, per trasformare i contratti repo da 7 in 14 giorni.
...
E ancora: «Il mercato azionario cinese non è un vero mercato. È completamente controllato dal governo, anche in base alla nuove riforme che sono allo studio. Il problema è che stanno tentando così tanto di contenere la speculazione che alla fine stanno causandone sempre di più.
...
Una cosa è certa: quando le autorità cinesi apriranno al capital account e renderanno convertibile il renmibi, ci sarà un diluvio di liquidità all’estero, con il forte rischio di un crollo disordinato - ad esempio - nei prezzi del mercato immobiliare ma non solo.
Per questo non lo faranno. Almeno non a breve.
...
Inoltre, gli ultimi dati disponibili parlano di creazione di massa monetaria M2 scesa al 13,6% in dicembre dal 14,2% di novembre, a causa della contrazione del credito imposta dalle autorità per cercare di sgonfiare la bolla del sistema bancario ombra.

E la creazione di moneta in Cina ha implicazioni a livello globale, visto che è pari al 200% del Pil, uno volta e mezzo il livello in termini assoluti degli Usa: e la deflazione sta già mettendo un piede in casa.
...
Questo impone ulteriore capacità in eccesso, quindi impulsi deflazionari in tutto il mondo.
Come confermato da Fitch, in Cina è in atto una crescita senza precedenti della ratio credito/Pil, come mai accaduto in grandi Paesi nei tempi moderni.

Certo, la natura stessa del sistema cinese ci dice che questa situazione non finirà in una crisi bancaria di stile occidentale, poiché in Cina il sistema finanziario è un braccio dello Stato.
Finirà in maniera diversa, ma potrebbe comunque trasformarsi in qualcosa di spiacevole per chi vedeva nel 2014 l’anno della grande ripresa globale, visto che già oggi il livello di credito cinese è pari a quello statunitense e giapponese insieme come controvalore in dollari."

(www.ilgrandebluff.info)

"in Cina il sistema finanziario è un braccio dello Stato". Questa è una frase importante: se fallisce il sistema finanziario si trascina dietro lo Stato. E forse non basterà stampare moneta come se non ci fosse un domani come hanno fatto Usa, Giappone ed altri. La mancanza di credito genera deflazione che uccide economia e Stato. Ma stampando moneta in volumi così ampi si rischia un'iper inflazione in stile argentino da cui è difficile uscire. Soprattutto se le esportazioni diventano molto difficili in un mondo la cui domanda è stata raffreddata artificiosamente.

Sarà fanta-geopolitica? Forse si. Qualcuno potrà rispondere che così l'occidente si comporterebbe come quel tale che si tagliò gli attributi per far dispetto alla moglie... Può anche essere, ma in realtà quegli 85 "semidei" che detengono le sorti economiche del mondo, in fondo non hanno da patire alcuna privazione. L'austerità e il crollo della domanda non li tange minimamente.

lunedì 27 gennaio 2014

Manca poco ormai, lo dice anche la Bundesbank



Manca poco siori e siore, accomodatevi lo spettacolo sta per iniziare... Si oramai è tutto un coro in giro per il mondo e quindi manca poco al prelievo forzoso sui conti correnti. Ma consoliamoci, sarà l'ultimo atto dell'era euro. Poco dopo ne usciremo perché si verificherà l'inutilità della mossa estrema. Esattamente come durante la crisi del 1992, quando il prelievo forzoso di Amato alla fine non servì a nulla. L'Italia uscì ugualmente dallo Sme e svalutò.

"La banca centrale tedesca non vuole più che a pagare per gli errori commessi da altri siano i propri cittadini.
Per questo motivo, citando la controversa ipotesi esposta dal Fondo Monetario Internazionale per un prelievo forzoso una tantum sui conti correnti dei più benestanti, scrive che per salvarsi, i Paesi che rischiano il fallimento delle loro casse statali dovrebbero chiedere uno sforzo ai più ricchi prima ancora che ai contribuenti.

A riferirlo è l'agenzia di stampa internazionale Reuters.

Bundesbank scrive che un prelievo forzoso non è niente di insolito, in quanto "risponde al principio di responsabilità nazionale, secondo la quale i contribuenti sono responsabili per gli impegni presi dal proprio governo". Il loro aiuto dovrebbe quindi venire richiesto prima di quello di tutti i contribuenti dell'area euro.

Allo stesso tempo l'istituto di Francoforte sottolinea la sua contrarietà all'implementazione di una eventuale patrimoniale in Germania, che sarebbe un brutto colpo per la crescita."

(www.wallstreetitalia.com)

Invece il prelievo sui c/c dei paesi periferici sarebbe una goduria per la crescita. Come no. Il copione dei prossimi mesi è già scritto. Rimane da vedere se Renzi darà l'avallo di una tale politica economica, al duo Letta/Saccomanni che non si porrà alcuna domanda e si renderà disponibili ad agire, come immagino.

E' possibile che Renzi, come in altre occasioni, dimostri un po' di buon senso ed impedisca al nostro governo di compiere lo stesso errore già fatto venti anni fa? Me lo auguro. Perlomeno Renzi si pone il problema di essere eletto e magari di vincerle le elezioni.

Se invece si lascerà fare agli eurocrati, avverrà quanto avvenne nel 1992, (vedi "Facciamo tesoro degli insegnamenti del passato"):

- Il fenomeno speculativo dell'estate 1992 coinvolse la lira italiana e la sterlina britannica;

- Il governo Amato compì la "rapina" sui c/c nella notte tra giovedì 9 e venerdì 10 luglio 1992, legittimandola ex-post con decreto d'urgenza l'11 luglio;

- Il governo italiano, retto da Amato, il 13 settembre decise di svalutare il cambio di riferimento della valuta nazionale complessivamente del 7%, in particolare la lira in sé fu svalutata del 3,5%, mentre le altre valute furono rivalutate del 3,5%.

Speriamo che almeno questa volta in Italia si attivi un dibattito pubblico serio, memori di quanto già avvenuto all'epoca. Ma ne dubito, ci sarà sempre qualcuno che affermerà che non ce n'è bisogno, perché questa volta è differente.

Pronti a fare acquisti nuovamente con la lira?

domenica 26 gennaio 2014

Se ne accorgono sempre dopo...


Mentre giunge la notizia delle improvvise dimissioni di un altro ministro del governo Letta, l'on. De Girolamo (saranno le ultime dimissioni?), appare incredibile l'articolo scritto da un altro ex ministro lettiano, cioè l'on. Fassina. Non che mi giunga nuovo il suo pensiero, era stato addirittura espresso in televisione in tandem con Brunetta. Uno parlava e l'altro gli faceva eco assentendo. Entrambi contro l'austerità tedesca, entrambi molto critici verso l'euro.

Ma quello che appare incredibile è che Fassina nei mesi che è stato a fianco di Letta, l'erede naturale di Monti e quindi l'esecutore delle esecrabili politiche di austerità e di compressione dell'economia, ha taciuto i suoi pensieri e si è messo a disposizione del governo "collaborazionista" pro euro. Oggi che è tornato "libero" torna a dire cose di buon senso:

"L’eurozona è sulla rotta del Titanic. L’iceberg è sempre più vicino. La rotta mercantilista della politica economica dettata dai conservatori teutonici e nordeuropei e “raccomandata” dalla Commissione di Bruxelles è insostenibile. I dati sono inequivocabili: austerità cieca e svalutazione del lavoro deprimono l’economia reale, distruggono PIL potenziale e gonfiano il debito pubblico. Nell’eurozona, la crisi è, per durata e profondità, peggiore di quella del Ventinove. Il debito pubblico medio della nostra area monetaria balza dal 65% del 2008 al 95% di oggi. La disoccupazione si impenna e continuerà a salire anche il prossimo anno. La piaga della povertà si allarga e l’impoverimento assedia le classi medie. L’inflazione sparisce e i rischi di deflazione diventano sempre più concreti. Le bilance dei pagamenti dei PIIGs migliorano, arrivano all’attivo, a causa di una brutale caduta delle importazioni conseguente al crollo della domanda interna e di export tenuto a galla da una competitività di costo. Le previsioni di ripresa sono sempre smentite dai dati effettivi. I famigerati spread sono tenuti a bada dagli “strappi” di Mario Draghi alla soffocante ortodossia imposta dalla Bundesbank. La sofferenza economica e sociale e la paura del futuro gonfiano i populismi regressivi spesso guidati dalle destre fascistoidi e reazionarie.

Gli europeisti devoti al mainstream, braccati, si ostinano a ignorare i dati di realtà. Insistono nel riproporre la ricetta del mercantilismo neoliberista: inseguimento disperato del pareggio di bilancio e delle mitiche riforme strutturali, formula retorica per indicare l’ulteriore precarizzazione del lavoro finalizzata alla definitiva marginalizzazione dei sindacati e alla riduzione delle retribuzioni. È di moda l’invocazione del taglio di una indefinita “spesa pubblica improduttiva” come via salvifica per la riduzione delle tasse e del costo del lavoro per recuperare competitività ed esportazioni. In Italia, anche larga parte della sinistra politica e sindacale è accecata dal paradigma dominante, sebbene non più egemone. Non si rendono conto che puntare su un consistente taglio della spesa vuol dire ridimensionare, fino allo snaturamento, il welfare europeo. Sopratutto, non si rendono conto, ancora ipnotizzati dal canto delle sirene neoliberiste, che sarebbe un sacrificio inutile, anzi dannoso, poiché un taglio della spesa accompagnato da una corrispondente riduzione di tasse ha documentatissimi effetti recessivi.

Si aggrava così, inutilmente, l’involuzione della civiltà del lavoro e della democrazia delle classi medie faticosamente costruita nel corso del Novecento e, in particolare, dopo la seconda guerra mondiale. La spesa pubblica italiana, al netto degli interessi sul debito, in termini pro capite, è tra le più basse dell’eurozona. Va liberata da inefficienze e sprechi, ma le risorse così recuperate dovrebbero integrare capitoli decimati dai tagli orizzontali, in particolare la scuola pubblica e le politiche sociali, incluso un reddito minimo di inserimento per attutire gli effetti del raddoppio della povertà.

Larga parte delle classi dirigenti del continente si comporta come se fosse alla guida di una piccola economia aperta, mentre agisce in realtà in una grande economia semichiusa. Nonostante le innegabili contraddizioni, la miopia politica, il corporativismo cieco degli interessi forti e la rigidità ideologica di larga parte delle tecnocrazie convergono a generalizzare all’eurozona la via mercantilista della Germania. È un mercantilismo drammaticamente sbilanciato verso la svalutazione del lavoro, date le debolezze istituzionali ed economiche dei paesi interessati. A differenza di quello tedesco, come confermato dall’accordo per le larghe intese appena varate a Berlino, non è giocato in un equilibrio (patto) tra capitale e lavoro, ossia in una relazione virtuosa tra investimenti innovativi e moderazione salariale. Al di là della brutale attuazione, la via mercantilistica alla correzione degli squilibri macroeconomici è una strada impossibile. Per una ragione semplice e intuitiva: il mercantilismo, per definizione, non è generalizzabile. Affinché qualcuno abbia un surplus commerciale qualcun altro, di almeno pari stazza, deve avere un deficit. Per la Germania, nel primo decennio dell’euro, ha funzionato in quanto le economie periferiche si indebitavano grazie al finanziamento facile delle banche tedesche e francesi. Invece, la speranza di esportazioni nette positive dall’eurozona verso il resto del mondo è illusoria, poiché: a) l’area euro è tra le aree economiche più rilevanti del pianeta; b) i BRICS non vogliono e comunque non possono rovesciare il loro sentiero di sviluppo in pochi mesi o pochi anni; c) gli Stati Uniti, per venti anni consumatore globale di ultima istanza, sono impegnati a ridurre il loro enorme debito estero. In sintesi, la rotta mercantilista seguita nell’eurozona porta a sbattere. Genera, inevitabilmente, recessione, disoccupazione, aumento del debito pubblico, aggravamento degli squilibri macroeconomici tra le aree della moneta unica. I risultati conseguiti sono inequivocabili. Le previsioni ufficiali, nonostante i passaggi ai dati sempre rivisti in peggio, pure. La spirale regressiva è tanto più soffocante quanto più intensamente sono applicati i memorandum della Troika. Attenzione: il problema non è dato “soltanto” dall’iniquità, dalla sofferenza sociale e dalle derive populiste e nazionaliste. Il problema è che i debiti pubblici continuano ad aumentare ovunque.

Il segno più evidente dell’insostenibilità della rotta mercantilista è che nel 2013 si è praticamente fermata anche la crescita tedesca (+0,5%) e la Finlandia ha segnato il secondo anno di recessione consecutiva (–0,6%), insieme a praticamente tutto il resto dell’eurozona (–0,4%). L’Olanda, maestrina di rigore per i “terroni” del continente, perde la trippa AAA per il suo debito sovrano. Le storie “di successo” della deflazione europea sarebbero rappresentate da paesi come l’Irlanda o la Spagna, che tagliando in maniera decisa salari e spesa pubblica hanno riequilibrato le loro bilance dei pagamenti grazie al crollo della domanda interna. Secondo questa lettura dei fatti, addirittura la Grecia darebbe i primi segnali di ripresa. Ma, anche in questo caso, mancano alcuni “dettagli”. In questi paesi, la distruzione dell’economia reale ha l’ordine di grandezza registrato nella seconda guerra mondiale. La disoccupazione sfiora il 27% e le stime del Fondo monetario internazionale (finalmente autocritico) indicano livelli simili su un orizzonte di cinque anni. Il debito pubblico continua ad aumentare. Di fronte a una tragedia sociale di queste proporzioni la Commissione europea sbandiera il successo della “sua” ricetta. È urgente una radicale inversione di rotta. Che vuol dire? Per ridurre gli squilibri macroeconomici e i debiti pubblici, va data priorità a politiche asimmetriche demand side, sia di domanda privata sia di domanda pubblica per investimenti innovativi. Affidarsi a politiche supply side di svalutazione del lavoro o tagli di tasse e welfare (in ossequio alla falsificata teoria classista dell’expansionary fiscal adjustment di Francesco Giavazzi e Alberto Alesina) incancrenisce la recessione, trasformandola in depressione.

Nell’eurozona va archiviata la via mercantilista e va allargata la prospettiva dello sviluppo sostenibile. È invocata dalle forze politiche e sociali progressiste europee, dai liberali consapevoli (i principali columnists del “Financial Times” lo fanno da ormai tre anni), oltre che da una valanga di economisti mainstream ed eterodossi (si leggano le fi rme al “A Manifesto for Economic Sense” del 2012 e il recente “The Economists’ Warning”, promosso da Emiliano Brancaccio e Riccardo Realfonzo, firmato da centinaia di economisti delle principali università del mondo). Ma viene bollata, in omaggio strumentale o conformistico al «retoricume neoliberista» (definizione di Federico Caffè), come «socialdemocratica, massimalista, di sinistra, indietro di trent’anni».

Per salvare l’euro e la civiltà del lavoro, ossia la democrazia delle classi medie, le priorità sono le seguenti. Innanzitutto, nel breve periodo, è necessaria una politica monetaria ancora più aggressiva: l’inflazione nell’area euro allo 0,8% (ottobre 2013) è un dramma per la riduzione dei debiti pubblici. Siamo oltre un punto al di sotto del target del 2%. Target che, come suggerisce Olivier Blanchard, capo economista del Fondo monetario internazionale, andrebbe rivisto al rialzo per rimettere in funzione i meccanismi di trasmissione. In particolare, i paesi del Nord dovrebbero attivare una reflazione significativa: far crescere le retribuzioni almeno in linea con la produttività (positiva a tal fine la “vittoria” della SPD sul salario orario minimo a 8,50 euro) e innalzare la loro domanda interna per contribuire al recupero di competitività dei paesi della periferia europea e costruire mercati di sbocco. I surplus eccessivi di bilancia dei pagamenti sono in contraddizione esiziale con la moneta unica. La recente analisi del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti è ineccepibile. È scritto nel Six-Pack. Anche la Commissione europea ha dovuto richiamare Berlino. In sintesi, è nell’interesse nazionale tedesco allentare il suo feroce mercantilismo. Lo status quo è ottimale per i tedeschi: la moneta unica blocca le svalutazioni competitive storicamente praticate dai PIIGs; i rischi sovrani alimentati dalla recessione spostano in Germania valanghe di capitali e consentono credito a tassi reali negativi per le aziende tedesche; la deflazione impone alla BCE politiche monetarie espansive che raffreddano l’euro a un livello irraggiungibile per il marco e aiutano le esportazioni tedesche extra UE. Per conservare lo status quo, la Germania della Merkel ha lasciato a Mario Draghi, nonostante gli ululati della Bundesbank, lo spazio di manovra monetaria necessario a tenere a galla i PIIGs. Con l’acqua alla gola, ma in condizione di respirare. Mentre i capitali a buon mercato disponibili a Berlino fanno shopping delle aziende di qualità in Italia e Spagna. Lo status quo è il migliore dei mondi possibili per la Germania. Ma è insostenibile. L’alternativa è tra una radicale correzione di rotta e il collasso politico dell’euro e, quasi inevitabilmente, dell’Unione europea. La correzione di rotta appare un’ingenua speranza: l’opinione pubblica e una parte rilevante della classe dirigente tedesca non vedono o non vogliono vedere la dimensione sistemica dei problemi dei PIIGs e degli altri paesi via via “contaminati” (Francia e Olanda).

In tale contesto, la politica di bilancio, controllata ex ante da Commissione ed Ecofin grazie al Two- Pack, deve cambiare segno: rilassarsi nella periferia e diventare decisamente espansiva nei paesi del centro, che hanno spazi significativi a disposizione. A tal fine, è urgente introdurre una golden rule nei bilanci nazionali per consentire di finanziare investimenti produttivi validati dalla Commissione europea. Inoltre, vanno avviati investimenti europei, definiti in una strategia green di politica industriale, finanziati mediante euro-project bonds e imposta europea sulle transazioni finanziare speculative. Insieme, va definito un piano per la redistribuzione del tempo di lavoro, unica strada per riassorbire la drammatica disoccupazione, soprattutto giovanile, e per migliorare la qualità della vita delle persone e delle famiglie.

La priorità è estendere la portata e completare rapidamente l’unione bancaria (ostacolata dalla Germania del precedente governo Merkel). È condizione necessaria per riportare le banche a erogare credito alle piccole e medie imprese. Un canale di finanziamento alla produzione rilevante ovunque nell’eurozona, ma decisivo in Italia. Va ripreso il coordinamento delle politiche di tassazione e rafforzata l’offensiva contro i paradisi fiscali intra ed extra UE. Va introdotto un meccanismo condiviso di ristrutturazione dei debiti sovrani insostenibili (ad esempio, quello greco) come elaborato dall’Institute for New Economic Thinking. Infine, vanno introdotti standard sociali e ambientali per l’accesso di merci e servizi nello spazio comune dell’Unione, una regolazione anti-speculativa dei movimenti dei capitali e una profonda revisione della autolesionistica politica antitrust della Commissione, fonte di indebolimento delle imprese europee a vantaggio dei colossi radicati fuori dall’Unione.

Per il medio periodo, sono necessari aggiustamenti istituzionali di grande portata: l’unione bancaria dovrebbe essere solo un primo passo verso l’unico assetto unitario in grado di sopportare shock asimmetrici di portata rilevante, ovvero la forma federale. Con una BCE prestatore di ultima istanza che affianchi un’Unione dotata di un bilancio “vero” (destinato a finanziare gli squilibri strutturali esistenti, come necessariamente avviene in qualsiasi paese eterogeneo), in cui è il Parlamento a dettare la linea e a rappresentare democraticamente gli interessi dei cittadini europei, che oggi mostrano – più che giustificatamente – una profonda disaffezione per il progetto europeo, senza avere la possibilità di esprimere in maniera forte il loro dissenso e di affermare la loro idea di Europa unita. Invocare una radicale correzione di rotta nell’eurozona non vuol dire evitare di affrontare i nostri deficit di riforme, necessarie ma costose in termini di consenso. La lista è nota: ricostruzione di partiti capaci di autonomia culturale e di formazione e selezione di classe dirigente adeguata; riforma delle istituzioni e della legge elettorale; affermazione del primato della legalità in ogni territorio del paese; e poi giustizia, pubbliche amministrazioni, fisco, regolazione dei mercati. L’obiettivo delle riforme dovrebbe essere, in Italia e nell’Unione europea, la redistribuzione del reddito, sia sul terreno primario che secondario, oltre che per ragioni di equità, per rianimare i consumi interni. Le riforme, da noi, sono urgenti. Vanno realizzate con determinazione e autonomia culturale. Il punto è che, benché necessarie, non sono sufficienti a imprimere una svolta progressiva. Anzi, nello scenario di recessione e stagnazione, in presenza di larghe fasce di classi medie in impoverimento, in un clima di paura del futuro, le riforme necessarie sono drammaticamente più difficili.

I tempi per una radicale correzione di rotta del “Titanic Europa” (titolo di un interessante libro di Vladimiro Giacché) sono strettissimi. L’ultima occasione utile è la presidenza italiana dell’Unione europea, nel secondo semestre del 2014, dopo l’ondata populista che travolgerà il Parlamento di Strasburgo eletto nella prossima primavera. La presidenza italiana deve provare a mettere ciascun governo e classe dirigente nazionale di fronte alla realtà e prospettare l’alternativa, non come patetico ricatto, ma come inevitabile conseguenza della deprimente continuità politica dei vertici di Bruxelles, coperta da scelte positive ma marginali (come la Youth Guarantee o il potenziamento del programma Erasmus). L’alternativa alla svolta nella rotta di politica economica è, per noi, la rinegoziazione, fino ad arrivare alla revisione unilaterale, degli impegni sottoscritti. È, infatti, impossibile, irrealistico, raggiungere gli obiettivi di riduzione, finanche di stabilizzazione, del debito pubblico in un quadro di stagnazione di medio-lungo periodo. La agognata crescita sufficiente a rianimare l’occupazione è irraggiungibile lungo la rotta mercantilista. La retorica professione di ottimismo sulla ripresa in arrivo e sull’apparizione della luce in fondo al tunnel si infrange sugli scogli di una economia sempre boccheggiante, in perdita di base produttiva e in continua emorragia di lavoro. Una ripresa in grado di riassorbire disoccupazione non è in vista. È frutto di subalternità culturale e inconsapevolezza l’insistente richiesta al governo Letta, da parte degli interessi economici e sociali organizzati, di uno shock positivo per la nostra economia. La rotta mercantilista dell’eurozona inibisce a qualunque governo nazionale la realizzazione di politiche in grado di determinare la agognata ripresa. È un dato di realtà, non una valutazione politica. Insistere, in ossequio al dominante e suicida europeismo conservatore, nel perseguire obiettivi dettati da una ideologia malata vorrebbe dire comunque fallire. Meno peggio, nell’irreversibilità del quadro dato, tentare di governare da sinistra la regressione politica ed economica che rassegnarsi a una regressione caotica a nutrimento dei populismi antidemocratici."

Naturalmente Fassina non è per il ritorno delle monete nazionali, ma per "il più Europa". Però quella che discenderebbe dalle sole riforme europee che consentirebbero al continente di sopravvivere: una vera unione politica oltre che economica.

Ora mi rimangono due dubbi amletici:
Ma Fassina queste cose le avrà dette a Letta fra un consiglio dei ministri e l'altro? e secondo dubbio: ma Fassina è così ingenuo da credere che Letta nel semestre europeo a guida italiana guiderà la riscossa dei Piigs?

sabato 25 gennaio 2014

A pensar male...


A pensar male ci si azzecca quasi sempre. Forse è troppo facile fare previsioni di disastri imminenti quando le borse mondiali crollano oltre il 2%. Ma è probabile che il 2014 diventi l'anno non solo della consapevolezza, ma anche della verità. Prima o poi gli indici azionari dovranno riflettere la vera situazione dell'economia reale mondiale. Se le fabbriche chiudono e i disoccupati aumentano, la rincorsa degli indici azionari non ha senso logico.

Finora il mercato azionario è stato condotto dal gioco win-win della Fed e di altre banche centrali come quella giapponese che hanno stampato banconote virtuali a go-go. Ma ora gli operatori stanno ritracciando presi dal dubbio e dalla paura che il gioco non possa durare ancora a lungo. Infatti si susseguono le voci di un rinforzo del tapering, cioè del graduale abbandono dei quantitative easing americani, che riversando grandi quantità di dollari nelle banche hanno permesso di investire in ambiti rischiosi.

Si spiega così il graduale ritiro non solo dall'azionario, ma anche dagli investimenti nei paesi emergenti. Il pesos argentino ha perso il 15% in poco tempo. Questo è un segnale inquietante e potrebbe diventare la palla di neve che si trasformerà in valanga.

"Si appesantisce il ribasso delle Borse europee nel finale di seduta. Il saldo finale è da dimenticare per l'indice Ftse Mib di Piazza Affari che perde il 2,3%. Pesante anche Madrid (-3,64%), Parigi (-2,73%) e Francoforte (-2,46%). Prosegue in anche la Borsa americana (Segui l'andamento degli indici a Wall
Street). Gli investitori hanno una serie di fattori di incertezza legati alla nuova ondata di vendite sugli asset emergenti e il tonfo del Peso argentino (che pesa in particolare sulla Borsa di Madrid data l'esposizione sul Paese sudamericano) e di altre valute emergenti come la lira turca. 

Un'ondata di vendite strettamente connesso alle attese sulle mosse della Federal Reserve che la prossima settimana potrebbe decidere un'ulteriore riduzione degli stimoli monetari.
Un clima di incertezza generale che ha favorito gli asset rifugio come lo yen o il dollaro in rialzo sulla moneta unica (segui il cambio euro dollaro in tempo reale) o i Bund tedeschi. I tassi sui titoli tedeschi sono calati su tutte le scadenze. Su quella decennale il rendimento è sceso ai minimi di metà novembre. Un movimento che, combinato con il rialzo dei tassi sui titoli italiani, ha riportato il differenziale con i BTo a 225 punti.

L'impennata dello spread si è riflessa sull'andamento dei titoli bancari deboli sulla piazza di Milano (quì l'indice settoriale Ftse Italia Banche). Il settore del credito, insieme a quello dell'auto, è particolarmente penalizzato anche nel resto d'Europa (segui l'andamento degli indici settoriali europei Stoxx 600)."
(www.ilsole24ore.com)

Lo spread si impenna, per ora ancora in modo contenuto, ma:

"Pensierino Prima di Andare a Dormire….. E se domani lo Spread andasse a 300? (per incominciare)"
Si chiedeva Fannyking l'altro ieri. La cosa non è impossibile.

"Se il mercato torna avverso al rischio, l’Italia è dalla parte giusta?

Risposta: Anche no!

E infatti lo Tsunami finanziario che sta distruggendo Venezuela e Argentina comincia a contagiare anche i paesi periferici d’Europa e forse…… qualche piccolo vantaggio in questi giorni l’Euro ce lo sta dando.

Ad ogni modo lo Spread con i Tedeschi sta tornando a salire (circa 30bps in 2 giorni), per ora nulla di preoccupante ma la giornata è lunga."

(www.rischiocalcolato.it)
I problemi si stanno accumulando, sovrapponendo e concatenando. E noi facciamo dibattiti continui su premi di maggioranza e soglie di sbarramento. Mentre fra poco saremmo sommersi da una tale valanga di mer*a da non saper dove appigliarsi...

Persino in luoghi ritenuti immuni, o comunque più forti dell'eurozona, ci sono grossi guai in vista:

"Il mercato cinese sempre più in crisi di liquidità.
...
il fondo Credit Equals Gold 1 Trust – su cui è focalizzata la maggior parte dell’attenzione del sistema bancario ombra cinese - ha già annunciato che non sarà in grado di rispettare una scadenza di pagamento per gli investitori da 496 milioni di dollari
...
Il fatto che la PBoC abbia iniettato quasi 400 miliardi di yuan nel mercato è servito a poco; continua infatti la carrelata di notizie allarmanti, che giungono da alcune cooperative finanziarie di agricoltori, di fatto banche, che da giorni non sarebbero più in grado di restituire ai titolari i loro risparmi. Si parla di diversi correntisti che non sono riusciti, nelle ultime settimane, a prelevare soldi, con le porte degli istituti di credito addirittura sbarrate. "

(www.wallstreetitalia.com)

Corsa agli sportelli in Cina come a Cipro, e forse come in Argentina prossimamente. Poi toccherà a noi, ai Piigs europei. Che farà Draghi, farà effettivamente tutto quanto necessario per tenere in piedi l'euro?

I tedeschi saranno messi all'angolo e si eviterà il disastro stampando euro per acquistare i titoli di Stato dei paesi periferici, o non cederanno fino alla dissoluzione dell'euro? Nel secondo caso avrebbero molto più da perdere, ma non è detto che se ne rendano conto. Vedremo, ma sono convinto che questo sarà l'anno in cui si decideranno le sorti della moneta unica, o il tipo di politica economico-monetaria dell'Europa. Le possibilità sono solo due: o salta l'euro, o cedono i tedeschi e si avvia l'acquisto di titoli di Stato da parte della Bce (oppure la nascita degli eurobond).

In ogni caso la situazione delle economie mondiali si fa seria. La ripresa Usa è più finta che reale. Quella europea è del tutto immaginaria, presente solo nelle statistiche dei vari enti e ministeri economici. Il Giappone a dato fondo ad una massiccia stampa di yen, ottenendo in effetti risultati contrastanti. La Cina, come una stella che brucia troppo in fretta il suo combustibile, si sta esaurendo e rischia la fine di una supernova.

I paesi emergenti hanno attirato capitali inventati dalle banche centrali, ma ora sembrano diventai all'improvviso investimenti troppo rischiosi. Dove verrà gonfiata la prossima bolla finanziaria? 
In tutta questa baraonda, i tedeschi vivono in un mondo a parte, convinti che la soluzione sia esportare sempre di più. Verso dove? Ci sono continenti ancora da scoprire? 

Probabilmente la prossima settimana ci sarà un rimbalzo degli indici azionari, una riduzione degli spread. Ma penso che ormai il circuito della fiducia, sia compromesso. La paura del patatrak imminente si diffonde, e a forza di evocarlo, prima o poi si avvera.


venerdì 24 gennaio 2014

Cimit€uro


L'Italia in questi anni non ha fatto le riforme. Berlusconi non ha fatto le riforme. Dovevamo fare le riforme approfittando dei bassi tassi d'interesse. Abbiamo sciupato tempo prezioso perdendolo in cose inutili invece di fare le riforme.

Frasi sentite mille volte. Ma mai che nessuno elenchi queste riforme. Quali riforme? Ma poi saranno riforme o contro-riforme?

Finalmente su RischioCalcolato.it si elencano queste benedette riforme mancate dall'Italia e tanto volute dall'Europa (e dalla Germania).

"Si sente tanto parlare del fatto che non abbiamo fatto le riforme strutturali, da Agorà di Rai 3 a Omnibus di La7, da Report sempre di La7 agli approfondimenti vari delle reti Mediaset. Dovunque si sente dire che nel ventennio Berlusconiano si è affrontato solamente il tema del ruolo della donna nelle serate di Arcore (non nella società) tralasciando le riforme che avrebbero lanciato il paese nel nuovo millennio. E vediamo queste miracolose riforme strutturali?

Queste:

- market competition and regulation;

- tax reform

- unemployement benefit reform

- Other labour market reform

- Human capital investment

- R&D investment

Ecco, siccome fa tanto “figo”, le abbiamo lasciate in inglese ma ora cerchiamo di esaminarle un pò!

COMPETITIVITA’ E REGOLAMENTAZIONE DEI MERCATI

Distinguiamo tra le riforme del settore dei servizi e riforme della produzione. Secondo l’europa il mark-up dei servizi è più grande che nel settore manifatturiero.

Questo risultato si spiega con il fatto che il settore manifatturiero è soggetto alla forte concorrenza internazionale che ne limita la capacità di ottenere elevate rendite economiche. Le stime del mark -up indicano che vi è spazio per ridurre i margini di profitto nel settore dei servizi.

Quindi Shock negativi nel mark -up dei servizi e poi….

Ridurre le barriere all’entrata per le start-up nel manifatturiero.

Abbassando i requisiti di profitto per coprire i costi iniziali, riducendo le barriere all’ingresso, aumenta l’ingresso di nuove imprese nel settore manifatturiero e la ricerca di nuove idee di business.

Una riduzione delle barriere all’entrata abbassa i costi fissi per le imprese e si traduce in una più ampia varietà di beni prodotti nel paese in questione (innovazione di prodotto)."

Commento: nei servizi la riduzione dei profitti avviene da anni. Con l'abolizione delle tariffe minime professionali, si è fotografato un andamento già in corso da anni. Ed in effetti il mondo professionale è in forte affanno, in quanto il lavoro diviene sempre più complesso e sempre meno remunerato. Un Ingegnere trent'anni fa lavorava un decimo di quanto si fa attualmente, e guadagnava molto di più.

La riduzione dei costi nel mondo imprenditoriale sarebbe in ogni caso necessario, per migliorare la redditività del lavoro. Non solo i costi iniziali per far partire un'impresa. Ma qui il carico maggiore ce lo metto lo Stato con una legislazione bizantina ed eccessiva che richiede adempimenti vari, confusi e sempre costosi. 

Qui si può dire che l'Italia non ha adempiuto sufficientemente a questo requisito. Le norme sulle start-up e la liberalizzazione tariffaria sono una goccia nel mare. Le facilitazioni per iniziare un'attività, ma anche a mantenerla dovrebbero riguardare qualsiasi impresa. Sotto questo aspetto era molto più funzionale la riformina Prodi che prevedeva il regime forfettario per chi cominciava un'attività, o per chi decideva di rimanere entro certi parametri. Riformina semi cancellata da Monti per fare cassa sui cadaveri delle imprese.

Fra le varie riforme che ci chiedeva l'Europa forse questa era l'unica che sarebbe stata sufficiente a rilanciare la crescita. Ma dato che liberalizzare e sburocratizzare è un costo per lo Stato (significa anche cancellare un mare di gabelle e gabelline che tengono in piedi il bilancio) non è stato fatto nulla o quasi.

"RIFORMA DELLE TASSE

Spostare l’onere fiscale dal reddito di lavoro al consumo. Migliora la competitività e mima gli effetti di una svalutazione della moneta sulle ragioni di scambio (svalutazione fiscale) ."

(www.rischiocalcolato.it)

Qui fallimento completo dei governi italiani. Il taglio del cuneo fiscale di Letta è semplicemente ridicolo. Ma rimango comunque dubbioso sull'effettivo funzionamento di tale riforma. Se aumentano gli stipendi, ma in contemporanea anche bollette ed iva sui beni e servizi, che vantaggi ci sono effettivamente per l'economia? Probabilmente le persone guadagnando di più preferiranno risparmiare piuttosto che spendere in beni eccessivamente costosi (e già iper tassati). Non credo che tale provvedimento possa portare una crescita effettiva.

"RIFORMA DEI BENEFIT DA DISOCCUPAZIONE

Una riduzione nel tasso di benefit da replacement genera la caduta dei salari. La riduzione del beneficio agisce quindi come uno shock negativo per i salari. Il saldo pubblico migliora in conseguenza diretta della riduzione delle prestazioni e inoltre, a causa di effetti indiretti sull’economia che migliora, genererà più PIL, più consumi e quindi più occupazione."

(www.rischiocalcolato.it)

Una strana mitologia che perdura da decenni: pago meno i miei lavoratori, i prodotti costano meno e vendo di più. Sicuramente non ai lavoratori subordinati sottopagati, ma probabilmente a quelli ricchi e spendaccioni di altre nazioni. E' la filosofia mercantilista delle ultime riforme in Germani, che infatti è costretta ad esportare più di quanto importa perché il mercato interno non riuscirebbe ad assorbire la produzione.

Comunque, vista la disoccupazione galoppante, direi che questa strategia in Italia è stata ben applicata. Ma direi anche che non funziona, anzi genera sempre nuova recessione, altro che benefit...

"OTHER LABOUR MARKET REFORMS

L’aumento dei tassi di partecipazione per le donne, i lavoratori di sesso maschile scarsamente qualificati e 60-64 anni aumentano la forza lavoro ed è importante fare riforme in tal senso perché generano miglioramenti in termini di PIL. Bla bla bla bla…!

INVESTIMENTO IN CAPITALE UMANO

Investimenti in capitale umano sono intesi come modifiche nella qualità dell’istruzione e dei loro effetti sulla qualità della forza lavoro. L’aumento del livello medio di abilità nell’economia (riducendo la percentuale di persone poco qualificate) è il cambiamento graduale necessario da conseguire. Il costo della riforma è un aumento nella spesa per l’istruzione.

Per quanto riguarda l’impatto di tale misura, i risultati del modello parlano di un aumento della quota di addetti “mediumskilled” che avrebbe effetti salariali positivi sui lavoratori scarsamente qualificati.

Servono quindi politiche mirate specificamente ad aumentare la quota di lavoratori altamente qualificati (impegnato in attività di R&S).

Nel corso del tempo, serve un aumento dell’occupazione nel settore della R&S e ciò avverrà mano a mano che avremo la diminuzione del salario dei lavoratori altamente qualificati. Questo riduce il prezzo di brevetti e stimola l’ingresso di nuove imprese ad alta intensità di R&S. Nel medio e lungo termine cresce la qualità del capitale umano."

(www.rischiocalcolato.it)

Ormai anche per fare lo spazzino è richiesta la laurea. Eppure quello dell'istruzione non è un costo da poco, che le famiglie italiane stentano sempre più a sostenere. Sicuramente qui l'Italia ha fallito completamente. L'istruzione universitaria sta diventando sempre più elitaria, bloccata dalle iscrizioni a numero chiuso, impossibilitata ad alcuni a causa del progressivo impoverimento della ex classe media, penalizzata dallo Stato che continua a tagliare. Malgrado in tv di recente Letta abbia affermato di aver investito nell'istruzione, la realtà è che gli atenei sono spesso in bolletta e non ce la fanno a garantire idonee strutture ed insegnamenti. E gli studenti non riescono a sostenere il costo degli studi, oltre ad essere sovente demotivati dalla mancanza di sbocchi lavorativi.

"INVESTMENTI IN R&S

Le imprese si impegnano (R&S) in investimenti immateriali e la Politica può e deve influenzare gli investimenti in R & S. Ad esempio, crediti d’imposta per le attività di R&S potrebbero consentire l’aumento dei brevetti in circolazione. Sul versante del lavoro, questo è accompagnato da una riallocazione dei lavoratori altamente qualificati dalla produzione alle attività di ricerca e aumenta così la domanda di lavoratori altamente qualificati. La dimensione degli effetti dipenderà quindi dall’elasticità dell’offerta di lavoro altamente qualificata.

A causa della riallocazione dei lavoratori altamente qualificati, gli effetti sul PIL sono piccoli nel breve termine e gli effetti positivi si materializzeranno solo nel lungo periodo, una volta che le attività di R & S sono state trasformate con successo in prodotti commerciabili.

Per i paesi con limitate manodopera altamente qualificata e di portata limitata per la sostituzione altamente qualificata per i lavoratori mediamente qualificati in produzione, l’effetto di spiazzamento di sovvenzioni per la R & S sarà maggiore."

(www.rischiocalcolato.it)

Tante belle parole, ma nulla di fatto. Anche questa riforma, in qualsiasi sistema economico, sarebbe fondamentale per crescere, ma investire in ricerca e sviluppo costa. Le nostre imprese sono spesso troppo piccole, sono quasi sempre stritolate dalla crisi e lo Stato che forse potrebbe ancora fare qualcosa, non ha alcuna sensibilità in questo campo. Preferisce investire in opere inutili dove riversare grandi quantità di acciaio e cemento, legati assieme da una congrua percentuale di tangenti. L'Italia non ha praticato questa riforma sotto qualsiasi bandiera politica. Sia sinistra che destra non comprendono i vantaggi degli investimenti in ricerca, comprendono meglio gli investimenti contingenti in clientelismo vario.

"EFFETTI MACROECONOMICI

Secondo i nostri indicatori , in Italia c’è un notevole margine per ridurre i costi di ingresso per le nuove imprese, spostando il carico fiscale dal lavoro verso le imposte meno distorsive e aumentando il tasso di partecipazione della popolazione inattiva.

In tutti i paesi , le riforme strutturali portano a una maggiore crescita e questo aumenta il gettito fiscale e porta ad un miglioramento delle finanze pubbliche . L’impatto varia notevolmente da un paese all’altro. In Germania e in Italia , vi è un iniziale deterioramento dei saldi di governo come i costi delle riforme superano i benefici di maggiori entrate fiscali a breve termine.

Ad esempio, l’aumento dei tassi di partecipazione femminile e il miglioramento delle strutture di competenza si presume siano accompagnate da un aumento della spesa per strutture per l’infanzia e l’istruzione.

In ogni caso , dopo dieci anni di governo saldi migliorano in tutti i paesi , e in modo significativo in alcuni ( circa il 6 % del PIL in Grecia e Francia ). Il grande miglioramento previsto per la Francia è in gran parte il risultato dell’aumento dell’età pensionabile. Per quanto riguarda l’Italia, coprire la metà della distanza che la separa dai best performers varrà un aumento del PIL del 4,8% in 10 anni.

Questi scenari possono sovrastimare i benefici a breve termine per i saldi pubblici ma i miglioramenti dei saldi di bilancio di lungo termine indicano che le riforme strutturali potrebbero svolgere un importante ruolo per la riduzione dell’indebitamento pubblico ."

Le riforme strutturali portano crescita, dicono. Ma proprio la dove queste sono state applicate si ha la maggior smentita di questo assunto: la Germania malgrado il boom di esportazioni cresce pochissimo. Ha un numero molto elevato di lavoratori sottopagati, e forse è proprio per questo motivo che il mercato interno è stagnate. La mitologia secondo cui riducendo gli stipendi si ha crescita è appunto solo un mito. 

La Germania è proprio costretta ad esportare molto per stare in piedi e non collassare. E comunque rimane ben lontana da una crescita del 6%. Per non parlare della Francia di Hollande che sta stramazzando sotto un livello di tassazione insostenibile. Esattamente come l'Italia.

"Ma dove sta scritto che il problema è sempre e solo di prezzi troppo alti? E se invece fosse di redditi da lavoro (dipendente o autonomo che sia) bassi per tutti quelli che (una volta) costituivano la classe media? E che non si posson alzare per cosciente scelta politica, non per impossibilità tecnica.
...
Sarà, ma “a naso” sembra che queste riforme siano “leggermente” a favore di chi vive di rendita finanziaria ed export, e a sfavore di tutte le altre categorie di cittadini. Abbiamo come l’impressione che questo sia e rimanga un “bel libro dei sogni” che continuamente, come un mantra, la vendutissima classe politica dei partiti euristi

ripete (all’infinito) per giustificare l’eurofollia, il cimit€uro a cui, per evidenti interessi personali, sta condannando la popolazione di cui non ha né stima né riguardo. Come il biblico Giuda preferisce vendere per 30 o 40 denari i cittadini che la storia gli aveva affidato! Continuate, continuate pure a sognare, un giorno vi sveglierete accorgendovi che Cimit€uro sta chiamando anche voi."


giovedì 23 gennaio 2014

Va tutto bene ma non ne siamo così sicuri


E' la sintesi delle dichiarazioni di Draghi, che continua a rassicurare/minacciare i mercati finanziari, dicendo che:

"Se la situazione dovesse richiederlo, qualsiasi strumento potrebbe essere utilizzato, inclusi i tassi negativi sui depositi". Lo ha sottolineato il presidente della Bce Mario Draghi in un'intervista al quotidiano svizzero Neue Zurcher Zeitung, in cui sottolinea la disponibilita' di risorse per l'Eurotower "il cui uso dipende dallo scenario: ad esempio se i mercati del denaro dovessero fermarsi reagiremmo in maniera completamente diversa che se ci fosse un rallentamento della situazione economica".
(www.wallstreetitalia.com)

Ma comunque tranquilli, va tutto bene e si vede già un lumino in fondo al tunnel. Forse non è la galleria del Tav, ma una catacomba:

"Nell'area euro si vedono "dei primi segnali incoraggianti" dall'economia, ma il presidente della Bce mette in guardia dallo sbilanciarsi su "previsioni eccessivamente ottimistiche".
La ripresa "è ancora debole e il rischio di battute d'arresto è ancora elevato"."

(www.wallstreetitalia.com)

E comunque ripetiamo, si farà qualsiasi cosa, se la situazione dovesse richiederlo. Compreso l'esproprio dei nostri soldi. Così non deve pagare il "povero" contribuente (tedesco):
"Le "banche deboli europee dovrebbero uscire dal mercato", ha detto il banchiere, affermando che questo è uno degli obiettivi dell'esame sul settore avviato nel 2014 e che il denaro dei contribuenti sarà usato solo ''come ultima risorsa'' nei salvataggi."
(www.wallstreetitalia.com)

Va tutto bene. Lo spread ricomincia a crescere piano piano, le borse cominciano a ritracciare gl'indici. del resto a forza di dire che siamo in bolla, a forza di avvertimenti, prima o poi gli investimenti in borsa cominciano a defluire.

"Wall Street che ha reagito male ai dati (migliori delle attese) sulla disoccupazione che spingono gli investitori verso uno scenario di ulteriore tapering (si ipotizza che la prossima settimana, in occasione dell'incontro della Fed, potrebbe essere annunciato un nuovo taglio agli stimoli dopo quello da 10 miliardi annunciato poco prima di Natale). Sulle Borse pesa anche il deludente dato del Pmi manifatturiero della Cina, sceso inaspettatamente sotto i 50 punti."

In queste frasi del Sole24ore ci sono descritte due situazioni critiche interessanti e concomitanti. Da un lato negli Usa si sta esaurendo la fiducia nel mercato azionario, e si sta constatando in contemporanea il fallimento dei quantitative easing della Fed che non hanno incrementato l'economia, la crescita e l'occupazione come si pensava.

Dall'altro lato del pacifico c'è la riprova di tutto ciò: la Cina è in iper produzione e non riesce più a collocare i suoi prodotti in un mercato decente. Non lo è quello Usa malgrado i Qe di questi anni, a maggior ragione non lo è più l'Europa a causa delle politiche di austerità. La conseguenze di questa situazione, è che piano pianino anche la Germania, l'unica economia che ora sembra vigorosa, entrerà in recessione per il calo del mercato in Asia.

"Se guardiamo al saldo positivo della bilancia commerciale tedesca, si vede che fino al 2010 esso è stato fatto per lo più sull'area dell'euro; poi, avendo esaurito e, di fatto, distrutto il mercato interno dell'eurozona, la Germania, a partire dal 2011-2012, ha ripreso massicciamente ad esportare al di fuori dell’eurozona. Paesi come l'Italia, la Spagna o il Portogallo non hanno più soldi per comprare i prodotti tedeschi."
(vocidallestero.blogspot.it)

Come spiega l'economista francese Sapir, la Germania ha dovuto abbandonare i mercati europei avendo "segato il ramo su cui era seduta" con l'austerità imposta. Ha quindi cercato nuovi mercati in oriente. Ma prima o poi si esauriranno anche questi, in quanto i consumatori europei ed americani non spingono abbastanza le esportazioni orientali e quindi i redditi degli orientali. E' una catena di commerci, di import ed export, che quando viene recisa in un punto, precipita. Bisognerà monitorare i prossimi dati dell'economia tedesca per osservare la velocità di questa dinamica, per ora molto lenta.

Comunque tranquilli. Per Draghi (e Letta) va tutto per il meglio...

mercoledì 22 gennaio 2014

Bolla sempre più tesa


Avverto vibrazioni negative, sull'andamento dell'economia mondiale. Probabilmente sono solo lievi febbri paranoidi, ma quando si comincia a leggere anche sui giornali mainstream che la bolla finanziaria è pronta ad esplodere, che si vedono le prime lacerazioni, che si sentono pericolosi stridori, forse qualcosa di grosso e pericolo si sta approssimando. Potrebbe essere uno tsunami di mer*a come non si è mai visto prima.

Una caduta dei mercati finanziari che travolgerà anche le immaginarie riprese e le immaginarie luci in fondo al tunnel, con caos sociale e politico un po' ovunque nel mondo. Sicuramente le ricadute qui in Italia non sarebbero delle migliori.

"Acquisti scatenati sul settore tecnologico, investimenti a un nuovo record: pericolo bolla. I mercati, come al solito, non hanno imparato nulla dal passato.
Per comprendere le condizioni in cui versa il comparto hi-tech, scrive un editoriale di Business Insider che riporta alcuni nuovi dati, è vedere se alcuni parametri finanziari del settore – in particolare il volume d’affari – abbiano superato quelli registrati nel 1999 alla vigilia dello scoppio della bolla "Dot-Com".

Una cosa è certa: come allora, il Nasdaq ha testato ancora quota 4.000. L'ultima volta che lo aveva fatto, era proprio il 1999.

Altro campanello d'allarme: il valore complessivo delle IPO tecnologiche ha toccato nuovi massimi nel 2012, di importo superiore rispetto agli eccessi della bolla 1999-2000, circa 18 miliardi di dollari.
...
le aziende di Internet hanno ottenuto più di 7 miliardi di dollari in nuovi finanziamenti nel 2013.
...
Vale la pena ricordare, però, che al culmine della bolla dot-com nel 2000, gli investimenti nelle imprese di internet avevano raggiunto un picco di oltre 41 miliardi dollari, secondo PwC. Quindi, forse, c’è ancora un po’ di margine prima che la bolla arrivi a scoppiare."

(www.wallstreetitalia.com)

"Si si il mercato americano è in piena salute, e Gianni l’ottimista è pieno di titoli fin sopra i capelli.

Ora mi chiedo: come mai gli Insider, ovvero gli amministratori e coloro che lavorano in società quotate stanno vendendo le loro azioni come se non ci fosse un domani:


Quello che vedete è il grafico che esprime in valore, quante azioni sono Vendute dagli insider e quante comprate, un livello di 77 a 1 non è esattamente presagio del sol dell’avvenire.

Gianiiiiiiiiii

(www.rischiocalcolato.it)

Va bene, si tratta dei soliti siti disfattisti. Ma poi ti imbatti nel Sole24ore che insolitamente ti avvisa dei segni premonitori. A quel punto uno si chiede: se lo scrive il Sole vuol dire che è tutto vero e soprattutto che sta già avvenendo?

Come si fa a capire se i mercati sono entrati in bolla? Ecco i cinque indicatori d'allarme

Riassunto:
- se l'indice Vix supera 17 attenzione; oggi siamo a 12;
- se il bund scende sotto 1.6% attenzione; E' un bene rifugio quando si scappa dall'azionario impazzito, oggi è all'1,8%;
- cambio euro/dollaro sotto 1,33; secondo il Sole24ore, anche il dollaro è un bene rifugio, e l'euro è per chi ama il rischio. Io ne dubito un po' con la bolla Fed in corso...
- rapporto prezzo/utili delle azioni; qui il segnale c'è già, siamo già oltre il rapporto storico più alto.
- rating differenti, ma stessi interessi; il Sole24ore porta il caso dell'Irlanda (soglia spazzatura) e dell'Inghilterra che pagano interessi sul debito simili. Secondo il giornale economico significa che c'è qualcosa di anomalo: in effetti potrebbe essere sbagliato sia il rating dell'Irlanda che quello dell'Inghilterra...

E se dobbiamo dare credito alla teoria dei segnali, il tapering che probabilmente continua e si incrementa, potrebbe essere il segnale che la Fed teme un qualche patatrak in arrivo (di cui è in parte responsabile se non la maggior responsabile):

"Ad indebolire le Borse europee è stato l'andamento di Wall Street che dopo un'apertura positiva aiutata dalle previsioni del Fondo Monetario Internazionale che ha rivisto al rialzo le stime per la crescita economica globale, ha cominciato a valutare le indiscrezioni pubblicate da Wall Street Journal secondo cui sarebbe in arrivo un ulteriore tapering a fine mese da parte della Federal Reserve."

E tutte queste bolle pericolose stanno per esplodere in un ambiente economico italiano per nulla tranquillo. Quando il liquame finanziario ci investirà, non ci saranno più solide mura a contenere l'alluvione. L'economia reale è in pieno avvitamento da austerità: le banche soffrono e frenano gli investimenti, lo Stato fa altrettanto ed in più inasprisce la tassazione. Non se ne esce, se non con i piedi in avanti...

"Crescono ancora le sofferenze nelle banche: negli ultimi 12 mesi sono cresciute del 22,7% arrivando a sfiorare i 150 miliardi di euro a novembre scorso.

La fetta maggiore di prestiti che non vengono rimborsati regolarmente agli istituti di credito è quella delle imprese (103,1 miliardi). Le "rate non pagate" dalle famiglie valgono più di 31 miliardi, mentre quelle delle imprese familiari quasi 13 miliardi.

Superano il tetto dei 2 miliardi, poi, le sofferenze della pubblica amministrazione, delle assicurazioni e di altre istituzioni finanziarie. Complessivamente le sofferenze adesso corrispondono al 10,54% dei prestiti bancari, in aumento rispetto all'8,20% di un anno fa.
...
"Siamo allarmati - commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi - di fronte alla sempre maggiore difficoltà, sia delle famiglie sia delle imprese, nel pagare le rate dei finanziamenti, assistiamo a un atteggiamento di superficialità da parte del Governo di Enrico Letta, che poco sta facendo per risolvere la questione del credito. Altrettanto preoccupante è la posizione dei rappresentanti delle banche che cercano di sminuire il problema, interpretando i numeri affinché non si punti il dito contro l'industria creditizia".

Sofferenze raddoppiate in meno di tre anni,
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Credit crunch senza fine: -66 mld a privati in un anno: parallelamente c'è la serrata dei rubinetti del credito. Negli ultimi dodici mesi sono stati tagliati più di 66 miliardi di euro di prestiti, calati al ritmo di oltre 5 miliardi al mese."

(www.wallstreetitalia.com)

Altro che giochini sulla legge elettorale. Qui sta per arrivare una valanga di mer*a su tutto e tutti.

martedì 21 gennaio 2014

L'asfaltatore non toglie il piede dall'acceleratore


Ed asfalta ogni ostacolo di fronte a se.

" Gianni Cuperlo lascia la carica di presidente del Pd perché si sente colpito dal segretario Matteo Renzi. “Ancora ieri, e non per la prima volta, tu hai risposto a delle obiezioni politiche e di merito con un attacco di tipo personale”scrive il deputato in una lettera aperta al sindaco di Firenze, in cui annuncia l’addio alla carica arrivata subito dopo il confronto alle Primarie. Cuperlo afferma di aver deciso di lasciare non per “rancore”, ma per amore del partito e per poter esprimere liberamente quello che pensa. “Mi dimetto perché voglio bene al Pd e voglio impegnarmi a rafforzare al suo interno idee e valori di quella sinistra ripensata senza la quale questo partito semplicemente cesserebbe di essere. Mi dimetto – si legge nella lettera – perché voglio avere la libertà di dire sempre quello che penso."
(www.ilfattoquotidiano.it)

Il Pd un partito sempre più in difficoltà e completamente fuori controllo. Da quando è stato conquistato da Matteo Berlusconi alias Silvio Renzi, il partito va verso lo sbando completo. E pensare che pareva essere la forza politica più stabile. Ma il berlusconismo è riuscito a dare il colpo di grazia: prima le battaglie erano in campo aperto, fuori le mura del partito. Ora il nemico è penetrato all'interno ed assume le sembianze di una feroce fazione, che combatte strada per strada, casa per casa.

Per ora Renzi procede come un carrarmato. Forse ha capito che non troverà grandi ostacoli all'interno del suo partito, nessuno avrà il coraggio di fermarlo, per paura di dividere il partito. Il duo Renzi/Berlusconi sta prendendo in mano la nazione, velocemente ed in modo palese. Napolitano è sempre più allarmato, il suo disegno di "normalizzazione" democristiana con Letta sta fallendo, sta per essere asfaltato anch'esso da Renzi.

Come avevo già scritto il Pd era l'unico partito italiano che dava delle certezze, l'unico che poteva essere comodamente guidato dal Presidente. Ora ha cambiato fisionomia, è completamente fuori controllo. Che farà Napolitano? Minaccerà di nuovo di dimettersi? Minacce vuote, il duo Renzi/Berlusconi potrebbe trovare velocemente un presidente che gli aggrada. Aih, aih, Presidente, non vedo più molto spazio per le sue manovre di palazzo...

"Una mattina al Colle – dramma in un atto.

Ogni riferimento a persone e vicende reali è puramente casuale.

Si dice che la mattinata sia stata piena di telefonate, lassù sul Colle. Che il presidente sia un pochino disturbato dall’Italicum, soprattutto per il fatto di non essere stato consultato prima della nascita del nuovo porcellino, di essere stato emarginato e trattato come un rinzallanuto. Così pare che abbia preso il telefono per parlare prima con Silvio e poi con Matteo. Confidandosi poi con i corazzieri sembra abbia detto che si fida più di Alfano che del Cavaliere e che di Renzi non si è mai fidato.

La preoccupazione del presidente non sembra affatto quella di trovarsi di fronte a una riforma elettorale che pare uno straordinario pasticcio messo in piedi allo scopo di svuotare le volontà del corpo elettorale, ma quella che in questo modo possa essere messo in pericolo il governo Letta consacrato alla dea Stabilità. Così si è accorto casualmente che la nuova proposta elettorale è frutto di un’intesa tra un partito che non si sa quanta gente abbia e una fetta di un partito che non si sa quanto sia effettivamente grande."

(ilsimplicissimus2.wordpress.com)

Aih, aih Presidente... Matteo è giovane, ha tante energie e non ascolta nessuno se non il suo ego. Presidente non è pane per i suoi denti (se li ha ancora...), lasci perdere...

Ma di una cosa sono curioso più di tutte. Renzi è un agente in incognito dell'Europa merkeliana (pro austerità e pro deflazione), o se questa gli si parerà davanti la asfalterà come tutti gli altri ostacoli? Molti pensano che Renzi sia in realtà una versione solo più autoritaria del "più Europa". Io penso invece che sia l'opposto. Del resto se uno si mette in accordo in "profonda sintonia" con Berlusconi (cacciato dall'Europa nel 2011), tanto filo europeo non deve essere. Per ora Renzi sui temi europei tace, anche se il suo consigliore economico D. Serra afferma che il fiscal compact è bello assai.

Io credo invece che Renzi sia furbo e affronti un problema alla volta. Adesso gli interessa la legge elettorale a tutti i costi, per avere le mani libere sul governo. Se fa come dice continua, altrimenti lo manda a casa. Quando sarà soddisfatto, procederà come un rullo compressore sugli altri problemi. Quando toccherà all'Europa, al fiscal compact, al two pack ecc. ne vedremo delle belle. Questa volta lo scontro sarà internazionale.