venerdì 28 febbraio 2014

I populisti nel Pd


Interessanti i piani segreti anti-Europa in preparazione fra le fila renziane. Sarà un “fuoco di paglia” questo nuovo premier pressappochista e ciarliero, ma la sua defenestrazione futura potrebbe non dipendere solo dall'incapacità e faciloneria nei calcoli economici. Potrebbe dipendere da uno scontro fra europeisti del rigore, ed europeisti critici.

“L’esatta portata della blitzkrieg che Matteo Renzi sta portando alla struttura del potere italiano e alle cordate che l’hanno occupato di recente si capirà solo tra qualche tempo, quando il suo governo inizierà a lavorare. … I grandi giornali lo cantano coi toni sincopati che si devono a un campione della velocità: Renzi prepara “una cabina di regia a Palazzo Chigi”, ma mica “quelle robe collegiali da prima Repubblica”, no una cosa snella, in cui si decide “senza perdersi in chiacchiere” e “lontano dai burocrati che rallentano il lavoro” (Corriere della Sera di ieri). Al netto del trasporto amoroso, significa una cosa sola: Renzi dichiara guerra alla tecnostruttura del Tesoro (Ragioneria generale in testa), che – silenziosa – s’attrezza per resistere. Quello che il presidente del Consiglio sta costruendo a Palazzo Chigi, peraltro, più che una “cabina di regia” sembra lo staff di un manager: il frontman girerà il paese due giorni a settimana per ristabilire la comunione spirituale tra governo e popolo, un manipolo di amici fidati a palazzo Chigi amministrerà il paese.

I primi due hanno già preso posizione: il sottosegretario Graziano Delrio, già autore di sontuosa gaffe sulla tassazione dei Bot, e il suo storico collaboratore Mauro Bonaretti, già city manager di Delrio a Reggio Emilia e poi capo di gabinetto agli Affari regionali, ora issato nientemeno che all’ambitissima poltrona di segretario generale di Palazzo Chigi … Il curriculum del duo è quello che è, tanto è vero che, destinati al ministero dell’Economia, Delrio-Bonaretti sono stati fermati dal gioco di squadra tra Quirinale e Banca d’Italia per mancanza di titoli. Ora occupano palazzo Chigi e puntano a togliere al Tesoro un bel pezzo del suo potere. Il modo? In primo luogo riportando sotto la presidenza del Consiglio la spending review di Carlo Cottarelli, i cui compiti sono tali e tanti da non escludere sostanzialmente alcun aspetto dell’amministrazione dello Stato a partire dalla riforma della P.A.

Notevole è pure il movimento uguale e contrario iniziato a via XX settembre: lasciato il posto agli uomini nuovi del premier, i lettiani si dirigono al Tesoro sotto l’ala di Pier Carlo Padoan. Si è già trasferito al ministero dell’Economia Fabrizio Pagani, amico d’infanzia di Letta e suo braccio destro per le questioni economiche, mentre sarebbe in arrivo pure il defenestrato Roberto Garofoli, destinato alla poltrona di capo di gabinetto. Uno schieramento che riflette non solo due cordate politiche, ma due antropologie diverse: votato alla sbrigatività e refrattario ai rigidi vincoli della tecnica lo staff renziano, pensoso e con un rispetto quasi religioso dei parametri europei quello asserragliatosi nel ministero che fu di Fabrizio Saccomanni.

Il fatto è che la guerra tra Palazzo Chigi e Tesoro non è in preparazione, è già iniziata. Non è per le uscite spannometriche di Renzi che taglia Irap, Irpef e quant’altro ogni giorno un po’ senza preoccuparsi delle coperture. Il vero schiaffo alla tecnostruttura del ministero dell’Economia è già arrivato sulla vicenda dei debiti commerciali dello Stato: il governo Letta ha pagato finora 22 miliardi con una procedura concordata con Bruxelles (altri 20 miliardi sono stanziati per quest’anno) e gestita direttamente dal Tesoro; Renzi ora si prefigge invece di utilizzare il piano alternativo messo a punto dal presidente di Cassa depositi e prestiti Franco Bassanini: in sostanza sarebbe Cdp ad anticipare a comuni e regioni i circa 60 miliardi che mancano. Oltre alla velocità, dicono i fautori, questa soluzione ha il vantaggio di tenere al riparo i conti pubblici da un aumento di deficit e debito visto che Cdp è fuori dalla P.A. Questo piano era già stato proposto a Mario Monti e a Letta, ma il Tesoro l’aveva fermato in entrambi i casi: secondo via XX Settembre, in questo modo Eurostat finirà per conteggiare l’intero bilancio di Cdp in quello dello Stato con relativa esplosione di debito e deficit. Altro punto di frizione è il ruolo della Ragioneria generale e del suo capo, Daniele Franco, ex Bankitalia voluto da Saccomanni: i renziani fanno sapere che dovrà “ammorbidirsi”. La linea l’ha data lo stesso Bassanini in tv: “Rimettere i burocrati al loro posto”. Non solo: farlo di corsa. Il punto d’arrivo non si sa, ma l’importante è dare l’impressione del movimento.”

(www.ilfattoquotidiano.it)

Renzi va all'attacco della struttura dell’economia messa al riparo dai politici con la nomina del neo ministro Padoan, scelto presumibilmente da Napilitano e dai poteri finanziari esterni all'Italia. Ora dalle indiscrezioni de Ilfattoquotidiano.it appare ancora più evidente che non era nelle intenzioni del neo premier nominare un tecnico al ministero dell’economia.

E’ come se la presidenza del consiglio retta dal consolato Renzi-Delrio si stia attrezzando con un ministero dell’economia ombra, che renderà la vita impossibile al ministro ufficiale Padoan. I germi della futura malattia mortale di questo esecutivo sono già stati messi in coltura. Ci sarà uno scontro continuo fra Padoan alfiere dell'Europa che per bocca di O. Rehn “sa quello che deve fare…”, e il duo Renzi-Delrio che tenteranno di deviare la conduzione delle finanze pubbliche lontano dai rigori imposti dall’Europa.

Non è detto che la guida dell’economia nelle mani di Renzi-Delrio sia cosa di cui augurarsi. Già si è capito che i due non ci capiscono molto, e sono in vista probabili pasticci: Renzi confonde doppie cifre di miliardi con doppie cifre di percentuali, Delrio non sa applicarle correttamente.

Come il prelievo sulle rendite finanziarie (ma quelle “pure” dice Renzi…) che non dovrebbe toccare i Bot della pensionata che ha messo da parte 100.000 euro, come sostiene Delrio. Aggiungendo che comunque mal che vada 30/50 euro di prelievo non cambierebbero la vita alla pensionata benestante, salvo fare solo un leggero errore di calcolo nell’applicazione delle percentuali ed omettere uno zero. Ma del resto si sa, lo zero non conta.

I due qualche grave danno si apprestano a farlo, ed anche a perpetuarne alcuni ereditati dai governi precedenti e non rinnegati:

“Le Patrimoniali continuano a fare il loro corso e ad incrementare...
Sì sì...le detrazioni...attendiamo fiduciosi....;-)
Una super-Tasi con detrazioni......
Per quanto riguarda la Tasi, il provvedimento è atteso da due mesi ed è quello che dovrebbe tramutare in legge l’accordo raggiunto tra governo e Anci: dare la possibilità ai Comuni di aumentare le aliquote base della Tasi dello 0,8 per mille massimo, veicolando gli aumenti all’introduzione di detrazioni.
La Tasi quindi potrà oscillare, sia per le prime che per le seconde case, in una forbice dal 2,5 al 3,3 per mille.”

(www.ilgrandebluff.info)

Probabilmente siamo al cospetto di dilettanti allo sbaraglio, ma probabilmente, al di la dell’incompetenza, siamo di fronte a qualcosa di più profondo: la comparsa del populismo antieuropeo dentro il Pd. Anzi, un populismo che ha conquistato il Pd nei suoi gangli vitali, giungendo direttamente alla testa attraverso la segreteria.

E’ vero che Renzi ha pomposamente manifestato pubblicamente la sua fede europeista, ma bisogna vedere nei fatti se vorrà rispettare i vincoli economici imposti dall'Europa. E soprattutto, nel caso non volesse farlo, se avrà la forza di opporvisi.

In ogni caso c’è un grosso problema per l’Europa e i paesi core del continente. Fino a questo momento era stato semplice eliminare il Cavaliere poco europeista, visto che prestava il fianco ad innumerevoli guai giudiziari ed era impresentabile in giro per il mondo. Anche far passare i Cinquestelle come dei folli da mal sopportare in attesa che si estinguessero a causa della loro inconcludenza era un’operazione facile.

Ma se l’Europa e le sue tecnocrazie perde l’appoggio del vero partito eurofanatico italiano, il Pd che ha sostenuto Prodi (che oggi però si defila) nell’avventura dell’euro, allora sono guai seri per Bruxelles. Significherà perdere l’Italia dallo schieramento dell’austerità. E se si apre una breccia in una sola nazione, crolla tutto il castello di carte messo su da Merkel e Bundesbank. Se uno solo sforerà dichiaratamente i parametri stabiliti da Bruxelles, lo faranno tutti a valanga. E non ci saranno nemmeno le punizioni delle sanzioni a impedirlo. Se tutti sforeranno le sanzioni diventeranno inapplicabili, non avranno più senso, perché lo sforamento sarà la normalità.

Ma del resto le tensioni a cui sono sottoposte le società europee prima o poi dovrà trovare uno sfogo. Credo sarà la Francia comunque, e non l’Italia, la prima ad esplodere sotto le tensioni sociali crescenti.

“L'area dell'euro sembra attraversare acque più tranquille. Ma nessuno dei suoi problemi è risolto: l'euro ha meno del 50% di possibilità di sopravvivere.

Bisogna quindi approfittare della tregua in corso per prepararsi agli eventi. La crescita troppo lenta risveglia i vecchi demoni. In Italia, in Austria, in Germania, in Finlandia, in Francia, dei partiti politici ovviamente molto diversi tra loro prosperano su un'idea comune: la vita sarebbe migliore senza l'euro

Secondo le previsioni degli esperti di Deutsche Bank, nel prossimo Parlamento europeo un deputato su sei, o uno su quattro, apparterrà al movimento anti-euro.

Il sondaggio Ipsos in Francia risulta abbastanza scioccante. Gli ultimi sondaggi di opinione suggeriscono che la Francia potrebbe essere l'avanguardia di una vera e propria insurrezione, con una completa perdita di fiducia nelle istituzioni nazionali ed europee. Il numero dei francesi favorevoli all'uscita dall'euro è aumentato di 5 punti percentuali dallo scorso anno, arrivando al 33%. Il 45% dei francesi ritiene che l'appartenenza della Francia alla UE sia una buona cosa, mentre il 40% la ritiene una cosa negativa. I tre quarti degli intervistati non hanno fiducia alcuni nell'Assemblea Nazionale e nel Senato. Tra i lavoratori, la maggioranza è a favore dell'uscita dall'euro. Un numero crescente di persone afferma di sentirsi rappresentato dal Front National.”

(vocidallestero.blogspot.it )

L’avevo sostenuto all’indomani della vittoria di Hollande che la Francia sarebbe stata la porta bandiera dei detrattori dell’austerità… solo su una cosa mi sbagliavo: allora pensavo che Hollande potesse divenire il protagonista di questa riscossa, non la causa.

giovedì 27 febbraio 2014

La paura dell'UE di vincere in Ucraina


Credo che la Cancelliera Merkel mentre deve palesare un allineamento atlantico di facciata, segretamente faccia il tifo per Putin. Mi ha colpito la reazione tedesca nel giorno in cui gli Usa e l'Ucraina hanno rivelato al mondo che il paese dell'est squassato da crisi economica e politica necessita di un salvataggio di 35 miliardi di euro.

"Berlino, 24 FEB - "Sono possibili aiuti all'Ucraina da parte del Fmi, quando ci sarà un governo transitorio. Ma è troppo presto per parlare di cifre". Lo ha detto il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert in una conferenza stampa a Berlino. Seibert ha sottolineato che l'Europa e la Germania sono pronte a sostenere Kiev se sarà disposta ad affrontare le riforme."
(www.ansa.it)

La solita musica teutonica: soldi in cambio di "riforme", cioè soldi in cambio di batoste che rendono gli aiuti inutili e fanno ritornare i fondi in Germania...
Probabilmente ieri la Signora Merkel si è vergognata della propria taccagneria in "mondovisione" ed ha annunciato il possibile stanziamento di un miliardo dall'Europa per l'Ucraina. Un obolo dovuto visto che anche gli Usa hanno fatto un annuncio simile.

Ovvio che la Germania, dopo aver deciso di sacrificare Grecia e tutti gli altri Piigs europei, non può di sicuro pensare di contribuire al salvataggio dell'Ucraina impegnando direttamente fondi europei cospicui. Se lo facesse come si giustificherebbe l'inutile austerità di questi ultimi anni? Per questo credo la Germania si mantenga così defilata dalla crisi Ucraina, e speri che la partita che dovrebbe competere all'Europa come prima protagonista (è la UE in cui sperano gli ucraini), sia risolta da Usa, Russia, Fmi e Nato, mentre l'Europa si occupa come al solito dei fatti suoi. Cioè delle banche tedesche e dei poteri forti continentali che non devono essere disturbati da manifestazioni popolari ed elezioni, tanto più da "morti di fame" ai confini dell'Europa. Perché se sono i popoli a chiedere aiuto all'Europa (e alla Germania) questa si dimostra sorda a qualsiasi S.o.s., risponde solo alle richieste d'aiuto delle varie élite e caste nazionali...

Ma ora ignorare la faccenda per l'Europa potrebbe diventare sempre più pericoloso. Inoltre la nuova crisi porta un minaccia mortale all'equilibrio precario su cui si regge il potere tedesco sull'Europa. La Germania veleggia sui suoi squilibri delle partite correnti, mantenendo in un equilibrio agonico i paesi periferici, Francia compresa, ma se dovesse arrivare una crisi esterna questo equilibrio precario salterà. Riprecipitando nella crisi l'euro.

"La Russia ordina esercitazioni militari per le forze vicino al confine e le trasferisce a garanzia della flotta con sede in Ucraina, la tensione sale in Crimea.

Manifestanti pro e anti-russi si sono scontrati nella regione Ucraina di Crimea, quando la Russia ha dato ordine alle forze armate di mantenersi pronte vicini confini afferamndo che si sta muovendo per garantire la sicurezza della sua flotta del Mar Nero.

Tafferugli sono scoppiati fuori dal parlamento regionale Crimea il Mercoledì tra migliaia di separatisti e sostenitori di nuovi leader dell'Ucraina pro-Russia come i politici regionali pronti a discutere la rimozione del filo-russo Viktor Yanukovich dalla presidenza.
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Shoigu ha detto che "in generale, l'allerta non è in alcun modo collegato agli eventi in Ucraina".

Rory Challand di Al Jazeera , reporter da Mosca, dice che ispezioni analoghe sono state fatte regolarmente in Russia per assicurare una preparazione bellica.
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Separatamente l'annuncio russo, il segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, ha detto che l'alleanza da "per scontato che tutte le nazioni rispettino la sovranità ... e l'integrità territoriale dell'Ucraina".

"Questo è un messaggio che rilasciamo per chi è interessato", ha detto, senza nominare la Russia.

Gli Stati Uniti hanno esortato la Russia a mantenere la sua parola di rispettare l'integrità territoriale dell'Ucraina e ha messo in guardia contro azioni provocatorie dopo che la Russia ha detto che stava incrementando le misure di sicurezza nel sud della Crimea.

"Stiamo mettendo in chiaro che ogni paese dovrebbe rispettare l'integrità territoriale, la sovranità dell'Ucraina. La Russia ha detto che lo farà, e pensiamo che sia importante per la Russia mantiene la sua parola", ha detto Kerry.

Le tensioni in corso

Circa 2.000 persone, molte delle quali di etnia tartara gruppo indigeno della penisola del Mar Nero, sono giunte al palazzo del parlamento Mercoledì per sostenere il movimento "Euromaidan", che ha cacciatoYanukovich a Kiev dopo tre mesi di proteste.

Essi sono stati raggiunti da un numero simile di manifestanti pro-Russia che urla fedeltà a Mosca e ha denunciato i "banditi" che avevano preso il potere a Kiev.

Le due parti, che si sono fronteggiate fra linee di polizia, si sono radunati all'esterno del parlamento che, sotto la pressione delle forze pro-Russia, aveva chiesto una sessione di emergenza più tardi Mercoledì per discutere della crisi.

La Crimea è stata trasferita dalla Russia all'Ucraina nel 1954 in epoca sovietica dall'allora leader sovietico Nikita Khrushchev.
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Dal momento della caduta di Yanukovich, tutti gli occhi sono su Putin, che nel 2008 ordinò l'invasione della Georgia per proteggere le regioni auto-dichiarate indipendenti di Abkhazia e Ossezia del Sud con molti russi, che poi furono riconosciuti come stati indipendenti."
(www.aljazeera.com)

"Cresce la tensione nell'Ucraina orientale. Dopo le manifestazioni filorusse dei giorni scorsi, oggi un gruppo di uomini armati e in tuta mimetica ha assalito i palazzi del parlamento e del governo locali a Sinferopoli, capitale della Crimea, mentre centinaia di cittadini erigevano barricate davanti ai due edifici. Alcune decine di persone armate hanno fatto irruzione sparando contro i vetri dell'ingresso. Poi hanno tolto dal pennone la bandiera ucraina e hanno issato il tricolore russo, che sventola insieme a quella della repubblica di Crimea.
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Il Parlamento è stato poi liberato e si è riunito in una sessione straordinaria in cui l'organo ha deciso di "licenziare" il governo della Crimea
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Intanto il presidente deposto, Viktor Yanukovich, ha chiesto (e ottenuto) dalla Russia la garanzia per la sua sicurezza personale dagli "attacchi degli estremisti", dichiarando di essere lui il presidente "legittimo" dell'Ucraina. Mosca ha assicurato all'ex capo di Stato "la sicurezza personale su tutto il territorio della Federazione russa"."

(www.repubblica.it)
Già nell'800 la Russia entrò in guerra con l'Occidente per difendere il suo sbocco strategico sul Mar Nero e sul Mediterraneo. Sarebbe auspicabile non ripetere un'inutile guerra di Crimea, o peggio un'inutile guerra separatista con effetti molto più pericolosi di quella nella ex Jugoslavia. Ci toccherà inviare nuovamente i Bersaglieri in Crimea come nel 1850? E come pagheremo una nuovo intervento militare?

Perché alla fine la "carne da cannone" la dovremo fornire noi. La Germania si defilerà dagli interventi militari come ha sempre fatto, come nella recente guerra libica. Del resto i tedeschi hanno smesso di conquistare il mondo con i Panzer, preferiscono usare banche ed euro. E se le armi non verranno usate, l'Ucraina sarà un'ottima terra di conquista a saldo. Una conquista silenziosa e senza spargimento di sangue. Se non altro sono metodi meno cruenti, più civili.

Ma in qualunque modo la faccenda ucraina si evolverà, forse la tecnica Merkel pagherà. Basta tenersi defilati, non intervenire nelle beghe belliche internazionali e sperare che l'opinione pubblica dimentichi. E devo dire che sui tempi lunghi funziona. Qualcuno saprebbe dire oggi com'é la situazione in Siria?

mercoledì 26 febbraio 2014

Fuoco di paglia?


La sensazione di bluff è molto forte. Renzi è un grande oratore: riesce a parlare per ore senza dire niente. E la sensazione che nulla ci sia alla base del suo programma diventa sempre più forte.

“Oggi che piove mi riposo. Evito di ridere o di incazzarmi per un premier che in poche ore ha dato due diverse versioni dell’abbattimento del cuneo fiscale, che confonde cifre con percentuali e senza nemmeno curarsi di rivelare quali voci verrebbero tagliate.”

“Chi dice che in Italia è tutto pietrificato e non accade mai nulla, dovrà ricredersi. A poche ore dalle rassicuranti e raziocinanti dichiarazioni di Filippo Taddei, e poco dopo aver ottenuto la fiducia anche dalla Camera, entrando nella pienezza dei propri poteri,Matteo Renzi ci ha confermato che, più che una tela di Penelope, il suo governo rischia di essere “l’ora del dilettante”.

Intervistato a Palazzo Chigi da Giovanni Floris per Ballarò, Renzi ha spiegato tutte le sue ideone per cambiare verso al paese, e mal  ce ne incolse. Come ampiamente sospettato, sulle coperture lo studente Renzi non ha studiato, e spesso si trova disattento. “Entro un mese” avremo i dettagli, promette Renzi, ma intanto enumera le potenziali coperture, e le individua nella ormai salvifica spending review di Carlo Cottarelli e (udite udite) nel ritorno dei mitologici capitali italiani dalla Svizzera, in quella che appare una botta di sano berlusconismo.

Inutilmente Floris, col suo sorrisetto permanente, tenta di ricordargli che quella non sarebbe una copertura “strutturale” ma una tantum, e che già altri in passato hanno tentato, senza successo. Renzi è già lontano, e risponde con un bel ghe pensi mi da Silvio dei giorni migliori: “quella se la son giocata tutti, ma non l’ha fatta nessuno”. Renzi è talmente impegnato a compulsare compulsivamente tablet e smartphone che deve essersi perso quello che sempre Filippo Taddei ha detto, la settimana scorsa, a La telefonata di Maurizio Belpietro:

«Il nostro obiettivo è offrire una riduzione del carico fiscale che sia duratura e certa. La dobbiamo finire con le operazioni straordinarie ed i fantomatici gettiti da rientro dei capitali»

Preciso. Poi Renzi parla del ruolo dell’altra pentola d’oro in fondo all’arcobaleno, la Cassa Depositi e Prestiti. E sono subito fuochi d’artificio:

«La Cassa Depositi e Prestiti ci può aiutare a fare quello che ha fatto la Spagna, per circa 60 miliardi di euro, con un effetto benefico immediato. Aiuterà con i fondi per lotta al credit crunch, e in 15 giorni permetterà di sbloccare i 60 miliardi che sono bloccati per i debiti della P.A.»

Ora, questo è ovviamente impossibile, ma la cosa più interessante è che Renzi deve aver creduto alla fiaba che in Spagna non solo la rana gracida in campagna ma pure che gli asini volano, e quindi ha già inforcato felice il suo costumino con le ali. Non esiste alcuno “shock prodotto dalla Spagna sulla liquidità”, sarebbe interessante capire da dove Renzi ha preso questa botta di provincialismo magico, che fa il perfetto paio con “le spese per la sanità sono tutte online in Regno Unito” e “In Italia le rendite finanziarie hanno la tassazione più bassa che nel resto d’Europa”. E non è vero, basterebbe verificare.

Ecco, le “rendite”. Renzi precisa che non vuole tassare i Bot delle vecchiette, come incautamente asserito dal suo sottosegretario-ex-machina, ma piuttosto si lancia in una tassonomia dei “tipi di rendite finanziarie” (che pare coinvolgere i capital gain in una suggestione di Tobin Tax), che lo porta ad affermare che occorre tassare “non i Bot ma la rendita finanziaria pura“. Che pensiamo sia quella non tagliata, né con lattosio né con borotalco, perché altre definizioni non ce ne vengono né esistono.”

Poche idee ma ben confuse. La filosofia della “Ruota della Fortuna” portata al governo: gira la ruota, compra una vocale, sparala più grossa, ipnotizza gli italiani con “allegriaaa!!”…

Credo che questo governo al di l’ha dell’imbonitore rottamatore che fa sembrare Berlusconi un sobrio statista, abbia un grosso problema già in partenza. Se i precedenti governi Monti e Letta partivano con un certo consenso degli italiani, il governo Renzi inizia la sua avventura in un clima piuttosto tiepidino nel paese. Malgrado l’indubbia “simpatia della canaglia” che affascina sempre gli italiani (altrimenti perché i personaggi di Sordi o Verdone ci piacciono così tanto?), a Renzi non si perdona il fatto di essere diventato premier senza passare dalle elezioni.

Gli italiani hanno perdonato Monti (anche se credo sbagliando) perché il paese sembrava piombato in un’improvvisa emergenza che ci avrebbe portato al default, Monti era vissuto nei primi giorni come un salvatore; Poi hanno perdonato Letta constatando che dopo diverse settimane Bersani non era venuto a capo di nulla: che si poteva fare se non un governo di grande coalizione? Ma Renzi invece aveva sostenuto fino all’ultimo che non avrebbe raggiunto la poltrona da premier con manovre di palazzo. Poi l’ha fatto smentendosi clamorosamente.

Ma non è solo il basso consenso del governo fra gli italiani che preoccupa. E’ anche la fronda interna al Pd che sta vivendo come un trauma la nuova avventura. Gli italiani hanno votato per decenni la Dc turandosi il naso (fino a mani pulite, quando il puzzo è diventato insopportabile…), ma ora sono i parlamentari del Pd a fare altrettanto votando fiducia e provvedimenti del nuovo governo. C’è Civati che è esplicito con i suoi elettori: vorrei non votare Renzi, ma per spirito di disciplina sono costretto a farlo. Una motivazione che implica uno scarso coraggio forse, ma sempre meglio di quegli esponenti come Cuperlo o altri bersaniani che mugugnano ma ipocritamente sostengono il partito a trazione renziana.

Ma forse c’è molto di più dietro gli eventi che hanno portato al governo il Sindaco di Firenze. C’è un Berlusconi azzoppato, che ha bisogno di tempo, che vede di buon occhio un governo amico. C’è un Pd che teme l’alieno Renzi e che gli ha concesso tutto lo spazio necessario con due finalità contrapposte: avere finalmente un leader vincente o in alternativa bruciarlo il più velocemente possibile. Io penso che da come si è presentato in Parlamento, Renzi rischi molto la seconda opzione, e che si brucerà come un fuoco di paglia.

Renzi potrebbe essere li solo per un motivo: fare la nuova legge elettorale per conto di Berlusconi, e dei vari gruppi di potere che odiano il parlamentarismo. Non certo per governare. Perché se Renzi volesse veramente fare le cose che ha promesso, dovrebbe spendere una cifra tale da dover rinnegare qualsiasi trattato europeo. Non è possibile blandire l’Europa e l’europeismo come ha fatto Renzi, e nello stesso tempo promettere mari e monti. Le due cose non possono stare assieme. Non sono i tre miliardi della spending review, i soldi depositati in Svizzera, o la lotta alla “mittica” evasione fiscale a permettere di fare politiche economiche da 100 miliardi di euro. E la se la politica è quella di rapinare la Cassa Depositi e Prestiti, allora c’è da chiedersi perché non è stato fatto prima. Perché ora Renzi potrebbe fare quello che non è stato concesso a Monti e Letta?

Questo governo non può durare a lungo. Credo che possa trascinarsi fra i sei mesi e un anno, non di più. E poi Renzi non potrà di sicuro presentarsi alle elezioni come la novità, o come il salvatore d’Italia. Chi si avvantaggerà da un disastro di Renzi è facilmente intuibile: Forza Italia e M5s, e non solo. Anche i vecchi dirigenti dinosauri del Pd a cui in fondo non interessa cedere il governo d’Italia, quanto piuttosto mantenere il potere nel partito. Se poi l’Europa perderà i suoi araldi difensori dell’Eurofanatismo, tanto peggio e tanto meglio. Perlomeno non toccherà a loro staccare la spina, non dovranno metterci la faccia e dover dire, italiani ci siamo sbagliati fin dall’inizio. Potranno in molti traslocare sulle posizioni di Prodi (che rinnega già oggi se stesso) senza tanti patemi d’animo.

Del resto la svolta c’è già, Napoletano stesso ha affermato in europarlamento “basta austerità”. Manca solo il coraggio delle azioni concrete, che la sinistra italiana probabilmente lascerebbe volentieri in mano ad altri. Forse in questo caso anche il vecchio unfit puttaniere può tornare utile: l’utile idiota per fare l’inversione ad “U” dall’Europa e dall’Euro, o per raggiungere le responsabilità di governo nel momento in cui l’euro diventerà insostenibile e l’Italia si ritroverà a dover fare scelte veramente (questa volta) molto critiche.

martedì 25 febbraio 2014

La Cina ed altri mostri


La possibile decrescita cinese, non è l’unica incognita a minare la traballante navigazione della nave Europa e della barchetta italiana. Le nuvole all’orizzonte si addensano. Funnyking fa un elenco preoccupante di “cigni neri” dell’economia:

“- rallentamento del mercato immobiliare USA

- declino della vendita di auto USA

- declino della produzione industriale USA

- nota della Federal Reserve che ventila di anticipare la riduzione di liquidità (tapering)

- numero insolito di suicidi nei maggiori istituti finanziari (ricordo che il cigno nero del 2012 fu anticipato invece da un insolito numero di arresti o di dimissioni negli stessi istituti)

- George Soros (famoso analista e gestore di fondi USA) compra un numero impressionante di opzioni "PUT" (ribassiste) sull’indice di borsa americano

- indice manifatturiero PMI cinese sceso in 6 mesi alla soglia dei 50 punti (49,5) (al di sotto dei 50, è segnale di rallentamento del trend in corso)

- un numero elevato di prodotti strutturati di investimento cinesi sta arrivando al punto di rottura (i soldi investiti in questi fondi strutturati andrebbero in fumo, producendo un crollo dei consumi interni cinesi)

- si è saputo solo ora che la Cina ha venduto a dicembre titoli di Stato Americani per un valore di 48 miliardi di dollari (la massima vendita mai effettuata in 20 anni)

- la Cina sta sempre accumulando oro ed è sempre valida la soffiata che ad aprile forse il governo proclamerà al mondo la reale entità delle sue riserve aurifere (preludio, secondo alcuni, di una proposizione dello Yuan come valuta alternativa al dollaro)

- sottomarini cinesi in giro per il mondo

- "Forse è un buon momento per cominciare a considerare la costruzione di un mondo de-americanizzato," (dichiarazione dell’agenzia di stampa governativa cinese Xinhua in occasione del capodanno 2014)

Precisiamo una cosa: un crac manifatturiero e anche bancario in Cina farebbe molto più male ai mercati esteri che all’economia interna del Paese. Stiamo parlando di una inevitabile e forse salutare crisi di crescita per i Cinesi, ma niente a che vedere con la spada di Damocle che pende invece sui mercati occidentali.

"Gli Stati Uniti perderanno inevitabilmente il loro monopolio sulla valuta di riserva," hanno scritto gli economisti Hélène Rey della London Business School, Pierre-Olivier Gourinchas della University of California, Berkeley, ed Emmanuel Farhi della Harvard University. "E’ solo una questione di tempo prima che il mondo diventi multipolare", ha detto invece il FMI.

Diverse nazioni ormai hanno stretto accordi commerciali bilaterali che ignorano il dollaro.
L’unico motivo per cui il dollaro non si schianta è il fatto che viene ancora usato come valuta di scambio in tutto il mondo. E tale predominio è stato imposto con le armi fin dal dopoguerra. Non esiste alcun meccanismo "tecnico" che contribuisca a mantenere il dominio del dollaro come valuta di scambio globale. E’ solo una pura e semplice questione di forza. Ma forse oggi è diventato molto più vicino un traguardo possibile per l’intera umanità. Davvero raggiungibile e realistico. Forse non esattamente per il 2014, ma certamente per il futuro prossimo. E sarà una vera rivoluzione.
aspettiamoci il "Cigno Nero" (evento economico distruttivo e imprevedibile) che lo precede e lo annuncia e potrebbe davvero svolazzare sulle nostre teste per quest’anno.

L’elenco sopracitato mette insieme tutti i segni premonitori di una fortissima correzione del mercato USA che potrebbe avvenire quest’anno. Sarebbe solo uno dei tasselli di questo processo più ampio di dissoluzione del dollaro, ancora niente di definitivamente letale per l’economia USA, forse, ma per ogni risparmiatore, equivarrebbe a una catastrofe. Siete consapevoli? Siete preparati?

Ma per che cosa in concreto, per quale direzione di mercato e su quali asset finanziari?
Potrebbe succedere di tutto: una crisi delle azioni USA, un aumento dei rendimenti obbligazionari, una svolta nei cambi, un default bancario…qualsiasi cosa potrà essere il prossimo "Cigno Nero".
Ma chi può prevedere quando accadrà? Nessuno, e neppure io ovviamente, il punto è che Il "Cigno Nero" non si combatte tentando di prevederlo con la palla di vetro.”


Insomma ci sono alcuni problemini in giro per il mondo. Problemi ancora poco evidenti, ma già preoccupanti. Il desiderio di Angelina Merkel e della casta italiana di "tirare a campare" potrebbe essere un desiderio vano. Per esempio negli Usa cosa succede, mentre da noi in tv i neoliberisti all'amatriciana annunciano la mirabolante crescita degli Usa?

"Ieri mentre a Wall Street si distribuivano all’ingresso fiale di testosterone, i responsabili di azienda in un sondaggio suggerivano che …in un momento in cui l’aumento dei salari non va di pari passo con il miglioramento dell’economia globale, un rallentamento delle spese per consumi può essere una fonte di preoccupazione per le aziende. E’ quanto emerge da un sondaggio condotto da Cnbc, che ha sentito 51 direttori finanziari europei e asiatici: la metà degli intervistati ha indicato come motivo di timore il calo della domanda da parte dei consumatori.

Che figata hanno scoperto che servono i consumi, la domanda interna, si quella che in Europa non serve, non va tanto di moda.

Per quanto riguarda quelli americani basterebbe chiederlo al responsabile della NFIB il Chief Economist, Bill Dunkleberg, vecchia conoscenza di Icebergfinanza, si CEO dell’associazione delle piccole e medie imprese americane, quello che non servono a nulla ma che valgono oltre i due terzi di nuovi posti di lavoro e da sole quasi la metà della produzione in rapporto al PIL…

“L’anno scorso è finito con un piccolo aumento dell’attività economica, ma probabilmente non è stato così forte come i numeri del PIL fanno credere. Nel complesso, il PIL è aumentato del solo 1,9 per cento nel 2013, in calo dal 2,8 per cento nel 2012. Le esportazioni erano forti, questo è un bene per la produzione manifatturiera, ma meno per il lavoro…

Peccato che una quota enorme della crescita del PIL era riconducibile alla ricostituzione delle scorte di magazzino e solitamente se non vendi come sta accadendo, visti gli ultimi dati sui consumi,la crescita nel primo trimestre 2014 te la sogni!

Ovviamente tutta colpa della neve, anche la vendita di case esistenti o la firma dei compromessi di vendita , perchè sai quando si vende una casa esistente, mica puoi uscire di casa per fare una firma se nevica o fa freddo, inoltre prima bisogna traslocare e poi si firma per l’acquisto vero!

Vendite case esistenti Usa -5,1% gennaio, passo più lento da 2012

Le vendite di case esistenti negli Stati Uniti sono calate bruscamente in gennaio ai minimi da luglio 2012, segno che l’aumento dei tassi di interesse sui mutui può essere un freno per chi decide di comprare una proprietà e, di conseguenza, per il mercato immobiliare.L’indicatore, calcolato dall’associazione di settore National Association of Realtors (Nar), ha registrato un ribasso del 5,1% a 4,62 milioni di unità. Gli analisti attendevano un calo a 4,7 milioni di unità."

Che fare in queste pessime condizioni per riuscire almeno a conservare una misera domanda interna? In Francia hanno deciso di usare la forza bruta, la negazione del liberismo per difendere folli politiche neoliberiste...

"Francia Disperata: Arriva la Tassa (Punitiva sulle Delocalizzazioni)
...
La Francia disperata e socialista, guidata del peggior premier dell’universo colpisce ancora, e in perfetto stile sovietico si inventa un nuova limitazione della libertà, ovvero la tassa sulla delocalizzazione.

Licenzi per delocalizzare? Zac paga 28.000 per dipendente licenziato.
...
Il 24 febbraio, il parlamento transalpino ha così approvato una legge per arrestare l’emorraggia di imprese che decidono di ‘migrare’ verso Paesi a tassazione più soft.
PREVISTE MULTE SALATE. La cosiddetta legge ‘Florange’, dal nome del polo siderurgico con sede nel Nord-Est del Paese, prevede che le imprese con più di mille impiegati che intendono chiudere un impianto cerchino un acquirente per almeno tre mesi.
Nel caso ciò non andasse a buon fine, ai proprietari potrebbe essere comminata una multa di 28 mila euro per ogni posto di lavoro perso, fino al limite del 2% del fatturato annuo."

Speriamo che Renzi corra alla velocità della luce nel fare le riforme, prima che il Titalic centri l'ennesimo iceberg lungo la rotta rovinando i sogni di gloria al neostatista fiorentino.

lunedì 24 febbraio 2014

Discorso scanzonato


Il discorso di Renzi al Senato può essere catalogato sotto due categorie principali: 1) il solito discorso megalomane di insediamento di un nuovo premier, pieno più di fantasie e balle senza ritegno che di un vero programma; 2) il discorso di uno che dice veramente quello che fa, o per lo meno che cerca di fare,  come sembra essere nella storia di amministratore e di politico rottamatore di Renzi.

Nel primo caso il discorso di Renzi si inquadrerebbe nei classici discorsi della seconda repubblica, da Berlusconi in avanti. Anche Letta aveva in fondo fatto promesse altisonanti che si sono disperse poi nel tempo impiegato nella indecorosa pantomima del togliere e mettere l’Imu e cambiargli il nome ogni settimana.
Quindi non ci sarebbe nulla di nuovo, i parlamentari della “palude” potrebbero “stare sereni”. I loro privilegi e l’andazzo generale del governo sarebbe in piena continuità con Monti e Letta.

Ma se invece il discorso è veramente un programma di governo, pur nella sua vaghezza, la casta politica e secondo me anche l’Europa di Olli Rhen e Merkel hanno molto da preoccuparsi.
In pratica Renzi con parole rispettose ha detto ne più ne meno quello che avrebbe detto B. Grillo: che la vecchia politica è fatta da cialtroni incapaci, che sono sordi alle esigenge dei “mercati rionali” ma non dei mercati finanziari, che non sono stati nemmeno in grado in questi anni di dominare la burocrazia statale, che il Parlamento così com’è è inutile, che della chiusura del Senato non si accorgerà nessuno. Il bello di queste affermazioni è che sono vere. Sarà per questo che dagli splati del suo partito sono arrivati pochi applausi a controbilanciare le contestazioni provenienti dalla parte del M5s. Sarà anche per questo che alcuni si sono dichiarati scandalizzati dai toni, dalla postura, e dai contenuti del discorso renziano.

Per contro appaiono quasi più soddisfatte le opposizioni del maggior partito di maggioranza. Soddisfatti i forzisti che addirittura vedono in Renzi “modi berlusconiani”, soddisfatti i cinquestelle in quanto possono continuare a fare opposizione pura e dura visto che Renzi si è scontrato a muso duro con i suoi senatori.

“…il senatore Miguel Gotor (Pd ndr): "L’intervento del presidente del Consiglio sorprende per la scarsezza dei contenuti programmatici e per avere assunto in alcuni passaggi i toni di un vero e proprio comizio di piazza. Dopo avere ascoltato l’intervento di Renzi voto la fiducia a questo esecutivo per disciplina di partito per salvaguardare l’unità del Pd e per essere all’altezza della responsabilità di governo che il voto dell’anno scorso ci ha consegnato. Ma non si possono dimenticare le modalità che hanno condotto alla fine del governo Letta: e non soltanto per una questione di buone maniere, ma perché quanto è avvenuto delinea una presa del potere nel segno dell’avventura".
Il senatore Felice Casson ha lanciato una previsione non proprio rosea: "Io non credo che un governo di questo tipo possa durare 4 anni. Bisogna cercare di fare subito il minimo delle riforme".”

Per quanto riguarda l’Europa, Renzi mi è parso molto europeista di facciata, ma poi non molto nei programmi . Renzi ha proposto un abbassamento del cuneo fiscale a doppia cifra, cioè più del 10%, un intervento di alcuni miliardi nella scuola, nei beni culturali, e altre riforme come quella della giustizia che non credo siano gratis. Certo ha ri-ri-promesso un taglio della spesa pubblica. Ma dubito che i tagli potranno essere pari ai costi delle proposte di programma. Dove li troverà questi quattrini? Tassando di 50 euro i Bot della povera pensionata? Dando fondo alla Cassa Deposti e Prestiti? Probabilmente li potrà trovare solo sforando i parametri europei, e quindi scontrandosi nell’ordino con il neo ministro Padoan, con Olli Rehn, con Draghi e con la cancelliera Merkel.

Si profila un braccio di ferro fra Italia ed Europa nel futuro? Devo dire che ad un certo punto del discorso mi è parso che l’ambizione del nuovo premier divenisse veramente smisurata. La sensazione era che la poltrona di premier italiano appena conquistata non gli bastasse più, e ambisse ad una ipotetica presidenza degli Stati Uniti d’Europa, quando ha affermato che “noi dovremmo nei prossimi anni guidare l’Europa…”.

Sinceramente non riesco a schierarmi fra quelli che affermano che Renzi è stato scelto come continuatore delle politiche di austerità di Monti e Letta. O meglio, può essere così, che sia stato scelto per questo. Un altro discorso è constatare come si comporterà nella sostanza. Caratterialmente non mi pare una personalità che si fa facilmente indirizzabile dai poteri forti d’Europa.
Anche il fatto che nel suo governo, sia l’unico personaggio che spicca (Biancaneve fra i sette nani ha detto qualcuno), credo non sia casuale. E’ come Berlusconi, un personaggio che non ama essere oscurato da altri, e pare non sia facile stare al suo fianco a meno che non si sia degli “yesman” ubbidienti. La scelta del ministro dell’economia sembra non sia stata sua, ma mi pare che Padoan quale “dogmatico dell’euro un po' distratto” non sia persona in grado di contrastare un ambizioso come Renzi.

“Era il 1999, data di nascita dell’euro, e Padoan guarda caso teneva il corso di Economia dell’Unione europea. Una volta gli chiesi cosa pensasse delle tesi di quegli economisti, tra cui AugustoGraziani, che esprimevano dubbi sulla tenuta dell’eurozona; domandai, in particolare, quale fosse la sua valutazione di quegli studi che già all’epoca criticavano l’idea che gli squilibri tra i paesi membri dell’Unione potessero essere risolti a colpi di austerità fiscale e ribassi salariali. A quella domanda Padoan non rispose: si limitò a scrollare le spalle e a sorridere, con un po’ di sufficienza.
All’epoca in effetti l’atteggiamento di Padoan era piuttosto diffuso. L’euro veniva considerato un fatto definitivo, discutere di una sua possibile implosione era pura eresia. Ben pochi, inoltre, si azzardavano a dubitare delle virtù taumaturgiche dell’austerità. Da allora evidentemente molte cose sono cambiate.”

Si ritroverà come molti ministri dell’economia fra l’incudine dell’Europa e il martello del primo ministro. Se non sarà abbastanza resiliente sarà costretto o a fare continue inversioni e retromarce come Saccomanni, o dare le dimissioni (molto improbabili di questi tempi).

Comunque vedremo cosa uscirà fuori di concreto da tutto questo spottone elettorale declamato da Renzi al Senato. Temo ben poco. Soprattutto vorrei vederlo all'opera nella guerra che ha dichiarato alla burocrazia. Credo abbia pienamente ragione e l’abbattimento della burocrazia può significare un effettivo incremento del Pil. Ma a me pare parta già male. Scaricare i problemi della burocrazia sulla questione dell'inamovibilità dei dirigenti pubblici, credo sia molto ipocrita. Se è vero che ci sono anche dirigenti corrotti e/o incapaci, è anche vero che questi sono esecutori di quanto il Parlamento e gli altri organi legislativi producono. Se questi producono norme capziose, iter lunghi e insensati, continui nuovi soggetti e oggetti di richieste di permessi, i dirigenti non possono fare altro che adeguarsi. Alcuni probabilmente lavorano più rapidamente altri sono più indolenti, ma se è la legge a fissare certi iter credo il problema sia alla fonte. E non sono nemmeno i singoli parlamentari o burocrati, il problema è la mancanza di un metodo per giudicare le leggi dal punta di vista dei costi burocratici. Finché non si troverà un tale metodo non ci sarà una vera lotta alla burocrazia.

domenica 23 febbraio 2014

Se cede la Cina crolla tutto


Ci troviamo in quei periodi di quiete che precedono la tempesta. Non esistono economie mondiali che eccellono particolarmente. Solo quella tedesca grazie al vantaggio ottenuto dall'euro pare essere in equilibrio. In realtà è un'economia fortemente sbilanciata sulle esportazioni che rischia di schiantarsi violentemente quando tutto il mondo smetterà di crescere.

L'Europa la conosciamo bene, è quella è. Un centro più o meno in salute, ma con crescita anemica, una periferia in recessione sempre più pesante. Gli Usa hanno ancora una crescita che farebbe invidia anche ai tedeschi, ma mentono sulle reali condizioni della loro economia per darsi coraggio. Hanno stampato miliardi di dollari per comprarsi un po' di questo coraggio, ma che non hanno reso in termini di Pil quel che avrebbero dovuto. Hanno rischiato di far diventare carta straccia sia il dollaro che i loro titoli di Stato, con il rischio che la Cina li vendesse in blocco per disfarsene e quindi di perdere la loro egemonia planetria. Invece ora anche la Cina rischia di veder svalutare la sua moneta come carta straccia a causa degli enormi investimenti immobiliari fallimentari e volti al sostegno ad un manifatturiero in sovra produzione.

"Negli ultimi giorni vi abbiamo avvisato che l’economia USA non gode affatto di buona salute, specie si consideriamo il fondamentale settore immobiliare che attualmente è in piena contrazione.
Ora vorrei farvi vedere come anche l’altro gigante, la Cina, stia vivendo un momento quantomeno di rallentamento attraverso alcuni inequivocabili indicatori:
1 -Patiamo come sempre dalle aspettative dei manager che lavorano nel settore manifatturiero (indice PMI):
...
Media di Stato cinesi hanno a lungo accusato analisti stranieri di essere troppo al ribasso per l'economia cinese. Gli analisti guardando dall'esterno sono spesso detto di essere troppo ansiosi di essere "declino cantando"-chang Shuai-quando si tratta di prospettive dell'economia.
Questa volta, proprio gli economisti cinesi sembrano cantare una canzone pessimista sulle prospettive di crescita. Forse non sono così negative come quelle fastidiose controparti-che stranieri secondo almeno un rapporto dei media statali cinesi sono raccontate al fine di evitare, ma sono sempre più franco circa il rallentamento della crescita e l'aumento del rischio finanziario.
"Ora siamo in una fase dolorosa", ha detto l'economista Wang Luolin un seminario di questa settimana. "Non dobbiamo cercare di vestire le cose", ha detto il consulente per l'Accademia Cinese delle Scienze Sociali, un governo think tank.
Yu Bin, ricercatore senior presso l'influente Development Research Center nell'ambito del Consiglio di Stato, ha una visione simile pessimista.
"Il fatto è che la crescita economica della Cina sta affrontando notevole pressione al ribasso", ha detto. "Non credo che dovremmo ottenere le nostre speranze per la crescita di quest'anno."

2- poi c’è un fatto epocale, la Banca Centrale Cinese ha ricominciato a svalutare lo Yuan sul dollaro, un fatto che non accadeva da quattro anni (di lento apprezzamento). Cio significa che al di la dei proclami ufficiali (comunistoidi, roba da vomito) la PBOC pensa che sia necessario un intervento monetario sul siststema il che significa pessimismo.
 

3- Il prezzo del Carbone Australiano (non potendo avere dati su quello cinese) continua ad essere basso, e come noto l’Austrialia è il principale fornitore di Carbone per la Cina. Escluderi un trend di passaggio alle energie nucleari o rinnovabili della Cina (nel breve periodo). Si tratta di minore domanda.

4. Infine la cosa più significativa, ovvero l’inversione sempre più accentuata della curva dei tassi interbancari, cioè su scadenze più brevi ci sono tassi più alti. Questa è una situazione che statisticamente prelude ad un forte rallentamento dell’economia reale (spesso una vera e propria recessione)

Conclusione: mentre le borse cinesi stanno già scontando un forte rallentamento quelle occidentali e il Nikkey scontano tassi di crescita insostenibili. Nella mia opinione siamo in una situazione simile alla bolla internet del 2000 solo che è una bolla ben suddivisa fra obbligazionario sovrano e corporate occidentale e borse occidentali. Entrambi mercati con premi al rischio RIDICOLI.

(www.rischiocalcolato.it)

Lo shock proveniente dall'esterno impattante sull'eurozona, farebbe saltare tutti i calcoli della Germania, la quale intende fare il minimo per vivacchiare e far galleggiare in agonia i paesi periferici:

"La nebbia sui dati macro durerà ancora almeno due-tre settimane e non è chiaro se il mercato riuscirà a mantenersi così ottimista.

Al momento, quindi, vediamo nel breve più potenziale di ribasso (non necessariamente pronunciato) che di rialzo. Per metà anno, invece, le borse potrebbero essere benissimo sopra i livelli attuali.

Il Fondo Monetario, dal canto suo, lancia un monito sulla fragilità della ripresa e sui rischi di deflazione. Il suo rapporto al G-20 (un appello accorato a mantenere politiche monetarie accomodanti) sembra scritto, dalla prima all’ultima riga, per la signora Merkel. Lagarde e Blanchard, che ne sono gli ispiratori, sono cittadini di quella Francia che si sente soffocare ed è costretta a vendere ai cinesi un suo gioiello come la Peugeot.

Il problema, per l’Europa e per il mondo, è che la Germania è perfettamente soddisfatta per come stanno andando le cose a casa sua. Certo, ci sono problemi strutturali come la caotica politica sull’energia (decisa peraltro in totale autonomia), ma per il resto tutto va per il meglio.

L’inflazione è prevista tra l’1.5 e il 2 per cento da qui al 2018, la produzione industriale va bene, così come l’export e l’occupazione. I conti pubblici sono sotto controllo senza nessuno sforzo, il debito scende di anno in anno, l’euro va benissimo dove sta. La Germania non ha nessuno stimolo a cambiare alcunché. Se l’Europa mediterranea veleggia verso l’inflazione zero va benissimo, così recupera competitività. Se inflazione zero e Pil reale a zero significano debito-Pil in continua salita per l’Italia, non c’è problema. Visto che non ha voluto fare le riforme e tagliare la spesa, che ristrutturi il debito o si tassi di più.

Se l’America cresce come previsto, calcola la Germania, l’Italia può andare avanti a galleggiare, mentre gli altri (Spagna, Irlanda e Portogallo), che si sono dati da fare di più, possono continuare a curarsi e a guarire. La Francia è grande e si può arrangiare da sola.

Quella tedesca è una scommessa, ma non è così irrazionale. Il punto debole è che, al presentarsi di uno shock esogeno, la fragilità dell’impianto verrebbe alla luce."

(www.wallstreetitalia.com)

La Germania è un castello di carte pronto a crollare. Le sue banche sono marce fino al midollo, ricolme di scommesse in derivati che non potranno mai essere soddisfatte. La sua domanda interna è bassissima come nel resto d'Europa. Le sue esportazioni però vanno a gonfie vele, fin tanto che non arriverà lo shock esterno. E sta già arrivando, poiché la Germania scommetteva sulle economie emergenti, che invece stanno crollando una ad una. Dovrà accontentarsi del mercato Usa ed europeo, che come già detto non sono in buona forma. E se dovesse arrivare qualche cattiva notizia dalla locomotiva cinese, si fermerebbero anche le piccolissime riprese americane ed europee.

Forse a quel punto la Germania aprirà gli occhi sulle politiche monetarie sbagliate dell'euro. Ma saremo ancora in tempo?

sabato 22 febbraio 2014

Renzi e i suoi alleati contro l'Europa


Senza smentire il post precedente, se il nuovo governo non cede alla tentazione di un'ennesima patrimoniale recessiva, o se non cede alle richieste di Fmi, o Bce, o qualche altra emerita "associazione di benefattori internazionali" per rifilarci un prelievo bancario alla cipriota, Renzi potrebbe intraprendere una nuova battaglia con l'Europa, avendo alcuni alleati in Italia e all'estero.

"Dal nuovo Presidente del Consiglio filtrano alcune buone notizie sulla volontà di proporre all’Europa una profonda riforma dell’Euro. All’uopo Renzi – secondo indiscrezioni di stampa – vorrebbe sfruttare la prossima Presidenza italiana dell’Unione Europea. Se fosse vero, il Governo italiano sarebbe il primo ad interpretare la Presidenza di turno dell’Unione come un’occasione di leadership non meramente formale, il primo a portare al livello intergovernativo le proposte di quegli economisti che hanno previsto correttamente la gravità della crisi europea e ne hanno da tempo indicato i rimedi."
(www.ilfattoquotidiano.it)

L'alleato italiano di Renzi è facile da indovinare: non è Alfano, che come pensavo alla fine si è accontentato di vuote promesse e ha dovuto abbassare la cresta; ma è chiaramente Berlusconi che lo sosterrà nei momenti di difficoltà come ha fatto più o meno capire a tutti.

Questa situazione è nuova. Perché la precedente grande coalizione con Letta e il sostegno diretto di Pdl/Forza Italia in realtà non funzionava. Troppo europeista il Pd bersaniano, troppo antieurista il Pdl di Brunetta-Berlusconi.

Ora con Renzi, fra i due partiti politici principali si è creata una convergenza. Il Pd renziano sta diventando più critico sull'Europa, tanto che il vero portavoce dei sentimenti democratici è ora il nuovo Prodi molto critico con l'Europa dell'euro mal fatto. Forza Italia ha moderato in parte il suo scetticismo sull'Europa, lasciando alla Lega il compito di rappresentare i critici dell'euro.

Al contrario di Gawronsky che parla di un Renzi pronto a prendere le armi contro l'Europa e la Germania, non credo ad un capovolgimento così evidente delle politiche euriste del Pd. Probabilmente Renzi prenderà le cose alla lontana. Manterrà il suo atteggiamento critico verso il "ce lo chiede l'Europa", verso i vincoli stupidi come il 3% del deficit/Pil, ma almeno all'inizio sosterrà che l'Italia deve fare i "compiti a casa".
Probabilmente vorrà portare a termine alcune riforme importanti e presentarsi in Europa con alcuni assi nella manica. Il problema è capire se la politica italiana glielo permetterà.

Non c'è solo Alfano, c'è anche Civati e altre aree di scontenti che nel corso delle settimane andrà ad ingrossare le fila antigovernative. Per questo il sostegno deciso di Berlusconi sarà importante per il futuro di questo governo. Ma anche questo sostegno potrebbe andare in una certa direzione, ma potrebbe non arrivare per sostenere determinate riforme volute da Renzi.
E poi c'è il lato oscuro della "non politica" italiana, il lato tecnico:

"La natura della sfida è innanzitutto tecnica. L’economista top del momento ha appena diffuso in rete uno studio sulle riforme minime necessarie per rendere l’Euro funzionale: esse occupano non meno di settanta pagine! Renzi vorrebbe abolire il limite del deficit pubblico al 3% del Pil:posizione saggia quando si è in recessione come adesso, meno quando si è in piena occupazione; su questo pochi sono in disaccordo.

Ma una riforma tiene l’altra: una singola modifica non regge da sola; occorre cambiare l’intero paradigma. Per fare ciò occorreva un Ministro dell’Economia orientato in tal senso e con una visione adeguata, non un altro sostenitore della linea Monti-Letta-Saccomanni-Draghi-Merkel. Padoan è invece un esponente di quella sinistra che ha perso le radici e l’anima: infatti, era l’alternativa a Saccomanni nel Governo Letta. Da chief economist dell’OCSE ha sostenuto la stupida austerità e il paradigma vigente. Speriamo che ci sorprenda, ma non ci scommetterei."

(www.ilfattoquotidiano.it)

Ma un altro inaspettato alleato per Renzi potrebbe essere il nuovo Parlamento europeo. Alcuni commentatori hanno già affermato che il nuovo governo rischia molto se il Parlamento europeo dovesse riempirsi di populisti antieuropei. Ma potrebbe anche essere al contrario un vantaggio per Renzi, che potrebbe mostrare alle altre cancellerie europee quali sono i pericoli se non si fanno cambiamenti alle politiche economiche europee.

"Oltre alle difficoltà ‘tecniche’ ci sono enormi difficoltà diplomatiche: perché l’Europa (in particolare la Germania e la BCE) sono determinatissime a contenere l’offensiva di Renzi, ed anzi ad utilizzarla a proprio vantaggio per rafforzare la presa ferrea del liberismo sulle nazioni europee, offrendo allentamenti congiunturali in cambio di un ulteriore indurimento delle stupide regole depressive. Ma per avere anche solo qualche possibilità di vincere la sfida diplomatica contro l’autolesionismo europeo occorre, oltre a un Parlamento Europeo rinnovato e solidale, una solidarietà non formale di Obama, una disponibilità di Francia e Spagna, anche un Presidente del Consiglio con una chiara visione di dove vuole arrivare e come, un Ministro dell’Economia in piena sintonia, e un paese compatto, in grado di resistere ai possibili tentativi di destabilizzazione dall’estero."
(www.ilfattoquotidiano.it)

Se non sarà in Parlamento europeo solidale, potrebbe essere anche un Parlamento caotico a far vacillare le certezze di Merkel e Bundesbank. Se dopo le elezioni tedesche non è cambiato nulla (come del resto mi aspettavo), dopo quelle europei ci saranno importanti terremoti politici in giro per l'Europa. Il maggiore sarà in Francia, con una grande affermazione del Front National. Il terremoto italiano non sarà invece una sorpresa, perché sarà la riconferma e probabilmente il rafforzamento dei Cinquestelle. La disponibilità di Francia e Spagna potrebbe giungere a seguito di batoste elettorali dei partiti storici.

In ogni caso un numero molto grande di partiti fuori dalle grandi famiglie politiche europee potrebbe mettere in crisi il nuovo Parlamento europeo. E di conseguenza l'intera istituzione europea. La Germania si ritroverà sempre più isolata, e comunque anche sempre più preda ed immersa dalla crisi. La crisi internazionale dei paesi emergenti prosegue. Solamente si sposta da un paese all'altro: prima era la volta di Argentina e Turchia, ora la crisi investe Thailandia e rublo. In queste condizioni le esportazioni tedesche stanno subendo dei contraccolpi, e non possono più essere riassorbite dal resto d'Europa. Le aspettative di fiducia dei produttori tedeschi sono crollate in pochi mesi.

Se non sarà la politica di Renzi a convincere la Merkel, ci riuscirà la crisi?

venerdì 21 febbraio 2014

Il vero utile idiota


"Per uno Stato in emergenza a rischio default, l'introduzione di una tassa patrimoniale è il male minore. Insomma potrebbe essere una soluzione necessaria. È quanto ha detto il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, con un'allusione indiretta al dibattito italiano."
(www.wallstreetitalia.com)

Un messaggio in codice per il futuro premier italiano? Forse non è nemmeno così difficile da decifrare. Matteo, devi fare la patrimoniale, dice zia Merkel.

Il carrierista Renzi è pronto a tutto pur di arrivare. E pronto a fare un patto col diavolo. Ma anche solo con la "tessera n. 1 del Pd" e con la Bundesbank, che non saranno il diavolo ma non sono nemmeno l'acqua santa.

"Per la serie Conflitto di Interessi. Ricordate la telefonatina finta di Maurizio Barca? Quella in cui l’ex Ministro rivelava di essere stato preavvisato dalla giornalista-segretaria-particolare che il “Presidente” (CDB) l’avrebbe anche potuto chiamare e di stare pronto nell’eventualità fosse stato fatto ministro.

Fiuuu l’abbiamo scampata, alla fine Maurizio Barca NON sarà Ministro dell’Economia, al suo post nostro nuovo eroe “indipendente” sfornato dalla Bocconi.

Come no ooooops

Per puro caso (ma guarda tu lo scherzo del destino), Guido Tabellini è ANCHE consigliere indipendente di CIR e dunque si becca Gettoni dall’ing. Carlo de Bendetti.

Ah beh però sereni, si dimetterà prima di giurare come Ministro.

Bravo Renzi, bravooooooooo. "

(www.rischiocalcolato.it)

Ma il nuovo "gomblottone" riuscirà o no? Forse questa volta la cancelliera pensando di servirsi di un governo Renzi ha sbagliato i suoi conti. Con un Alfano che fa le bizze, un Renzi che non ci sta a fare il Letta2 e vuole un ministro dell'economia "non tecnico", con un Presidente della Repubblico sull'orlo di una crisi di nervi, un Berlusconi ringalluzzito e sulla scena più che mai... ma cosa può combinare un nuovo governo Renzi che sia utile alla Cancelliera?

Mi pare che si stia facendo un gioco dove ognuno cerca di fregare l'altro. La Bundesbank e la Germania cercano di scaricare la crisi unicamente sui periferici (come al solito), De Benedetti cerca di salvarsi, Alfano cerca di dare fastidio a Berlusconi e salvare il suo partitino, Berlusconi difende l'accordo elettorale con Renzi per far fuori i concorrenti, Renzi si muove come un rullo compressore cercando di fregare tutti (se ci riesce): dalla Germania passando per il Presidente fino ad Alfano (ma non Berlusconi!).

La situazione politica è sempre più caotica, mentre i media fanno di tutto per mettere in risalto le situazioni più dolorose: suicidi, terrorismo no Tav, manifestazioni, sondaggi antirenziani... Il clima nel paese peggiora a vista d'occhio, da quello economico a quello sociale. I poteri forti che sembravano lavorare per Renzi contro Letta, in realtà stanno lavorando per il partito del caos.

"Dopo Monti, Grilli e SaccoDanni pare tocchi a Guido Tabellini, altro fenomeno sfornato da quella autentica fucina di stelle chiamata Università Bocconi…. uhm non ricordo chi è venuto prima di Tabellini dalla Bocconi …. uhmmmm

Bravo, bravoooooo

Ma che grande innovazione, l’Europa ce lo chiede, Renzi risponde.

Buon suicidio, la Pasokizzazione del PD è in corso e all’orizzonte di scorge Alexis Civati-Tsiparas. Ma ci rendiamo conto che M5S a parte l’unica vera opposizione in Parlamento è Pippo Civati?

Cioè siamo passati da un premier del PD senza investitura popolare con un tecnico all’economia a un premier del PD nemmeno eletto in parlamento con un tecnico all’economia.

Ci sarà da ridere."

(www.rischiocalcolato.it)

Chi è il vero utile idiota? Il siciliano a cui erano stati promessi mari e monti in cambio di un tradimento, per poi ritrovarsi politicamente in mutande, o il fiorentino a cui si è fatto credere di essere la nuova promessa italica, ma che dovrà poi sottostare alla volontà dei soliti poteri forti nazionali ed europei?

La cosa evidente, è che la seconda parte del governo Letta non era altro che un governicchio con il destino ormai segnato, il governo Renzi sembra nascere ancora più debole se si può.
Probabilmente, se Renzi non è un fesso, si è fatto due conti. Se gli va bene, diventa presidente del consiglio e impone le sue politiche riformiste con molta energia. Se va male, si fa un governo d'emergenza con il Cavaliere per fare la nuova legge elettorale e si torna in tempi brevi al voto. A questo punto penso che questa seconda ipotesi non sia da sottovalutare.

Non è escluso che i due volponi della politica abbiano stretto un patto d'acciaio di questo tipo, a scapito di Napolitano, dell'Europa e dei poteri forti italiani ed europei (e di tutti i partitucoli dell'arco parlamentare). Non mi stupirei di un tale patto politico segreto.
Probabilmente l'accordo Renzi/Berlusconi prevedeva un soccorso di quest'ultimo in caso d'emergenza, ma è prevedibile che l'emergenza scatti da subito.

giovedì 20 febbraio 2014

Chi resterà con il cerino acceso in mano?



Da quando con Berlusconi abbiamo archiviato in parte la democrazia, o evitando come la peste le elezioni, o sovvertendo del tutto la volontà popolare dopo le elezioni, stiamo tenendo un ritmo da prima repubblica: quasi un governo all'anno.

E’ come un gioco per vedere chi si brucerà con il cerino acceso della crisi dell’euro. Prima un governo tecnico, tanto per sperimentare se questi erano in grado di spegnere il cerino. Monti ha soffiato, soffiato e pareva quasi si spegnesse. Poi l’ha dovuto passare a un politico/tecnico elegante, di seconda fila ma gradito ai potentati economici finanziari. Il quale, Letta, ha promesso e ripromesso che prima o poi l’avrebbe spento il cerino, ma alla fine l’ha dovuto cedere al “pompiere volontario” Renzi.

Siamo così passati ad una nuova categoria: il politico giovane e di belle speranze. Riuscirà Renzi a spegnere il cerino prima di bruciarsi le dita? Le probabilità non sono molto alte. Per quanto mi riguarda me lo auguro, ma perché una cosa del genere avvenga è necessario che il nuovo governo italiano entri in rotta di collisione con l’Europa. Dubito che si abbia questo coraggio.

“"Il nuovo Primo Ministro Italiano avrà il compito più difficile di tutta l’Europa. Una volta confermato, governerà un paese con tre fondamentali problemi economici: un debito molto grande; nessuna crescita; e l’appartenenza a un'unione monetaria disfunzionale.

La situazione è economicamente insostenibile. A meno che l'Italia non ritorni a crescere, il suo debito diventerà sempre più paralizzante, rendendo in definitiva impossibile la sua posizione nell'eurozona. Il lavoro del premier è difficile, ma può essere descritto semplicemente: cambiare una o più di quelle tre variabili – senza lasciarsi alle spalle un disastro."
"La risposta standard su ciò che l'Italia ha bisogno di fare prevede una qualche combinazione di riforme economiche e consolidamento fiscale.

E la risposta non è completamente sbagliata. In Italia c’è un gran bisogno di riforme strutturali, ma dubito che esse sarebbero sufficienti. 
Se si perde il 15 per cento di qualcosa, bisogna crescere di circa il 18 per cento per ritornare al punto di partenza.
Questo numero è una misura approssimativa della dimensione del compito del signor Renzi.
Non voglio dire che il PIL dovrebbe aumentare di quell'ammontare nei prossimi quattro anni. Questo è impossibile. Ma bisognerebbe riportare il Paese su una traiettoria che alla fine chiuderà il gap - o almeno la maggior parte. Eppure, anche questa è un'ardua impresa. Si tratta di un aggiustamento più grande di quello messo in atto dalla Germania, o di quello che sta iniziando la Francia proprio ora.

Quanto possono incidere le riforme strutturali? Un ottimista citerebbe studi come quelli di Lusine Lusinyan e Dirk Muir del Fondo Monetario Internazionale. Immaginiamo un universo parallelo in cui l’Italia implementi una vasta gamma di riforme strutturali e del mercato del lavoro in questo preciso istante. Secondo gli autori, questo alla fine aumenterebbe il PIL del 13 per cento rispetto a quello che sarebbe stato in assenza di riforme. È interessante, e contrario alla percezione comune, constatare che le riforme del mercato del lavoro contano meno delle misure sul mercato dei prodotti, come la liberalizzazione dei servizi. Se si aggiungono le riforme fiscali, l'impatto potrebbe arrivare fino al 20 per cento. Missione compiuta.

Ma dubito che questi numeri siano realizzabili.
Le riforme, per quanto possano essere necessarie, non possono fare tutto il duro lavoro da sole. Per mantenere l'Italia nell’eurozona, il signor Renzi dovrà anche ottenere aiuto dalla Banca Centrale Europea. E questo significa che avrà bisogno di incidere sul dibattito macroeconomico all'interno dell'UE.
Devono verificarsi quattro fatti, e non tutti sono sotto il controllo di Renzi.

In primo luogo, l'inflazione dell'Eurozona non deve più rimanere costantemente al di sotto del valore obiettivo, come è stata negli ultimi tempi. In secondo luogo, l'Italia ha bisogno di tassi d'interesse più bassi, il che richiederebbe ulteriori misure non convenzionali. Terzo, le banche traballanti devono essere ristrutturate e quelle che vanno a pezzi devono essere chiuse, e va istituita una "bad bank". Quarto, le massicce eccedenze commerciali in Germania e Olanda dovranno scendere.
Per Munchau, di fatto, tutte queste circostanze non dipendono da Renzi, se non in minima parte, anzi la fattibilità politica di molte tra queste è praticamente nulla.”

E’ la solita situazione europea ingabbiata in un contesto monetario ed economico disfunzionle. Lo sanno tutti, credo. Anche quegli europeisti eurofanatici del P(u)D(€) che la situazione così com'è non può più funzionare ancora a lungo. Ed allora credo stiano tutti li ad aspettare che qualcuno si bruci le dita con il cerino acceso dell’euro. Non vale la pena fare nuove elezioni, tanto vale continuare così in una democrazia sospesa, sacrificando un vecchio Presidente che ormai ha finito la sua carriera politica, e via via sacrificando quei poveri e incauti politicanti arrivisti che si illudono di risolvere la crisi rimanendo nella gabbia eurista.

In fondo a Berlusconi gli hanno fatto un favore. Mentre sconterà il suo periodo detentivo, una specie di confino politico, un esilio salvifico, ne succederanno di tutti i colori. E come lui sono fortunati tutti quelli che sono ai margini del potere, che non sono coinvolti direttamente nel governo. Quando l’euro si sfracellerà, tutti quelli che sono stati a guardare da fuori, si riprenderanno il potere. Già personaggi di peso come R. Prodi si stanno riposizionando. Quando l’Europa esploderà saranno li pronti a dire: “Ecco, l’avevo detto io. Avevo ragione a dire che l’euro non funzionava”. Invece tutti quelli che incautamente si sono finora incaponiti per rimanere nell'euro, verranno spazzati via.


Quelli furbi stanno fuori dallo scontro e dalle responsabilità, ed attendono che la baracca crolli. Poi arriveranno a spazzare le macerie e ricominciare da capo. 
Purtroppo per noi, quelle macerie siamo noi cittadini, è l'Italia.

mercoledì 19 febbraio 2014

Piovono banchieri


Come nel '29, è pericoloso sostare nei pressi di un grattacielo che ospita un'istituzione finanziaria americana: si rischia di rimanere schiacciati da un banchiere uscito da una finestra al 30° piano.

Che esista un nuovo indice finanziario basato sul numero di lanci di banchieri dalle finestre? Se esiste allora dobbiamo cominciare a preoccuparci...

"La serie di suicidi di banchieri iniziata alla fine di gennaio sembra trasformarsi in epidemia, particolarmente concentrata sul colosso bancario americano JP Morgan.

Un terzo banchiere di JP Morgan si è tolto la vita martedì 18 febbraio presso la sede di JP Morgan Charter House Asia, nel centro di Hong Kong. Era un trader di 33 anni e si è suicidato lanciandosi dal tetto del grattacielo che ospita la sede della banca americana.

Il 26 gennaio 2014 la polizia di Londra aveva trovato il cadavere di William Broeksmit, 58 anni, ex direttore esecutivo presso la Deutsche Bank, morto impiccato nella sua casa di Kensington.

Il 28 gennaio Gabriel Magee, banchiere di 39 anni presso JP Morgan Londra, è morto dopo essersi lanciato dal tetto della sede della banca. Magee era vice presidente nel dipartimento tecnologico della banca. La polizia ha confermato che si tratta di un suicidio.

Il 29 gennaio Mike Dueker, 50 anni e economista capo presso la società americana Russell Investments si è suicidato saltando da un ponte a Tacoma, nei pressi di Washington.

Il 3 febbraio, Ryan Crane, 37 anni e direttore esecutivo presso JP Morgan Chase a New York è stato trovato morto nella sua casa di Stamford, nel Connecticut.

Diversi commentatori britannici e nord americani affermano che questi decessi intervengono nel momento in cui alcune multinazionali subiscono importanti perdite, le quali potrebbero lasciar presagire l’imminenza di una nuova e grave crisi finanziaria."

(www.rischiocalcolato.it)

Ma niente paura. La stampa di regime ci rassicura. I banchieri sono stressati, sarà sufficiente qualche week end libero in più:

"E’ successo perciò che da febbraio Deutsche Bank, maggiore istituto di credito europeo, ha introdotto nuove linee guida, che includono la possibilità di avere almeno 4 giorni liberi al mese durante i fine settimana. Ma anche Citigroup va verso politiche aziendali per agevolare la vita dei giovani banchieri.
...
Fin dallo scorso ottobre Goldman Sachs ha annunciato la creazione di una task force per migliorare l’equilibrio tra vita privata e carriera per i dipendenti più giovani, e ha tagliato il lavoro nel weekend per gli analisti. Il mese scorso Jp Morgan Chase ha comunicato che avrebbe assunto più giovani per alleviare il carico di lavoro degli analisti e degli associati. ... la banca d’affari sta ampliando il suo programma pilota per garantire ai banchieri junior l’opzione di «un weekend protetto» al mese
...
Anche BofA si è allineata e ora raccomanda ai dipendenti più giovani di prendersi almeno quattro giorni al mese durante i weekend, in linea con quanto suggerito pure dal Credit Suisse, che ha esortato i suoi banchieri junior a non andare in ufficio il sabato"

(www.corriere.it)

E' tutto ok! non c'è da preoccuparsi. Piovono banchieri... stressati. Il disastro economico che ci circonda non centra proprio niente. Forse.

martedì 18 febbraio 2014

Aspettando le matteocomics


In attesa che Renzi indichi un nome per il ministero dell'economia, intanto ci sono le proposte propagandistiche dei renziani. Secondo l'economista Forte, ma anche ex ministro socialista, "«Il programma economico di Renzi è utopico e pericoloso. Promette tagli di spesa impossibili da realizzare, e introduce un reddito minimo garantito per 4 -5 milioni di disoccupati che creerà solo nuovo assistenzialismo».
...
È utopico perché presuppone tagli di spesa che Cottarelli non riuscirebbe a fare.
...
Renzi non dice come saranno attuati e questa è già la prima ragione per ritenerli irrealizzabili.
Cottarelli ha previsto di poter tagliare 13 miliardi di euro, mentre Renzi ritiene di dovere tagliare una cifra molto più elevata. Dovrebbe quantomeno indicare a quali ambiti o settori intende applicare la spending review . Non mi sembra verosimile, per esempio, che il sindaco di Firenze tagli i fondi agli enti locali."
(www.ilsussidiario.net)

E’ ovvio ormai a tutti che non si esce dalla recessione senza politiche keynesiane di qualsiasi tipo. Persino Squinzi della Confindustria chiede allo Stato di fare più investimenti, più incentivi, riduzioni di tasse ecc. di dare insomma una poderosa spinta all'economia con denaro pubblico.

Quindi è ovvio che si debbano cercare nuove risorse pubbliche da destinare in qualche modo all'economia privata. Che siano incentivi fiscali, riduzioni di tasse (cuneo fiscale ecc.) o investimenti pubblici diretti, si tratta in ogni caso di soldi pubblici che vanno trovati, risparmiati o spesi.

Non ci sono altre soluzioni per ritornare alla crescita. L’austerità espansiva è un colossale miraggio. L’austerità è quello che è: tirare la cinghia, tagliare, limitare la spesa e in definitiva rilasciare meno denaro pubblico nel mercato privato. Il mercato di per se non è in grado di animarsi da se in automatico. Non è nemmeno in grado di farlo negli Stati Uniti, dove malgrado la libera iniziativa economica sia mille volte più incentivata che da noi, l’amministrazione federale è dovuta ricorrere a enormi quantitative easing per ottenere un abbattimento modesto della disoccupazione.

“Per quanto riguarda il mercato del lavoro ecco finalmente un’analisi convincente America’s Labor Market Has Suffered Permanent Harm 
… la ricerca recente suggerisce che il tasso di disoccupazione sta dicendo qualcosa di importante… il messaggio è un deprimente: l’offerta di lavoro degli Stati Uniti può essersi  arrestata in modo permanente. In tal caso ciò significherebbe che l’economia sta funzionando ormai vicino al suo potenziale.

Fantastico no, in America dopo trilioni di dollari di intervento statale e monetario alla faccia di quei quattro pinguini che ancora invocano il libero mercato, sono ancora in queste condizioni miserabili…”

Detto ciò, non è che Renzi abbia molte altre possibilità, non potendo fare ne debito, ne deficit di bilancio.


La sua strada è piuttosto stretta, stando nei parametri europei. Può trovare risorse dai tagli degli sprechi o delle spese non efficienti, e cercando uno spiraglio europeo in una deroga minima del parametro deficit/Pil del 3%. Numero peraltro che non pare avere nessun aggancio con qualche legge o prassi o teoria dell’economia pubblica e privata.

Un abbozzo di programma economico renziano era già leggibile nelle dichiarazioni al Sole24ore dell'esperto economico Davide Serra, in un articolo di gennaio. Credo che alcune delle cose dette da Serra verranno contraddette, ma già allora l'economista delle Cayman parlava di tagli e cuneo fiscale.

"TAGLIARE LA SPESA PUBBLICA

Il settore pubblico è la metà del nostro Pil, e non è il miglior operatore, anche a causa della corruzione congenita del nostro sistema. Prendiamo i numeri: abbiamo 2.000 miliardi di debito e un prodotto interno lordo di 1.600 miliardi, 850 dei quali sono spesa pubblica: pensioni, sanità, spesa corrente e interessi sul debito. ... C’è una sola soluzione: tagliare la spesa pubblica e riqualificarla togliendo sprechi e allocando correttamente le risorse, anche per migliorare i servizi.
...
RIDURRE I DIRIGENTI NEL PUBBLICO IMPIEGO

Torniamo ai dati: abbiamo meno dipendenti pubblici dei nostri partner, ma li paghiamo di più, non nella parte bassa, ma in quella alta. Gli altri spendono il 13 per cento in meno rispetto a noi. L’impatto è devastante: uccidiamo la competitività, diventiamo deboli nei settori innovativi, ammazziamo le imprese e aumenta la corruzione.

TAGLI ALLE SPESE PUBBLICHE PER 30 MILIARDI COI COSTI STANDARD

Va dunque tagliata la spesa del 20 per cento, per un risparmio pari al 2 per cento del Pil. Come si fa? Tagliando i costi della politica, intanto: via il Senato, via le Province. E tutto il resto a costo standard, come prova a fare la Consip: cioè si prende l’esempio più virtuoso della Pubblica amministrazione ed entro tre anni tutti si devono adeguare. Nessuna scusa."

Per giungere ad ottenere:

"RIDUZIONE TASSAZIONE SU IMPRESE E LAVORATORI

Il maggiore gettito per le casse dello Stato andrebbe a compensare, secondo Serra, una riduzione del 10 per cento delle tasse sulle imprese, per renderle competitive rispetto alle equivalenti europee, e delle imposte sui lavoratori.
...
APPLICARE IL FISCAL COMPACT E TROVARE 50 MILIARDI

Dobbiamo trovare 50 miliardi di euro l’anno per dieci anni, come dice il Fiscal compact che abbiamo firmato. Del resto quando un’azienda è sovraindebitata, non devi far altro che aggiustare la struttura del debito. Sono dolori, ma l’alternativa è saltare in aria. ..."
(scenarieconomici.it)

Sul fiscal compact ho mille dubbi, e credo li abbiano molti economisti e politici, se è vero che qualcuno ha proposto di abolirlo o rimandarlo. Sicuramente il fiscal compact non ci porterà crescita, poiché al costo annuale di 50 mld non corrisponde un'analoga riduzione della spesa per interessi. Quindi è un provvedimento ultra recessivo e dubito che il suggerimento di Serra verrà preso in considerazione da Renzi (se vuol essere rieletto).

Serra suggerisce poi entrate alternative e come sempre un po' demagogiche:

"AUMENTO ALIQUOTA RENDITE FINANZIARIE DAL 20% AL 30%

Tra le più importanti misure proposte da Serra per salvare l’Italia c’è l’aumento delle tasse sulle rendite finanziarie, e non di poco, addirittura di dieci punti percentuali, dal 20 al 30 per cento. Una cosa di sinistra. Serra propone di trovare un punto di Pil, circa 10 miliardi di euro, dai profitti sulle attività finanziarie, cioè proprio sul suo business."
...
LOTTA ALL’EVASIONE ELIMINANDO LE DEDUZIONI ED ABOLENDO IL CONTANTE

C’è da recuperare denaro dall’evasione, una delle cause del debito, e c’è da semplificare il sistema tributario che è una cosa da pazzi. Quando in Inghilterra faccio la dichiarazione, il mese dopo mi dicono quanto gli devo, e non ci sono deducibilità. Semplice. Le deducibilità sono fatte per comprare voti. Ci vuole una semplificazione totale. Siamo primi nell’economia sommersa: l’ultimo dato è del 21,5 per cento. Fino a qualche anno fa in Corea del Sud era al 20 per cento, ma il Fondo monetario ha imposto l’uso delle carte e in poco tempo l’evasione si è ridotta al 5 per cento. Da noi abolirei il contante e per i controlli farei incrociare le dichiarazioni dei redditi e il flusso di cassa a un operatore non italiano, ... Senza questa evasione ventennale avremmo un rapporto debito-Pil del 60 per cento invece che del 130. E a noi basta arrivare al 100.
...
PENSIONI: CONTRIBUTIVO PER TUTTI

C’è una profonda ingiustizia tra chi è andato in pensione col sistema retributivo e chi ci andrà col contributivo. Nella gran parte dei casi i primi prendono più soldi di quanti ne hanno versati. Va fatta una revisione caso per caso o categoria per categoria, applicando a tutti lo standard contributivo. Se c’è chi prende 20 o 30 per cento in più di quanto ha contribuito magari glielo si lascia, così come a chi sta sotto certe fasce, ma se c’è chi prende una pensione superiore di 3 o 4 volte rispetto a quello che ha versato, be’, mi dispiace, si applica il contributivo. Che questa cosa non sia discussa è incredibile. Sono certo che ci sarà anche chi ha versato di più con il retributivo, ma questo dimostra l’illogicità del sistema. Nel 1983 si andava in pensione, in media, a 55 anni. Nel 2050 si andrà in pensione 15 anni dopo e si prenderà il 20 per cento in meno. Questo è un furto intergenerazionale, non diritti acquisiti."
(scenarieconomici.it)

Per quanto riguarda il taglio della spesa pubblica proposto (anche) dai renziani, credo sia giusto ma nello stesso tempo economicamente sbagliato. Tagliare e basta non è sufficiente. 
Qui non è che su un blog si possa dire in modo semplificato se la spesa pubblica italiana è troppo alta o in linea con il resto d'Europa. Potrebbe essere sia l'una che l'altra situazione, si dovrebbe analizzare voce per voce il bilancio, e soprattutto qualificare la spesa. Cioè capire dove si sta sprecando e dove magari si sta spendendo troppo poco.

Quello che lo Stato orientativamente dovrebbe fare, non è un taglio indiscriminato, anzi probabilmente sarebbe utile continuare a mantenere un livello di spesa non troppo diverso da quello attuale. So bene che a minor spesa pubblica corrisponde una minore tassazione. Ma anche questa equivalenza non è del tutto vera. Ne esiste un'altra: all'aumento del Pil corrisponde una riduzione della tassazione (se contemporaneamente non si aumenta la spesa pubblica).

Il problema però che in una situazione di crisi come l'attuale, la diminuzione della spesa pubblica è pericolosa e recessiva tanto come l'aumento della tassazione. Se è vero che la tassazione sulle imprese dovrebbe diminuire sensibilmente, è anche vero che i soldi pubblici sottratti a sprechi (o ricavati da altre fonti alternative indicate da Serra/Renzi) non andrebbero risparmiati dallo Stato ma investiti nell'economia reale ed utilizzati per dare una scossa alla medesima. Ecco perché penso che il discorso dei tagli e dalla spending review sia molto delicato.

Quindi, senza quantificare precisamente i miliardi dei tagli, penso che solo una parte di questi dovrà contribuire effettivamente al taglio degli 850 miliardi di spesa pubblica. Una parte consistente dovrebbe invece essere utilizzati per investimenti, incentivi, cuneo fiscale, sostegno pubblico di qualsiasi genere, che aiutino a far ricrescere il Pil attraverso politiche keynesiane.

Per quanto riguarda le entrate alternative prospettate da Serra, credo ci siano temi demagogici e temi difficili da trattare. Per quanto riguarda l'evasione fiscale, credo ci si stia illudendo un po' troppo:

"...penso che l'evasione descritta dalla propaganda di Stato sia un po' sopravvalutata. Non sono gli scontrini mancati o le fatture menzoniere a fare i buchi nell'erario. Sono le grandi aziende multinazionali a pagare pochissime tasse rispetto al loro giro d'affari. Su queste non si agisce mai."
(Il risanamento economico in stile renziano)
E' inutile sbraitare contro l'evasione fiscale e poi applaudire la Fiat che sposta la sua sede in Inghilterra e in Olanda!

Per quanto riguarda l'aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie, ci sono molte fonti alternative in rete, che provano che queste facilitazioni alle rendite finanziarie semplicemente non esistono. Già oggi sono pesantemente tassate. Penso che per tale motivo un aumento di tassazione in questo campo sarà molto più limitato da quanto prospettato da Serra.

Anche l'intervento sulle pensioni, cioè su quelle già erogate, sarà molto difficile, come hanno dimostrato le numerose sentenze giudiziarie che hanno di fatto limitato molto il taglio delle pensioni d'oro. 

Si tratta di tante proposte di tipo populista che trovano il tempo che trovano. Che non daranno gettiti importanti, o che secondo la legge di Laffer, possono produrre addirittura una diminuzione delle entrate fiscali.

Quindi tolte queste ultime proposte folkloristiche, tra cui inserisco anche la vendita del patrimonio immobiliare pubblico mai decollata, rimane in definitiva come unica strada a Renzi per trovare le risorse necessarie per i suoi progetti, il taglio della spesa pubblica attraverso la sua qualificazione. Se non ci riuscirà, come sembra intravvedere l'economista Forte, il suo destino sarà lo stesso di Monti e Letta. E l'Italia avrà di nuovo perso del tempo.

Credo che Renzi si renda conto di questo rischio e sia per questo motivo che abbia messo come primo suo provvedimento da attuare la legge elettorale, malgrado i più impellenti problemi economici. Se non riuscirà a portare avanti un programma così ambizioso, potrà mandare tutti a casa con una nuova legge elettorale e puntare dritto ad elezioni anticipate.