lunedì 3 febbraio 2014

Un rebus per Draghi


Si susseguono giornate tristi sui mercati. Mentre i mercati sono colpiti dalla volatilità, lo spread non pare essere in pericolo. Non è detto che questa situazione duri a lungo. Se il panico dovesse aumentare in modo irrazionale, oltre ad abbandonare i paesi emergenti, i capitali potrebbero abbandonare i paesi con un pessimo rating. Tipo l’Italia.

"Se, infatti, le condizioni di mercato dovessero mettersi in modalità “risk off” per il peggioramento delle condizioni globali, non dimenticando l’elefante nella stanza rappresentato dalla Cina, sarebbero i beni rifugio i primi a beneficiare della situazione, ovvero Treasuries Usa, Bund e oro a tutto discapito del debito del Sud Europa, che vedrebbe vanificato il benefico effetto carry -trade di differenziali alti ma non fuori controllo come nel 2011"
(www.ilsussidiario.net)

In eurozona non ci sono solo problemi di imminente crisi di fiducia dei mercati proveniente dall’esterno, la stessa che colpisce l’Argentina ed altri paesi, molto sovrani e anche molto sbilanciati nelle loro partite correnti. Il credito facile è corso selvaggio in questi paesi, ed ora i prestatori temono di non riveder tornare i loro prestiti. E più le monete degli emergenti si svalutano è più i capitali fuggono da quei paesi.

Poi naturalmente ci sono antiche tare, come ci sono ovunque, soprattutto nei paesi latini (come il nostro), ed in quelli da sempre con un piede nel terzo mondo.

Sono paesi dove la disorganizzazione, il senso civico latitante e la corruzione molto spesso la fanno da padrone. Oggi per esempio l’Unione europea ci ha fatto qualche predicozzo sulla corruzione: mi è piaciuto il passaggio in cui si diceva che in Italia siamo molto corrotti perché ci sono molti processi di casi di corruzione. Domanda ingenua: ma questo è un buon metodo per verificare la corruzione, o piuttosto la certificazione che prima o poi chi compie abusi, peculati ecc. viene beccato? Dove ci sono pochi processi per corruzione, è perché questa non c’è o è perché non si vuole che venga fuori?

Comunque in Eurozona oltre alle problematiche esogene e storiche, c’è il problema interno della cattiva gestione della moneta unica e della guida economica dell’Unione. Ormai siamo in una fase matura di completo disfacimento delle economie periferiche (e nemmeno tanto se si guarda alla Francia). Stiamo entrando in una pericolosa fase deflativa che rischia di far arretrare ulteriormente il Pil ed aumentare vertiginosamente i debiti pubblici e privati.

Come al solito l’unica organizzazione europea in grado di metterci una pezza (risolvere no, non c’è volontà politica) è la Bce. Un articolo di M. Bottarelli spiega quali potrebbero essere le carte in mano a Draghi, nel caso la crisi proveniente dall’estero o quella interna rendessero necessario un intervento della Bce.

“Complessivamente, nell’Unione valutaria ci sono 19 milioni e 10mila disoccupati, comunque sia 130mila in più rispetto a dicembre 2012

Il problema è che a fronte di un piccolo miglioramento, ieri è emerso anche un dato decisamente preoccupante. La lettura preliminare dell’indice dei prezzi al consumo nell’area euro a gennaio ha mostrato una crescita dello 0,7 % anno su anno, in calo rispetto al consenso (+0,9%) e al dato definitivo di dicembre a +0,8%, mentre i prezzi dell’energia, sempre a gennaio, sono scesi dell’1 ,2% a livello annuale. Uno sviluppo che mette ulteriormente pressione sulla Bce e alimenta i timori sui rischi di deflazione

i dati stanno alimentando l’aspettativa di ulteriori misure accomodanti da parte dell’Eurotower nel meeting di politica monetaria di giovedì prossimo e con un dato inflazionistico simile per Draghi potrebbe essere meno ostico superare le resistenze tedesche
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Il ventaglio di misure a disposizione di Francoforte resta ampio ma non troppo. Si v a dal taglio del tasso di rifinanziamento principale allo 0,1 % (dallo 0,25% attuale) all’acquisto di asset delle banche ma occorre essere onesti e sottolineare come i recenti tagli dei tassi di interesse non abbiano sortito gli effetti sperati e anche le due aste di rifinanziamento Ltro hanno solo tamponato una situazione di emergenza riportando la calma sui mercati finanziari ma creando il cosiddetto stigma, ovvero il circolo vizioso tra banche e titoli di Stato (tanto più che una banca come Unicredit deve ancora ridare 21 miliardi alla Bce, mentre Intesa ha ripagato l’intero ammontare ottenuto). Questa volta Francoforte deve necessariamente guardare alla crescita e cercherà di stimolare l’economia reale.

Le opzioni sul tavolo sono tre. La prima, acquisto diretto di portafogli di prestiti delle banche. Si tratterebbe di un quantitative easing all’europea, con la liquidità che potrebbe essere dirottata verso quelle banche che hanno la più alta concentrazione di prestiti in portafoglio, incentivando la riattivazione del credito. Seconda, un’asta Ltro sul modello Funding for Lending Scheme della Bank of England che prevede condizioni di favore, tassi di rifinanziamento più bassi, per le banche che prestano di più.

Terza, la più improbabile perché la Germania innalzerebbe le barricate, acquisti di titoli di Stato dai portafogli delle banche, senza ovviamente aste di sterilizzazione successive, poiché altrimenti si tratterebbe unicamente di una partita di giro. Ovvero, un quantitative easing in piena regola.”

(www.ilsussidiario.net)

Insomma, sempre la solita assordande musica, per le fini orecchie della Bundesbank e del contribuente tedesco. Alla fine sempre li si va a parare. O si stampa, o si stampa. Anzi un’altra opzione ci sarebbe, si dice addio ad euro ed eurozona. 
Inutile continuare a ripeterlo, la via di mezzo percorsa finora non funziona. Non ci sono segni ne di riprese, ne di fine della crisi dei paesi periferici. Pare che la Grecia dovrà richiedere a breve nuovi prestiti o ristrutturazioni. Poi c’è da scommetterci sarà la volta del ri-ri-ri… salvato Portogallo, poi magari della già in ripresa Irlanda, e il ciclo continuerà all’infinito…

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