sabato 1 giugno 2013

Ce lo chiede l'Europa (ancora)


Ancora una volta l'Europa rompe le uova nel paniere della politica italiana. I due maggiori partiti, soprattutto il Pdl, pensavano di sfruttare quei pochi miliardi disponibili dal rientro della procedura di deficit eccessivo per aumentare un po' il consenso elettorale. Un po' di sano clientelismo. Ma l'Europa non da tregua, e dopo la lettera a Berlusconi, arriva la letterina per Letta (e Alfano).

Che cosa ci chiede ora l'Europa? Il consolidamento fiscale lo aveva già chiesto, anzi imposto a Berlusconi. Ma poi non era rimasta soddisfatta dal guitto di Arcore, e quindi sostituitolo con Monti aveva delegato costui a perseguire al meglio lo stritolamento fiscale della penisola. Risultato? Un disastro devastante certificato ultimamente anche dalla Corte dei Conti (vedi "La Corte dei Conti ha nostalgia di Berlusconi").

E' per questo che oggi l'Europa non osa più chiedere aumenti di imposizione fiscale. Oggi l'Europa si limita a chiedere un trasferimento del carico fiscale da un capitolo di bilancio all'altro. Non ci sono più margini di manovra. Lo riconoscono anche dalle parti di Bruxelles. Ora tentano di convincerci a fare spostamenti di tassazione dal lavoro all'immobiliare e consumi. Come se servisse a qualcosa.

Se i lavoratori dipendenti ed autonomi pagheranno meno Irpef, ma nello stesso tempo subiranno più tasse sulla casa e sui consumi, probabilmente il risultato rimarrà lo stesso. Recessione strisciante.

"Riformare il catasto, moltiplicare asili e il tempo pieno per facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro di chi ha una famiglia, rivedere le esenzioni Iva, rendere più trasparenti i bilanci bancari e la governance del credito, flessibilizzare il mercato occupazionale, spostare «a saldi invariati» il gettito dal lavoro alle proprietà e ai consumi. Questo, e altro ancora, nelle raccomandazioni che la Commissione Ue farà oggi all’Italia per indicare la via dell’equilibrio dei conti pubblici..."
(www.wallstreetitalia.com)

La crisi di sovranità dell'Italia, che si è trasformata in una crisi fiscale e in una recessione, ha inciso profondamente nel paese. Se gli italiani si dovessero ritrovare qualche soldo in più in busta paga, li utilizzerebbero per pagare vecchi debiti, o per risparmiare, visto che la fiducia in un futuro roseo non c'è più.
Di sicuro non correrebbero al supermercato a fare spese pazze e ad incrementare i consumi.

Certamente l'Europa non ama ne Berlusconi ne il Pdl, e si vede bene dalle richieste fatte pervenire a Letta. Perché spostare la tassazione dal lavoro all'immobiliare e consumi, vuol dire rendere impossibile l'eliminazione dell'Imu e la riduzione dell'Iva. Anzi, la riforma del catasto, fa presumere un inasprimento ulteriore dell'Imu. Probabilmente ci sono eurocrati a Bruxelles più sensibili alle sirene del centro sinistra italiano.

Ma malgrado non creda sia giusto eliminare qualsiasi tassazione sull'immobiliare, ritengo un errore andare addirittura ad un rafforzamento di questa imposta. Che inoltre è molto spesso ingiusta essendo slegata completamente dalla possibilità contributiva del proprietario. Un legame tra reddito del proprietario e bene immobile andrebbe introdotto. 

Per esperienza personale, ho constatato che l'Imu a volte ha prodotto situazioni profondamente ingiuste: vecchie case in cattivo stato ereditate da nonni e zii, che diventando seconde case hanno praticamente cancellato una mensilità del lavoratore o del pensionato malcapitato. In certi casi alcuni hanno svenduto o "regalato" ruderi disabitati e costosi da mantenere pur di evitare di pagare tasse esagerate, contribuendo a far crollare il mercato immobiliare.

Non tutti i paesi sono uguali. In Italia la proprietà immobiliare, come si sa, è molto diffusa. Ed in realtà non è neppure una piena proprietà in molti casi, perché gli immobili sono ipotecati alle banche erogatrici di mutuo. Quindi l'immobiliare in Italia è profondamente legato alla ricchezza degli italiani. L'eccessiva tassazione sugli immobili è una specie di esproprio delle ricchezze private.

A meno che ci sia la precisa strategia, in Europa, di rendere l'immobiliare un cattivo investimento, per costringerci ad investire in attività imprenditoriali. La volontà di sbloccare le ricchezze immobiliari e di destinarle invece alla produzione.

"Tocca quindi alla pubblica amministrazione. Si evidenziano il sistema dei servizi che non va, la semplificazione del quadro amministrativo, il rafforzamento di quello legale. I processi civili vanno snelliti, come le regole per la creazione di imprese. Si chiedono misure efficaci contro la corruzione e la riorganizzazione del catasto in linea con i valori di mercato.

Le banche sono il terzo capitolo. E’ suggerita l’adozione di «pratiche di buona gestione», con bilanci più trasparenti per fare emergere chiaramente asset negativi e sofferenze. La governance appare complessa, e qui il riferimento è agli intrecci proprietari, dalle fondazioni in giù. Ragionamenti anche su accesso al capitali e al private equity, ostacoli non da poco."

La semplificazione normativa, andrebbe delegata a un qualche organismo internazionale. Non scherzo. Sembra che in Italia le semplificazioni non siano comprese. Non è vero che la politica non ci ha mai provato. E' vero però che ogni provvedimento che nel titolo aveva la parola "semplificazione" ha prodotto un'aggiunta di iter e carichi burocratici. I nostri estensori di norme legislative non sono in grado di concepire norme semplici e lineari.

Le banche controllate dalla politica, sono forse l'unico appiglio in cui possiamo sperare per una ribellione dei nostri politici ai diktat europei. Infatti solo se toccati nei loro interessi fondamentali (vedi Mps...) i politici potrebbero vedere nell'Europa e nell'euro dei nemici. Ma saranno in grado di opporsi? Berlusconi a fine 2011 ha dimostrato che non si può resistere facilmente a certe forze. I nostri politici sono in effetti quasi tutti ricattabili. 

"Per il lavoro si reclama ulteriore flessibilità, anche attraverso la localizzazione della contrattazione salariale. Segue l’appello per una formazione solida e minori disincentivi all’occupazione, con azioni su uffici di collocamento e «servizi extrascolastici», il che implica maggiore attenzione ai figli perché i grandi possano lavorare."

Per il lavoro... la musica è sempre la stessa purtroppo. Malgrado tutti gridino a gran voce gli errori dell'austerità si continua a pretendere dai paesi periferici deflazione interna. Che vuol dire contenimento salariale (flessibilità, ulteriore precarizzazione, contrattazione separata localmente ecc.).

"... servizi, sesta voce della gran riforma per la competitività. Qui il dito indica i servizi da migliorare: interconnessioni, trasporti ed energia. Liberalizzazioni, insomma. Anche delle professioni. Bruxelles le invoca da tempo e ritiene che Roma non abbia fatto abbastanza. La crescita, assicura, arriva anche col mercato più aperto."

Le liberalizzazioni in Italia non hanno quasi mai portato dei vantaggi ai consumatori. Le Autority italiane sono delle buffonate e sembra che il loro compito sia tutelare gli oligopoli piuttosto che i consumatori. Per contro le liberalizzazioni delle professioni, sarebbero un intervento salutare in questo campo lavorativo. Ma credo non risolutivo per invertire le sorti della decrescita infelice dell'Italia.

In sintesi, anche il governo Letta evidenzierà gli stessi difetti del governo Monti. Nessuna autonomia. Nessuna possibilità di esercitare una sovranità politica. Gli elettori continueranno ad allontanarsi dai partiti, constatando la loro perfetta inutilità. Non si tratta più di luoghi dove si formano le idee del futuro, ma di inutili centrali dove si raccolgono decisioni prese altrove, all'estero.

E poi comunque diventerà persino inutile averlo un governo. L'aumento Iva e il mantenimento (se non l'aumento) dell'Imu "... sembra essere inevitabile per le pressioni di Bruxelles, che peraltro, da autunno prossimo, avrà l’ultima parola sulle manovre finanziarie degli Stati membri, grazie al famigerato Two Pack. Saccomanni sul capitolo IVA afferma che il Governo sta valutando il da farsi. A mio avviso un segnale chiaro e inequivocabile sulla concreta possibilità che l’aumento dell’IVA scatti per garantire il pareggio di bilancio per il 2014.

L’Italia come al solito si dimostra incapace di tutelare i propri interessi nazionali che non sono quelli di Bruxelles! Ancora una volta il rigore assurdo (basato principalmente sull’aumento della pressione fiscale) comprime e frustra la nostra economia, oramai in completo disarmo. Siamo alla mercè delle oligarchie europee, ed è difficile non pensare che dietro ci sia un progetto di annichilimento progressivo della capacità economica e produttiva del nostro paese. Il made in Italy – a questo punto – rischia realmente di perdere di competitività o peggio di scomparire, soppiantato dalla concorrenza spietata asiatica e di quella tedesca."

(www.rischiocalcolato.it)

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