mercoledì 10 luglio 2013

Le banche non fanno più credito anche in inglese


"C’è un paese, nell’Unione europea, che ha un serio problema: le sue banche non prestano alle imprese, o prestano col contagocce. Non è una notizia, si dirà: accade in quasi tutta l’Eurozona, sono le conseguenze del danneggiamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria nei confronti del sistema creditizio, una delle innunerevoli iatture dell’euro. Questo è certamente vero, solo che il paese di cui parliamo non è nell’euro.

E’ il Regno Unito, che dispone della leggendaria sovranità monetaria, ed ha infatti in essere un programma di easing quantitativo di 375 miliardi di sterline, per acquistare Gilt, i titoli di stato britannici."

(phastidio.net)

La sovranità monetaria non è taumaturgica, questo è evidente. Come è evidente che disporre della sovranità monetaria ed utilizzarla per Quantitative easing, cioè stampa di sterline a go go per rifocillare il mondo finanziario, non serve a molto per rivitalizzare l'economia reale in cui le banche operano.

La stessa cosa avviene negli Usa, anche se forse li il credito funziona un po' meglio. Ma anche negli Usa l'esagerato volume di dollari stampati non è stato proporzionale alla ripresa dell'economia reale.

E quindi perché stupirsi di un paese con sovranità monetaria le cui banche si trovano in difficoltà? A chi dovrebbero imprestare denaro le banche inglesi? ai broker o agli imprenditori? I broker non ne hanno bisogno, visto il volume di liquidità riversato nella finanza. Gli imprenditori come avviene nel resto d'Europa, se hanno bisogno di sistemare i conti in rosso, trovano gli sportelli chiusi, se devono investire vanno a cercare dei mercati più fecondi.

Il problema è sempre li, nella confusione keynesiana dei Qe del mondo anglosassone e non solo. Ci si ostina a definire queste politiche di stampa di denaro di tipo keynesiano, quando è solo un enorme casinò.
Perché le banche tornino a fornire credito, è necessario che si riattivi la domanda che a sua volta trascina l'offerta e quindi la crescita. I Qe non andrebbero erogati per agevolare banche e investitori finanziari che acquistano gilt o bond, o obbligazioni o azioni. Andrebbero utilizzati per seminare crescita nell'economia reale, attraverso incentivi fiscali, interventi diretti dello Stato, sostegno dell'offerta più debole ecc.

I Qe non funzionano, ormai è chiaro. E' così chiaro che di fatto il capo della Fed, Ben Bernanke, lo ha dovuto ammettere in pubblico affermando che questo tipo di politiche prima o poi dovranno cessare.
Il problema veramente colossale di questo periodo storico, è che sono cocciutamente in campo solo due opzioni economiche: o Quantitative easing, o austerità. Entrambe le opzioni non funzionano e le banche sono il termometro di questo malessere.

L'unica vera alternativa sarebbe un ritorno al passato, cioè più Stato, più intervento statale in economia con funzione di regolazione della stessa e soprattutto di indirizzamento degli investimenti verso obiettivi produttivi nell'economia reale. Lo Stato dovrebbe avere una funzione "educativa" anche in campo economico, sponsorizzando gli investimenti sani e punendo quelli deleteri come quelli basati solo su giochi finanziari.
Ma il ceto dirigente mondiale attuale proviene dalla finanza e dalle banche, e probabilmente non comprende o non vuole vedere altre forme di utilizzo del denaro.

In pratica sia i Qe, con il loro mega gonfiaggio di bolle di tutti i tipi, dall'immobiliare alle borse, sia l'austerità con la strozzatura di ogni tipo di bilancio pubblico e privato, ci stanno portando a fondo. Le banche sono imprigionate fra l'economia reale asfittica ed investimenti nel mondo finanziario sempre più redditizi e nello stesso tempo rischiosi. Alla fine il meccanismo è destinato ad incepparsi.

Nessun commento:

Posta un commento