domenica 1 marzo 2015

L'Italia rischia la crescita



"Dopo 14 trimestri consecutivi dallo zero in giù, nel primo trimestre 2015 l’Italia tornerà a crescere: la variazione del Pil attesa è pari al +0,1%. Lo dice l’Istat, che oggi ha diffuso la sua nota mensile sull’andamento dell’economia. "
(www.ilsole24ore.com)

Facendo la tara delle fanfare mediatiche:

"... odo scimmiette e cocoriti far festa. Istat prevede per il primo trimestre di quest’anno una variazione del Pil positiva per lo 0,1%. O meglio, questo è il valore centrale, cioè più probabile, in una forchetta previsiva che varia tra -0,1 e +0,3%. Saremo in grado di reggere questa accelerazione folle della nostra economia senza perdere la testa?"
(phastidio.net)

Comunque si sta avverando quello che le persone di buon senso prevedevano per il 2015:

"L'euro si svaluta contro il dollaro, le borse corrono, il petrolio scende, lo spread si annulla, i tassi d'interessi del nostro debito precipitano.
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Forse avremo finalmente la parità euro/dollaro che per noi italiani può significare un ulteriore aumento dell'export e finalmente un po' di crescita. Magari insufficiente come quella prospettata da Confindustria, ma meglio che niente.

Inoltre con il petrolio basso ci costerà meno trasportare e produrre le nostre manifatture.
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E' probabilmente vero che in Europa ci sono segnali di ripresa. Credo non tanto dipendenti dai consumi negli Usa, che rimangono deboli, ma proprio per la svalutazione dell'euro, che rende più competitive le economie europee. L'Italia con il suo manifatturiero dovrebbe avvantaggiarsene.

In più il basso costo energetico migliora i conti delle aziende europee che dipendono dalle forniture di idrocarburi dall'estere. Praticamente quasi tutte le nazioni europee sono dipendenti dal petrolio e dal gas d'importazione, ad eccezione forse di Francia che utilizza ampiamente il nucleare, dell'Inghileterra e della Norvegia che hanno riserve petrolifere (in diminuzione) nel Mare del Nord.

Quindi è possibbile essere moderatamente ottimisti anche per l'Italia. Sicuramente non farà piacere al governo Renzi, leggere nella nota Istat che non si prevede ripresa dell'occupazione, ma anzi ulteriore disoccupazione.
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quel che conta è la congiuntura economica, e non tanto le regole. Se non c'è stimolo ad investire, e quindi ad assumere, qualsiasi nuova regola porterà ben pochi vantaggi.
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Si può dire in conclusione, che se una ripresina ci sarà, servirà soprattutto per migliorare i conti dello Stato in rapporto con le precrizioni dei trattati europei. Sarà un po' più facile rispettare il parametro del limite di deficit che deve scendere sotto il 3% sul Pil. Se dovesse aumentare di poco il Pil, anche con una crescita che rasenta lo zero, si potrà avere un live miglioramento del rapporto debito/Pil. Escludo che un miglioramento dello "zero virgola" potrà rendere più attuabile il fiscal compact. Per rispettare questa ulteriore prescrizione europea è necessaria una crescita ben più robusta, ed anche una certa inflazione. Mentre per il 2015, se i consumi interni non si riprenderanno, continuerà il trend deflattivo. Probabilmente il fiscal compact verrà rimandato ancora, se non si vorrà affossare anche la possibile debole ripresa del 2015."

(post ottimista sul 2015)

Ad ogni modo iconti dello Stato a inizio marzo appaiono già più rosei di quanto non fossero un anno fa.

"Un timing perfetto. Alla vigilia dell’avvio ufficiale delle operazioni di quantitative easing da parte della Bce, lo spread tra BTp e Bund decennale ha fatto capolino sotto la soglia psicologica dei 100 punti: non accadeva da cinque anni."
(www.ilsole24ore.com)

Quindi ottimo lavoro sig. Premier? Evidentemente no. Se l'Italia rischia una ripresina e miglioramenti dei conti sul debito, lo si deve unicamente ad eventi esterni: il calo del petrolio, la svalutazione dell'euro sul dollaro, il quantitative easing di Draghi...

Insomma, a Palazzo Chigi potevamo anche insediare una scimmia ammaestrata che tanto queste cose sarebbero successe lo stesso. Ma non è che questo avviene sulle nostre teste perché c'è un Renzi più incompetente o meno di altri. Questo avviene con tutti i governi da quando siamo prigionieri dell'euro. I margini di manovra dei governi italiani sono orami inesistenti, essendo ingabbiati nei parametri europei da rispettare, e non potendo compiere politiche monetarie ed economiche indipendenti. Basta osservare cosa è successo nella ribelle Grecia. Quanti rospi hanno dovuto ingoiare Tsipras e Varoufakis?

Ma almeno Renzi riuscirà ad approfittare della buona congiuntura? Qui ho qualche dubbio, non lo vedo ben saldo sulla tolda del Titanic Italia.

"Lo scontro interno al Pd diventa una guerra di posizione. Le parole di Pierluigi Bersani sembrano aver aperto le ostilità, ma anche un vaso di pandora.
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Gianni Cuperlo – ex rivale di Renzi alle primarie e ex presidente del partito durato poco più di un mese – ha scritto a Renzi spiegando che l’assenza sua e di altri deputati e senatori è dovuta al fatto che le proposte delle minoranze sono puntualmente inascoltate e ignorate. Torna perfino Massimo D’Alema che sulla legge elettorale conferma che “Bersani ha sollevato un problema reale e spero che questo dia luogo ad una seria correzione del testo della legge”. 
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La situazione diventa talmente fuori controllo che si vede perfino Renato Brunetta esprimere, attraverso il suo Mattinale, solidarietà a Bersani. “La minoranza del Pd, che secondo l’informatissimo Stefano Folli vale almeno il 30 per cento dei voti parlamentari dell’intero gruppo, si ribella apertamente contro Renzi. Per questo ci piace lo slogan: Forza Bersani!”.
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Sono stati oltre 200 su un totale di 422 i parlamentari che si sono presentati alla sede del Nazareno per l’incontro con Renzi.
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Dopo un’intervista ad Avvenire e al Gr1 di Bersani (“E’ ora di discutere sul serio, non per spot”), era stato Gianni Cuperlo, leader di Sinistra Dem, a rilanciare la polemica. In una lettera a Renzi ha motivato l’assenza al Nazareno così: “Sul jobs act il governo ha ignorato esattamente suggerimenti e linee votati dalla direzione, sulla riforma costituzionale non avete tenuto conto neppure di un voto”, sostiene spiegando che “in tre minuti riesco a risolvere dei quiz e non la riforma fiscale”.  
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Dietro a Bersani e Cuperlo ci sono tanti parlamentari Pd, anche se non tutti. C’è Rosy Bindi, per esempio: “Condivido le scelte di coloro che non ci sono andati. In un’ora non si condividono le riforme della Rai, della scuola e del fisco. Non ci si venga a dire che perché siamo in ritardo bisogna fare in fretta. Io vorrei che siccome ci sono le condizioni si facesse bene”."
(www.ilfattoquotidiano.it)

I così detti renziani sono sempre più circondati nel loro fortino. Ma era evidente che sarebbe accaduto. Dal momento che Forza Italia si è sfilata dalla "vera" maggioranza, ora la minoranza del Pd non solo non si ricompatta con i renziani, ma cercherà di far valere tutta la sua forza per riportare la linea del partito e del governo verso sinistra.

Renzi a questo punto non ha molte strade. O riesce a concedere qualcosa di importante a Berlusconi, per riguadagnare il suo appoggio, o deve giungere a patti con la sinistra Pd smorzando le sue riforme in salsa liberista.

Se compie un riavvicinamento a Berlusconi, potrebbe ottenere il voto favorevole di parte di Forza Italia. L'operazione di mercato di vendita di Rai Way ad un'impresa berlusconiana potrebbe rientrare in questa strategia renziana di accomodamento delle tensioni con Berlusconi. Ma anche Berlusconi ha le sue fitte fittiane nel partito, e ora forse è un po' tardi per riproporre un Nazareno due. Probabilmente molti di Forza Italia non se la sentirebbero di appoggiare le riforme di Renzi anche se ci fosse una riconciliazioni totale con Berlusconi.

Se Renzi fosse invece costretto a convergere sulle posizioni della sinistra Dem, probabilmente porterebbe a casa le riforme e terminerebbe la legislatura. Ma le riforme non saranno quelle che si aspettano in Europa (e presso le lobby finanziarie internazionali). Probabilmente uscirebbero molto annacquate, e non con l'impronta liberista che hanno attualmente. Le riforme di Renzi in effetti servono ad annichilire la democrazia e trasformare il sistema italiano in una amministrazione più autoritaria e decisionista, cioè più utile ai grandi interessi finanziari e multinazionali. Il Job Act si instrada in questa direzione.

Un Renzi che non riuscisse a portare a termine tale missione di sgretolamento della Costituzione parlamentarista, non sarebbe più utile ne' in patria ai nostri poteri forti confidunstriali, ne' all'estero in Europa. La sua parabola sarebbe segnata, ed al suo posto regnerebbe il caos.
Matarella sarebbe così costretto a comportarsi come Napolitano, incaricando qualche "tecnico" ben voluto in Europa (cioè qualche ex banchiere, finanziere o altro farabutto) per formare un governo di larghe intese, utilizzando lo spezzatino di partiti attualmente presente in Parlamento.

Malgrado le cose comincino a mettersi bene per questo governo, potrebbe quindi incontrare i maggiori problemi politici proprio ora da quando si è insediato. Probabilmente Renzi tirerà dritto, perché non ha alternative. E rischierà il tutto per tutto pur di portare a casa le riforme. Anche se potrebbe rischiare di non aver i numeri al Senato per chiudere la partita.

Sempre che la ripresa duri e non sia un fuoco di paglia. E' talmente debole che gli italiani potrebbero non accorgersene. E quindi l'attuale governo farebbe fatica a giovarsene in qualche modo. Inoltre, dovesse verificarsi qualche virata violenta delle politiche monetarie internazionali, e dovesse finire il gioco finanaziario del denaro facile, questa ripresina potrebbe sublimare in un batter di ciglia.
 

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